Zitiervorschlag: Antonio Piazza (Hrsg.): "Num. 89", in: Gazzetta urbana veneta, Vol.4\089 (1790), S. 709-716, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Dickhaut, Kirsten / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.2652 [aufgerufen am: ].


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Num. 89.

Sabbato 6. Novembre 1790.

Ebene 2► Niun uomo è ridicolo per essere ciò che è, ma per l’affettazione d’essere qualche cosa di più. Metatextualität► Il riflesso è vero tanto applicandolo al corpo che all’anima, e diede luogo allo scherzo seguente dell’immortale Pope, che abbiamo promesso di dar tradotto nel foglio presente, ad istruzione e consorto del Piccolo di statura, che si avvilisce per non giungere alla misura ordinaria, e sfugge le conversazioni per timor d’essere motteggiato. ◀Metatextualität

Ebene 3► Fremdportrait►

Società de’piccoli Individui.

Voi non isdegnerete d’intendere, che noi abbiamo formato una Società, e che ci siamo legati con giuramento di osar d’esser piccoli alla barba di questi colossi del genere umano, di queste iperboli della nostra spezie, di questi giganti che ci riguardano dall’alto in basso.

Il dì del nostro stabilimento è stato il ventuno Decembre, giorno il più corto dell’anno, in cui abbiamo risoluto di celebrare l’anniversario mangiando insieme un piatto di capriuole. La Sala del festino sarà nella piccola Piazza, in vicinanza dell’Opera delle Marionette per gli Attori della quale tutti noi sentiamo una tenerezza fraterna. La prima volta che ci siamo trovati uniti, una donna d’età matura ci condusse suo figlio, dicendo ch’ell’avrebbe piacere ch’egli fosse allevato nella nostra Scuola ove scopriva de’fanciulli sì saggi. Ben lontani dall’avvilirci per questo piccolo accidente, abbiamo invitato ad essere de’nostri tutti quelli la cui statura non eccede cinque piedi; ma la maggior parte d’essi ci hanno mandate le loro scuse, sotto pretesto di non esser qualificati per divenir membri del nostro corpo.

Uno d’essi ci fece dire, che veramente non aveva cinque piedi d’attualità, ma che il suo calzolajo ed il suo parrucchiere gli avevan promesso due o tre pollici di più.

Un altro allegò per ragione, che sventuratamente una delle sue gambe era più lunga dell’altra; e che quelli che avevano accusata la sua figura di non esser alta che cinque piedi, l’avevano misurata nel tempo che s’appoggiava sulla gamba più corta; ma che montato sull’altra giungeva almeno a cinque piedi due pollici e mezzo. Ve n’ebbero di quelli che misero in dubbio l’esattezza della nostra misura; degli altri in vece di venire mandato ci hanno [710] delle persone di loro più piccole. In breve, la maggior parte de’nani di questa Città hanno raccomandato qualcuno di lor conoscenza. Vergogna che della gente accusata e convinta dalle loro barbe d’esser uomini fatti, si rendan colpevoli di quegl’inganni ch’usar si veggono da’fanciulli ridicolosamente ambiziosi quando si misurano l’un contra l’altro. Noi abbiamo da poco tempo terminato d’accomodare la Sala della nostr’assemblea, e di proporzionarne i mobili ala nostra statura. La prima cura fu di far cavare tutte le sedie a bracciuoli, seggiole, e tavole, che per molti anni avevan servito ad uomini d’ordinaria grandezza.

L’imbarazzo che abbiamo provato durante il tempo che ne facevamo uso è inesprimibile. Tutto il corpo del nostro Presidente era sommerso nel suo fauteuil, e quand’egli stendeva le braccia da un canto, e dall’altro, sembrava (con gran detrimento della sua dignità) un fanciullo racchiuso nella girevole sua macchinetta per imparar a camminare. Questo fauteuil poi era tanto largo, che un motteggiatore insolente prese un girono occasione di sostenere, che quantunque il Presidente vi fosse, era sempre una sedia vacante.

La nostra tavola era sì alta, ch’un uomo entrando a caso nella Sala, quando noi eravamo al momento di cenare, e veggendo i nostri menti quasi appoggiati su’tondi, s’immaginò che attendessimo una dozzina di barbieri per farci radere.

Successe un altro giorno che un membro della nostra Società diceva male del nostro Presidente, ch’egli credeva absente quantunque non fosse che totalmente ecclissato da una grossa bottiglia di vino di Firenze.

Così noi abbiamo dunque cangiato tutti i mobili del nostro appartamento proporzionandone il tutto alla nostra statura. La porta sarà talmente abbassata, ch’ogni uomo ch’ecceda cinque piedi d’altezza non potrà passarvi senza urtar colla fronte. In questa maniera non converrà essa che alla gente ch’abbia la piccolezza richiesta per esser membro della nostra Compagnia.

Ecco alcuni Statuti della nostra Società.

1. Se qualcuno di noi, quantunque debitamente qualificato, proccuri di elevarsi al di sopra di sè medesimo colla maniera d’estendere il suo cappello; se in una gran calca egli cammini sulle punte de’piedi per parer grande come un altro, o s’egli metti sotto il suo cuscino qualche cosa che l’alzi, sarà condannato per un mese a non portar altre scarpe che senza talloni.

2. Se qualcuno di noi trae avvantaggio dalla sua parrucca, dal suo cappello, o da qualche altra parte del suo affetto, per parere più grande, o più grosso di quello ch’è, sarà obbligato di portare i talloni rossi ed un pennacchio del colore medesimo, affine che la sua struttura reale sia limitata da segni distinti, e che si possa facilmente trovarlo tra il cappello suo, e le sue scarpe.

3. Se alcuno di noi compra per suo proprio uso un cavallo di maneggio alto più di quattordici palmi e mezzo, il detto cavallo sarà venduto; e gli si darà in cambio un piccolo corsiero scozzese, e il sovrapiù del denaro sarà impiegato a regalare la compagnia.

4. Se qualcuno di noi violi le Leggi fondamentali della Compagnia, al punto d’innalzarsi su più d’un pollice e mezzo di tallone, egli sarà riguardato come reo di lesa piccolezza, e sarà immediatamente scacciato dalla Società. N. B. Il formulario del quale ci si servirà per il Bando d’uno de’Membri sarà conceputo con queste parole:

Allontanati da noi

E sii grande se tu puoi.

L’unanime sentimento della Società è, che siccome per confessione di tutto il [711] Mondo, la razza umana è diminuita nella statura dalla creazione sino al presente, l’intenzione della Natura dev’essere che l’uomo sia piccolo; e noi crediamo che tutto il Genere Umano s’abbasserà sino al punto di perfezione: vale a dire diverrà della nostra statura.” ◀Fremdportrait ◀Ebene 3

Non è il riportato il solo Saggio della lepidezza del Pope sul difetto della sua statura. Ne abbiamo stampato alcun altro su questi Fogli, da far conoscere la sua filosofica superiorità alla vergogna, che hanno tanti e tanti di ciò, che non può ascriversi a loro colpa. Gli uomini dovrebbero vergognarsi d’essere mentitori, calunniatori, inimici dichiarati o coperti de’loro simili, sleali ne’contratti, fraudolenti nel commercio, cattivi Padri, infedeli Mariti, ingrati Figlj, falsi amici: ma perchè queste sono macchie dell’anima che non si veggono hanno una pienissima immunità nelle adunanze socievoli que’che ne van difettivi, e son soggette agli scherzi le mancanze della natura. Che fare dunque? Prevenirli sopra di sè medesimi come il Pope, e vantare che la grandezza del coraggio, e dell’animo, la virtù sublime, s’accoppiò infinite volte a’più piccoli uomini che avesse il Mondo. Venga in campo un Alessandro, un Agesilao, un Esopo, e tanti e tanti altri, che al suon dell’armi tremar fecero il Mondo, o lo illuminarono colla loro dottrina, quantunque malfatti e piccoli. Si sà cosa i Romani intendessero per Homo longus. Ne’pingui corpaccj suole per lo più affogarsi lo spirito. Ne’brevi ed asciutti è generalmente attivo, penetrante, vivace. L’esperienza maestra di tutto ce lo assicura.

Se poi al nostro Piccolo, che diede impulso a queste parole, manca il coraggio, e il genio di motteggiare sè stesso per far tacer gli altri, unisca qualche dozzina d’uomini non più grandi di lui, si leghi seco loro in Società, ne siano stabilite le regole, e così dopo tanti e tanti altri di varie denominazioni, avremo anche il Casino de’Pigmei.

Ebene 3► Brief/Leserbrief► Sig. Gazzettiere.

Doveva chi vi scrisse, Signor Gazzettiere Riveritiss., la Lettera stampata nel foglio num. 84 della vostra Gazzetta in vece che impiegare il proprio mal genio nella sciocca, e bugiarda sua critica, essere veritiero nel descrivervi il Carro trionfale immaginato dalla Persona del Signor Giovanni Concini, e ricordar esso piuttosto, che l’uomo onesto, che ama d’impiegar le sue cure per rendere più felice, ameno, e più brillante il soggiorno della Campagna a se stesso, ed agl’altri, non può al certo meritare censure, e disprezzi, ma bensì stima, ed affetto.

Il carro da lui ideato fu graziosissimo, e nobilmente adobbato, non altrimenti, com’egli si fa lecito di dire, con copertoj da letto, ma da rasi, e tappeti. Per smentire qualunque altra voce che fossesi sparsa in contrario di quanto io v’afferisco, basta la ben giusta persuasione dimostrata da tutti quelli che lo videro.

Sappia, ed impari una volta costui prima di avanzarsi a scrivere mendaci, ed ironiche stolidezze, che sarà sempre pregevole, chi per ottimo sentimento desidera far palesi le altrui buone qualità, e da abborrirsi colui, ce quasi consumato dalla rabbia di non possederle si sfoga inventando bugìe per dimostrarsi cattivo persino a desumere dall’innocente descrizione stampata nella vostra Gazzetta Num. 80 un pretesto di lagnarsi anche di voi.

Vi prego d’inserire anche il presente nel vostro Foglio d’oggi se fosse mai possibile, e di credermi pieno di stima.

Un vostro Associato. ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3

“Avvicinandosi la stagione invernale Giacomo Pellegrini Speziale da [712] Medicine all’insegna della Sanità in campo di S. Marina in Venezia, rammenta al Pubblico i suoi Privilegiati Specifici: cioè Conserva, o Rottule per le Tossi tanto umide, che secche, ed anche per le pagane, alle quali per lo più vanno soggetti i fanciulli. Li medesimi vengono molto usati nell’epidemiche, ed attaccatticcie, ancorchè fossero accompagnate da qualche poco di febbre. Vale soldi trenta alla dose.

Da lui vendesi con ottimo profitto le Pillole Balsamiche astringenti del rinomato Eccellentiss. Dottor Vansvvieten. Dell’attività di tale specifico possono far fede li Signori Medici, e Chirurghi, che l’hanno ordinato, e le persone, che ne hanno fatto l’uso, come comprovano da molti attestati. Rammenta egualmente la sua Pomata per la riproduzione, e conservazione de’capelli che costa soldi venti all’oncia. La dose si è dalle sei oncie, a una libbra. Il suo effetto è pronto dagli attestati di molti, che l’hanno sperimentata.

Vendesi pure con buon esito l’Acqua mirabile per la rogna di qualunque spezie ella sia: con questa si bagna tutte le giunture ed altre parti infette non portando alcun nocumento alla persona. Vendesi per il prezzo di sedici soldi alla bozza.

Teatri.

La bizzarria del titolo ha messo il Pubblico in gran curiosità, e chiamò Mercordì a San Gio: Grisostomo numerosissima Udienza alla rappresentazione della Commedia: Sei piatti, e nulla di più. Anche gli antichi avevano in questo i loro cappriccj, e Plauto intitolò una della sue Commedie la corda applicando ad un accidente accessorio il nome dell’azione.

Il Protagonista di questa comica tedesca composizione, è un Consigliere marito in secondo letto d’una giovine Dama, che gli portò in dote il fumo d’un’antichissima nobiltà senza beni, e la vanità di dominarlo, sedotta per altro da un’orgogliosa sua Zia, e da un Colonnello di lei fratello, che fanno costar molto caro al Consigliere l’onore d’essersi imparentato con loro, non solo col vivere lautamente alle sue spese, ma col farlo pagare i lor debiti, e satollare i lor vizj. Questo Consigliere ha due Figlj del primo matrimonio; il maschio discolo, e scostumato; la figlia docile e tenera, innamorata occultamente d’un Tenente cugino di suo Padre, ch’è al servizio dell’Olanda, e ritrovasi con licenza appresso di lui.

Comincia l’azione col presentare lo stato d’agitazione, e d’affanno dell’animo del Consigliere per i capriccj della Moglie, e per gli sviamenti del Figlio. Nel dialogo che tiene col suo Servitore manifestasi in oltre l’ottimo suo carattere, e una ferma disposizione di regolare la sua Famiglia. Riceve un Biglietto del Colonnello in cui egli è ingiuriato per opporsi a’di lui tentativi, e a quelli dell’ambiziosa sua Sorella, tendenti a decorar d’un grado militare il vizioso suo figlio da lui destinato a servigj più utili che quello di ripassare alle Reclute la schiena. Trasportato dall’ira lacera l’ingiurioso Biglietto e lo rimanda sigillato al Colonnello.

Viene sua Moglie, s’accorge del di lui turbamento, teme ch’egli abbia provocato il Colonnello suo Zio, e gli dice per fargli aver de’riguardi, che dovrebbe conoscerlo. Pur troppo, ei risponde, e con me lo conoscono i tanto suoi creditori. Quì mostrando la borsa accenna di pagar i suoi debiti. Ella riprende che simili disastri toccano per lo più alle antiche Famiglie, fa pompa di sua nobiltà, e gli rinfaccia d’aver ricusati i più luminosi partiti per nobilitar la sua casa. Egli le volta le spalle e la lascia sola.

Giunge la Serva, e le narra gli ordini recenti dati dal suo Padrone per [713] la migliore condotta economica della sua Casa, tra i quali quello di non servire la tavola che di sei piatti comprese le frutta. La Padrona và in collera, perchè s’aspettavano a pranzo Ospiti di riguardo, e raddoppia la commissione volendone dodici. La Fantesca ripete il comando avuto dal Padrone, e và. Sopraggiunge la vanagloriosa sua Zia e sdegnata si mostra per essere stata ricevuta dal Consigliere in veste da camera. Intende l’ordinazione de’sei piatti per il pranzo, e non contenta che sua Nipote l’avesse duplicata, chiama la Serva, e come fosse in Casa sua le ne ordina diciotto, e de’più scelti, comandando a bacchetta, e non volendo risposte, troncandole rapidamente il dialogo onde la Serva parte riprotestando di servir chi la paga.

L’ambizione della Zia tendeva a collocare la figliastra di sua Nipote in matrimonio con un Ciamberlano confidente del Principe ma spiantato, e pieno di debiti. Il Consigliere ricusava il partito. Si forma su tal soggetto il dialogo tra la Zia, e la Nipote, Quella calpesta la bassezza de’natali del Consigliere; crede che non ci sia oro che basti a comperar l’onore d’accrescere i vincoli di nobiltà in una Casa. Questa comincia ad aprire gli occhi su’suoi inganni: rammenta quanto suo marito fece per lei, e per i suoi Parenti; richiama alla memoria la soavità della spirata concordia domestica, si accusa rea per seduzione de’disgusti, e del mal umore di suo Marito, e si propone un cangiamento di vita, che uniformisi al suo volere.

Arriva il Colonnello infuriato, narra il torto ricevuto dal Consigliere, che gli rimandò il Biglietto stracciato, da lui ricevuto alla Parata mentr’era al punto d’ottenere il posto d’alfiere per il di lui figlio. Giunge il Consigliere; s’intreccia un dialogo vivo e fugoso; discendesi all’Articolo de’sei piatti. La Zia lo avvisa di farsi ridicolo; egli risponde di salvarsi dalla derisione col mostrare i suoi conti saldati. Tra dessa e suo fratello corrono delle parole tronche. Ella spira vanità ed orgoglio; egli vuol piegarsi al bisogno. L’una minaccia d’andar a pranzo a Casa sua: l’altro le ricorda all’orecchio che non vi son altre pietanze che le dipinte su’quadri. La loro altercazione interrotta diverte, e fa ridere. L’orgogliosa Zia insiste sul collocamento militare del figlio, sullo sposalizio col Ciamberlano della sorella, consigliando suo Padre ad esibirgliela. Egli s’irrita al consiglio, e protesta che con 50. mila talleri di Dote la darebbe ad un Artigiano che gliela chiedesse, piuttosto ch’esibirla ad un Cortigiano povero, e screditato. Partono la Zia e il Colonnello. Restan Marito e Moglie. Ella si mostra pentita del suo passato contegno di cui incolpa i suoi Parenti che la sedussero. Gli offre un cuore ravveduto. Egli l’accetta, e se ne consola. Si dan la mano in segno di pace, e come nuovo vincolo di perfetta armonia. Da lui ritoccasi il punto de’sei piatti conditi dalla tranquillità, nulla invidiando alla Zia i suoi diciotto segnati su’Libri ed amareggiati dal rimorso.

Succede una scena frizzante tra il Colonnello e sua Sorella nella loro Casa ov’ella gonfia di boria sostenta i puntiglj, ed egli scherza sull’appetito, e sul non potere saziarlo. Introdotto un sellajo di lei creditore sferzasi maestrevolmente il costume di que’nobili che non pagano; mettesi in vista i loro ripieghi per allontanar senza un soldo chi ha d’avere, e far valere la lor protezione in vece di monete. Uscito il sellajo viene il Ciamberlano. Parlasi dell’affronto ricevuto dal Colonello, poi delle sue speranze sul matrimonio della figlia del Consigliere. Gli si fa noto il paterno dissenso ond’egli si sdegna e annunzia di voler vendicarsi abusando del suo potere verso del Principe contro del Consigliere. So-[714]praggiunge il Tenente cugino di questo, e in appresso Guglielmina, ch’è la figlia da lui amata, e pretesa dal Ciamberlano. Per opera della Zia viene essa ad invitarla a pranzo colla sua compagnia. L’ambiziosa donna la presenta al Ciamberlano, si maneggia per rapirle l’assenso al meritato matrimonio; il Tenente freme; ella si scansa da ogni impegno. Vanno in carrozza. La Zia a braccio di suo fratello, Guglielmina, sforzata, a quello del Ciamberlano, facendosi nell’atto d’andare cadere un ventaglio, e ordinando con occulto cenno all’amato Tenente di lasciarlo al suolo. Con questo pretesto torna a ricuperarlo per manifestargli a quattr’occhi il suo amore al Tenente. Ei resta solo, ingelosito, confuso, disperato. Viene il suo servo. Ordina la sua partenza con lui. È chiamato a pranzo dalla serva del Consigliere, e ci và.

Nuovi disgusti alla tavola del Consigliere, da cui egli si toglie per prendere altrove il Caffè. È inseguito suo malgrado da’Commensali. Incapace di violentare gli affetti di sua figlia, la interroga se il Ciamberlano le piaccia, e s’ode risponder di nò per la di lui superbia e vanagloria. Il sellajo è pagato dal Consigliere, pregato a farlo dalla Moglie, e dalla figlia, ma a condizione che la Zia e il Colonnello sottoscrivino una promessa in solidum di non metter più piede in sua Casa. Essi vengono. Il Colonnello s’irrita e non vuol segnar nella carta il suo nome. Sua sorella la straccia. Il Colonello vuol parlare al Consigliere a quattr’occhi, e glielo intima con serietà. Le donne si ritirano, restano soli. Il Colonnello si chiama offeso, e risentito, vantasi soldato, e lo sfida a duello. Il Consigliere risponde di non poter accettarlo nè come Cittadino, nè come Marito, nè come Padre. Gli mette innanzi le relazioni di questi fieri doveri, e i rimorsi che dovrebbero lacerarlo se per un falso punto d’onore giungess’egli a togliere alla Patria un individuo che bene la serva, ad ana famiglia un capo che la sostiene. Discende a combattere i pregiudizj del suo rango, a rimproverare la sua condotta, lo incoraggisce ad istaccarsi da sua sorella, si offre a pagare tutti i suoi debiti, e gli esibisce la sua Casa co’soli sei piatti accompagnati dalle comodità, e dalla pace. Resta confuso il Colonnello, si ravvede, accetta l’esibizione, e và per dividersi dalla sorella.

Succede a questa una scena tra il Consigliere e il Ciamberlano, che si dice incaricato dal Principe d’interrogarlo su certi punti del suo ministero, e d’intimargli la di lui volontà opposta al libero esercizio d’una retta Giustizia. Ne’dettaglj degli affari spicca sovranamente il zelo inconcusso, e la fermezza dell’animo del Consigliere, onde vive l’interesse nell’Uditorio, e si desta l’ammirazione, e il diletto.

Partito il Ciamberlano viene il figlio discolo a chieder licenza a suo Padre d’ire a provar de’nuovi cavalli da lui acquistati, fuori della Città, con sua sorella. Ei glielo vieta per timore che possa rompersi il collo. Le risposte del figlio son piene d’audacia, di temerità. È costretto il Genitore di ordinare alla servitù che non s’attacchino i cavalli, nè si lascj uscire il Giovine scapestrato di Casa.

Dopo una scena amorosa tra Guglielmina e il Tenente, arriva il di lei Padre. S’accorge del loro turbamento. Sforzati dalle sue affettuose interrogazioni si palesano amanti lasciandosi cadere alle sue ginocchia. Il Consigliere sorpreso li alza; e fa sentire a suo cugino Tenente, che non potrebbe acconsentire a quel matrimonio, per non esser egli in istato di mantener decentemente una Moglie. L’amante, che avea giurato di non sopravvivere a una negativa, parte frettoloso. Guglielmina lo chiama gridando, manifesta la sua minaccia, e suo Padre ordina a [715] un servo che lo richiami, conosce i sentimenti della sua onestà, lo sviscerato amore per lui di sua figlia, e si piega unendoli in matrimonio.

Vien il servo del Consigliere, e gli dà un Biglietto di suo figlio con un Luigi di mancia per portarlo al Ciamberlano. Il suo Padrone lo ricompensa col lasciargli quella moneta aggiungendone un’altra in premio di sua fedeltà. Apre il Biglietto e legge che il dissoluto giovine s’era impegnato di dare in mano al Ciamberlano sua sorella, e ch’essendogli vietato da suo Padre di condurla a spasso non aveva potuto mantenere la sua parola, nè andare da lui a giustificarsi per essere serrato in Casa; eccitandolo a liberarlo, perch’egli possa trovare qualch’altro ripiego. Il Consigliere ordina uno sterzo e comanda agli Sposi d’entrarvi, e passare a certa Osteria fuori d’una Porta della Città, a stare in osservazione de’passi del Ciamberlano.

È introdotto dal Consigliere rimasto solo, un Intendente soggetto a Processo a favor del quale parlato avea il Ciamberlano a nome del Principe. Costui esibisce a sua giustificazione dei nuovi documenti, li presenta, e nello spiegare l’Involto de’medesimi trova il Consigliere nel mezzo un rotolo di zecchini. Egli manda a chiamare il suo Collega d’Uffizio, e fa trattenere l’Intendente ogni volta che vorrebbe andarsene. Viene il Collega, è messo al fatto del tentativo; è consegnato ad esso quel dono di seduzione. L’Intendente di cui si ordina l’arresto confessa d’essere stato consigliato, e violentato dal Ciamberlano all’attentato; che per esso aveva apparecchiato in sua casa una camera da servirgli di ricovero quando avesse rapita Guglielmina. Inteso ciò, per la sua adesione a disegni sì rei il Consigliere condanna l’Intendente a vivere pochi giorni a pane ed acqua in prigione.

Giunge il Ciamberlano ed intima al Consigliere per ordine di S. A. la sua dimissione. Quest’uomo giusto, imperturbabile nella sua equità, si protesta obbligato al Principe d’averlo prevenuto colla grazia che avrebbegli chiesta. Si consola di poter vivere senza la carica, e che al suo Sovrano non manchino Ministri utili più di lui. Conserva il suo sangue freddo anche sentendosi minacciata la sua disgrazia, e lo compiange perchè si lascia eccitare a sdegno dalla verità. Ricusa nobilmente ogni mediazione, poi passa in tuono ironico a condolersi col Ciamberlano, che le sue partite di piacere vadino male. Questo parte.

L’altro Consigliere vuole a forza la carrozza del Collega, e và a Corte co’zecchini dell’Intendente.

Viene un Maggiore ospite del Consigliere ad eseguire una scena concertata per emendare il di lui Figlio, ch’è colà chiamate. Fa il Padre gli estremi esperimenti della sua autorità; trova il Figlio sempre resistente, e caparbio, lo consegna al Maggiore, entrano ad un cenno due bassi Uffiziali, e sugli occhi di suo Padre, che sentesi trafiggere il cuore, lo assoggettano al rigore della militar disciplina, e vanno.

L’altiera Zia si vanta d’aver macchinata per vendetta la caduta del Consigliere; suo Fratello se ne irrita, e la rimprovera unitamente alla Nipote. Il Consigliere arriva, e reprime pur esso colla sua indifferenza il di lei orgoglio. Viene il servo del Tenente sposo di Guglielmina a raccontare che il Ciamberlano s’era introdotto nell’Osteria a sorprenderla. Che a nome del Principe chiese al Tenente che facesse colà con quella Giovine; che all’udire rispondersi esser egli colà passato per fare una trottata colla sua Sposa, parve colto da un’archibugiata, e si ritirò. Tutti allora intendono il Matrimonio seguito, e se ne stupiscono. Vengono gli Sposi, e d’altro canto il Ciamberlano, ch’apre bocca coll’Ordine di S. A. . . . . . Il Consigliere l’interrompe mostrandoli il Biglietto a [716] lui scritto da suo figlio per il rapimento di Guglielmina, gli rinfaccia la seduzione dell’Intendente.

Torna il Collega del Consigliere con un Foglio scritto di pugno del Principe in cui dice d’avere aperti gli occhi: ristabilisce il Consigliere nel suo posto, commette al Ciamberlano di non andare più a Corte nè uscire dalla Città se terminato non sia il suo ordinato Processo.

Chiudesi la Commedia cogli ultimi tratti costanti dall’animo benefico del Consigliere, che giunge persino a perdonare all’impertinente Zia di sua Moglie, e ad offrirle di nuovo la sua tavola quando voglia contentarsi di sei piatti e nulla più.

Quest’azione divisa in dialoghi caldi e scoccati, che dipinge la debolezza umana nelle passioni sue, e ne’suoi pregiudizj, che offre all’attenzione del Pubblico tanti varj caratteri ben conservati, che non è gonfia d’una morale presa ad imprestito e dettata in lezioni senza economia e proprietà, ma solo instruttiva nelle situazioni convenienti, e nell’ottimo carattere del Consigliere, non poteva che piacer come fece ad una colta intelligente Adunanza. La critica può segnare in essa i difetti del Teatro tedesco; si potrà accusarla d’abbondanza, di qualche peccato contro l’unità dell’azione; ma se dopo averla udita si viene via contento senza essersi annojato a de’soliloquj eterni, a un milione di parole inutili, a degli accidenti impossibili, alla filosofica melanconia degli Autori, che parlano inutilmente in scena, in vece de’loro Personaggj, si deve saperne grado al comico Poeta tedesco, e al suo traduttore, che nella penuria di nuove cose anche solo soffribili, ci hanno offerto un trattenimento piacevole, non vuoto d’insegnamento, ed a cui si può approfittare. Non si deve defraudare delle dovute lodi il merito della Compagnia che la rappresenta, particolarmente, quello del Sig. Modena incaricato del grand’impegno della parte di Consigliere da lui sostenuta con molta bravura, e quello della Signora Chiara Cardosi, che sì bene riesce nelle parti di fierezza, e alterigia. Le repliche si fanno con moltissimo concorso, e generale soddisfazione.

Savio in Settimana per la v.

s. Pietro Zen.

Cambj 5 Novembre corr.

Lione 53.

Parigi 52 e mezzo.

Roma 64 e mezzo.

Napoli 120 e un 4to.

Livorno 102.

Milano 153

Genoa 89 e 3 8vi.

Amsterdam 95 e un 4to.

Londra 49 e un 8vo.

Augusta 103. e 3 4ti.

Vienna 199. e mezzo.

Prezzi delle Biade.

Formento da L. 24. 10 a 25:

Sorgo Turco dalle 12. 10. a 13.

Segala a l. 14. e 10.

Fag. bianchi da l. 21.10. a 22.

Miglio da l. 12.10 a 13.

Risi da Duc. 35. 12 a 36. al m.

A S. Marina in Calle del Dose è stato perduto un cameo legato in oro con due figurine rappresentanti Amore e Psiche, rilevate sopra il fondo di colore persichino col nome dell’Artefice nel fondo espresso con queste lettere Ecker.

Chi l’avesse trovato lo porti alla Chiesa di S. Marina al Rev. Curato che li sarà data una generosa mancia.

Commedie per questa sera.

A Sant’Angiolo.

Radamisto, e Zenobia Tragedia.

A San Luca.

Replica di Gusmano.

A S. Gio: Grisostomo.

Replica Sei piatti e nulla più.

Morti.

N. H. Andrea Longo qu: Vic. 2do d’anni 38. ◀Ebene 2 ◀Ebene 1