Sugestão de citação: Antonio Piazza (Ed.): "Num. 81", em: Gazzetta urbana veneta, Vol.4\081 (1790), S. 463-652, etidado em: Ertler, Klaus-Dieter / Dickhaut, Kirsten / Fuchs, Alexandra (Ed.): Os "Spectators" no contexto internacional. Edição Digital, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.2644 [consultado em: ].


Nível 1►

Num. 81.

Sabbato 9. Ottobre 1790.

Nível 2► Sarà a memoria del Leggitore di questi Foglj quel Sonetto per Monaca accompagnato da Lettera ironica, e da critiche annotazioni, che stà impresso al Nu. 75. della presente Gazzetta. Era impossibile, che qualche penna non si movesse alla difesa de’versi d’un celebre Autore censurando chi per biasimarli s’involse in una matassa d’errori. Ebbe questo, per quanto ci fu detto senza conoscerlo, la modestia di confessarli, e sommo rincrescimento di vederli stampati, ignorando qual mano rapita gli abbia una carta, che non dovea darsi in luce senza il di lui consenso quale non avrebbe prestato mai trattandosi d’una critica immatura e precipitata. Perciò divisato avevamo di non accettare scritto alcuno conto della medesima, ed era destinato all’obblio quello ch’ora siamo per pubblicare quando un’autorità avvalorata da’seguenti riflessi cangiar ci fece pensiero. Che il Pubblico di mille e mille occhi non li ha tutti veggenti per l’ironia, ed alcuni penetrato non avranno il suo velo che stendesi nell’accennata Lettera onde capirla nel vero suo senso. Che le produzioni degli uomini illustri stampar non si devono unitamente a critiche che non sieno degne di esse; o non c’è poi libertà di ricusare ciò che vaglia ad iscoprirne la fallacia ed il vuoto. Che sarebbe un mancamento allo scopo nostro d’illuminare que’che ne han d’uopo intorno al merito letterario, al bello poetico, a’progressi delle scienze e dell’arti, occultando delle rimostranze sugli altrui falli sparse di dotrina e d’erudizione. Che l’Autore delle note al Sonetto potra correggersi sul valore delle rimostranze medesime. Ch’essendo Anonimo non può offendersi d’una pubblica difesa che non lo scopre della quale non abbiamo diritto di defraudare i nostri Leggitori.

Metatextualidade► Queste ragioni sostenute da un voglio, che non ha forza per tutti, ma che uscito da certe labbra esige l’effetto, hanno potuto indurci ad assegnare spazio nel Foglio presente, con qualche modificazione, alle note apologetiche delle quali l’ironia manifestasi colla maggior evidenza, e la cui lettura esige prima quella del Sonetto, e della sua critica al num. accennato. ◀Metatextualidade

Sanvito al Tagliamento 26. Sett. 1790.

Elogio delle Censure fatte da un Anonimo ad un Sonetto per Monaca, che comincia: Grida Natura: Amor, qual zelo insano, inserite nella Gazzetta Urbana Veneta Nu. 75.

Carta/Carta ao editor► “M’anno talmente ferita la fantasia [464] le sensatissime censure del Sig. Anonimo sopra il surriferito Sonetto, che non ho potuto a meno di non ischiccherar giù o a diritto o a sghimbescio anch’io qualche cosa in lode d’un tal capo d’opera. In esse tutto mi piace: la franchezza imponente, il buon decretorio, i passi fuor di proposito, la saggia oscurità. Vero è che questi pregj ad alcuni maligni saccentacci dieder nel naso: ma senza ragione. Non sanno eglino questi granelloni, che l’oscurità è il più bel pregio d’un illustre Scrittore, mentre per questa esso emula gli stessi Iddei dell’antichità, che celavan le lor sentenze sotto i velami venerabili d’oracoli oscuri ed ambigui? Non sanno, che il parlar con franchezza, e fuor di proposito, per chi non ha altro, onde poter figurar nel mondo letterario, è il più bel capitale che possa darsi? Ma scendiamo al dettaglio.

Grida: il gridare è mandar fuori una voce, un urlo, un ragghio, ma giammai (error di stampa: non mai) proferir parola. Riflession giudiziosissima: ed è proprio un peccato, che non sia corredata da un qualche passo, che nulla abbia che fare, di Dante, o di Buonarotti, per aggiugnerle maggior peso. Dica pure a sua posta quel dabbenon di Virgilio. Italiam, Italiam primus conclamat Achates in senso di profferir parole; che noi diremo, che Acate era un Asino, che ragghiava. Scriva pure quel baccellon del Boccaccio Nov. 11. – Marcellino gridava: mercè per Dio – Ripigli pure quello stordito del Petrarca Canz. 11. – Gridano, Signor nostro, aita, aita – Che a’giorni nostri passato è il tempo che Berta filava. Gli Autori classici non contan cica. Ci vuol ragion per convincere; e questa stà tutta a favor del nostro incomparabile Critico.

Natura: Amor. Il Poeta ci spianerà, come la natura si possa disgiungere dall’Amore; come natura sovrasti le (cioè a le) umane passioni. Bravo, Signor Censore: quì voi sputate una sentenza, che deve far tremar qualunque letterato avversario. Potrebbe, è vero, risponder quel tapinello di Autore, che fra Natura ed Amore vi passa quella differenza, che v’è fra un tincone, ed una rapa; poichè da Aristotele natura si deffinisce principium agendi, laddove amore si deffinisce animi inclinatio in aliquid, sicchè fra l’una, e l’altro passar vi dee almeno quella differenza, che v’ha frà ‘l genere, e la specie. Potrebbe aggiunger, che la natura o è regolata dalla ragione, e così sovrasta benissimo alle passioni, e le addrizza; o dalla ragione non è guidata, e allora è la madre di tutte le passioni, anzi diviene in certo modo una cosa medesima con quelle, e quindi cadrebbe dipersè la prima parte di quest’opposizione. Tutto questo potrebb’egli dire: ma alla finfine queste sono ciancie che non fan farina, e ‘l Censore è sempre vittorioso.

Il Poeta ci spianerà . . . . su quali esempj poggino tai fantasie (di far dialogizzar natura con amore) che ce lo dinotano fuor d’ogni termine di verità, e di senno. Oh quì mo sì vè che lo sguajato Poetuccio è imbrogliato più d’una pulce nella stoppia. Io certo non vorrei esser ne’di lui calzoni. Il tristanzuolo per uscir d’impaccio dirà, che la Prosopopea, per cui a cose insensate s’attribuisce e moto, e anima, e voce, fu sempre annoverata fra le migliori figure oratorie: addurrà l’esempio di Tullio, che dalle pareti ella Curia fa render grazie a Cesare: di Lucano, che induce la Patria a parlar allo stesso Cesare sulle sponde del Rubicone: del Melosio, che attribuisce la favella a de’ronzoni sciancati: del Castiglione, che fa parlar l’ombra di Pico della Mirandola. Ma dicano quel che si vogliano a favor del Poeta questi ribadiosi vegliardi, ch’esso dovrà nullostante dare il cul sul petrone; poichè niuno potrà mai capacitar un uom di buon naso, che non sia contro ogni [647] buon principio di sana filosofia l’attribuir gambe, coscie, pancia, testa, lingua ad amore, ed a natura, che son due esseri puramente metafisici ed astratti.

Come la vita conjugale si contrappona alla vita monastica per modo che la natura sia sforzata a cozzar con amore per distor non si sa chi da seguirla (la Tessa, o la Ghitta, o altra checchessia, no certamente; dunque probabilmente quella Monachetta, su cui versa il tema) Questo è un travvolger l’ordine della provvidenza divina, ed umana. Signor Poetaccio da leggende, ci siamo: ma vostro danno. Se aveste letto un poco più que’venerandi antichi, dietro la semplicità de’quali va mattamente perduto il nostro Censore, un Senuccio dal Bene, un Giacopone da Todi, un Girolamo Benivieni, un Cecco Angiolieri, un Nanni Fucci, un Bindo Bonichi, ed altrettali anticaglie, per una parte avreste appreso il purissimo linguaggio del chente, del despitto, della beninanza, delle ferute, del vederaggio, del crich crich, e va discorrendo; per l’altra dietro la loro scorta non avreste ami dato in simili castronerie. Ma avete voluto perder il tempo su’Petrarchi, sugli Ariosti, su’Tasti, su’Bembi, su’Guidiccioni, ed altra siffatta ciurmaglia; quindi non è da stupirsi, se siete caduto in simili bassezze. Poh! già io l’indovino la vostra risposta: sguajata al solito. Voi direte, che questo discorso non essendo vostro, ma in bocca de’moderni sedicenti filosofi, i quali ammassar sogliono una quantità d’impertinenze, e di contraddizioni contro la religione; ci pensin eglino a spianargli queste difficultà; che quanto più strampalato, e balzano si è il lor ragionare, tanto più spicca il merito del vostro talento, il quale

Nível 4► Citação/Divisa► “Fingere personae scit convenientia cuique”.

(Horat. Art. Poet.) ◀Citação/Divisa ◀Nível 4

Bellissima risposta! Poveretto! in sacco, in sacco.

Amor calpesta le leggi di natura. Ma si converrà intendere contro natura l’amore, che ci porta a condurre una vita pura e perfetta? Il calpestar le leggi di natura sarà sempre un controoperare alla natura stessa; per cui . . quelle famose Città furono arse. Qui il Poetino s’arrampicherà su pegli specchi col dir, che così non parla egli, ma un incredulo, a carico del quale però starà la risposta: che la vita pura è benissimo contraria alla natura corrotta, che ci trasporta a’leziosi piaceri: che quì le famose Città han tanto che fare col Sonetto, quanto la Luna co’gamberi; giacchè quand’anche la vita pura fosse contraria alla natura non ne verrebbe per questo, che il celibato e la Sodomia fossero una cosa stessa. Ma sì! ci vuol altro che queste inezie per abbatter un colossone di quella fatta, qual s’è il di lui avversario. Filosofia, fratel caro, ci vuole, Filosofia.

Crescite, & multiplicamini di Gesù Cristo.

Si vede che il Critico ha fatto de’gran progressi nello studio di Virgilio. Questi con anacronismo di presso a 250. anni introduce Didone a far all’amor con Enea. Il Censore mo non contento d’imitare un tal maestro, ha voluto superarlo di lunga mano. Attribuisce a Cristo un testo del Genesi, che fu pronunciato da Dio 4000 anni prima che Cristo venisse al Mondo. Chi potrà non applaudire a questo glorioso attentato?

Sue leggi. Non si sa vedere a chi si riferiscano questi . . . sue, suo, suoi. Se vi fosse qualche dilettante di scherma, che bramasse d’apparar l’arte di battersi colla sua ombra, e così salvar la pancia per i fichi, venga dal nostro peritissimo Censore, che sarà ben servito. Alle voci tue, tuo, tuoi, che leggo stampate, egli maestrevolmente; vi sostituisce sue, suo, suoi. Bravo [648] tanto più spicca l’eccellenza della di lui critica.

Tomba sia. Non si sa a chi si riferisca questa beltà. Ma il gran capocchio oh il gran capocchio che siete il mio caro Poeta! Voi credevate, che in forza del vostro titolo: Sonetto per Monaca: anche il Pretejanni capisse ad evidenza, che quella beltà benedetta deve riferirsi alla Monaca stessa. Sibbene! Chiarezza ci vuol esser, chiarezza. Dovevate scrivere conceptis verbis: la beltà di suor Virginia Matilde, di Suor Pancrazia Colomba, di Suor Teodora Simplicia; che così non vi rimaneva il dubbio, se voi parliate d’un bel corpo di donna, di fanciulla, o di qualche batillo. Noi faceste: ben vi stà dunque, se l’inesorabil Critico vi regala d’una buona sferzata. Io affè non vi difendo, vedete.

Larva rea. E dovrà chiamarsi mancante di pietà la divina chiamata allo stato religioso? Uh questa è una bestemmiaccia! dategli del balordo giù per lo capo. Egli mo per cavarsi dai freschi vi farà una scorribanda da cavallerizzo col mandarvi a farvi render conto di questi sentimenti da quei, che gli adottano, giacchè non son suoi. Ma questo è un imitar que’debitori spallati, che per non pagare mandano il creditore da Erode a Pilato.

Ama di gelo. Attributo da vero filosofo. Applaudiamo con rispettoso silenzio a questa misteriosa espressione, finchè l’Autore si spieghi.

Amor, squarcia quel velo: Riuscirebbe forse troppo osceno l’interpretarlo. Io finora conoscendo il merito della vostra semplicità, a tutt’uomo mi sono studiato di esaltar la vostra sapienza, Signor Censore. Ma quì, dico il vero: non posso farlo in buona coscienza. Sì! altro che semplice! mi parete un bel furbacchiotto voi. Diamine! Un velo, onde le Monache copronsi il capo, interpretarlo per un velo metaforico . . . . Ah ah! Scandalosaccio! Ite mo un poco a consultar un Aurtado, un Busembaum, un Diana; e vedrete se costoro, benchè abbiano il sajo delle maniche larghe, scusino questo vostro giudizio temerario da grave colpa. So che a questa mia sincerità forse torcerà il naso il vostro Padrino, che meritamente vi preconizzò per uomo nell’arte critica consumato, e decrepito (cioè rimbambito, giacchè Senes, a detta di Tullio, repuera cuat). Ma io non so che dirvi: per questa volta non posso tradire la verità.

Non si dirà linguaggio attinto ad . . . . ma da empie scuole. Riflesso decisivo, spezialmente in vista dell’esempio, che quivi adducete, acqua del pozzo. È chiaro che con quel genitivo si prova che attingere regge l’Ablativo; e la conseguenza è affatto analoga a questa: Voi avete una Cavalla saura, dunque dovete saperne di Greco. Al vostro riflesso però avreste dato maggior risalto, se l’aveste corredato de’seguenti passi citati da Salvador Corticelli. A e AD (dic’egli pag. 181.) fanno ancora le veci di DA sengo dell’ablativo. Bocc. g. 2. n. 6. – Amendani gli fece pigliare a tre suoi servidori, e n. 2. – A gran valenti uomini il fece ammaestrare “E Niccolai Dissert. sop. Dan. parlando di Nabucco – Mi (cioè a me) venne veduta una pianta”.

Ah! Esclamazion, che non s’usa che) ne’casi di allegrezza. Verissimo. Quì mo vorran ficcarci il naso que’seccatori impertinenti de’Signori Cruscanti col voler infinocchiarci con cento passi autorevoli alla mano, che l’Ah serve all’espressione d’Infiniti affetti. (Vocabol. Crusc. T. I. pag. 2.) Imprimis che pretendono questi stucchevoli saccentoni, d’imporre il giogo a tutta l’Italia, precipuamente ove si tratti di genj originali, col loro Pitagorico ipse dixit? E poi l’impareggiabil nostro Censore ha in pronto un magazzino di passi da contrapporre alla pedantesca lor mellonaggine. Eccoli. Dant. Inf. 22. – Noi an-[649]davam con li dieci dimonj, Ah fiera compagnia! “ Petr. Can. 12. – Ah quanti passi per la selva perdi!” Dant. Inf. 33. – Ah Pisa vitupero delle genti! ” Petr. Can. 3. – Ah crudo Amor!” Quì lo vede anche un Pescivendolo, che questa interjezione non esprime che pura e pretta allegrezza.

Tu baleni. (Erano stati 42. ore senza mangiare e senza bere, avendoci di quelli che cominciarono a balenare). Oh benedetto questo passo di Franco Sacchetti, che vale un Milano! Finor abbiamo ammirato l’innocenza del nostro Critico: quivi campeggia anche la sua buona fede.

Hai vinto. Chi non ha inteso la questione, non saprà render conto della vittoria. Chi sa con che diavolo di stampita si ghermirà da questo colpo il nostro Poetastro? Egli dirà forse, che la Monachetta avendo superato i contrasti della natura, che allettavala all’amor profano, questa può a tutto rigore chiamarsi vittoria. O che babbuasso! questa è difesa?

Eccovi, o Censor illuminatissimo, l’elogio da me, benchè rozzamente, tessuto al vostro merito. Pregovi di continuare ad onorar l’Italia co’preziosi vostri parti a disinganno de’moderni Poeti, e a vantaggio dell’italiana letteratura, ch’io non mancherò di farvi giustizia in ogni tempo. Avete infatti una logica tutta nuova, un pensar tutto di nuovo conio, una squisitezza in somma di gusto, che innamora.

Molti invidiosacci mo della vostra gloria non la senton così. Costoro (ed anno tutti il capo a bottega) quanto applaudiscono al Sonetto dell’Anonimo per l’idea affatto poetica, per la condotta giudiziosa, per la purità della lingua, per la sostenutezza dello stile, e per una certa fluida naturalezza di versi, e di rime; altrettanto fanno le fiche a voi, spacciandovi (lingue perfide! voglion dire, se credessero di dir il vero) per un meschino letteratuccio a mal tempo, che ne sa poco di grammatica, niente di poesia, nientissimo dì loica. Anzi non pochi di costoro (maledetti!) giunsero persino ad esclamare: Tali sciapiti giovinastri s’affibbiano la giornea contro de’Letterati? Questa mondiglia affetta il protoquaquam, e scrive per lume della nostra Italia?

Ma consolatevi, che il giudizio del Pubblico, specialmente illuminato, è un’arme troppo fiacca per abbatter un omenone pari vostro: poichè, a detta d’un ser cotale: consensus multitudinis argumentum pessimi. A voi basta il solo elogio del vostro Encomiaste, che val cento pubblici: sufficit tibi unus plato pro cuncto populo. Vivete felice.” ◀Carta/Carta ao editor ◀Nível 3

Basteranno i soli primi versi del Poemetto del Signor Cav. Da Lisca, per far udire agli orecchj che son armonici il tuono della sua cetra, per far conoscere agl’intelligenti lo stile puro senza secchezza, e senza gonfiezza sonoro, col quale in tutto il corso della sua poesia spiega i robusti concetti, e le vive immagini della felice sua fantasia:

Nível 3► Opaca selva, che circondi il freddo

Cenere venerato di colui,

Che al fiammeggiar de gli aurei di con dotta

Penna tersa dal volto rugginoso

Il barbaro squallor di cieca e buja

Lunga ignoranza, ond’era informe il sacro.

De le Muse latine antico aspetto;

A te vengh’io per isfogar l’acerba

Doglia crudel, che il cor mi spezza, e strugge.

Fra il fosco orror di funebre cipresso,

Di musco e pareti a lamest’ombra,

E al cupo tremolar d’erbe selvaggie,

Vinta dal tempo, e da l’età nemica

Ergesi solitaria urna ferale.

Spesso sul marmo lagrimar si sente

Patetica smarrita Filomena,

E par tenti emular col suo bel canto

Le soavi armonie di quella cetra,

[650] Che un dì sovrana d’ogni umana affetto

Tacita or langue a la fredd’urna in seno. ◀Nível 3

Nível 3► Exemplum► Due artigiani di povera famiglia (uno di sentimenti onesti, e di saggia condotta) furono nella loro giovinezza strettissimi amici, e si resero de’servigj reciprocamente. L’uno invecchiò tra gli stenti, senza mai uscire da’bisogni della vita, affaticando incessantemente ed usando tutte le vie lecite per migliorar condizione, ma sempre invano. L’altro favorito dalla fortuna, che dispensa alla cieca i suoi doni, e per lo più li fa piovere sopra quelli che non li meritano, ebbe per il coso d’anni, tanti lavori, seppe trarne sì gran profitto, che abbandonando il proprio mestiero s’incivilì con una carica per cui gli si dà dell’illustrissimo senza risparmio. Attento ad ogni occasione di trarre profitto aumenta felicemente la sua fortuna senza aver paura del diavolo nè curarsi di quel discredito che accompagna chi batte le storte vie, e sull’altrui rovine s’innalza. Se mai fa del bene non l’ottiene da lui se non chi lo gonfia d’elogj, chi l’adula vilmente, e gli si umilia colla maggior riverenza.

Il povero antico suo Amico, semplice di costumi, e di cuore, stretto dalla più dura necessità, minacciato da un fattore crudele d’essere cacciato sulla strada per debito d’affitto, fondò le sue speranze nella di lui assistenza. Se gli presentò con quella franchezza medesima che usava verso di lui molti anni prima, gli ricordò d’averlo assistito quando ne aveva bisogno, e trasse argomento di sperare dalla sua gratitudine l’ajuto che dimandavagli, stendendogli al collo le braccia in atto di dargli un bacio, e un amplesso. L’ira, e la vergogna tinse il volto all’ingentilito Artigano d’un vivo rossore misto ad un gialliccio venefico. Rispinse bruscamente quell’infelice dicendogli: non mi ricordo nulla: questi non son i modi da chiedere carità a chi merita il vostro rispetto. Gli voltò le spalle, e lo lasciò muto, e freddo come una statua. ◀Exemplum ◀Nível 3

Se questo poveruomo, prima di attacarlo, consigliato si fosse con qualchè uomo di Mondo imparato avrebbe, che per ottener favori da questi Fosfori che vogliono parer Astri, non bisogna mai ritoccar la putredine da cui son nati. È ben vero, che certi grandi divenuti tali per i loro proprj meriti personali, in vece di vergognarsene si fecero un punto di gloria, nelle memorie della loro vita, della bassezza della loro nascita, ma s’ha forse a sperare tanta elevatezza d’animo nella plebe sollevata dalla fortuna, e dal favore degli opulenti viziosi?

Nível 3► Exemplum► Il famoso Cardinal Wolsey era nato ad Ipsvvich1 ove fece fabbricare una superba beccheria che si vede ancora, in memoria di suo padre, ch’era beccajo. Questo monumento di sua umiltà ricorda al passaggier riflessivo, che fu tutta sua la grandezza onde illustrò i di lui giorni, e raccomandò alla fama il suo nome. ◀Exemplum ◀Nível 3

[651] Nè questa morale virtù è particolare soltanto a certi uomini illustri. Nível 3► Exemplum► Abbiamo avuto uno de’primi Caffettieri di questa Città, che non morì ricco perchè fu sempre discreto ed onesto, il quale figlio d’un ciabattino conservò gelosamente una tenaglia che suo Padre avea cento volte impegnata per isfamare la povera sua famiglia. Con tal memoria dinanzi agli occhi e impressa indelebilmente nel cuore ebbe sempre pietà de’poveri, compensò largamente chi affaticava per lui, e ue’costumi (sic.) si tenne della più semplice moderazione. ◀Exemplum ◀Nível 3 Vergognatevi allo risvegliarsi di questo esempio voi quanti siete ingranditi plebei, che trattate con durezza, crudeltà, e disprezzo chi languisce in uno stato che un tempo fu vostro; e persuadetevi che le toghe, le cariche, i titoli non celano la vostra bassezza, ma chiaramente la svelano, e ve la metton a carico quando l’affabilità, e la beneficenza scordar non faccian l’uomo passato per ammirar l’attuale.

Nível 3► Carta/Carta ao editor► Signor Gazzettiere.

“All’occasione delle Nozze da voi annunziate delle LL. EF. Antonio Badoer Maria Sangiantoffetti, nel Palazzo magnifico dello Sposo si esposero alla vista del Pubblico i nuovi e superbi ornamenti da lui fatti riccamente eseguire.

Il cielo d’una gran Sala riscosse sopratutto l’universal applauso degl’intelligenti, per la non più immaginata idea di pittura affatto poetica, lavoro maestrevole del celeberrimo Cav. Sign. Pietro Tenente de Angelis Romano, allievo del tanto rinomato fu Cavalier Mengx, che accoppia alla facoltà della Pittura quella della Poesia estemporanea, ed è fornito d’erudizione, di morali virtù, e di dolci gentili maniere per le quali ottiene in questa Capitale il benevolo favore de’Grandi.

Rappresentasi in questo cielo poetico un raro e tutto nuovo Zodiaco in cui apparisce il giudizioso ed ingegnoso componimento, la perfetta e corrispondente sua esecuzione, il molto ben adatto variamento di colori, e la così bella morbidezza dell’impasto, che nulla però toglie al forte. E quantunque in alcuni di que’pregevoli lavori di meccanismo vi avess’egli soltanto la semplice direzione, ebbe tuttavolta la mira di scegliere per la perfetta lor esecuzione alcuni de’Giovani i più abili nella nobile Professione.

La malevolezza di certi insetti, che infettano la regione d’Apollo, e della Pittura non hanno impedito il giudizio favorevole de’rispettabili Soggetti, che attratti dalla fama d’un’opera sì eccellente son concorsi ad ammirarla.” ◀Carta/Carta ao editor ◀Nível 3

Notizie Sacre.

“5 Ottobre. S. Brunone Confessore. Nel 1084 egli fondò l’Ordine Certosino. Solennità a S. Andra in Isola detta della Certosa ove abitarono più Religioni; ma per l’insinuazione di S. Bernardino da Siena, che allora si trovava in Venezia, fu concessa a’PP. Certosini. La condizione della fondazione novella fu che l’eletto Priore dovesse di tempo in tempo esser investito dal Doge della sua dignità.”

Li Beni, Case, e Livelli dell’Eredità del qu: Sig. Gasparo Caffrè, per la quale è seguita la Causa descritta su questi Foglj, saranno dalli NN. HH. e Signori Governatori del Pio Luogo delle Penitenti in S. Giobbe di questa Città, Deputati alla Commissaria del predetto Defunto, venduti al Pubblico Incanto. Il primo seguirà nella mattina del 2 Xbre p. v. un’ora dopo Terza nella Sala dello Scudo.

Le condizioni proposte, e la divisione de’Beni suddetti riprodotte verranno ne’Fogli v.

Savio per la v. settimana.

s. Zaccaria Valaresso.

[652] Nella settimana scorsa fu perduta una Cagnetta con pelo lungo bianco, e macchie oscure. Se qualcuno l’avesse ritrovata, la porti alla Bottega di Caffè sulla Riva del Vin a Rialto, che gli saranno date L. 8: di mancia. A facilità di conoscere, che sia essa, si chiama col nome di Tirilina.

Cambj 8. corr.

Parigi 53 e un 4to.

Roma 14 e 3 8vi.

Napoli 619 e 3 4ti.

Livorno 102 e mezzo.

Milano 153

Genova 89 e 5 8vi.

Amsterdam 94 e 3 4ti.

Londra 49 e un 8vo.

Augusta 103.

Vienna 199.

Prezzi delle Biade.

Formento a L. 24.

Sorgo Turco dalle 11. 10. alle 12.

Segala da l. 14. a 14. 5.

Fag. bianchi da 21. 10. a 22.

Miglio da l. 12. a 13.

Risi da 35. a 37. Duc. al m.

Un veneto Negoziante ricerca persona onesta di conveniente erudizione, religiosa o secolare, che possa comunicargli qualche fondato saggio istruttivo di Storia naturale, Fisica Sperimentale ec. ed assisterlo in alcune ore della giornata nel suo limitatissimo studio, ed affari particolari. Egli le esibisce per ora una mercede di 24. Zecchini all’Anno divisi in Rate mensuali.

Chi è in caso d’accettare questa proposizione se la intendi col Sig. Curti dispensatore di questo Foglio, ch’è incaricato del ricapito.

Terraglie del tutto simili a quelle d’Inghilterra della Fabbrica W del Giglio di Vicenza. Si vendono all’ingrosso & al minuto al prezzo della Fabbrica istessa dal Sig. Marco Guizzardi in Calle de’Pignoli a San Giuliano Venezia.

Notizia a noi ricercata.

Nel nuovo Reggimento d’Udine di S. E. Francesco Rota v’è per Vicario l’Illustr. Sig. Andrea Pizzardini.

Per Giudice l’Illustr. Sig. Gio: Gasparo Marangoni.

Per Cancel. l’Illustr. Sign. Giuseppe Gelmini.

In Senato.

Savio alle Acque m. 24.

s. Zuanne Paruta.

Esec. contro la Bestemmia m. 12.

s. Lod. Angaran.

Prov. all’Artigl. m. 12.

s. Alv. Mocenigo K.

Sopra Prov. alle Biade m. 12.

s. Z. Bat. Contarini.

Prov. sopra Oglj m. 24.

s. Zuanne Bonfadini.

Prov. all’Armar m. 12.

s. Zuanne VVidman (sic.).

La prima nuova rappresentazione di quest’Autunno fu data dalla Comp. a S. Gio: Grisostomo col titolo Il momento c’è per tutti, ch’ebbe una replica. L’Autore della medesima è il Sig. Gaetano Fiorio Comico di quel Teatro. Come spettatori nulla dirne possiamo, e nulla potremmo dirne di bene come raccoglitori delle opinioni di que’che la udirono. Fu invitata per Lunedì: La Dama Benefica Com. mai più rappresentata. Nella stessa sera a S. Angiolo si avrà la prima recita della Disperazione, nuova produzione della penna del Sig. Federici.

Commedie per questa sera.

A S. Gio: Grisostomo. Kirck e Jaskar.

A Sant’Angiolo. La Zaira Trag. del Voltaire.

A S. Luca. La Mutazione di Casa del Sig. Goldoni

Morti.

Il Sig. Guerino Callegari Gastaldo delle Maestranze della Pubblica Zecca, carica che viene dispensata dall’Eccell. Collegio ad una delle Maestranze della Zecca medesima. ◀Nível 2 ◀Nível 1

1„Città grande dell’Inghilterra mediocremente popolata; il suo porto riceve de’bastimenti di duecento tonnellate, ma in bassa marea, spesso resta a secco. La città è divisa da’nomi delle parrocchie, e non da quello delle strade, come nell’altre del Regno. V’ha un bellissimo Bovvling-green o sia giuoco di palla, ch’è voltolato dagli asini a’quali mettonsi gli stivali per impedire che non lascino alcuna impressione sulle zolle delle lor zampe. Per questo il Re Carlo II. disse facetamente al Duca di Buckingam: Ch’era questa una Città senza abitanti, una riviera senza acqua, che le sue strade erano senza nome, e che gli asini vi marciavano da postiglioni.”