Citazione bibliografica: Antonio Piazza (Ed.): "Num. 49", in: Gazzetta urbana veneta, Vol.4\049 (1790), pp. 385-392, edito in: Ertler, Klaus-Dieter / Dickhaut, Kirsten / Fuchs, Alexandra (Ed.): Gli "Spectators" nel contesto internazionale. Edizione digitale, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.2612 [consultato il: ].


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Num. 49

Sabbato 19 Giugno 1790.

Udine 13. Giugno.

“HA la nostra Città anch’ella i suoi Spettacoli, che si cavano dall’ordinario. Giovedì scorso fu incendiata una gran Macchina di fuochi artifiziali, la quale non saprei ben dire se abbia il merito maggiore dalla grandiosità del fuoco, o dalle combinazioni diverse, e novità del medesimo. Convien pur confessarlo è stata mancante finora l’Italia della Pirotecnia. In fatti chi fu spettatore de’fuochi artifiziali nelle sue principali Città protestò di non aver veduto niente di simile a quello che vide in Udine. La succinta descrizione, che se ne dà serva di prova. Il valente Foghista Sig. Antonio Brambilla oriundo Veneto; ma che menò sua vita quasi tutta nella Germania, nella Russia, e nella Danimarca ed in Costantinopoli enunciò la sua Macchina con l’imponente denominazione di Bombardametno della Goletta di Tunisi: annuncio che mise tutti nella maggiore aspettazione, e per lo Spettacolo grande in se stesso, che prometteva; e per la rimembranza gloriosa del valor senza pari del N. H. Angelo Emo Cav. e Proc. di S. Marco.

Prima di presentare questa gran Scena alla quale accorse tutta la Città e gran numero di Forestieri fece pompa il Brambilla di sua impareggiabile destrezza in dodeci colpi d’occhio, che offerse ai suoi Spettatori in altrettante leggiadrissime combinate Macchine rappresentanti geroglifici, e simboli: de’quali lungo saria il darne una dettagliata informazione. Tra questa però non lascierò di accennare una assai vaga prospettiva dipinta dirò così da fuoco vario-colorato verde, bleu, e rubino. Vidersi in altro momento il Sole, e la Luna con i Pianeti. Comparvero pur due Piramidi d’Egitto; alla cui sommità volgeansi due Sfere, che cangiarono poi forma. Le due gran fontane di S. Pietro di Roma che portano due Fiumi di acqua, qui si videro imitate, ma quai vulcani eruttanti fuoco. La gran Rosa Damaschina: ed un fuoco incassato esibente ora una inscrizione, ora 3 Gigli, e ciò per ben tre volte precedettero immediatament il bombardamento lontano: ed in men che il dico, quasi calato un gran Sipario videsi alzata in prospettiva la Goletta di Tunisi, munita di sue laterali fortificazioni. Erano pure belle, e formate due Batterie galleggianti, con alcu-[386]ne Navi da guerra. Le grida di applauso a questo colpo d’occhio s’alzarono fino al Cielo: ed allora solo finirono di assordare, quando coperte furono dall’immensamente maggior rumore cagionato dalla Batteria Veneta, e dalla Tunisina. Le palle infuocate, che dall’una parte e dall’altra partivano, rappresentavano una spaventevole pioggia di fuoco. Entro le fortificazioni alzavansi fiamme incendiarie; e le mura nemiche orrendamente battute tratto tratto si diroccavano. Un misto di raccapriccio, e di diletto tutti avea occupati gli animi, e cambiati i volti: e parea che ogn’un dicesse, che il fuoco vivo per una non finta espugnazione di Fortezza era poco, per un divertimento era troppo. In tutti questi fuochi, oltre le più ingegnose combinazioni si presentò sempre agli occhj de’Spettatori il più ben variato cangiamento di colori; lo che quanto d’arte, e d’ingegno richiegga, facil cosa è a comprendersi. Frequenti volte tutto il vastissimo recinto comparve illuminato a giorno per la vivezza e chiarore del fuoco di un solo dei pezzi incendiati. Nè ommettere si dee una circostanza, che dà il maggiore risalto al valore del Macchinista: ed è , che due volte fu egli impedito dalla inclemenza del tempo a dare al Pubblico questo Spettacolo: e nella prima delle due per ben dieci ore tute le sue decorazioni furono esposte a dirotta pioggia; nella seconda lo furono anche le ruote, e pezzi; eppure senza il riparo di vernice solito a praticarsi dagli altri Foghisti, ogni cosa riuscì eccellentemente al momento dell’incendio. Sta ora allestendo due altre Macchine una per il dì di S. Pietro: l’altra per la Fiera di S. Lorenzo: in questa promette di rappresentare la presa di Belgrado con apparato di gran lunga maggiore per la sicurezza che ha del conveniente compenso nella maggior affluenza de’Forestieri.” ◀Lettera/Lettera al direttore ◀Livello 3

Venezia questo dì 15 Aprile 1790.

“Alcuni liberali amatori delle Muse Italiane si sono proposti di voler fare una nuova raccolta di ottimi Versi inediti di Autori viventi, intitolata Anno Poetico. Rispettando essi la memoria del Parnaso Italiano, che si stampava in Bologna, e l’attual Giornale Poetico di Venezia, sperano di dare all’Italia un’opera, che viva più a lungo, e con auspicj migliori; e protestano di non voler inserire nel loro libro versi già stampati nei Saggi Poetici de’respettivi loro Autori. Per non dar luogo ad insulse produzioni degne dell’obblio, anzichè quattro volumi secondo il metodo dell’accennato Giornale, stamperanno essi un solo volume all’anno, cui non manchi però nè copia di componimenti, nè squisitezza di versi, nè splendor tipografico. Per la qual cosa vengono eccitati gli amici degli ameni studj ed i Professori di Belle lettere di qualunque Seminario, e Collegio a mandare alla Società i più scelti frutti del loro ingegno, onde servire al lavoro, che sarà formato in gran parte dai principali poeti d’Italia, coi quali alcuni individui della Società hanno familiare carteggio. Ed acciocchè la nuova impresa cominci dignitosamente si faranno precedere alcune bellissime Odi e Sonetti non più stampati dell’immortale Frugoni, che esistono appresso della Società scritti per mano del loro Autore medesimo, sperando che la colta Italia ben lontana dal lagnarsi di vedere il nome di un estinto poeta in fronte ad una raccolta di poeti viventi, ne saprà anzi bnon [sic.] grado agli Editori, e andrà fastosa di questo dono. Le poesie dovranno essere spedite o al Signor Ab. Angelo Dalmistro, o al Signor Ab. Vincenzo Suzzi Segretarj della Compagnia col ricapito al Negozio Baseggio in Campo a San Bartolommeo di Venezia, i quali la passeranno all’intero corpo della Società, da cui do-[387]vranno esser approvate, e scelte per la stampa. Il prezzo del volume sarà di lire otto Venete pagabili soltanto alla consegna del medesimo, che si dispenserà dai prinipali Libraj d’Italia, i quali riceveranno anche le associazioni, restando a carico de’Sigg. Associati (unicamente riguardo al volume) le spese de’porti.” ◀Lettera/Lettera al direttore ◀Livello 3

Da un rigido Moralista ci venne una calda declamazione contro i disordini, e i mali prodotti dalle villeggiature, considerate non come un sollievo delle cure cittadinesce, ma come una sostituzione de’passatempi viziosi delle Metropoli. Egli ne dice di belle, ma belle assai, e dà peso alle sue invettive con delle massiccie verità. Non gli accordiamo però, che l’abuso de’piaceri della campagna sia particolare alla nostra Nazione, il che sembra di volerci dar ad intendere col farci sapere d’aver viaggiato il Mondo, e ritrovato nell’altre tutte d’Europa più gusto, discernimento, moderazione, e tranquillità godendo il soggiorno della Villa. Quell’appunto da lui proposta come un modello non và esente in conto alcuno da’difetti socievoli onde accagiona la nostra.

L’Anglo-Mania da cui mostrasi posseduto gli fa vedere nelle campagne dell’Inghilterra un asilo di rusticana innocenza, un soggiorno di tranquillità, e di riposo nelle belle stagioni dell’anno a’cittadini opulenti. La seguente traduzione, che ci determinò a fare il di lui lamento su’mali morali delle odierne villeggiature, potrà fargli imparare quel ch’egli non sà, e di cui vuole parere instrutto; e far maggiormente a tutti conoscere, che gli uomini sono in ogni paese della medesima tempra.

Livello 3► “Malgrado i brillanti elogj della vita campestre, che si trovano negli scritti de’Poeti, e de’Filosofi, non bisogna immaginarsi, in questo Secolo degenerato, che s’abbia a respirare l’aria pura dell’innocenza , e dell’antica semplicità, tosto che si cessa di respirare il denso fumo di Londra. Noi non iscopriremo il vizio sensibilmente abbassarsi ad ogni miglio che scorreremo nelle campagne, e non vedremo la virtù assisa sopra ogni mucchio di fieno. Il lavoratore che conduce il carro, il pastor medesimo che guarda il suo gregge, e che tanto interessaci nelle Pastorali, e ne’Romanzi, non si mostrano più ragionevoli del Savojardo, e del carrettajo. La venditrice di latte, col suo vaso sul capo, non c’inspira maggior stima di quella che inspirarci la sua compagna, che porta al mercato de’cavoli. Siamo sì poco persuasi di ritrovar i costumi dell’età dell’oro trà i nostri contadini, che vediamo senza rimorsi, e senza sorpresa, una rustica Fillide condannata alla forca, per aver fatto perire il suo parto inlegittimo; o un Tirsi mariuolo messo alla berlina per aver rubato de’fazzoletti.

Ma quantunque da noi si siano scossi questi pregiudizj, abbiamo però conservate delle antiche idee sopra i costumi della campagna, tanto lontane da’costumi che regnano, quanto questi costumi lo sono da que’dell’Arcadia. Crediamo comunemente che resti ancora appresso gli abitanti della campagna un germe considerabile di quella rusticità, di quella rozzezza, che fu riguardata sì lungo tempo come il loro distintivo carattere. Non ha più che un mezzo secolo, dacchè gli abitanti della campagna erano riguardati come tante creature d’una spezie sì differente da quelli della Capitale, quanto lo sono i naturali del Capo di Buona Speranza. Le loro maniere, come pure il loro linguaggio, erano proprie ad essi, e tanto somigliava il lor vestimento a quello de’nostri Cittadini quanto a quello de’chinesi, e de’turchi: ma il tempo che ha circondato di siepi i Comuni, e spianate le macchie, ha [388] coltivati ancora gli spiriti, e raffinati i costumi de’campajuoli.

Bisogna sicuramente attribuire al commercio reciproco della città, e della campagna, questo gran cangiamento. Ogni viaggiatore che và a Cumberlana, o a Cornvvall, trasporta, in certo modo, con lui la Città, e necessariamente ne lascia qualche segno dopo la sua partenza. Ogni visita ch’un campagnuolo fa a Londra distrugge insensibilmente un pò di ruggine della campagna.

È ben vero che in altri tempi un viaggio alla villa era riguardato come un’impresa tanto considerabile quanto sarebbe oggidì il viaggio alle Indie. La bellezza, e la moltitudine delle strade maestre, lo stabilimento delle vetture pubbliche, e molt’altre comodità di viaggio hanno, per così dire, aperta una nuova comunicazione tra le differenti parti della nostra Isola. L’amante può al presente annientare quasi letteralmente il tempo e lo spazio ed arrivare appresso della sua Bella prima ch’ella sia informata di sua partenza. Un branco d’oche, o di polli d’India viene dalla campagna alla città in meno tempo di quello che ci voleva una volta ad un Gentiluomo colla sua famiglia. Finalmente le maniere, le mode, i trattenimenti, i vizj, e il ridicolo della Metropoli, spargonsi sino alle estremità più rimote del Regno colla stessa celerità con cui il Peccato e la Morte di Milton, passano col mezzo del meraviglioso ponte costruito sul caos, dalle regioni dell’Inferno nel nostro Mondo.

Gli effetti di questa comunicazione divengono più sensibili di giorno in giorno. Le grandi Città, e potremmo dir anche molte piccole Città di Provincia, sembrano dominate universalmente dall’ambizione di essere tante piccole Londre nella parte del Regno ov’esse son situate. Tutte le idee di lusso, di fasto, di piacere, che regnano nella Capitale, vi sono ciecamente adottate: i differenti cangiamenti di moda sono scupolosamente seguiti; ed imitasi, quanto più si può, la maniera di vivere della gente di Corte. Le Dame di Provincia non sono men dedite al guoco di quelle di Londra. Esse non si dilettano più nel far del tartaro, o lavorar degli arazzi; hanno esse delle conversazioni, de’Balli, de’Concerti per soscrizione; hanno il loro teatro, il loro pallamaglio, e qualche volta il loro Renelagh, o il loro Waux hall. Il Gentiluomo, e lo Scudiere di campagna non conservano più l’antica ospitalità, e più non lasciansi divorar dalle cavallette distribuendo della carne, e della birra a chiunque và a ritrovarli; ma sfoggian essi l’eleganza del loro gusto, e danno di tempo in tempo delle feste sontuose. Alla campagna, come in Città, son impiegati oggidì li stessi cuochi Francesi; vi si beve i medesimi vini, si giuoca a’medesimi giuochi: si segue finalmente lo stesso modo di vivere. Ogni uomo, ogni donna ambisce di pensar e di parlare, di mangiare, di bere, di vestirsi e di condursi, come la gente di qualità di Londra.

Licurgo fece una Legge a Sparta per impedirvi l’introduzione delle vanità straniere; e non solamente egli proibì, che gli stranieri restassero in città, temendo la corruzione de’costumi del Popolo, ma proibì ancora a’suoi Concittadini il viaggiare. Una frequente comunicazione produce necessariamente la simiglianza de’costumi.

Non conviene lagnarsi di quella, che s’è stabilita nelle differenti parti della nostra Isola: essa può produrre de’buoni effetti. Ma i Gentiluomini, e le Dame di Provincia si persuadino, che non v’è nulla da guadagnare cangiando una follia per un altra, e che i vizj della Capitale non sono mai sì ridicoli e sì spregevoli, che allora-quando son imitati con tutta la goffaggine d’un pesante Provinciale.” ◀Livello 3

Copia.

1790. 9. Giugno. In Pregadi.

Al Rappresentante di Brescia.

Fanno presenti al Senato, dietro le ritratte informazioni vostre, li Riformatori dello Studio di Padova le cure, & il zelante impegno, con cui si presta il Sacerdote D. Gaetano Maceri nell’istituito Collegio in codesta Città, da lui diretto con felice successo rapporto la educazione della Gioventù Nobile, e Civile, che vieppiù vi concorre per il buon governo, e per le discipline, sulle quali è piantato.

Riconoscendosi pertanto meritevole l’Istitutore del Collegio stesso di un visibile testimonio del Pubblico compiacimento, che vaglia a maggiormente eccitare la emulazione, e promuovere l’affluenza de’Convittori, il Senato nell’esaudire col riputato sentimento de’cittadini l’istanze sue, accoglie sotto gli auspicj della pubblica protezione il Collegio surriferito, ed accorda a’suoi Convittori l’uso di un vestito uniforme, & in pari tempo il distintivo, dietro consimili esempj, di una Medaglia dorata, divisa però dall’altra accordata ai Convittori del Coll. Mariano in Bergamo; per la verificazione di che voi passarete d’intelligenza col Magistrato suddetto.

E delle Presenti sia data Copia al Magistrato de’Reformatori dello Studio di Padova in riscontro di quanto si delibera sopra l’intese sue gradite informazioni.

Livello 3► Lettera/Lettera al direttore► Sig. Gazzettiere

“Un consiglio, o Signore, a Voi, a’dotti vostri Associati ricerca l’infelice Scrittore di questo foglio.

Egli ama in corrispondenza di quella sensibilità, di cui volle fornirlo Natura.

Il suo amore si estende sopra una Giovinetta prossima al terzo lustro.

Al detto di molti è anzi brutta, che bella. Per me è vezzosa, ed amabile, e tuttochè . . . . estremamente mi piace.

Nato, posso dire in sua Casa, e sei anni prima, ch’ella venisse alla luce, ho l’onore in disparità di natali, di fortuna, e di educazione di esserle socio alla mensa, al passeggio, al Teatro . . . .

La quotidiana vicinanza, la mia giovane etate, il mio cuore sensibile, il suo tratto modesto, e civile, il suo parlare . . . . , la sua inclinazione . . . , in breve l’uniformità del suo genio al mio m’hanno invaghito, ed innamorato . . .

È conscia la diletta N. . dell’amore, che ho per Lei, gradisce le mie attenzioni, ed io provo la compiacenza di vedermi corrisposto.

Sono corsi, e corrono tra Noi dei discorsi, che dovrebbero immergere l’anima mia nell’allegrezza, e nel giubilo. Crederebbesi perciò invidiabile la mia sorte. Eppure udite, se ho ragione di chiamarmi infelice.

La mia situazione non è delle più abbiette; ma il mio stato presente lo riconosco dalla onoratezza d’un Padre nell’amministrare le altrui sostanze.

N. N. è l’unica Figlia d’un Padre facoltoso, e civile. Egli a suo tempo la vorrà accompagnare con un suo pari, e forse con uno di fortune maggiori, a costo anche di sacrificare il genio, e l’inclinazione della Figlia superiore adesso ai pregiudizj della nascita, e dell’interesse.

Ecco lo scoglio, in cui si rompono le mie speranze. Mel vedo sempre di fronte, e dai lati. Egli amareggia la mia compiacenza di esser riamato, amando. Egli mi straccia il cuore, e mi trafigge l’anima continuamente.

Incapace di meditare azioni, che disonorino la mia ragione, il mio onore, la religione mi dò in preda alla più tetra malinconia, e passo i giorni nell’amarezza, e nel duolo.

Se ne avvede, e mi conforta N. N. con semplici, e lusinghieri argomenti; ma, o Dio! dopo lunghi riflessi, e se-[390]riosi esami non scorgo, nè trovo modo d’uscire dal bivio fatale, o di perder N. N. soffocando le inclinazioni del cuore, o di possederla col calpestare le sacre Leggi di onestà, d’onore, e di religione.

Dovrei fuggire lontano dal caro oggetto, forse l’unico, e solo espediente; ma come? Se . . . , e dovere vincolato mi tengono alla sua Famiglia. Dirle le insuperabili difficoltà, che s’opporranno a’nostri disegni? Ella le appiana, e le scioglie colla fede, e col tempo. Non favellarle mai più d’amore, negligerla, sfuggirla possibilmente, e girar altrove gli sguardi quand’è presente? Il mio cuore sensibile non si crede capace d’una direzione inversa a quei teneri sentimenti che nutre in seno per N. N.

La ragione mi regge, ma le van mancando gradatamente le forze in proporzione, che si va dilatando l’amorosa fiamma. Prima, che m’inabissi nell’empietà, giacchè di nulla meno si tratta, se la ragion m’abbandona, oso confidentemente di supplicar Voi, e i savj vostri Associati d’un anedotto praticabile, ed efficace, il quale si combini cogli indicati miei rapporti, onde serbi illeso il bel carattere d’uomo onorato, ragionevole, e religioso. Sono con vera stima ec.” ◀Lettera/Lettera al direttore ◀Livello 3

Livello 3► Citazione/Motto► Chi mette il piè nell’amorosa pania

Cerchi ritrarlo, e non inveschi l’ali

Ariosto. ◀Citazione/Motto ◀Livello 3

Felice chi ne’pericoli delle passioni chiama la virtù a degli estremi sforzi per superarle, e in ogni evento s’apparecchia il conforto d’Orazio:

Livello 3► Citazione/Motto► Hic murus abeneus esto,

Nil conscire sibi, nulla pallescere culpa. ◀Citazione/Motto ◀Livello 3

Una Lettera sottoscritta da quattro Assocciati a questa Gazzetta c’intima la loro disgrazia, se prontamente, esattamente, e senza riguardi non comunichiamo ad essi, che son a Padova, col mezzo di questi Fogli, tutte le novità della Capitale. Se tanto voglion da noi segniamo da questo punto la sentenza del loro sdegno protestando che non possiamo dir tutto, e che dobbiam nel riferir certe cose usar de’maggiori riguardi. P. E. il delitto, di cui tanto in questi giorni si parla, gravissimo per le persone di Ministero, e di Foro, che lo commisero, e per i danni da esso prodotti, deve esser taciuto da questa Gazzetta. A bene descriverlo ci vorrebbe la chiave dell’affare, e la cognizione dell’ordine che fu necessario a condurlo. Girano in note i nomi de’rei, uno de’quali è nelle forze della Giustizia, gli altri sono fuggiti. Si leggeva tra i principali quello d’un Interveniente, che ricomparso l’altr’jeri alla vista del Pubblico, lo persuase della sua innocenza. Tra queste dubbiezze ed inganni la prudenza consiglia al silenzio, e per sapere quanto vien detto, chi è fuor di Città raccomandarsi deve alle Lettere famigliari.

Mancò d’effetto per Divina Provvidenza un altro attentato non meno esecrando e terribile. Dicesi che meditato fosse da uno spirito d’amorosa vendetta; ma può esser questa una voce falsa, una deduzione ingannevole. Dal processo risulterà il vero.

Nel magazzino d’una casa abitata da certe Ballerine in questa Parrocchia di S. Cassiano fu gettata una palla incendiaria contenente polvere da schioppo e zolfini a cui era attaccata una striscia d’esca accesa all’estremità, onde nel consumarsi poco a poco comunicasse il fuoco alla polvere, e saltar facesse in aria la casa. Da persona, che di là passava, od usciva dalla casa stessa per ire alla prima Messa della vicina Chiesa, si sentì l’odore dell’esca ardente. Aperto il magazzino videsi lo stromento di strage, e di morte prossimo ad accendersi, si estinse il fuoco rendendolo [391] inoperoso, e felicemente riuscì vano il diabolico tradimento.

L’altr’jeri alle 23 in questa Piazza rimpetto alla Procuratia di S. E. Giovanelli si faceva ballare due orsi ritti sulle due zampe di dietro, e colle altre due pendenti dal legno che lor ponesi al collo. Il suono de’pisseri accompagnato da’loro muggiti formava un infernale concerto. Molta gente in ampio circolo si godeva quel minuetto.

Il più giovine de’due animali ardeva di rabbia, servendo a forza il suo padrone, e facea propriamente conoscere che le Fiere fatte non son per ballare. Ma la ritrosia, il contraggenio al comandato esercizio, gli tirò addosso delle bastonate; per ischermirsi da una di rinforzo, che prometteva di farsi sentir più dell’altre, ruppe il guinzaglio, o uscir ne fece il capo di mano al suo Maitre de danse. Sciolto dal legame che dominavalo, si mise a correre, e salendo i gradini delle Procuratie entrò nella piccola bottega del Cartajo, che alla vista di quell’avventore ebbe a morir di paura. Di fatti se torcendosi in suo cammino, e saltando sul banco, benchè non avesse potuto morderlo, gli avesse dato soltanto un caro amplesso, misero lui! C’era una povera donna in bottega a comperar della carta. Altro che la cavalla di Miran! Invocò in suo soccorso le anime del Purgatorio, e restò illesa, perchè la irritata bestiaccia corse dritta per salire su de’colli di carta. Inseguita dal suo padrone fu frenata, e di nuovo al suo potere soggetta. La scena non produsse che de’lievi mali, ma lo spavento fu grande assai. Alcuni caddero uno sopra l’altro, si perdettero cappelli, e scarpe, e nella terrestre burrasca si confusero colle strida, cogli urli, co’lamenti, le risate, e le burle.

Brescia 10 Giugno 1790.

“ Essendomi occorso di sentire nel prossimo passato mese di Maggio, e nei primi del corrente una famosa Causa che veniva agitata avanti quell’intitolato Illustr. Collegio, che vidi composto di undici Giudici, dove non si trattava meno che di evincere alle Nobilissime Dame Eredi Martinengo Villagana la rilevante quantità di Piò 400. di Terra, come devoluti per Titolo di preteso Fideicomisso nella Nob. Famiglia de Sigg. Fratelli Ugoni.

La Causa fù disputata per parte di detti Sig. Ugoni dai due valentissimi Avvocati Giuseppe Beccalossi, e Pietro Paolo Piccinelli, e per parte di dette Nobilissime Dame dai due egualmente celebratissimi, ed ingegnosissimi Avvocati Faustino Cirelli, ed Alessandro Dossi, ma da tutti con tanto impegno, e bravura, che ben a ragione, meritar potrebbero i più distinti elogj.

Le Leggi nel proposito, e le Autorità dei più gravi Scrittori, e dei seguiti Rotali Romani Giudizj non si mancò di accennarle, di cribrarle, e di addattarle. Basta dire che per poter a sufficienza esaurir la materia, da due Secoli, e mezzo involuta, e polverosa, non vi volle meno di due Dispute per cadauno di quattro, e più ore. Ammirai la franchezza, ed il valore dei tre primi, da’quali come dissi nulla fù omesso di dire, di provare, e di abbattere colla maggior forza, ed evidenza; ma al Dossi, che venne in quarta sotto una fierissima interruzione, dovetti fissare la mia attenzione, che con una precisa chiarezza, solito, e particolar suo dono, incontrando le Dispute avversarie, seppe quelle con prove evidentissime pienamente ribattere, epilogando indi con mirabil ordine, gradazione, ed eloquenza la vasta materia, e le vive ragioni delle Nobilissime Dame clienti, perilchè con un batter di mani ne rascosse il comune aggradimento.”

[392] Questo Avvocato, che è di una Famiglia molto civile antica nostra Cittadina, conta poco più di anni ventinove, ed ora molto si distingue pel suo ingegno, disinteresse, ed affabilità, con altre Doti che lo accompagnano, talchè meritamente può chiamarsi l’Idolo, e l’Anima degl’Intervenienti. Dell‘esito nulla vi posso dire perchè il Giudicio è ancora in sospeso.” ◀Lettera/Lettera al direttore ◀Livello 3

Metatestualità► L’anonimo Medico Fisico avvisa, che gli errori del suo Manifesto stampato nel Foglio di Mercordì p. p. sono di chi lo trascrisse, non suoi. Egli sarà servito della ristampa corretta nella prima Gazzetta della settimana vegnente. ◀Metatestualità

Poesia.

La Nutrice Ode di Jacobo Vittorelli quinta Edizione. Vendesi al prezzo di soldi dieci al Negozio Perlini a S. Giuliano.

Erudizione, purità di lingua, eleganza di stile, sapore poetico, vivacità d’immagini, rendono grato e pregievole questo breve Componimento di cui daremo un saggio nel Foglio v.

Savio in Settimana per la v.

s. Francesco Foscari.

Cambj.

18. corrente.

Lione 55 e un 4to. Parigi 54, e mezzo. Roma 63 e 7 8vi. Napoli 115. Livorno 101 e 3 4ti. Milano 153. Genova 90 e 3 8vi. Amsterdam 94 e mezzo. Londra 49 e un 4to. Augusta 104. Vienna 199. e 3 4ti.

Prezzi delle Biade.

Formento da l. 26 a 27.

Sorgo Turco a l. 14.

Segale a l. 15. 10.

Miglio a l. 17.

Risi da’duc. 35. 12. a’36 al m.

Bastimenti arrivati.

Da Trieste in questo Porto il Capit. Stefano Lombardo.

Giunse a Salonicchio il Capit. Gius. Bassich.

Da Volo è giunto a Costantinopoli il Capit. Cristof. Ruscovich.

Morti.

Il Reverendis. D. Alessandro Morasciuti alunno della Chiesa di S. Giuliano, e Canonico di dentro della Ducale Basilica. ◀Livello 2

Ricapiti per le Notizie ed Assocciazioni di questo Foglio.

A S. Bartolommeo in Calle Stretta dal Colombani Librajo.

A S. Giuliano dal Curti Librajo appresso il Caffè di Menegazzo.

Si paga un Zecchino all’anno anticipato, o diviso in Semestri, ed ogni Assocciato è servito due volte alla Settimana alla sua abitazione, o ricapito.

Le Assocciazioni si ricevono in qualunque tempo. ◀Livello 1