Citazione bibliografica: Antonio Piazza (Ed.): "Num. 27", in: Gazzetta urbana veneta, Vol.4\027 (1790), pp. 209-216, edito in: Ertler, Klaus-Dieter / Dickhaut, Kirsten / Fuchs, Alexandra (Ed.): Gli "Spectators" nel contesto internazionale. Edizione digitale, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.2590 [consultato il: ].


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Num. 27

Sabbato 3 Aprile 1790.

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Continuazione della Let. Francese sul Quesito relativo allà cecità, e alla sordità, diretta da un gentile Anonimo al Compilatore di questo Foglio.

Livello 3► Lettera/Lettera al direttore► On a remarquè que le sourd est toujours triste & inquiet en Sociètè. Un sourire excitè par le sentiment ou par le plaisir, un regard lancè sur lui par hazard & sans dessein, son pour lui une source de mille inquiètudes & de mille soupcon mortifians. Ils devienent à ses yeux autant des traits d’ironie, dont il est toujours portè à ses croire l’objet – Son imagination frappèe ne lui laisse voir que des ennemis, dans des hommes qui n’ont d’autre tort que celui de s’ètre livrès à des jouissances qu’il ne connait plus, & il fuit bientot une Sociètè, pour la quelle il est aussi embarassant & incommode, qu’elle lui est à charge & odièuse à lui meme.

Il jouit à la vèritè, du Spectacle magnifique, & enchanteur de l’univers mais l’habitude d’en jouir ne le rend-il pas à peu près insensibile a ses beautès? Jugeons-en par nous memes. q

Quel prix y attachons-nous? Quel poids a-t-il dans la balance de nos biens & de nos maux? Si quelqun perd sa fortune, un bras, une jambe, un ami, meton au nombre des consolations, qu’on peut lui proposer, la facultè qui lui reste d’admirer la magnificence, que le crèateur s’est plu à rèpandre dans ses ouvrages? Comment ce spectacle serait-il plus propre à consoler & à dèdommager de la perte d’un organe, que des autres maux aux quels l’humanitè est exposèe?

D’ailleurs l’homme qui souffre, dont l’esprit & le caeur sont continuellement en proie au poison du regret, du souci & de la tristesse, peut-il etre sensible aux beautès d’ordre & de simètrie, qui brillent dans le aeuvres de la creation? L reaction de son ame sur ses sens, en leur communiquant la langueur & le dègout qui la consument, ne les rend-elle pas inaptes à recevoir toute sensation agreable ? Le jour a-t-il encore des charmes pour le malheureux? Sa lumiere ne lui devient-elle pas importune & a charge? Et peut – on lui supposer d’autres momens de bonheur, que ceux òu sa paupiere, eu lui prèsentant un rempart contre elle, permet au sommeil de le plonger dans l’oubli de ses maux?

Le sourd peut lire; mais de quel secours peut etre cette ressource pour les sourds en general? De mille hommes à [210] peine en est-il un qui aime à lire, & qui lise en effet. En appliquant cette proportion aux sourds, sur mille à peine y en aura t-- il un, qui trouve ou plutot qui cherche dans la lecture, ces distractions dont la mèlancolie & la tristesse empreintes dans tous ses traits, annoncent qu’il a besoin, & qu’il ne peut trouver en lui meme. Le gout de la lecture est le fruit d’une organisation heureuse, dont la nature ne gratifie que très peu d’individus, & l’application qu’elle exige, est un travail ennuyeux & pènible pour la plupart des hommes.

Mais en accordant au sourd le gout le plus dècidè, et l’organisation la plus favorable pour la lecture il sera encore toujours privè d’un des principaux charmes, attachès a ceux des ouvrages de littèrature, qui semblent plus particulierement marquès au coin du talent & du genie: celui de les entendre reciter. La lecture d’un opera de Mètastasio, d’une Tragèdie de Voltaire ou de Racine, nous intèresse, nous touche, & nous force de payer à leurs auteurs le tribut d’admiration qu’ils mèritent; mais c’est à l’art & à la dèclamation de l’acteur, qu’ils doivent cet enthousiasme qui les couronne de lauriers, & leur dècerne des statues.

Les signes que le sourd peut employer pour se faire entendre, l’intelligence, que le mouvement des levres de ceux qu’il voit parler, peut lui donner, de ce qu’ils disent, la vue de beautès de l’univers, les ressources qu’il peut tirer de la lecture, tous les supplèmens enfin, tous les dèdommagemens, qui sont à sa portèe, sont donc trop faibles, trop insuffisans pour que nous puissions ne pas le considèrer, comme absolument privè de tous les agrèmens, de tous les plaisirs, & de toutes le consolations, qu’il ne peut espèrer que de la Sociète. Toujours concenetrè en lui meme, toujours vis-a-vis de lui meme, il faut qu’il se suffise à lui meme; & l’experience ne nous prouve que trop, qu’aucune crèature n’a jamais joui de cette prècieuse prèrogative & qu’elle est un dea attributs distinctifs de la divinitè.» ◀Lettera/Lettera al direttore ◀Livello 3

Metatestualità► Sarà proseguito, e verrà poi palesato il nostro sentimento su questo discorso. È divenuta sì comune la Lingua francese a chi ama la lettura, che siamo certissimi d’avere nella più gran parte degli Assocciati a questa Gazzetta, chi la intende, la gusta, e vorrebbe spesso di questi pezzi sì eleganti ed iscritti bene. Ma i pochi poi che non la intendono arrabbiansi, e gridano contro di noi. Saranno questi ancora messi al chiaro dell’essenza della trascritta Lettera allorchè richiameremo al confronto delle sue opposizioni la nostra opinione ricercata sull’accennato Quesito. ◀Metatestualità

Proseguimento della descrizione delle Vicarie Padovane. Vicaria di Teolo.

“Il celebre Pignoria, l’Orsato, ed altri Storici Padovani, osservarono, che la maggior parte de’Colli Euganei, ove è situata la Vicaria di Teolo portano nomi Greci sì nel suono, che nel significato, per lo più analoghi alla natura de’Colli medesimi. Tali in fatti sembrano essere Callaone, Cerro, Cinto, Venda, Rua, Revolone, Altorre, Lisoro, Fiorine, Lozzo, Pereo, Lerino, Baone, Zoone, Boccone, Agnone, Solone, Ortone, Cereo, Cingiaro, e Teolo.

Molto ragionano i suddetti scrittori sulla vera etimologia di essi nomi, e molto pure ne scrisse l’erudito Conte Filiasi. Noi trasandando sì fatte ricerche, diremo solamente, che sopra il Colle Teolo vedesi al presente la Terra, Teolo pure nominata, Capitale di tutto il Distretto, in cui fa la sua residenza il Vicario, che cola viene mandato dal Consiglio di Padova, e ch’è abitata da circa mille persone. Il terreno è fertile, ed abbondante di squi-[211]site frutta. Ventitre sono i Villaggj, che formano tutto il Distretto, situati ne’soprammentovati Colli Euganei, e popolati da 13 mila abitanti.”

(Nel Foglio v. sarà descritta la Vicaria d’Arquà.)

Lunedì seconda Festa di Pasqua seguirà l’accennata Recita de’Bagni d’Abano nella Sala della Nobile Accademia de’Rinnovati, e si vedrà in una di quelle stanze raccomandata da essi la memoria della defunta loro Compagna alla seguente Inscrizione scolpita in candido fino marmo, composta in greco dall’erudito Sig. Mattia Butturini, e da lui stesso così tradotta.

Theresiae. ventvrae. Veneriae
feminae. Optimae
comica. tragica. qve. Actione
praecellentissimae
cantv
prorsvs. Vnicae
renovatorvm. Academia
sociae. Desideratissimae
fato. Praereptae
h. m.
moerens
p.
anno. aer. chr. mdccxc.

Venezia 3. Aprile.

Compito Mercordì sera lo studio del Disegno dell’uomo nudo nella pubb. Accademia di Pittura, Scoltura, ed Architettura, Studio già incominciato sino dalli 18. Ottobre ultimo passato, e che avrà di bel nuovo principio il giorno 15. Giugno venturo sino a tutto il dì 14. Agosto susseguente e non più, Metodo questo di cadaun anno perchè possa ogn’uno approfittare di uno studio sì nobile ad onore delle Veneta Scuola resasi sempre immortale presso le Nazioni tutte, e vero Modello del gusto, e dell’invenzione, non che ad onore, e vantaggio di sè medesimi.

A que’ Giovani poi che nel corso dello Studio Scolastico avessero dati saggi del loro valore col disegno dell’esposto Modello Nudo per nove successive sere, vengono di pensati tre Premj ogn’anno nel giorno seguente alla Santa Pasqua di Risurrezione onde animare appunto que’Studenti Giovani alla continuazione dello Studio per poter indi in progresso concorrere al formale concorso dell’invenzione, ed ottenere que’generosi Premj che sogliono dispensarsi dalla predetta pubblica Accademia coll’intervento solenne degl’Illustrissimi, ed Eccellentisssimi Signori Riformatori sopra lo Studio di Padova Presidi prestantissimi della medesima.

Compiuto pertanto un tale Studio del Disegno dell’uomo nudo, continua tuttavia ne’gironi Festivi quello dell’Architettura sotto la virtuosa, e saggia direzione dell’egregio Maestro, e Profess. Accademico Sig. Agostino Mengozzi Colonna con vero, ed instancabile zelo, al di cui Studio vengono invitati li Giovani tutti di quelle Arti che necessariamente abbi ognano, previe le debite permissioni, ad approfitta- [212] re con ciò delli dotti insegnamenti di un tanto Maestro, e Professore Accademico le di cui opere sono notoriamente palesi. ◀Lettera/Lettera al direttore ◀Livello 3

Livello 3► Eteroritratto► Care donne, che formate la più bella, la più dolce, la più gentile metà del mondo, qual lusinghiero aspetto il vostro sesso presenta alla penna d’un Panegirista, che lo contempli nella sua fisica costituzione, e nelle virtù morali onde siete capaci! La vita che ci date, v’espone sempre al pericolo di perder la vostra; l’alimento che abbiamo dal vostro seno1 vi debilita, e vi consuma; i patimenti che la nostra infanzia vi costa invecchiare vi fanno nella giovinezza medesima. Brutte sempre sprezzate, e derise, come se vostra fosse la colpa della natura; belle sempre insidiate dall’arte, dall’adulazione, dalla potenza, siete in un continuo rischio di cedere, o non potete vincere che con una forza mal contrastata, e ingiustamente negata al vostro sesso. La vecchiezza che dà al nostro un certo credito, e un’aria di venerazione, eccita in voi l’insolenze, e i motteggj, come se foste tanti esseri unicamente nati per amare, e per farvi amare, e non aveste dritto all’esistenza in una matura età. O vi si consideri nel merito della propagazione dell’umana spezie, della paziente dolcezza con cui reggete i primi incerti giorni di nostra vita; o nella domestica economia, particolar qualità che vi rende pregevoli; o finalmente ne’doni d’avvenenza, e di spirito co’quali animate la società, e vi rendete sì necessarie al sollievo delle umane cure, che ampla materia per tesservi Inni di lode!

Ma oh Dio! se chiudendo gli occhi sull’ottimo che il vostro sesso presentaci si voglia solo tenerli aperti sulla depravazione del vostro cuore, sull’abuso di quella venustà, e di que’talenti, che potrebbero rendervi la delizia del Mondo, e vi fanno in vece il suo flagello, e la sua perdizione qual teatro d’orrori da giustificare la festa Satira di Giuvenale, e quanto l’ira de’Filosofi scagliò contro di Voi! Sembra che siate fatte per gli estremi: o buone buone, o cattive cattive. Soccorrete questa declamazione sventurati consorti di queste Tigri domestiche, che vi sbranano il cuore, ed empiamente trionfano della vostra bontà, o debolezza: servi che mangiate il loro pane bagnato de’vostri sudori, e avvelenato dalla mano che ve lo getta; amanti che siete vittime della loro incostanza, della finzione in sedurvi, della barbarie in ridere de’vostri tormenti. Sia pure un amico che avvicinavi con impegno fornito de’più rari meriti, dotato delle più sane massime, degno della preferenza su tutti quelli che vi cirdondano, e fomentano la vanità vostra; allorchè il capriccio vi prende gliene fatte tante, posponendolo alle teste sventate, agli sparvieri del Regno d’amore, che finalmente giungete a perderlo; e vi pentite poi quando il pentimento nulla vi giova. Per questo gli Uomini sdegnati sulla vostra condotta, giudicando da una parte del tutto, fulminano, contro il vostro sesso delle sentenze terribili, e lo condannano co-[213]me incostante, crudele, perfido, ingannatore, bugiardo, senza fare quell’eccezioni, ch’esigono in esso la fedeltà, la decenza, il decoro, l’amor conjugale, la dolcezza di carattere, la saviezza del contegno. ◀Eteroritratto ◀Livello 3

Metatestualità► Così detto abbiamo qualche cosa relativa al quesito propostoci, che si lesse nell’antecedente Foglio, senza insegnare alle sciocche, se pur ve ne ha alcuna tra le corteggiate, a disfarsi degli amici che con impegno avvicinanle. ◀Metatestualità

Ma per chiudere questo articolo coll’intimo sentimento, che abbiamo intorno alle triste qualità delle donne censurate sì acremente dall’entusiasmo poetico, e dalla placida Filosofia, diremo che queste precipuamente derivano per lo più dalla debolezza degli uomini, che idolatrano i loro difetti, e coll’incenso de’sospiri fanno girare il capo a questi Idoli terreni divinizzati, per calamità del Genere Umano. Se son enti di fragilità, come a piena bocca si chiamano, onde avviene che sì spesso resistano all’impero della forza umana soggiogatrice di tutta la natura animata? Se piegandosi al soffio delle seduzioni, contraggono que’vizj, che mai non avrebbero avuti, perchè stupirsene?

Se gli uomini facessero da uomini non ci sarebbero tante donne cattive. Sinchè i loro guardi faranno impallidire o rasserenarsi sin quelli, che fanno tremar la Terra; sinchè i vecchj con un piede nel sepolcro si vedran bamboleggiare alle loro carezze; sinchè gli orsi della spezie umana degni d’abitar nelle tane per la loro zotichezza, non si ricorderan d’esser uomini che per esse; finchè l’austerità filosofica, e la riflessiva letteratura non potran nulla contro i vezzi d’una ciarliera; sinchè finalmente i ranghi, le dignità, gli onori saranno esposti alla trista influenza d’un viso amabile, di due fulgidi occhj, d’uno spirito malizioso, il numero di queste cattive donne sarà strabocchevole, e i pessimi effetti della fatale sensibilità di certi uomini cadranno a danno anche di quelli, che non avendone colpa contribuscono pure a far ricantar coll’Italiano Satirico:

“Chi cerca gli Ateon più non s’imboschi” ec.

È giunto in questa Città il Signor Cav. Gius. Pistocchi di Faenza, celebre Autore del Teatro della sua Patria, della superba Cupola di Ravenna, e di varj Palazzi magnifici. Egli ha delineato in 7 Tavole il suo Disegno concorrente al premio per la erezione di questo nuovo Teatro. Da quanti lo videro se ne parla con somma lode, e con trasporto d’ammirazione. Il Libretto descrittivo, che lo accompagna fu regalato a molti dal Nob. Architetto, ma per soddisfare la pubblica curiosità ce ne vorrebbero più migliaja di copie. Metatestualità► Siamo certi di far cosa grata riproducendolo su questi Foglj alla maggior parte de’lor Leggitori, che non lo avrà veduto. ◀Metatestualità

Eccellenze.

L’Architetto Giuseppe Cavaliere Pistocchi di Faenza vi presenta umilmente, Nobilissimi Signori, il progetto, ed il Disegno di un nuovo decorso Teatro delineato in sette Tavole, e conforme al Programma per vostro comando pubblicato il dì 1. Novembre 1789., col quale avete invitato i Professori della Italiana Architettura ad esibire il Modello di un Teatro nobile, e dignitoso, che degnamente corrisponda al comodo, ed alla maestà di questa illustre Dominante. Non ha potuto l’offerente nel breve spazio di pochi Mesi prefisso dal Manifesto presentarvi il Modello solido, che verrà eseguito, qualora vi aggradino le idee del concorrente, e lo facciate degno del vostro purgatissimo favorevol giudizio, in seguito del quale avrete poi il minuto, e dettagliato conteggio [214] della spesa rapportato al prezzo delle manifatture, e materiali in Venezia, senza trattenervi per ora inutilmente sovra calcoli fatti con i dati d’altre Piazze.

Egli vi conduce al Teatro da tutti i lati circondanti il fondo, e lo adorna di convenienti decorosi caratteri Tav. I. II. Verso il mezzo dell’area stabilisce un’Atrio Pubblico, al quale fa confluire tutte le vie coperte, cioè i Portici prospettici al Campiello di S. Fantino, alla Calle del Forno, al Rio Menuo, alla Callesella del Palazzo Marini, ed al tratto del rio dell’Albero ivi corrispondente. Fra questi due Rii Menuo, e dell’Albero apre il nuovo richiesto Canale, mantenendo la comunicazione di tutte le attuali Strade, lo fa capace di un gran numero di Gondole, di facile ingresso, di rivolgimento, e di scarico ad una lunga Riva, che per dieci Arcate mette al cammino coperto conducente all’Atrio a destra, ed a sinistra. Copre di gran Portico il nuovo Canale, e fa smontare a coperto ad un’altra lunga Riva che resta in faccia al Palazzo Marini.

Costituisce un provento al fondo della Società col prodotto annuale del Bottegone, che è sotto al Portico in faccia alla Piazzetta di S. Fantino, delle quattro Botteghe sotto al Portico in faccia alla Calle del Forno, delle Camere in egual numero, ed ampiezza ivi annesse, e rese più comodamente abitabili per l’uso del Cortile aggiuntovi, e per i retroservigi a piano di Terra al di là del Cortile medesimo, e di dieci Camere soprapposte con due Scale, che le ripartono in due Quartieri legati alle Botteghe, e che discendono o nelle Botteghe medesime, o nel suddetto Cortile a piacimento.

Sotto alli Portici corrispondenti al gran Portico, che copre il nuovo Canale ne ricava sedici Botteghe con altretante soprapposte Abitazioni. E questi sono i ritagli, che nel presente progetto restano interni all’Edifizio, ma però esterni al Teatro, e per conseguenza di cotidiano profitto.

Nascono sotto questi Portici due ritirate per due Pubblici scaricatoj, che saranno esenti da fetore cadendo nel nuovo Canale, e rimanendo coperti alla vista di chi vi passerà d’appresso.

Verso all’Atrio in capo al Portico, che corre alla mano destra, ricava un Magazzino per custodia delle Botti d’Oglio, o altro da ardere nelle Illuminazioni, e quì contiguo si apre l’ingresso ad una Scala privata per uso degli Operaj, che hanno da montare in iscena ai loro officj senza esser veduti per le vie Nobili.

Trattenutosi il Popolo concorrente al Teatro nei Caffè, Trattorie, Pasticcerie, ed altro, cui potranno esser destinate le suddette esterne Botteghe ascendenti al numero di ventuna, o al passeggio nelli Portici aderenti, e nell’Atrio, si passa da questo Atrio per tre Porte ad una Sala rettangola di comune ingresso, lunga piedi 48., larga 22., in cui evvi il comodo di due ritirate, che scoleranno per condotti le orine in Acqua.

Da questa Sala per una sola Porta, pagando il Biglietto, si passa nella Sala del Popolo introdotto, la quale è di forma circolare del Diametro di piedi 54. retta nelle Volte da Colonne binate, ed isolate, contiene intorno dieci ampie Botteghe con Mezzanino sopra, e Scale rispettive, fondi anche questi di profitto, quanto di piacere. Rimpetto alla Porta d’ingresso avvi altra Porta corrispondente alli Portici in faccia al Canale coperto, da aprirsi solo in fine dello Spettacolo per comodo maggiore nella sortita del Popolo. Lateralmente a questa Porta nell’interno della Sala sono due camerini evacuatorj, che scolano in Canale.

Alle estremità del diametro trasversale alla Sala fra le Botteghe sono due ampie Scale larghe piedi 11. e mezzo, le quali con agiatezza in tre rami mettono al piano delle Corsìe. Dopo il [213] risposo sul ripiano del primo Ramo si giunge al secondo più amplo Ripiano, su cui hanno ingresso due ritirate per uso di luoghi comuni deponenti le feccie nell’Acqua sottoposta.

Ascesi per li suddetti due Scaloni al piano delle Corsìe, e ad esse Centrali, perchè ne ripartono in giusti spazj l’estensione, si trova ingresso per tre ripartitte situazioni alla Platea di perfetto piano colla Corsìa. Nelle sue estremità mediante la salita di cinque gradi si monta sul Palco Scenico.

In faccia alla Porta di mezzo alla Platea sono sette Finestre, che prendono luce sul Canale coperto, comode alla rinnovazione dell’aria inzuppata dagli aliti. Sulla stessa linea corrispondono quattro ritirate per i comuni bisogni, ed in modo eguale si trovano in tutte le Corsìe le dette Ritirate. Dal lato della Platea sono ricavati sotto alli Plachetti del Pepiano otto Camere, e sei Gabinetti col solo distinto ingresso nella Corsìa, che riusciranno comodi, ed utili.

La bassezza de’palchetti fra pavimento, e soffitto è necessaria, quanto è necessario, che chi stà ne’Palchi abbia i raggi meno obliqui verso gli oggetti Scenici. La poca economìa usata in questa parte fa, che alcuni Teatri moderni abbiano il terzo ordine di Palchetti, dove per l’indicata ragione sarebbesi dovuto trovare il quinto. Il rigore per i riguardi al maggior comodo dello Spettatore situato in Palco d’ordine superiore rende le Corsìe di bassezza insoffribile, e perchè non appariscano anche maggiormente basse, non si è azzardato finora di molto allargarle, e in qualche luogo, ove si è voluto sfoggiare per migliorarle, si è pregiudicato alli Palchetti. Per liberarsi da questi ceppi, e per sottrarre una volta il Teatro dalle incoerenti ristrettissime dimensioni delle Corsìe, o piuttosto Catacombe stiacciate, e insalubri, ecco come si dispongono nel progetto, che abbiamo in argomento.

Si portano le Corsìe all’altezza di piedi 15. dal Pavimento sino al soffitto, misura, che corrisponde esattamente ad includere due ordini di Palchetti stabiliti di sette piedi l’uno verticalmente, senza alterazione di comodo, nè di decoro alla loro proporzione, nè alle persone, con cui hanno immediato rapporto. Fissati così alla Corsìa piedi 15. in vuoto verticale, ne assegna sette alla larghezza, dalla quale non differisce in alcun punto, mantenendosi sempre spaziosa, ed elevata, salubre, ed analoga alle grandi ampiezze degli ambiti aderenti. Mediante poi una Ringhiera, che sporge dentro di essa Corsìa son verso il mezzo, ed a livello de’Palchetti corrispondenti alla metà dell’altezza, ricevono i sù descritti Palchi l’ingresso tanto pregievole per la vaghezza della novità, quanto per il comodo. Con tale idea si ottiene l’ottimo fine di estendere la vista al numero de’concorrenti, e di godere l’apertura di un magnifico ingresso, che tagliato in un sol corpo ne racchiude in sè due diversi di qualità diversa, e di diversa pertinenza.

Dal piano di questa prima Corsìa eguale in ogni parte alle altre due soprapposte rincontrasi l’ingresso alle annesse Scale rinascenti sopra li ultimi due rami degli Scaloni, che principiano nella nominata seconda gran Sala, quali sono di loro struttura quasi rete, larghe piedi sette, e mezzo, ed alte di soffitto piedi 14., ampliazione ancor questa non ancor incontrata nelle Scale delle Corsìe degli altri Teatri d’Italia, in tal parte tutti soffocati, e malinconici. Restano divise in due Rami mediante un Pianello di riposo a mezza salita, dal quale si passa alla Ringhiera su descritta, attraversando la Corsia per il puro spazio del Pianello. Salito l’altro ramo, si giunge nella Corsia seconda, e nel piano del primo ordine [216] de’Palchetti. Dalla giusta situazione del mezzo della Corsia si entra per tre ingressi nella gran Sala da ballo, la quale riesce sopra i Portici, che coprono il nuovo Canale, e che è larga piedi 30., lunga 76., ed alta 34. Si passa da essa a destra, ed a sinistra a due Camere larghe piedi 22., lunghe piedi 30., sortite di Cammino, e di Porte, che rimettono nella Corsia. Da loro pure si passa ad altre quattro minori Camere da trattenimento, ed a’rispettivi Gabinetti di ritirata, come pure nelle congiunte Scale, che discendono alli sottoposti Mezzanini addetti ad uso di Credenza, i quali hanno sfogo separato sulle Scale delle Corsie, in cima alle quali Scale trovano ingresso due Mezzanini soprapposti alle minori Camere del detto Regio Appartamento.

Metatestualità► (Il resto nella set. v.) ◀Metatestualità

“Nacque l’altro giorno una questione tra un Istoriografo, ed un dilettante di belle arti intorno l’epoca dell’erezione delle Procuratie nuove. Mi pare, disse il dilettante, di aver letto in qualche libro, che l’erezione delle suddette Procuratie sia succeduta nel cinquecento. Non è vero niente, rispose l’Istoriografo, anzi sono state interamente edificate nel seicento, nè ella può aver letto il contrario in nessun Libro. Postosi adunque il primo a scartabellare alcuni suoi Libri ci trovò per entro infinite notizie istoriche che giustificano la sua proposizione, fra le quali per brevità gli basta di trascrivere la seguente; protestando di non farlo per disingannare il suo avversario, ma unicamente per persuadere quelle poche persone, che in quel momento l’onoravano colla loro attenzione.”

Fabbrica novissima di nove Pallazzi per abitazione di nove Procuratori di S. Marco.

Fu dato principio a cosí degna e riguardevole opera l’anno 1583. con spesa del Pubblico da Procuratori di supra: et l’anno 1597. fu dal Senato approbata sotto il Doge Marin Grimani, con terminazione che si dovesse seguire come si è fatto fino al presente.

Venezia del Sansovino. Ediz. del Curti.

Savio in Settimana per la v.

s. Agostin Garzoni.

Cambj 2 cor.

Parigi 54. e mezzo. Roma 63 e un 8vo. Napoli 114. Livorno 99. e 7 8vi. Milano 155. Genova 91 e 5 8vi. Amsterdam 93. e un 8vo. Londra 48. e 3 4ti. Augusta 102. e 3 4ti. Vienna 197. e mezzo.

Prezzi delle Biade

Formento a l. 30. circa.

Sorgo Turco alle 15. c.

Segale alle 20. 10. cir.

Fagiuoli bianchi 21. c.

Miglio alle 17.

Risi da’36 e 12. e 37 duc. al m.

Dopo un lunghissimo corso di giorni e notti serene, sfavorevole a questa Dominante per la scarsezza d’acqua ne’pozzi, e alle campagne dello Stato per la loro aridità onde il fieno ascese ad un alto valore, s’è turbato il tempo, e dalla dolcezza d’una tiepida Primavera ritrocesse a’nubilosi rigori dell’Invernale stagione in cui ci sembra di essere per i freddi venti che soffiano, e per la minuta neve che di quando in quando si fa vedere, e potè jernotte imbiancar le strade e i tetti di questa Città.

La notte della scorso giovedì fu sì burrascosa, e terribile, che perirono a queste spiaggie una Manzera venuta dal Levante con attrezzi Pubblici, e alcuni altri minori Legni. Non vi fu, per quanto sappiasi, perdita di vite, e ciò ci conforta in mezzo alle triste relazioni de’danni cagionati dalla estemporanea porcella.

D’affittare

“Stabile grande in due Appartamenti, con Riva, Entrate, Magazzini, Pozzo d’Acqua buona, Terrazza, ed altri comodi, posto in Contrada di S. Giacomo dall’Orio al Ponte delle Ocche. Annuo affitto D. Cento, e Ottanta dico D. 180. Zuccaro Panon P. 12.

Chi vi applicasse parli colla Padrona che abita ivi vicino. ◀Livello 2 ◀Livello 1

1Da costanti osservazioni risulta, che di mille bambini nutriti dal latte materno ne muojono 300. al più; e che d’un tal numero d’alimentati dalle Balie ne muojono 500. Quanti viventi di più se questo dover di natura trasandato non fosse da tante Madri!