Zitiervorschlag: Antonio Piazza (Hrsg.): "Num. 1", in: Gazzetta urbana veneta, Vol.4\001 (1790), S. 1-8, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Dickhaut, Kirsten / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.2564 [aufgerufen am: ].


Ebene 1►

Num. I

Sabbato 2 Gennaro 1790

Ebene 2► Ebene 3► Relazione d’un orribile fatto seguito domenica 20 Decembre 1789 nella Fortezza Reale di Palma Nova nel Friuli.

Exemplum► Un Sergente giovine della compagnia Capitan Romanò infanteria italiana, amoreggiò per il passato una ragazza, che gli corrispondeva, e con cui avea incontrato anche impegno di matrimonio: ma sia per volubilità del soldato, sia perchè la promessa non solle giammai fiata espressa dal cuore, il fato si fù, che costui incontrò il medesimo impegno di sposo con altra ragazza senza essersi disimbarazzato dal primo; sicchè nacque da tal motivo un urto importante specialmente fra questo militare, ed un cognato dell’abbandonata figlia, che ragionevolmente s’interessava a sostenere le giuste pretese della sorella di sua Moglie. Da tal urto mosso, e sdegnato il suddetto basso Officiale si portò alla casa del difensore della ingannata amante alle ore tre di notte circa armato di smisurato coltello, oltre alla armatura ordinaria che si compete ad un sergente, che consiste in un così detto palosso, con intenzione (si presume) di usare una qualche avanzata violenza a questo uomo. Ivi trovavasi un Officiale ajutante di Piazza, perchè là aveva il suo accordo per le quotidiane cibarie, anzi s’introdusse il sergente col pretesto di chiedere del detto Officiale perchè in altra maniera non potea pretendere l’accesso. Non fu appena nella cucina, che l’Offiziale s’avvide dell’ubbriachezza di costui, e di una qualche malvagia risoluzione, perchè aveva il palosso nudo, sotto il braccio; quindi esso non fece che inculcargli primieramente colli modi più blandi di portarsi al suo posto, quali resisi inutili non solo, ma ricevendo in vece delle temerarie, ed insolenti risposte, si risolse l’Offiziale di cingere la spada, e portarsi alla vicina Guardia per obbligare al suo dovere costui colla forza, giacchè non lo potè ottenere colla dolcezza. Il sergente trovatosi alle strette pensò di sortire della casa prima dell’Offiziale, e lo attese sulla porta ove s’espresse di volerlo ammazzare: ed in fatti egli avea snudato il coltello; l’Alfiere sfoderò la spada ma nulla temendo questa arma in mano del vecchio Officiale si fece coraggiosamente avanti e lo ferì mortalmente nel petto di modo che istantaneamente morì. Esso pure non andò esente da una riflessibile ferita in una coscia che riportò dalla spada dell’avversario. Il fatto eccitò in tutti la compassione [2] pel defonto, ed universale irritamento contro dell’uccisore riguardato come reo di molti delitti insieme; offensivi la disciplina, e subordinazion militare non meno che il buon ordine, e la pubblica tranquillità.

Fu quasi subito arrestato il delinquente, e si custodisce in queste carceri ad una funesta requisizione; almeno così universalmente si pronostica. Si resta in attenzione del risultato.

L’arrestato nega ogni cosa, ed introdusse altra persona come rea della sua ferita, non mancando d’incolpare la stessa anche dell’omicidio dell’Offiziale, di cui si mostrava affatto ignaro; lo fa però così infelicemente che questa astuzia viene annichilata da cento confronti, e dipendenti dalle armi che esistono in mano della Giustizia, e da riferte di chirurghi, e da deposizioni di testimonj che tutti confluiscono a dimostrare ad evidenza il fatto come si è detto di sopra.” ◀Exemplum ◀Ebene 3

Ebene 3► Brief/Leserbrief► Sig. Gazzettiere Stim.

Metatextualität► Siete pregato da un vostro Associato di porre nel vostro Foglio il seguente Articolo. ◀Metatextualität

Ebene 4► Sig. Ab. Manoni Stim.

Tollerate, vi prego, quattro parole da un vecchio Parroco di Campagna, che nei pochi momenti di ozio, leggendo la Veneta Urbana Gazzetta, vi ritrovò al N. 99. un vostro Avviso Sacro, ch’Ei ben non intende, e di cui, prega per ciò vogliate porgere un qualche Commento.

Zelando Voi l’onor degli Altari, ed il profitto spiritual delle anime, proponete in questo vostro Avviso un Ragionamento Parrocchiale da eseguirsi da Voi in una Chiesa della vostra Metropoli, i di cui Rev. Piovani supponete occupati da cure malagevoli, e distinte dalle Cure Rurali. Fermiamoci un poco. Che intendete Voi con queste Cure Rurali proprie delli Parrochi di Campagna? Io ho sempre creduto, che siccome dicesi Parroco al Pievano Cittadinesco, e a quello pure di qualsivoglia Villa, così sempre supposi, che il Ministero di quello non avesse ad essere per niente differente dall’uffizio di questo; giacchè sò che sì all’uno, che all’altro viene ugualmente ingiunto il regere & docere populum, nè vorrei figurarmi, che voi sotto il nome di Cure rurali intendeste il coltivare la Terra, o il raccogliere il parrocchiale quartese, mentre dovreste sapere, che sì l’una che l’altra di queste funzioni sono bensì proprie del Contadino ma non del suo Parroco.

Voi figurate i Parrochi di una Metropoli molto piu di noi occupati, e quindi asserite, che non possono dall’Altare istruire i lor Parrochiani, come si fa da noi in ogni Domenica. Se la credete da dovvero questa bestialità permettete, che di Voi io rida altamente. Dovreste sapere che sono anzi lontanissimi dall’aver tante brighe quante noi ne soffriamo; e basterà bene per intendere s’io dica il vero, il riflettere, che alla Cura d’un’intera Villa v’è un Parroco ed uno, o al più due Cappellani, ove a quella d’una Città vi sono per lo meno otto, o dieci Religiosi, che chi in un modo, e chi nell’altro vi prestano la loro spirituale assistenza. Aggiugnete che la vostra Metropoli conterrà circa duemila Religiosi Secolari, e forse altrettanti zelantissimi Regolari, i quali tutti, o quasi tutti in qualche forma si prestano ai bisogni dell’intera Popolazione, e che questa Popolazione così ben provvista di Assistenti Ecclesiastici, ella è chiusa entro a cinque miglia di circuito, quando cinque, sei, sette, e fino a dieci miglia formano il Continente di quelle Anime, che da un so- [3] lo Parroco, e da uno, o al più da due coadiutori devono essere spiritualmente assistite. Dunque? Dunque su questo Articolo attenderemo ben volontieri il vostro Commento.

Perchè mai, Sig. Abbate Stimatissimo, chiamate Voi la Predica Quaresimale Predica d’Artificio? Io veggo bene, che Voi avete inteso chiamarla Discorso lavorato dietro ai precetti dell’Arte Oratoria. Ma, caro il mio Amico, vi ricordo, che un Foglio pubblico vien letto da tutti, e che il maggior numero frà i tutti ha sempre creduto, e crede, che parlar artificioso sia lo stesso che parlar senza verità, e Voi quindi vedete, che correrebbe il gran pericolo la Parola del Signore, se si sospettasse anche leggiermente, ch’Ella fosse di questa specie. Un pò più di cautela adunque allor che si tratta di Cosa sì grande, nn po più di cautela per carità.

Ma cosa dev’essere, di grazia, questo vostro Parrocchiale Ragionamento? Voi non lo volete Predica d’Artificio, non Lezione di Sacra Scrittura, non Esposizione Catechistica del Credo, del Pater, del Decalogo, non Sermone. Ma cosa mai volete, ch’Ei sia? Gli Apostoli, ed i loro Successori non conobbero mai certamente altri Argomenti alle loro pubbliche Allocuzioni ai Fedeli oltre a questi: Predicar l’Esistenza di Dio; l’Eccellenza de’suoi divini Attributi; la Verità de’Santi Misterj, e de’Dommi Teologici: inveir contro i Vizj, encomiar le Sante Virtù evangeliche: ricordar i divini Giudizj: atterrir i malvagi colla minaccia delli eterni gastighi, ed animar i giusti colla speranza delle eterne celestiali rimunerazioni. E questi sono appunto gli Argomenti di quelle Prediche quaresimali che voi chiamate Artificiali, e delle Lezioni di Scrittura, e delle Ca.techistiche Esposizioni. Cosa dunque volete Voi predicare? . . . Ah! . . . comparitemi: più sotto vi dichiarate. Volete far dei Discorsi Sacri (manco male) lavorati con concetti, e giro di parole a fiato senza periodi oratorj, senza il vergine toscanismo, senza la spiritosa trasposizione, ma con frase popolare, e propria di estemporeaneo Dicitore, il quale a nome del Parroco sù qualche Verità cattolica ammaestra il suo Popolo, inveisce contro i vizj, l’eccita alle cristiane Virtù dietro le traccie della Sacra Scrittura, della Tradizione Divina Apostolica, de’Sacri concilj, Iterpreti, Santi Padri. Ma, scusate per carità, non sono poi queste le sole, e vere Fonti, come abbiam detto di sopra, dalle quali traggono la materia ai loro Parlari tutti i Predicatori, e in Quaresima, e fuor di Quaresima? Non predica ognuno a nome del Parroco, giacchè la Predicazione al solo Parroco e ingiunta? La Verità, che dal Pergamo, dall’Altare, o dalla Piana terra da Predicatori, da Parrochi, e dal Catechista si pubblicano non sono poi elleno tutte convalidate dall’Autorità delle Scritture, de’Padri, e de’Concilj? Avete adunque, il mio caro Abbate, finalmente deciso di far Voi pure tutto quello, e quello unicamente, che fan tutti gl’altri. Ma qual bisogno v’era adunque di non essere della stessa opinione dieci righe di sopra? Dovevate dir, che volete essere un Predicatore Estemporaneo, e come suol dirsi a braccia. E bene lo siate in nome di Dio; ma guardatevi bene, che non vi escan di bocca di que’riboboli, che schiccheraste nel vostro Avviso.

V’accerto, che se nell’anno scorso in un numero, che non mi sovviene, di questa Gazzetta, non avessi letto un vostro Sonetto sull’argomento di certa Gatta, dedicato a un certo Frate, questo vostro Avviso l’avrei riputato un tratto poetico, ma quel Sonetto mi assicura, che Voi non siete stato [4] Poeta giammai, e quindi non saprei come diffinirlo se non che chiamandolo un ammasso di parole a fiato, scritte senza riflessione, e senza avervi prima pensato sopra un momento.

A Proposito dell’a fiato. Voi siete, e conviene assolutamente farvi questa giustizia, Voi siete gran Professore di lingua italiana. Le vostre Opere, e principalmente le vostre Favole Morali, vi assicurano quest’onore in tutta la Letteraria Repubblica. Pure, vi giuro, che questa frase a fiato non ho saputo rinvenirla nè sulla Crusca, nè sù varj altri Classici Autori, ne finalmente la intesi da altri fuor che da voi. Se volete poi, ch’io vi tenga per testo, lo farò quando Voi mi direte ch’ella è tutta vostra, o mi acquieterò quando m’indicarete da chi appresa l’abbiate.

Prima, ch’io chiuda, permettetemi, vh’io (sic.) vi comunichi un mio dubbio. Mi passò per mente, che il Gazzettiere, e non Voi avesse steso quel Sacro Avviso. Se ciò fosse, che però non sembra a ben riflettervi, io vi dimando mille volte perdono, e vi prego (ma gia Voi a quest’ora l’avrete fatto) dolervi con il Sig. Piazza, e per ciò supporre da me a Lui dirette queste mie righe. Che se poi è vostro l’Avviso, scusate, vi prego, la mia sincerità, e credetemi pur nullameno dispostissimo ad essere vostro amico ogni volta, che lo vogliate.

Nella Lettera contenente le notizie teatrali di Verona, da noi riferite succintamente nel Foglio di Mercordì, è detto, che in quella Città godesi d’una tranquillità perfetta, ma che nel Territorio verso il Lago di Garda dalla parte di Usolengo e della Chiusa sono sparsi ottanta malviventi ben diretti, come dicesi, dal loro capo, i quali usano certi segni per conoscersi anche in lontano. Si deve credere che cotesta masnada tenga que’contorni in agitazione, e sperare che questa sarà ben presto svanita per l’attiva vigilanza di quell’Eccellentissimo Rappresentante Mussati a cui sì bene è affidato il governo della Città, e della Provincia.

È necessario dunque ripetere, che nè la circolare a stampa, nè la manoscritta lettera risponsiva, avranno luogo su questi Fogli. Ci lascj in pace chi replica l’eccitamento per avere una soddisfazione, che l’onestà nostra non può accordargli; come non può permetterci di riprodurre i versi del Cav. Sappa, che si vorrebbero applicati ingiustamente ad una persona di merito. ◀Ebene 4 ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3

Avviso.

Dalla Tipografia d’Antonio Zatta, e figlj stampatori e libraj Veneti sono stati pubblicati li seguenti libri d’associazione.

Li Tomi XLIII. Parnaso Italiano, ch’è il primo del Ricciardetto. XXI. Buffon storia Anim. quadrupedi, e VI. degli Uccelli. VIII. Commedie del Sig. Avvocato Goldoni, e VIII. Tragedie del Padre Ringhieri con cui resta compita l’edizione. Pochissimi Esemplari rimangono ancora di quest’ultima raccolta, ciò non ostante si vende ancora a Paoli 4. al Tomo.

Li medesimi stampatori, a norma della lor promessa, hanno pure pubblicata l’interessante Carta in foglio Imperiale, che mostra il Prospetto della sala dell’Assemblea Nazionale di Parigi tratta da autentico originale, ed in cui si veggono convocati li tre stati, il Re sedente sul Trono, li Principi del sangue, ed altri Signori e Ministri, con in calce un esatta descrizione storica dell’assemblea, delle cariche principali della medesima, e del vestiario [5] Rappresentanti li tre stati. Chi ne volesse fare l’acquisto potrà ricorrere al Negozio de’suddetti stampatori a S. Barnaba, e da tutti li principali Libraj delle Città d’Italia, vendendosi al mite prezzo di lire due venete, ossia.no Paoli 2. Rom. la Copia.

Chi non giudica de’Libri dalla loro mole, chi preferisce ad un ammasso d’aneddoti ricopiati, di fatti estranei, di passi d’antica Istoria, di mal scelte dottrine, un libriccino che sferza con grazia i nostri costumi, e sparso di comici Sali sforza a ridere con dolce violenza, più di tanti certi altri Almanacchi ingrossati dalle rappresaglie letterarie de’lor collettori, apprezzerà il piccolino intitolato Serva sua

La Prefazione comprende gli avvenimenti della Serva sua nel corso degli otto anni prossimamente passati, scritti con una precisione, con un brio, con uno spirito, che allettando tratto tratto danno luogo alla riflessione. L’invenzione de’medesimi s’aggira intorno a de’fatti strepitosi de’nostri giorni, ch’hanno per molti e molti ordinarj empiuti i Foglj politici.

Ad ogni mese sussegue un discorsetto galante. La varietà degli argomenti, il corredo de’testi, e de’versi francesi, la vivacità dello stile, la critica ben maneggiata, fanno trovare il molto nel poco, e ne rendono la lettura piacevole.

Non sappiamo se sia vera, o falsa la data dell’edizione, nè quale sia il prezzo di questo Almanacchetto; e come rincrescerà ad alcuni d’essersi messi in curiosità senza potere appagarla, così stimiamo bene di dar loro almeno il saggio del medesimo in questo articolo posto al mese di Febbraio. Avvertasi che parla la Serva sua.

Nel mio soggiorno alla Bastiglia ebbi occasione di conoscere un prigioniero, che sapeva la lingua degli animali, val a dire, che ne sapeva di più del P. de la Colombiere, che non avea appresa che la lingua de’cavalli. Egli m’instruì un poco in questa scienza difficile col solo riconoscimento di alcuni frammenti della tavola della mia Padrona.

Nel passaggio ch’io feci per un bosco vicino a Neuchatel incontrai un giorno un Leone, ed una Capra d’Angora, l’uno senza coda, e l’altra senza la lana, che altamente si lamentavano in quel bosco di libertà. Io gl’interrogai, e n’ebbi queste notizie dal Leone.

Io era Re, mi diss’egli, e sono state detronizzato per i raggiri del Lupo. Egli aveva per suo Ministro l’Asino, e la sua favorita era la scimia. Questa un giorno per suggerimento del Ministro fece istanza a S. M. siccom’era un’ingiustizia ch’essa non avesse nè coda, nè pelo mentr’io abbondo di coda, e la capra di lana. Tanto bastò perchè fosse ordinato, che a me tosto fosse tagliata la coda, ed alla pacifica Capra fosse tagliate le lane. Ci è per sorte riuscito di fuggire per non lasciarvi anche il resto.

Io procurai di consolarli coi principj di Platone, e Montagne. Ma ambidue mi lasciarono gridando: ma io intanto sono senza coda, diceva il Leone, ed io, ripigliava la Capra, sono senza lana.

Giovedì 31 Decembre.

Nell’Eccellentissimo pien Collegio per Governatore alla Messettaria.

di sì di nò

18 20 Francesco Mingotti

13 25 Vicenzo Franzago

18 20 Girolamo Balbi

18 20 Sebastian Salimben

19 19 Domenico Contarini

13 25 Z. Antonio Buffetti

Li quattro Nobili, che compongono questo Magistr., si chiamano Visdomini [6] alla Messettaria, denominazione che deriva dalla voce Messetti, o Missetti, cioè Sensali, e Mezzani de’contratti. Così anticamente appellavansi dall’essere mandati, e rimandati più volte dal venditore al compratore per la deffinizione de’contratti.

Si trovano memorie di questa Magistratura nel Secolo XIII. ma si crede la sua origine di data più rimota. Sino all’anno 1400. stette invariabilmente nel numero di quattro Patrizj Veneti. Fu poi dalla Sovranità del M. C. ristretta a tre soli per minorazione d’affari, ma dopo un anno di tempo rimessa al primo suo numero. Ebbe un tempo ampla giurisdizione sopra tutti i contratti mercantili da Grado sino a Cavarzere esigendo da’medesimi il Dazio Messettaria. Nel 1338. fu questo esteso fino alla vendita di case, campagne, e navigli, che pagar dovevasi dal compratore, e dal venditore, metà per ciascheduno, relativamente al valore della cosa venduta. Nel 1568. il Dazio delle Merci fu assegnato al Magistrato dell’Entrata da Terra, e restò a questi Visdomini il solo diritto sulle gravezze di vendita, e acquisto di campagne, molini, valli, paludi, case, acque, boschi, casali, e ogni altra cosa immobile, come vedesi dal loro Capitolare.

Tanto è asserito dal Sig. Ab. Tentori nella più volte citata sua Opera.

In Senato

31 Decembre.

3 Savj del Consiglio, durano Mesi 6

s. Alvise Zusto

s. Antonio Zen

s. Agostin Garzoni.

Escono

Mes. Francesco K. e Proc. Morosini

s. Zuanne Querini K. di s. And.

s. Pietro Zen

3. di Terra Ferma dur. M. 6.

s. Alvise Mocenigo primo di s. Seb. K. e Proc.

s. Francesco Gritti di s. giov.

s. Alvise Querini di s. Zuane K.

Escono

s. Ales. Marcello qu. Lor.

s. Franc. Vendramin qu. Pietro

s. Franc. Pisani qu. Alm. Proc.

Cassiere

s. Alvise querini

Alla Scrittura

s. Zuanne Emo

2 Savj agli Ordini

s. Giuseppe Giovanelli

s. Alessandro Gritti.

All’Entrate Pubbliche

s. Alvise Tiepolo K.

Teatri.

La Conquista del Vello d’oro, è un dramma d’invenzione del Sig. Sograffi. Il merito originale è sempre considerabile. Egli scelse un Soggetto, che fosse atto a dare alle scene uno spettacolo d’accessoria magnificenza, e vi riuscì bene. Introdusse i Cori, che fanno un buon effetto, e son ben diretti. L’apparizione dell’ombra di Frisso al crollare del Tempio di Marte, allo scoppiare de’tuoni, e al balenare de’lampi, è una delle situazioni più interessanti del Dramma. La bella Musica perfettamente adattata alle parole, viene espressa con tutta la bravura, e con un forte e chiaro tuono di voce dal Sig. Bobbis, ch’ogni sere è onorato della richiesta replica. Al recitativo ed al canto son in quest’Opera alternativamente intrecciate delle brevi danze. Nell’Atto Secondo in una di queste, accompagnata dal dolce suono dell’Arpa, e dal soavissimo canto della Signora Mara e del Sig. Babbini, la leggiadrissima Signora Carolina Pitrot fissa la maggior attenzione dell’Udienza, e d’alti e giusti applausi è compensata la sua rarissima abilità.

Se l’Autore del Dramma seppe bene scegliere l’argomento per secondare l’idea d’uno Spettacolo grandioso, il [7] Sig. Maestro Gazzaniga vi corrispose col suo musicale lavoro. Son belli tutti li pezzi cantabili del Sig. Babbini eseguiti con quella finissima perfezione, che gli assegna il primo posto trà gli attuali Tenori, ed è poi un capo d’Opera di soavissima semplicità, che agevolmente s’insinua ne’cuori sensibili, l’aria di preghiera ad Ecate nell’Atto Primo. Le lodi meritate dalla Signora Mara nel cantarla son espresse nel Sonetto stampato nel precedente numero di questi Fogli.

Quanto alle scene riportiamo le parole impresse nel Foglio Il Nuovo Postiglione dello scorso prossimo Mercordì.

“Si distinse moltissimo anche in quest’occasione il nostro Pittore Sig. Antonio mauro, che nella ristretta situazione di quel Scenario ci diede quanto l’Arte più dare, e quanto lo suole il suo pregiato pennello.”

Il Ballo d’Armida con cui chiudesi lo spettacolo, non è ricevuto con molto applauso. Dicesi, che la mancanza del Programma ne sia la cagione. Se il Sig. Viganò non lo ha creduto necessario ci sembra scusabile, perchè l’argomento è sì noto, che riputar doveva superflua la sua spiegazione ad un Pubblico colto. A noi parve, che l’azione sia bene spiegata, e resa chiara e parlante. Un’Armida del sommo merito della Signora Carolina Pitrot, un vestiario ricco e brillante, un’esecuzione diligente ed armonica, dovevano a nostro credere fare avere un destino migliore a questo Ballo. Ma rispettando la pubblica opinione confessiamo in noi difetto di discerninimento quello che trovar ci fece al vederlo un piacere, che non ci promettevamo.

È giunto a nostra cognizione, che il Signor Matteo Babbini, e la signora Carolina Pitrot, nella sera che sarà destinata alla recita di loro benefizio, abbiano stabilito di farci godere una Scena drammatica tratta dal Pimmalione di Gian Giacopo Rousseau, la quale sarà chiusa da un Duettino cantato a vicenda da questo insigne Tenore, e da questa impareggiabile Ballerina. La scena sarà nuova, nuovo il vestiario, e tutto a loro spese. La novità dell’idea ci determinò ad avvisarne il Pubblico, che gradità certamente d’esserne prevenuto.

Sentiamo, che l’Impresa del Nob. Teatro a S. Moisè abbia variato d’opinione intorno al cangiamento dell’Opera; che non Le Nozze di Figaro, ma voglia porre in iscena La Frascatana.

Siamo interrogati dell’esito, ch’ebbe a S. Gio: Grisostomo la nuova Rappresentazione Li Spagnuoli in Africa o sia l’Amore in ischiavitù trionfante de’suoi tiranni, posta in iscena la sera del dì 26 prossimo passato.

Come spettatori nulla dirne possiamo. Udimmo, ch’ebbe degli applausi alla prima recita, forse da un’Udienza di buon umore; ma non essendo stata replicata che due volte, e avendo inteso parlarne poco bene, si può credere che non meritasse migliore fortuna.

Su queste comiche Scene vedremo posdomani rappresentata una nuova Tragedia intitolata Arato del Sig. Supiei conosciuto col nome di cappellajo.

La recita della Comica Compagnia a Sant’Angiolo seguita la sera del p. p. Giovedì fu a benefizio di quelle Famiglie, che sono rimaste più danneggiate dall’incendio de’28 Novembre, e che verranno giudicate più bisognose da’pii Superiori. Vi furono alla porta Persone della Presidenza della Fraterna de’poveri di S. Marcuola, alle quali venne consegnato tutto il denaro ricavato dall’introito, senza che la compagnia esigesse un soldo per le spese ordinarie. Il prezzo d’entrata fu prescritto a soldi ven- [8] ti, ed obbligati furono al pagamento anche tutti quelli, che ordinariamente godono la franchigia.

Forastieri a questo Albergo della Regina d’Inghilterra.

Monsieur Joseph de Swarz, e Mons. Charles de Swarz Svedesi inviati alla Corte d’Inghilterra, con uno Schiavo moro.

All’Albergo dello Scudo di Francia

Li Signori Stentzj e Ustari Svizzeri

Il Sig. Kwger di Strasburgo.

Il Sig. Bezltivur di Neuchatel

Il Sig. Giorgio Tlonigman negoziante in Trieste.

Mons. De Tonlphocas, e Mons. Hoffotatt Tedeschi, con due domestici.

Questi due son alloggiati in un Casino appartenente al suddetto Albergo vicino al Paganoni, sulla riva del Ferro, venditore da vini navigati.

Sono partiti dall’Albergo medesimo Il Sig. Giov. Ferrari di Bologna; il Sig. Conte Gius. Arangoni, e il Sig. Gius. Arlotti Ferraresi co’loro Servi; S. E. Gio: Gir. Rossi di S. Secondo P. V., e S. E. Contessa Marianna Vajni sua Moglie con seguito di servitù, di Parma; il Sig. Principe Vittorio de Rohan, li Signori Cavalieri De Gualy e de Cheffontaine, li Signori Jean Bapt. Gomdier, Olivier, Lytrot, De Bussy, d’Elmar, Verquin, Eman. Nani, tutti questi Francesi. Il Sig. Odoardo Austen gentiluomo Inglese.

Savio in settimana per prossima ventura.

s. Francesco Lippomano.

Capi dell’Eccelso Cons. di X. per il mese presente,

s. Silvestro Valier

s. Giacomo Boldù

s. Alv. K. Mocenigo qu. Sereniss.

Cambj Giovedì 31 Decembre.

Parigi 55 Roma 63 Napoli 116 Livorno 99e 3 4ti e Genova 91 e 5 8vi. Amsterdam 92 Londra 48 e 3 4ti. Augusta 102 e 3 4ti. Vienna 198 Milano 155.

Prezzi delle Biade

Formento da L. 35 a 35.10

Sorgo Turco da 15. a 16.

Segale a L. 21.

Fag. bianchi a L. 22.

Miglio a L. 17.

Risi da Duc. 36 a 36:12 al m.

Morti

Il Reverendis. D. Tom. Ag. De Sot Piovano di S. Silvestro nato nella Parroc. di S. Agostino il dì 30 Gen. 1722. M. V. eletto a’19 Luglio 1763.

La nobile Signora Teresa Venier.

Mancò jeri di notte dopo lo strazio sofferto dal lungo suo male.

Ricapiti per le Notizie ed Assocciazioni di questo Foglio.

A S. Bartolommeo in calle stretta dal Colombani Librajo.

A S. Giuliano dal Curti Librajo appresso il Caffè di Menegazzo

Si paga un Zecchino all’anno anticipato, o diviso in Semestri, ed ogni Assocciato è servito due volte alla Settimana alla sua abitazione, o ricapito.

Le Assocciazioni si ricevono in qualunque tempo. ◀Ebene 2 ◀Ebene 1