Citazione bibliografica: Antonio Piazza (Ed.): "Num. 20", in: Gazzetta urbana veneta, Vol.3\020 (1789), pp. 153-160, edito in: Ertler, Klaus-Dieter / Dickhaut, Kirsten / Fuchs, Alexandra (Ed.): Gli "Spectators" nel contesto internazionale. Edizione digitale, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.2427 [consultato il: ].


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Num. 20.

Mercordì 11. Marzo 1789.

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Proseguimento delle nomine ed estrazioni per l’elezione del Serenissimo Doge.

7 corrente. Mane.

25 nominati dagli 12, che stettero chiusi nella notte antecedente, e furon pubblicati in M. C. nel suddetto giorno.

s. Giacomo Zustinian. +

s. Lodovico Angaran.

s. Niccolò Pisani. +

s. Sebastian Manolesso.

s. Laz. Ant. Ferro Primo. +

s. Z. Matteo Balbi.

s. Giambat. Falier. +

s. Mario Soranzo qu. Lor. +

s. Alessandro Memmo.

s. Franc. Barbaro qu. Marco. +

s. Xaverio Mosto.

s. Stefano Valmarana.

s. Ant. M. Valaresso.

s. Gasparo Moro Primo. +

s. Zuanne Molin.

s. Pietro Paolo Boldù.

s. Lorenzo Nic. Ponte.

s. Cam. Bernardin Gritti.

s. Agostin Bressa. +

s. Franc. Maria Crotta. +

s. Girolamo Donà.

s. Angiolo M. Priuli.

s. Lancillotto M. Renier.

s. Girolamo Minio.

s. Ang. Corner qu. Vic.

Li nove segnati in margine sono quelli alla cui nomina uscì palla d’oro, nove delle quali poste furon nell’Urna trà 16 d’argento estratte dal Ballottino come in prima.

Raccoltisi questi nove nelle Stanze del Ducale Palazzo assegnate in queste occasioni agli elettori, che si chiaman de’Numeri, scelsero li seguenti 45, pubblicati nel dopo pranzo in M. C. avendo ognuno d’essi la nomina di 5.

s. Lorenzo Zustinian.

s. Z. Matteo Balbi.

s. Iseppo Bonlini.

s. Angiolo Molin.

s. Leonardo Dolfin.

s. Marco Badoer.

s. Zuanne Sagredo.

s. Zuan. Bragadin qu. Gasparo.

s. Ant. Cicogna qu. Ang. +

[154] s. And. Corner qu. Gir.

s. Iseppo Falier.

s. Iseppo Albrizzi.

s. Lorenzo Minotto.

s. Lor. Niccolò Ponte. +

s. Pietro Alv. Diedo.

s. Girolamo Barbaro.

s. Lodovico Angaran.

s. Lauro Querini. +

s. Ang. Basadona.

s. Dom. Condulmer qu. Alv. +

s. Lodovico Morelli. +

s. Nic. Contarini qu. Zuanne.

s. Z. Alv. Mosto qu. Giacomo.

s. Pietro Persico.

s. Franc. Moro di s. Gasparo.

s. Z. Ant. Benzon.

s. Giac. Boldù qu. Paolo.

s. Z. Franc. Pasqualigo.

s. Zuanne Bonfadini.

s. Niccolò M. Tiepolo.

s. Zuanne Paruta.

s. Zorzi Emo.

s. Giacomo Collalto. +

s. Franc. Lodovico Curti.

s. Giustin Donà qu. Ang.

s. Marco Gradenigo.

s. Giacomo Miani. +

s. Carlo Zen.

s. Cristof. M. Poli.+

s. Marco Foscari.

s. Pietro Ant. Trevisan. +

s. Ales. Ant. Barziza

Mis. Bened. Giovanelli Proc.

s. Niccolò Michiel. +

s. Z. Andrea Gritti.

Gli undici distinti dal solito segno, come altri favoriti all’estrazione di palla d’oro, passano ad occupare le stanze de’numeri ove stanno la notte, ed eleggono il Quarantuno, avendo i primi 8 voce alla nomina di 4, e gli altri 3 di 3. Avvertasi che ciascun nome dichiarito nell’elezioni da pubblicarsi in M. C. deve essere approvato con ballottazione dagli Elettori; e nella prima di nove ci vogliono voti 7. nella 2da di 12 v. 9. nella 3za di 9. v. 7. nella 4ta di 11 v. 9. Tutto ciò si eseguisce colla più rigida segretezza.

Ecco la scelta degli 11 per il Quarantuno elettore del Serenissimo Doge offerta alla sovrana conferma del Supremo M. C. da cui ad uno ad uno tutti i nomi son ballottati. La pluralità de’voti decide della ratifica. Per questa han luogo nella riduzione anche i Nobili Veneti che giunti sono all’etade d’anni 25.

s. Zuanne Bonfadini.

M. Franc. Pesaro K. e Proc.

s. Almorò Condulmer 40 C. N.

s. Z. Antonio Crotta.

s. Franc. Foscari.

Ms. Z. Bened. Giovanelli Proc.

Ms. Lodovico Manin Proc.

s. Agostino Garzoni.

s. Marco COntarini 40 C. V.

s. Zorzi Semenzi 40 C. V.

s. Agostino Bressa 40 Criminal.

s. Gir. Asc. Zustinian K.

s. Agostino Barbarigo.

s. Leonardo Angaran.

s. Marco Badoer Coll. de’XXV.

s. Giacomo Nani K.

s. Carlo Zen Coll. de’XXV.

s. Lorenzo Diedo 40 C. V.

s. Pietro Zusto.

s. Zuanne Grimani 40 Crim.

s. Z. Vic. Gherardini 40 C. V.

s. Andrea Morosini.

s. Girolamo Zorzi Criminal.

s. Francesco Barbaro 40 C. N.

s. Cam. Bernardin Gritti. 40 C. V.

s. Pietro Marin Coll. de’XXV.

s. Ales Dolfin di s. Ant. 40 Crim.

s. Pietro Marcello.

s. Franc. Lodovico Curti Avog. uscito.

s. Giambat. Benzon 40 C. N.

s. Iseppo Bonlini 40 C. V.

s. Marco Corner.

s. Mario Soranzo qu. Lor. Cell. XXV.

s. Angiolo Basadona.

[155] s. Giacomo Boldù qu. Paolo Coll. XV.

s. Marco Donà.

s. Antonio Zulian.

s. Ales. Memmo 40 C. N.

s. Lorenzo Minotto.

s. Alessandro Barziza.

s. Zuanne Paruta.

Qualora avvenga, ch’uno o più nomi abbia l’esclusiva dal maggior numero de’voti negativi, si manda dagli 11 che restano chiusi e raccolti fino all’approvazione totale delle loro elezioni, ed essi in tal caso ne sostituiscono degli altri a quelli de’non confermati.

Livello 3► Citazione/Motto► Questa moltiplicità di ballottazioni, dice il Sig. Ab. Tentori nel suo Saggio sulla Storia Veneta, quantunque sembri di primo lancio puerile, dee riguandarsi come un capo d’opera della umana prudenza, poich’ella serve a mirabilmente troncare le viste ambiziose de’concorrenti alla Prima Dignità dello Stato, mercè di tante, e così diverse fortuite combinazioni, le quali vengono dall’elezioni libere sapientemente corrette. ◀Citazione/Motto ◀Livello 3

Raffermato il Quarantuno dall’autorità del M. C. gli Eccellentissimi nominati Soggetti passati son nella Sala contigua a quella del Collegio, ove nella presente stagione radunasi l’Eccellentissimo Senato. Ivi chiusi nel più stretto Conclave, a norma delle antiche Leggi elessero il Doge. Udita la mattina del Lunedì la Messa dello Spirito Santo, e dato da essi il giuramento della miglior elezione, scelsero li tre Presidenti, e due Segretarj. Chiamati da quelli ad uno ad uno gli Elettori metton essi in un’Urna i loro voti scritti in tanti viglietti. Son questi aperti da’Segretarj, che numerano le nomine, indi posti in un’Urna i nomi de’nominati, uno se ne cava a forte.

Se il Patrizio di cui s’è estratto il nome (dice il citato Sig. Ab. Tentori) vi si trovi presente, il si fa passare in un gabinetto vicino; e prima di procedere più oltre li Presidenti domandano ad alta voce, se v’abbia alcuno che si opponga. Ognuno degli Elettori in tal caso ha la libertà di accusare quel Personaggio, come gli pare ed il Personaggio accusato è introdotto successivamente a giustificarsi delle mancanze, che gli vengono apposte. Un tale costume (aggiunge il suddetto Autore) serve a fare in guisa, che rigettati gli indegni, vi si promuovano i più meritevoli della suprema Dignità della Repubblica: ciocchè influisce eziandio a conciliare la stima universale a quello, che al fine viene innalzato al Trono Ducale.

Ad ogni Elettore si dà una palla di scarlatto con croce gialla. Il Bossolo bipartito riceve le affermative, e le negative. Son esse estratte dalli Presidenti, non colla mano, ma col mezzo d’una bacchetta, per non dar luogo al menomo sospetto. La numerazione appartiene alli Segretarj, e bastano all’elezione 25 voti. Se non ne ha tanti il nome proposto se ne ballotta un altro di quei messi nell’Urna finchè ritrovisi quello che viene approvato.

Tali sono i metodi descritti dall’Autore predominato intorno all’elezione del Quarantuno. Resta, per sapientissimo antico Decreto, sotto il silenzio d’impenetrabil mistero, quanto vien detto  prò o contra in quel segreto Congresso, e non è noto con quanti voti un Doge sia stato eletto sennon dopo la di lui morte.

Era giunto alle ore 21 il p. p. Lunedì, e temevasi di non avere più in tal giorno la notizia impazientemente attesa da un folto numerosissimo Popolo, allorchè s’udì suonare in mille bocche il nome di Mes. Lodovico K. e Proc. Manin ora Serenissimo Principe. Dietro al segno della Fusta o Galera [156] Pubblica, tutti i Vascelli che trovansi in questo Porto spiegarono la loro Bandiera, e fecero molti replicati tiri di gioja. Al fragore della loro artiglieria s’unì quello de’mascoli disposti a file ed in batterie lungo le rive della Piazzetta. Tra i globi di fumo, agitate dal vento le colorite Bandiere, sembrava che gli alati Leoni scossi si fossero al lieto annunzio che mise sossopra questa Città. Dopo quelle della gran Torre di S. Marco, suonarono a sesta le campane tutte di queste Chiese. S’innalzò in poch’ore una macchina nella gran Piazza ove alle 2 della notte s’accesero i fuochi d’artifizio. Attesa la ristretteza del tempo, e la pioggia caduta durante lo spettacolo non si poteva avere di meglio nè quanto alla mole, nè quanto all’effetto del lavoro. A quei d’artifizio succeduti sono i vivissimi fuochi detti all’Inglese, de’barili da catrame disposti su quattro gran fusti diramati a disegno. L’interna illuminazione delle Procuratie vecchie, e nuove, la gente affacciata a tutte le loro finestre, ed affollata sotto i lor Archi, il Popolo numerosissimo nella Piazza raccolto, formavano un insieme della più pittoresca grandezza da ricreare lo spirito. Da questo trattenimento i Cavalieri, e le Dame, gli Esteri Ministri, i Nunzj delle Città, gli Uffiziali, e tutti i Forastieri di rango, passati sono nel Ducale Palazzo ove nella Sala de’Banchetti composero, e godettero una splendidissima Festa di Ballo, aperta dalla Vedova Cognata di sua Serenità Eccellentissima Dama Caterina Pesaro Manin e da un Cav. di Malta.

Seguita appena l’elezione del Quarantuno il più vecchio di quel numero che fu l’Eccell. Sig. Franc. Foscari1 mise in capo all’eletto Doge la berretta a tozzo, una delle Insegne dell’eccelsa sua dignità, e gli fece il solito uffizio gratulatorio al quale sua Serenità con modesta dignità corrispose. Vestita in appresso dagli elettori la purpurea maestosa Spoglia Ducale s’assisero seco lui a lautissima mensa dopo cui sciollesi la nobilissima Riduzione. Nella Sala della Festa la notte fecesi vedere per breve tratto di tempo il Serenissimo Principe mascherato in mantello, e bautta, secondo la pratica di simili occasioni.

S’udì generalmente con pienissima soddisfazione la scelta di questo saggio ed illustre Soggetto al più eminente grado della Repubblica. La Nazione ne diede non equivoci segni al riceverla, e particolarmente la dimostrò al vederlo jeri mattina in Chiesa a S. Marco nella Tribuna di marmo alla sinistra del Coro ove presentato da S. E. Foscari dietro alla di lui introduzione, parlò al Popolo energicamente, e lo destò alla commozione, e ad un riverente appaluso. Sceso dalla Tribuna in Chiesa salì nel Pozzetto, ove s’assise col N. U. Ant. Marin Priuli suo Nipote per linea femminina, con li due suoi maggiori Nipoti Figli del qu. Eccel. Giovanni di lui Fratello, in abito detto alla Romana, che s’usa in occasioni pubbliche da que’Nobili Giovani, che per età non hanno ancora la Veste Patrizia,2 col suo Ballottino, e coll’Ammiraglio dell’Arsenale Sig. Pietro Paresi, il quale resta dalla parte di dietro. Questo seggio detto Pozzetto è portato sulle spalle da 80. Arsenalotti, 40. per banda, i quale scortati, fiancheggiati, e seguiti da moltissimi altri del loro Corpo con rossi bastoni in mano, escono dalla chiesa, e fanno il giro del-[157]la Piazza allo sparo de’cannoni de’vascelli, e tiri de’mascoli, al suono delle campane. In questa spezie d’Ingresso sua Serenita, i Nobili, e il Ballottino gettarono, secondo il costume introdotto dal Doge Sebastiano Ziani, una gran quantita di monete d’oro, e d’argento al Popolo battute rapidamente in poch’ore col nome del Serenissimo Manin. Fu viva ed esultante l’acclamazione, e l’allegrezza d’ogni ceto di persone. Pendenti da’balconi delle Procuratie a varj colori i ricchi tappeti, affacciati a’medesimi uomini e donne di nobile e civil condizione, ingombrati dall’alto al basso tutti i siti opportuni al passaggio del Pozzetto, affollata la Plebe a raccoglier denari, un mondo in movimento, una confusione senza disordini, un tumulto senza mali, hanno reso lo spettacolo nella sua brevita de’più grati, e ammirabilj, che possa offerire la Capitale d’un Popolo libero, e diedero alla nostra gran Piazza così maestosa in sè stessa, un apparato il più ridente, giocondo e teatrale, che possa crearsi l’umana immaginazione. Sceso dal Pozzetto alla Porta del Ducale Palazzo, e salita poi la scale de’Giganti, fu coronato sull’alto della medesima il Serenissimo nuovo Doge dal Consigliere di maggior eta Ecc. Giac. K. Foscarini, indi condotto nella Sala del Piovego, e in quella del M. C. poi alle sue stanze.

Aperto al concorso de’Nobili il Ducal Palazzo, si gettò nella Corte d’esso al Popolo pane, e denari in gran copia, poi si riprese la diurna Festa di Ballo, con profusione di scelti e squisiti rinfreschi. Dopo pranzo si tornò a gettar pane, e denari, la sera s’ebbe il trattenimento de’fuochi d’artifizio da una macchina più grande, innalzata dopo il transito del Pozzetto, finito il quale si radunò in maggior copia nel Palazzo Ducale la Nobilta Veneta e Forestiera, e seguì la terza Festa di Ballo con somma magnificenza.

Metatestualità► Sugli spettacoli del terzo giorno, cioè d’oggi, sarà detto nel Foglio di Sabbato. ◀Metatestualità

Possiamo solo per ora aggiungere, ch’jeri notte la Sala de’Banchetti divenne angusta al gran numero della Nobiltà componente la Festa. L’eleganza, e ricchezza degli abiti, la copia delle gioje, perle, ed ornamenti preziosi, misero le nostre Dame e le Forastiere nell’apparato dalla maggior splendidezza. Le scelte orchestre delle camere, i tavolini da giuoco, divisero il principesco trattenimento. Ad onta del più folto concorso tutti furono continuamente serviti di squisiti gelati. I dolci ed i garofani, distribuironsi con profusione.

Seguito della Orazione Funebre.

Sed omittere nequeo Rogerium Rainerium, qui pro Venetis pugnando solus instar integri exercitus pontem diu ad Soncium tutatus est.3 Sed ad nostram familiam veniamus: ad nostram dico, quam nobis gloriam & tutamen, ut tot aliae, semper accrevisse praedicavimus. Oratoris leges offenderem, si omnes bujos familiae heroes vellem recensere. Alios enim scientia militari, alios consilio, alios optimis quibusque artibus enituisse fama est immortalis. Ad historicos haec cura spectat. Exponat Marcus Fuscarenus eloquentia & eruditionis auctor singularis, qui in Solio Ducali Rainerium praecessit, exponat quantum in hebraica lingua pollebat Domenicus Rainerius S. Marci Procurator, exponat Sebastiani Rainerii eruditionem, qua ipsum litterati viri magni faciebant; exponat quantum Franciscus Rainerius optimae spei atque, indolis adolescens, ut ad ipsum Lugduno Joan. Michael Brutus solitus erat scribere, patriae expectationem incendebat; exponat quot antiquae eruditionis monumenta nummis conservata Vico & Golzio Ludovicus Rainerius subministravit; exponat quantum enituit Daniel Rainerius in Republica Litteraria, dum tot meritis in patriam D. Marci Procurator summa omnium ordinum acclamatione electus suerat. Sed majora addent Fasti Veneti: addent [158] siquidem Hieronymi Rainerii sapientissimas leges, quibus magnum regnum (nunc, sed olim plures & celeberimas Graecorum Republicas) Peloponnesum nempe Judicis nomine (Inquisitorem appellamus) rexit atque administravit. Addent quam felici eventu, quanta dignitate semel & iterum missus extra ordinem Legatus Constantinopolim patriae spem superavit. Addent Cretensis insulae quondam centum urbibus nominatissimae Danielem Rainerium Ducem Sapienti consilio & vigilantia summam administrationem exercuisse. Addent Equitis Ludovici Rainerii merita eximia, dum apud Galliae Regem Orator fuit, dum apud alios Principes Reipublicae Majestatem repraesentavit; quibus meritis in ipsa patria nomen optimi civis adeptus est. Addent merita, quae Jacobum ad honorificum S. Marci Procuratoris munus intulere. Addent Ioannis Rainerii gesta illustria in Historicis Benetis celeberima. (f) Addent; sed nimium excrescit oratio, & extra Rainerii Principis laudes divagari videtur. Divagatur quidem, neque enim de hac illustri propagine loqui possumus, quin diu loquendo plurima omittamus. Sed extra Principis Paulli laudes minime excurrimus. Laus est Paulli Rainerii Majorum suorum gesta imitari, laus est haereditarium natalium splendorem augere & illustrare. Merito quidem, Dux Serenissime, gloriaris de Te, de Patre, de Fratribus, de Filio, quod materiem Venetis Fastis abunde jam suppeditent seu navali classe bene directa, seu Legatione Romana prudentissimo consilio exercita, seu Venetis Magistratibus functis mirabili dexteritate & amore in subditos singulari. Doleo interim non mihi licere hanc Principis laudem, quae ab ejus sanguine propinquis accrescit, ex ponendo amplificare, cum vivorum modestiae serviendum fit; sed hoc potuit clarissimus Dux solatio frui, Patrem & Fratres numerare, queis sibi merito plaudat, in Filio plurimum ejus exempla & documenta valuisse, in Nepotibus & Pronepotibus spem alere amantis patriae.

At si praeclarae originis fulgor non tantum heroum serie conservatus, sed auctus etiam gestis insignibus magnum ad honores supremos aditum sternit, haec ipsa merita exornant atque commendant externae dotes, oris amabilitas, sermonis comitas, explicataeque frontis hilaritas. Quae tamen in Paullo fuerit urbanitas vobis omnibus semper innotuit „Urbanitas, inquit Quintilianus Instit. 6. urbanitas illa est, inquit Quintilianus Instit. 6. Urbanitas illa est, in qua nihil absonum, nihil agreste, nihil inconditum, nihil peregrinum neque verbis, neque ore, gestuve possit deprehendi.” Haec verba dum protuli, statim vos imaginem Rainerii mente concepisse mihi persuadeo. Fateor hanc virtutem in Venetis Patritiis esse communem, hanc apud exteras gentes eos celeberrimos reddere, hanc apud subditos populos summopere commendari. Sed non inde Rainerio decrescit laus, quin multo augetur; quod nempe in ea virtute, quae pluribus est familiaris, ipse quodammodo singularis extiterit. Tamen alia virtus inest, quae cum humanitate consociata plurimum laudis acquirit, quae etsi a natura prima femina fortiatur, magna indiget prudentia & studio, ut vigorem suum & splendorem conservet. Servare animum semper tranquillum, se semper amabilem ostendere in prosperis, facile est; eam in adversis tranquillitatem servare laus est aliquorum virorum pecularis. Nemo fuis caretae mulis, ipsa rerum gestarum gloria saepe invidiae morsibus subjicitur, multa casus efficit, quae probo viro tribuuntur. Plenae sunt historiae praecipue [159] Graecorum de maximis heroibus, qui dum communes acclamationes merebantur, fortunae vulnera experti sunt. Una tamen virtus omnia superat, scilicet Magnanimitas. Hic certe uberrimus aperiretur campus laudandi optimum Principem, qui jam in discipulo & consanguineo Platonis Speusippo legerat, Magnanimitatem esse moderatum contingentium usum, urbanam cum hominibus conversationem, magnificentiam cum ratione. Tanta fuit Rainerii in omni fortuna moderatio, tam aequalis fuit in omni eventu urbana cum hominibus conversatio, tam conjuncta cum ratione magnificentia, ut coram viris, qui cum ipso convixerunt, supervacaneum sit orationem diffundete. Sed nihilo secius adnotandum autumo, Serenissimum Ducem Paullum, & si in throno occasiones non habuerit hujus virtutis praeclarissima argumenta exhibendi, eam tamen jam a prima juventa ita coluisse, ut magnanimam indolem a natura acceptam integro vitae cursu rerum humanarum meditationibus, & Philosophiae Moralis instructionibus mirum in modum perfecerit.

Virtutes singulas oratione complecti & arduum, & inopportunum arbitror, cum ubi de Duce Paullo Rainerio aliquam attigerit, illico vela contrahere Oratorem oporteat splendore & magnitudine oppressum: ad seriam igitur rerum meditationem, in qua ipsarum virtutum pulchritudo & utilitas deprehenditur, convertere orationem melius est, ad illam, intelligo, meditationem, quae doctorum scriprotum doeumentis instruitur, atque excitatur. Haec ut plurimum antiquis heroibus defuit, unde singuli unius vel alterius virtutis exempla posteritati reliquerunt. Hinc potuit Plato ex antiquorum gestis collatis Moralis Philosophiae documenta meditari; potuit Plutarchus collaris singulorum praerogativus, in quo laudis, in quo reprehensionis sunt, digni ad posterorum utilitatem examinare. At hoc heroibus nostrae aetatis fortunatissimum evenit, ut dotes animi a naturas acceptas valeant verustorum exemplis & documentis perpolire. Haec Principis Paulli Rainerii laus & dos singularis fuit.

Igitur inspiciamus eum in puerile illa aetate, cui frivoli joci, & ineptiae unicum esse solent oblectamentum. Quaeritur puellus inter aequales, sed abest. Ubi tandem invenietur ? inter libros, in continuo legendi ac scribendi exercitio. Videt patrem, aut paedagogum de inveniendo puero sollicitum, obvius accurrit, non bene intellecta sibi explicari rogat. Haec discendi cupido aetate cescit, & ecce jam juventutem ingressus Vitas percurrit Venetorum procerum fama & meritis celebriorum, ut rerum humanarum vicissitudines, & earum caussas melius investigare possit; Historiam Romanam & Graecam praecipue meditatur, & ne in Graecae linguae lectione haesitet, poetas, Homerum praecipue & Pindarum expedite conatur intelligere. Hinc illa nativa facundia & dicendi facilitas de qua amplissimus dicendi locus erit, quae Venetis civibus tantum honoris comparat, potuit semper uberius persici, atque exornari. Philosophorum deinde libros evolvit, nec fatis est; plures Platonis libros & dialogos in patrium sermonem vertit. Sed cur tantus labor? Debeo, inquit, Reipublicae inservire: opus est ut mentem instruam magnorum hominum documentis. Vix credibile forsan vobis videbitur, quod ipsi mihi accidit: si fidem non mercor merentur omnes, quos testes possum appellare. De quodam Platonis documento circa Reipublicae administrationem forte incidit fermo, cum vespere consueverant privato colloquio plures recreandi animum gratia apud humanis-[160]simum Ducem convenire. Tum Princeps: Sinite, ait, memoriam aliquantulum revocare; inde fixis in laqueari oculis verba Platonis recitavit, quae certe viginti lineas folio scripats explevissent. Saepius accidit, cum de aliquo Heroe Graeco fabularemur, cujus nomen oblitus eram, eruditissimum Principem parva interjecta mora aliquem ex Homero versum recitare, in quo nomen illius includebatur. Ego nescio an magis hic juventutis studia, an memoriae miraculum admirer: siquidem cum jam publicis rebus occupatus libros illos non potuit amplius observare, ea recitabat. quae ante quinquagiuta annos legerat.

Metatestualità► Sarà proseguito. ◀Metatestualità

Parti prese nel Serenissimo Maggior Consiglio addì 6 Marzo 1789. offerte dagli Eccellentissimi Correttori della Promissione del Doge, nominati nel precedente Foglio Num. 18.

I.

Oggetti di pietà, e di Religione mossero in ogni tempo li nostri Progenitori ad avere una particolar cura, ed attenzione per il buon governo, e direzione dell’Ospitale della Cà di Dio, Juspatronato de’Serenissimi Dogi. Quindi con varie Parti di questo Maggior Consiglio furono di tempo in tempo date le opportune providenze tanto in linea di economia, che di disciplina per la preservazione, e sussistenza del Luogo medesimo, ordinando, che secondo la pia mente degl’Istitutori, e di questo Maggior Consiglio, non possano entrare in detto Luogo, che sole povere Nobili, e Cittadine Originarie, e munite delle Fedi di Cittadinanza degli Avvogadori di Comun, e non mai verun’altra condizion di persone.

Essendo necessario, che una Deliberazione così utile, e così giusta sia mantenuta nella più esatta osservanza, L’anderà Parte, che le Camere della Cà di Dio, che si distribuiscono da’Serenissimi Dogi, siano concesse per solo atto di Carità, e senza il menomo aggravio unicamente a povere Nobili Nostre, e Cittadine Originarie, di onesta vita, non maritate, e non minori d’età di Anni trenta; e che non possano estendersi dalli Cancellieri Inferiori Atti d’Investiture di Camere, senza il fondamento delle Fedi dell’Avvogaria di Comun, che comprovino le condizioni sopra prescritte; e però sarà della pietà, e vigilanza de’Serenissimi Principi esaminare non solo, se nelle introdotte vi concorrano li voluti requisiti, per devenirne in ogni caso all’esclusione, ma avvertire in appresso, che nelle introduzioni avvenire siano osservate le condizioni suddette, che son dichiarite particolarmente nel Decreto 19. Agosto 1623., confermandosi le Parti 1722. 21. Agosto, e 1734. 14. Gennaro, con le quali fù commesso, che al Carico di Ragionato Revisore di detto Ospitale sia corrisposto per ricognizione di sue fatiche, ed incombenze quanto gli fù destinato dalla Terminazione del Serenissimo Grimani 1604. 19. Gennaro; e che il Priore del medesimo Pio Luogo debba di due in due Anni sotto pena di perder il Carico, render conto delle Rendite, e Spese, e di tutta l’Amministrazione del Luogo stesso al Serenissimo Principe, e Consiglieri.

Sarà egualmente della Pietà, e Religione del Serenissimo Doge di osservare nelle distribuzioni de’Benefizj Ecclesiastici, dipendenti da’suoi Juspatronati, le Pubbliche Massime, e Leggi nel proposito, le quali assegnano tali Beneficenze ai più poveri Sacerdoti Cooperatori del Divin Culto nelle Chiese, a cui sono annessi, o vicini li Benefizj medesimi.

E la presente sia stampata, ed aggiunta alla Promission Ducale.

Metatestualità► L’altre due Parti Sabbato. ◀Metatestualità ◀Livello 2 ◀Livello 1

1Per indisposizioni di salute in S. E. Girolamo Zorzi maggior d’età di soli giorni s’incaricò dell’Uffizio il N. H. Foscari.

2

3V’era in tal abito anche un Frat. Minor del Priuli.