Sabbato 14 Novembre 1789.
Agli Amatori
Nessuno può possedere appieno la utilissima Scienza Criminale, se oltre i delitti, le pene, la giurisdizione, e la competenza dei Magistrati, non conosca insieme i principj, che risguardano la forma dei Criminali Giudizj. Tutti ne convengono.
A così interessante oggetto mirarono perciò le Fatiche meritamente apprezzate del Priori, del Zamboni, del Zetterle,
del Teobaldo, del Barbaro, del Melchiorri, e del Pasqualigo: i quali scrissero la Pratica de’nostri
Criminali Processi, e ne additarono le regole, e le formalità.
In mezzo però alle istruzioni di tanti Scrittori, il Giudice, il Cancelliere, il Notajo, e l’Avvocato Criminale non possono disimpegnare lodevolmente le incombenze della loro professione, se non si sieno esercitati assai tempo nella medesima. Manca, cioè, una diligente Raccolta di tutti gli Atti, Annotazioni, Decreti, e Sentenze, che nelle moltiplice, e varia combinazione della circostanze, rispettivamente convengono alla qualità del processo, agli estremi di ciascun delitto, al diverso metodo delle Magistrature, ed alle Leggi, o Consuetudini particolari di questa gloriosissima Repubblica.
Si avvicinarono, è vero, ad una siffatta Raccolta il Parma, ed il Nani. Ma il primo si studiò di ammaestrare soltanto nelle meno malagevoli
ispezioni de’Processi di autorità ordinaria chi debbe esercitarsi nel
Malefizio di Verona: l’altro diede un Saggio appena delle incombenze particolari di un Cancelliere:
il terzo per servire alla brevità pubblicò una troppo sterile Collezione.
Un Lavoro, che supplisca alla mancanza, nella quale si troviamo, egli è certamente quello ch’è vicino a sortire dai Torchj, cioè
Le Formalità del Processo Criminale nel Dominio Veneto, raccolte dal Dottore,
ed Avvocato Zeffirino Giambatista Grecchi Originario Milanese, coll’aggiunta
di un Saggio Elementare delle Teorie più analoghe ad una pratica istruzione.
Quest’Opera, scritta in Italiano, con
L’Autore, seguendo l’esempio del Pivetta ne’Giudizj Civili, ha voluto
pubblicare la vera Arte di ben’apprendere la norma, le parti, e le leggi di ogni Processo Criminale.
Le Massime, e gli Precetti sono in tal’Opera autenticati dal Gius Comune, e Veneto, e dalle opinioni
de’più sensati Interpreti, che opportunamente vi sono citate. I metodi pratici sono quelli, che
oggidì si usano nelle Magistrature della Dominante, e delle Provincie. Si notificano parecchie cose
non mai promulgate; si riportano all’uopo le Decisioni de’Supremi Tribunali Augusti; e s’inseriscono
le Avvogaresche, che nella diversità dei bisogni si sogliono ottenere. L’Opera in somma, secondo il
giudizio di chi l’ha veduta, è atta da sè sola a formare nell’arte di procedere, di difendere, e di
giudicare un ottimo Pratico Criminalista.”
Fu detto, che lo scegliere un Indirizzo al Pubblico, trà gl’Inglesi, per provare che la decadenza
del Teatro non è particolare all’Italia, sia stato vano, perchè da tutti si sà,
che quella Nazione non ha mai dato saggi di buon gusto, e di regolarità nelle cose teatrali. Su
questo punto si risponderà ne’Fogli della settimana ventura. Ora è d’uopo convincere chi aggiunse:
che la Francia non ebbe mai bisogno di simili indirizzi, del manifesto suo
torto, espresso nel seguente Articolo agli Autori del Giornal di Parigi, che diamo tradotto.
Signori.
“Io non sono nè Poeta, nè Autore drammatico, ma leggo molti versi, e vado spesso al Teatro. Ho tanto sofferto nello intendere alle Rappresentazioni i nostri migliori versi tragici e comici, miseramente storpiati, che voi dovete permettermi di denunziare al Pubblico la negligenza de’Commedianti su questo molto importante Articolo di teatrale declamazione. La mia Lettera non giungerà forse a correggerli; ma avrò vendicato almeno le mie orecchie squarciate se punto non riesco a garantire quelle degli altri. È vergogna il vedere su’Teatri della Capitale degli Attori, anche stimabili, che mutilano de’versi nel recitarli, senz’accorgersi di romperne la misura, raccorciandoli a spese dell’armonia.
Entra oggidì nell’educazione, che si dà alla gente civile, non già il saper fare de’versi, ma il conoscerne almeno la misura, e sapere di qual numero di piedi sono composti; perchè se le persone civili non son obbligate a verseggiare, sono talvolta sforzate a recitar de’versi nelle compagnie; perchè non bisogna guastare co che si recita, nè ignorare ciò ch’è sì facile ad apprendere.
Dopo ciò non è forse da stupire, che degli uomini che prendono l’impiego di recitare de’versi in pubblico, non abbiano fatto uno studio preliminare almeno del meccanismo della versificazione? Crescerà questo stupore al considerare, che a forza di recitarne, la loro orecchia continuamente esercitata, non arrivi a sentirne la misura senza il soccorso della riflessione.
Finalmente, Signori, per la pena ch’io soffro, come spettatore, udendo queste mutilazioni
anti-armoniche, concepisco il supplizio d’un povero Autore, che celato dietro le scene, avendo
consegnati i suoi versi sani ed interi, li sente uscir di bocca dall’Attore mostruosamente
storpiati. Sò che la memoria può ingannare talvolta il Commediante più esercitato ed attento; ma
Così nel num. 79de’19 Marzo 1780.
Si persuadino adunque gli sprezzatori fanatici di tutto ciò ch’è tra noi, che non v’ha Nazione sì
colta su’costumi della quale, e sulle sue produzioni di spirito la critica non trovi da esercitarsi.
Altro è il dire, che stiamo peggio degli altri in proposito di Teatro, ed altro il dire, che i
difetti sono particolari al nostro.
Sig. Gazzettiere.
“La guerra dichiarata ossia l’astuzia vinta dal caso è una
Commedia, che a Parigi ebbe il più felice sucesso, e fù replicata per sessanta sere. A tal vera
autentica relazione la Comica Compagnia del Teatro a S. Gio: Grisostomo ne fece la ricerca, tradur
la fece, e per la prima volta l’espose in Torino l’estate passata nel nobile Teatro del principe di
Carignano ove fù sommamente agradita: La stessa Compagnia la recitò tal quale in Treviso, ed anco là
divertì, piaque, fù applaudita.
La sud. Comica unione volendo anco qui esporla, e sapendo a prova che il pubblico Veneto è più delicato di qualunque altro, per non usar di quel inganno, che voi Sig. Gazzettiere avete la bontà di taciarla, nel solito invitto per tre sere consecutive anunziò questa Commedia nel modo che segue.
In Francia que bravi Comici non recitano a Soggetto, e per divertire in tutte le maniere il pubblico, a queste Commedie, che noi Italiani chiamiamo dell’arte, vi sostituiscono delle Commedie di burle tal quali noi le vediamo ne giuochi varj de nostri Zanni. La Guerra dichiarata &c. . . . . Che si produrrà &c. . . . . è una di quel calibro &c. . . . .
Con tal prevenzione può chiamarsi offeso un pubblico, che sà di dover vedere una delle nostre Commediaccie, benchè scritta?
Signor Gazzettiere cariss. siate giusto, imparziale; prima di mettere in Carta informatevi bene, esaminate le circostanze cribrate tutto se non volete usar di quel inganno, che in altri condannate.
Chi vi scrive non pretende già che per non dire il parere vostro su le produzioni di questa
Compagnia, cerchiate sotrarvi col scioco prettesto di non averla udita, ma
desidera che siate, qual dovreste essere con tutto il Mondo. Credetemi”
Un vostro Amico, ed Assocciato.
Risposta del Gazzettiere.
Amico ed Assocciato
carissimo, eccovi servito della fedele pubblicazione della vostra Lettera. Ho rispettato sino gli
errori d’ortografia, onde non abbiate ad accusarmi d’averci posto mano.
Perchè la ragione dell’invito valer dovesse a difesa de’Comici bisognava, Commediaccia quando credeva di ritrovare una Commedia di carattere. Io
pure fui di questo numero, e vi giuro in coscienza, che nel ritornare dal Teatro, non udiva che
lamenti e motteggj della gente intervenutavi, per la burla che le si fece. A’più frequentati Caffè
si rise sulla medesima, e fu detto quello ch’io tacqui nel riferire il destino di tale
Rappresentazione. Segno dunque che una gran quantità di persone fu alla mia condizione.
La Guera dichiarata può aver avute a Parigi anche cento repliche, può
essere piaciuta a Torino, e a Treviso, che non è per altro che quello che è: una buona Commedia dell’arte, ma cattiva di carattere. Un diverso punto di
vista comune l’avrà altrove resa grata, quì non fu neppure soffribile: ebbe una replica per forza.
Se il mio parere s’uniformò a quello del Pubblico, giudice inappellabile delle teatrali
Composizioni, come potete, Signor Amico ed Assocciato stimatissimo, prendervela contro di me
senz’offendere la sua autorità? Il vostro rimprovero cade su tutti gli ascoltatori. È lo stesso che
avere lor detto: Dovevate sapere, benchè il cartello nulla di questo accennasse,
che la Guerra dichiarata è nel suo originale una di quelle Commedia che si
danno a Parigi per far ridere il Popolo; ch’è tradotta, e sul gusto delle nostre dette dell’Arte; nè
mai privarla de’vostri applausi. L’invito lo espresse, e ciò basta: il Cartello non conta
nulla. Che vi risponderebbero se ad uno ad uno si udissero così rimproverati da voi?
Immaginatevelo.
Io non decido di’delicatezza di gusto da Pubblico a Pubblico: li rispetto
tutti, e non adulo la mia Nazione. Dirò bene, che vi mostrate in contraddizione con voi medesimo
asserendo che per questa dilicatezza attribuita al nostro, li Comici per tre sere
consecutive hanno fatto il riportato invito. Se lo fecero per conoscere a prova questa dilicatezza s’ha dunque a dedurre, che
negli altri Paesi fatto non l’abbiano; ch’abbian creduto di potere colà impunemente spacciare
lucciole per lanterne. Dov’è, in tal caso, quella ingenuità, che in essi vantate? S’ha ad esser
sinceri con tutti , o solo con quelli che agevolmente scoprono le menzogne? Il vostro discorso tira
a simile conseguenza, e forse mal informato di loro li accusate ingiustamente, credendo di
difenderli.
Io sono giusto e imparziale, e vorrei potere dir bene di tutte le nuove
Commedie, ma se sì rare sono quelle che piacciono ho da dir forse delle bugie per comperarmi la
grazia de’Comici col tradire il dover del mio uffizio? I loro Cartelli sono come i frontispizj
de’Libri. Se mi si promette un Trattato di Morale, e non trovo leggendo che una Scuola di
buffonerie, ho tutta la ragione di lagnarmi, e di riputarmi ingannato. Non ho d’uopo d’informarmi bene, d’esaminar circostanze, quando a Letteroni da Scatola son
chiamato al Teatro per udire, una Commedia di carattere. Per credere uno sciocco pretesto quello di non esser io intervenuto alla recita del Conte di Freienof bisogn’assolutamente ignorare in qual impegno io mi sia per cui
qualche sera mi manca la libertà di concorrere alle cose nuove. Per accusarmi giustamente di
parzialità converrebbe provare, che non ho di quella Commedia detto nè bene, nè male. Si vegga al
num. 89, ch’organo della voce comune: ho scritto che il Pubblico la chiamò nojosa,
e improbabile.
“Persona di qualche carattere, e non del tutto ignota istituirebbe di buon grado una Scuola per soli sei Giovani colla lusinga di poter seguire metodi non tanto comuni, ma pure prescritti, ed approvati da’più illuminati Ingegni, anzi dalla retta ragione maestra, e direttrice di ogni sana Filosofia.
I tre importanti oggetti di questa Scuola saranno: Primo di rendere il cuore dolce, e sensibile, onde senta pietà per gl’infelici; leggi d’umanità per tutti; gratitudine, e riconoscenza pe’benefattori. Secondo d’illuminare la mente con quelle cognizioni, che fanno distinguere il bene dal male, la virtù dal vizio, ed il vero dal falso, affinchè nel maneggio sì de’pubblici, che de’privati affari sieno scorte indivisibili e fide la Religione, l’onore, e la Sapienza. Terzo di regolare le maniere in modo, che rendano i Giovani amabili, gentili, colti, e graditi in Società: in fine di renderli conoscitori del Mondo intelligibile, fisico, e morale insieme onde sorgano illustri, ed onorati Cittadini utili allo Stato, ed al possibile felici per loro stessi.
Chi si offerisce ben conoscendo, che la saggia e completa educazione è l’unica e sola eredità permanente e sicura, sarà qual sollecito Padre, e tenero, che tenta di guidare sei Figlj amici e cari per la via più breve, più dolce, e più facile a quella meta, che la nascita, le circostanze, ed il Cielo stesso loro prescrisse.
Si stabilisce il numero di soli sei e non più, perchè a questo un solo Maestro può supplire, e bastano essi sei per destarsi reciprocamente l’emulazione tanto utile a’giovani, senza che regni il tristo esempio, la confusione, ed il ritardo de’talenti più pronti: difetti inevitabili nella moltitudine.
Ora chi si compiacesse di affidare a questa Scuola qualche Figlio, scriva in un Viglietto il suo
Nome, Cognome, ed il luogo, dove abita, poi il suggelli facendo la Soprascrizione nel seguente modo:
Ricapito alla Libreria Foglierini all’Insegna della Sacra Scrittura in
Merceria. Tosto che saranno stati consegnati sei Viglietti alla detta Libreria, l’Autore del
progetto si presenterà impegnandosi di osservare le seguenti condizioni.
Primo. Insegnerà le tre Lingue Toscana, Francese, e Latina. Le Favole morali per regolare il costume, e per avvezzare i Giovani a pronunciare, e scrivere racconti ordinati. Le Favole Eroiche per l’intelligenza de’Poeti, de’Quadri, e delle Statue. L’Arimmetica, l’Algebra, la Geometria, la Geografia antica, e moderna, la Cronologia, la Storia, la Logica, l’Arte Oratoria, la Metafisica, la Fisica, l’Etica, il Jus di Natura, e delle Genti, le Leggi civili, e canoniche. Se qualche circostanza esigesse s’insegnerebbe pure il Diritto Politico. Tutte queste Facoltà, e Scienze furono insegnate privatamente da chi si offerisce, come si potrà riscontrare allora che sarà riconosciuto.
Secondo. Presenterà un piano del modo d’insegnare le suddette Facoltà, e Scienze; sempre pronto però a cangiarne il sistema quando le altrui ragioni prevalessero alle proprie.
Terzo. Il Luogo della Scuola sarà non molto lontano da S. Marco.
Quinto. Sarà mantenuto un Servitore, perchè alle ore della Scuola sia sempre pronto a servire ognuno de’Scolari di tutto ciò che abbisognasse, come sarebbe carta, inchiostro, penne &c. così ancora per accompagnare alla propria Casa, dopo la Scuola, chi de’Giovani desiderasse essere servito. Tutto questo sarà a peso della Scuola.
Sesto. Le ore della Scuola la mattina in tutte le Stagioni saranno da Terza infino a Nona.
Il dopo pranzo da San Martino in fino al primo di Quaresima, essendo i giorni troppo brevi, non si farà Scuola, ma saranno incaricati di occuparsi allo Studio in Casa propria.
Dal primo di Quaresima insino alla Vigilia di S. Antonio le ore di scuola del dopo pranzo saranno dalle 21 insino alle 23; così pure dal Redentore insino al primo di Ottobre.
Tutte le Feste, e li Giovedì non si farà Scuola, come ancora gli ultimi otto giorni di Carnovale, e gli ultimi quattro giorni della Settimana Santa.
Le vacanze saranno dal giorno di S. Antonio insino al giorno del Redentore, e dal primo di Ottobre insino al giorno di S. Martino.
Per parte de’Giovani si desidera, che abbiano compito il decimo anno almeno, e che sappiano leggere, e scrivere.
Per questa Scuola dovranno corrispondere quattro Ducati effettivi ogni Mese compresi ancora i mesi delle Villeggiature.
Le mancie a’soliti tempi saranno del tutto arbitrarie sì nella qualità, come nella quantità.
Ognuno dovrà portarsi nella Scuola una sedia, ed un tavolino del maggior suo comodo."
Questa scena s’è rinnovata qualch’ora dappoi, e si dice che quattro birri situati nella via
sottoposta abbiano udito tutto, colà disposti a difesa dell’Avvocato in caso di pericolo, e
Assicurate meglio, gentilissime Signore, ne’vostri morbidi diti, le gemme così preziose, perchè se capiteran in certe mani non le riavrete mai più.
Jermattina fu trovato affogato presso i burchj da farine che
stan vicini a’pubblici Forni, un Fanciullo d’anni dieci circa con una grave percossa di capo, e fu
trasportato a questa Piazzetta. Si crede che sia caduto da un Vascello.
Giovedì si recitò a S. Luca una nuova Tragica Rappresentazione intitolata La distruzione del Regno delle Amazzoni.
Il Teatro era pieno, e nelle Loggie di nobili spettatori. L’azione piacque e si vide dell’ingegno
in chi la compose. Si potrebbe notar de’gran difetti anche considerandola nel suo genere, che non è
vincolato alla severità de’precetti: ma chi ha saputo ordire una composizione, che allettò l’Udienza
senza mai annojarla, merita dell’indulgenza nella revisione de’conti. Si stupirà della felicità del
suo esito sapendo da chi non la vide, che non recita nella medesima nè il Sig. Petronio, nè la Sig. Consoli, nè il Sig. Martelli. Tre parti principali la sostengono mirabilmente. La Signora Laura
Checatti in quella di Regina delle Amazzoni accoppiando le qualità
personali alle doti dello spirito riesce a meraviglia, e rapisce gli applausi.
Le si fa replicare un duello con Ulisse. Una donna che si batta in iscena, è un’impresa difficile
a cui poche s’accingono, e rare son quelle, ch’abbiano per la buona riuscita il suo spirito, e la
sua sveltezza. La Sig. Fiorilli che rappresenta la Sacerdotessa Antiope di lei Sorella, ha superata a di lei vantaggio la, per altro favorevole,
aspettazioni. S’investì sì bene del carattere, pose tant’anima nelle situazioni più forti, che non
lasciò desiderare di meglio all’intelligenza della declamazione. Il Sig. Menichelli nella Parte d’Idomeneo benchè privo di que’doni di natura,
che particolarmente in un gran Teatro son più necessarj, nondimeno collo stustio, coll’arte,
coll’attenzione, coll’impegno ha saputo soddisfare il Pubblico. Le decorazioni di questa
Rappresentazione sono piu che magnifiche per un Teatro Comico la cui entrata qui costa sì poco.
Particolarmente l’ultima scena figurar potrebbe anche in un’Opera seria.
Questa sera s’apre il nobilissimo Teatro Venier a S. Benedetto coll’Opera
Motezuma, la cui musica è di varj celebri Autori. Gli Attori
sono il Sig. And. Martini detto il Senesino. La Sig.
Brigida Banti. Il Sig. Gius. Simoni. Il Sig. Inn. Quattrini. La Sig. Terlozza. Il Sig. And. Malton.
Le scene del Sig. Cav. Franc. Fontanesi. Il Vestiario del Sig. Ant. Mojani.
Il Primo Ballo è intitolato Ippolita Regina delle Amazzoni d’invenzione e
direzione del Sig. Gius. Trafieri, esposto per la prima volta in questa
Città. La musica del medesimo del Sig. Vittorio Trento. I Personaggj che ne
sono incaricati son questi. La Sig. Elena Dondi. Il Sig. Giov. Monticini. Il Sig. Pietro del Giudice. La Sig. Ter. Mezzorati Monticini. La Sig. Laura Carlini. La Sig. Carolina Branchener.
Il titolo del secondo Ballo è I Polacchi.
s. Zuanne Querini K.
13 corrente.
Lione 57 e 7 8vi. Parigi 56 e 3 4ti. Roma 63. e un 8vo. Napoli 116. Livorno 99 e 3 4ti. Milano 155. Genova 91 e un 4to. Amsterdam 93 e mezzo. Londra 48 e 3 4ti. Augusta 102 e 3 4ti. Vienna 196 e mezzo.
Formento a L. 33. 10. Sorgo Turco a L. 17. Segale a L. 21. Fag. bianchi a L. 23. Miglio a L. 18.
Risi da’Duc. 35.12. a 36. al m.
Bergantino Tre Fratelli Cap. Mich. Ant.
Francovich Veneto con can. 8 e marin. 12 per Costantinopoli entro il cor.
Bergantino La Provvidenza Cap. Paolo Ballarin
veneto con can. 8 e Marin. 12 per Cipro e Alessandretta entro il mese v.
Checchia il
Cocchio di Nettuno Cap. And. Zanco Veneto con can. 8 e
marin. 14 per Genova e Lisbona entro il cor.
Casa a S. Cassan in Calle del Campaniel per annui Duc. cor.
40.
Le chiavi sono in Cà Grimani a S. Polo.
Il Sig. Conte Giac. Boncio e il Sig. D. Gius.
Barbati suo Compagno, e Servi, di Crema.
Mons. Denon Francese. Mons. Jean Kacmans d’Amburgo
con suo cameriere.
S. E. Giuliano Spinola di Genova.
Il Sig. Conte Gius. Carbonesi di Bologna, con suoi servitori.
Jeri è partito S. E. il Barone de Fredejend colla Dama sua
Moglie e 5 Persone di Servizio. Tedeschi.
È partito pure il Sig. Conte de Giveben Prussiano, per Milan[...] prender
in Moglie una delle principali Dame di quella Città, per cui provvide de’be’regali. Ha 4 persone di
seguito.
Chi vorrà Assocciarsi all’Opera del Sig. Grecchi potrà dirigersi alla
Stamperia del Seminario di Padova ove se ne fa l’edizione. Costerà Lire 6 al tomo, ed 8 a’non
Assocciati.
Replica delle Amazzoni.
Com. da ridere.
Il Segreto Commed. Spagnuola con maschere.
Il Reverendis. D. Ant. Bonaccioli Piovano di S. M. Maddalena
d’anni 66 el. 14 Gen. 1784. M. V.