Citazione bibliografica: Antonio Piazza (Ed.): "Num. 89", in: Gazzetta urbana veneta, Vol.3\089 (1789), pp. 705-711, edito in: Ertler, Klaus-Dieter / Dickhaut, Kirsten / Fuchs, Alexandra (Ed.): Gli "Spectators" nel contesto internazionale. Edizione digitale, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.2410 [consultato il: ].


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Num. 89

Sabbato 7 Novembre 1789.

Livello 2► Livello 3► Lettera/Lettera al direttore► Sig. Gazzettiere Stimatissimo.

Se ne’passati tempi le somministrò Brescia notizie funeste, e lagrimevoli, è ben giusto che qualche volta almeno possa avanzarne di liete, e interessanti la società. Sono alcuni mesi che godesi qui della più perfetta tranquillità. Non più omicidj, non più ruberie. La notte però dei 25 scaduto fu praticato uno svaligio alla casa di certo Signor Ottavio Majoli, in momento che trovavasi alla Campagna, con asporto de’denari, argenteria, ed altri effetti di valore; ma furono sul fatto colti ed arrestati li rei. Grazioso è il modo della loro scoperta, e fermo: ed ecco come viene raccontato. Essendo in giro la Squadra de’Birri di Città, si presentò a questi Persona, avvertendoli, che in detta Casa aveva inteso rumore, e che dubitava potesse esservi entro de’Ladri. S’innoltrarono tosto chetamente li Birri a quella parte, e giunti vicino all’abitazione, sorpresero in istrada Persona con due rotoli Tela statigli consegnati dagli altri rei Compagni, ch’erano ancora in Casa a terminare il Bottino. La rottura d’una Ferriata servì a loro d’introduzione.

Arrestato ch’Egli fù, lo allontanatono poscia: vestito delli di lui abiti uno de’Birri lo postarono nel luogo ove questi fu sorpreso, per ricevere gli effetti, che tratto tratto andavano gettando dalla rotta ferriata al da loro creduto Compagno. Terminato il Bottino scese uno dalla Ferriata assistito dal supposto compagno, e giunto in istrada fù anch’egli arrestato; ma nel voler difendersi col coltello alla mano fece tanto rumore, che ingelositi altri due suoi Compagni ch’erano ancora in Casa, si diedero a precipitosa fuga con iscalo di muri, ed altro. Entrarono immantinente per la stessa Ferriata li Birri dandosi ad inseguir li fuggitivi rei. Ma dopo due ore di diligenti ricerche, non riuscì a loro che scoprirne uno solo rifugiato in una rimessa di una Casa contigua, e ch’erasi nascosto in un Carrozzino avente due Pistole cariche in mano. Retento anch’esso con parte degli effetti rubati furono tutti e tre condotti in queste Carceri. Universale fù la sorpresa, allorchè si conobbero in costoro certo P. R. che cantò la seconda Parte di tenore in questo [706] Teatro la scorsa Fiera, e negli altri due un Cocchio del Sig. Co: Valoti, ed uno Staffiere della Sig. Dalaj. Non si sà per anche se costoro abbiano cordone, e se sia questo il primo delitto ch’abbiano commesso. Questo fatto ho creduto possa meritar luogo nella sua Gazzetta, sicchè piacendogli potrà inserirlo. Sono intanto con tutta la stima

Suo affettuoss. Assoc.
N. N.

Brescia 28 Ottobre 1789.

Livello 3► Lettera/Lettera al direttore► Signor Gazzettiere Stimatissimo.

Padova il primo Novembre 1789.

L’Autore della relazione, che descrive lo stato infelice di S. Martino di Luperi, e stampata nella Gazzetta Urbana N. 84. senza dubbio si prefisse di esporre qualche persona alla odiosità di tutta quella popolazione. Dice delle cose vere, ma ne dice anche di falsissime. È vero il zelo di quel benemerito Arciprete Sig. Dot. Antonio Tonati, che è grande sopra ogni credenza, che cerca ogni occasione, e abbraccia ogni incontro di far del bene, che s’impiega in ogni cosa, che si presenta, e che s’impiegherà deo placente in altra cosa ben giusta, ed a lui ben nota. È vero, che ha istituita una Scuola Pubblica eretta su un fondo comprato col suo per Fanciulli, e Fanciulle sotto la disciplina di Maestro, e Maestra di rari talenti, e capaci d’insegnare oltre il leggere, scrivere, e conteggio, e lavori ordinarj, anche cose maggiori, e di miglior gusto, se mai occorresse. Ma chi volea dir tutto il bene di lui, come già merita, non dovea dimenticarsi di cose egualmente massiccie. Potea far memoria della di lui attenzione a’doveri parrocchiali val a dire alla predicazione immancabile nei giorni festivi con unzione, eloquenza, e profitto mirabile: ai Catechismi eruditi, coi quali pasce egualmente i fanciulli, che gli adulti: alla vigilanza, e carità con cui visita, e assiste indefessamente li suoi infermi; ma come ama più le tenebre, che la luce, cerca far del bene, e non cura elogj, e non vuole, che la sinistra, sappia quel che fa la destra, se ne sarebbe con ragione aggravato. Non è poi vero quanto fu detto della mendicità, e miseria di quella popolazione. Se fosse vero, quella scuola dovrebbe esser numerosa almeno di duecento tra ragazzi, e ragazze, quando quelli non arrivano al numero di quattordeci, e queste nemmeno alla metà. E chi vuole vedere tal falsità rifletta, che in S. Martino di Luperi vi sono Signori, che vivono di mera entrata: vi sono mercanti, che possono star in riga di qualunque mercante di ogni Città: vi sono moltissimi, che arano ma sul suo, vi sono numerosi artigiani di ogni professione; vi sono numerosissimi trafficanti per Vicenza, Padova, Treviso, Venezia, e che frequentano continuamente i mercati di Bassano, Cittadella, Castelfranco, Camposanpietro, Noale, Mirano, ed altri quanti sono; e non fu poi vero, che sia partita alcuna Famiglia, o disparse quà, e là alcune di quelle desolate colonie ad accattarsi questuando gli umani soccorsi. Quei industriosi Trafficanti col loro continuo trasporto da luogo a luogo di ogni genere di biade, anno saputo fare che gli anni 1782. 83. hanno portato minor danno a quel popolo, che in altri luoghi, e col commercio di ogni spezie di prodotti fu difeso quel paese dalla mendicità, e miseria, che da certa persona si ebbe il piacere di porre in vista. Più ancora in quell’anno della fatale carestia, dal quale si ripete così orribile desolazione, colla loro industria, e fatiche hanno tratti considerabili van-[707]taggj, che godono anche presentemente. Non si può negare però, che come in ogni paese, così anche là non vi siano dei poveri: ma è un fatto vero, che alle date giornate nelle quali sogliono presentarsi i poveretti ad alcune famiglie, per ricevere la elemosina, sono più numerosi quelli delle ville contigue, che della propria. Quanto poi ad alcune persone inette, o per l’età, o per mala salute, vi sono delle caritatevoli famiglie, che soccorrono ai loro bisogni, e massime il zelante Pastore, che lo fà senza pieggieria.

Lo scopo di questa vera sincera Relazione, è unicamente di salvare tanti industriosi trafficanti dal discredito, che avrebbe potuto cagionare l’altra con loro danno, presso tutti quelli, che l’avranno letta; scritta bensì con verità riguardo al zelo del sopra lodato Arciprete, ma con vera menzogna riguardo alle altre cose sopra notate.

Per ultima prova poi, che non è nello sterminio estremo quella popolazione, si dimandi a quel zelante Pastore, se ha saputo in pochi anni far ispendere a quella Comunità, parte per il suo zelo, parte per suo genio, parte per divozione per la Chiesa, e campanile, poco meno di sessanta mila lire.

Tanto siete pregato di pubblicare a gloria della verità e del fatto, credendomi tutto affezione

Un vostro fedele Assocciato. ◀Lettera/Lettera al direttore ◀Livello 3

Livello 3►

La resa di Belgrado
Sonetto.

Cantiam cantiam, cigni felici, e ratte

Scorran le rime in sull’ostil cordoglio;

La fortissima rocca omai s’abbatte

che fea sicuro l’ottomano orgoglio.

Infrange prigionier tra scoglio e scoglio

Gorghi sanguigni il Savo, e le disfatte

Schiere sprofonda, il torvo re si batte

La fera guancia in sul mal fermo soglio.

L’ombra d’Eugenio al nostro Marte unita

Da le percosse mura urta e sospinge

L’immonda turba disperata e vile,

E di Bizanzio lagrimoso addita

La strada al vincitor, che già restringe

L’Oriente e l’Occaso a un solo ovile. ◀Livello 3

Senza sprezzare questo Sonetto diremo soltanto, che avrebbe fatto migliore figura se fosse comparso prima di quello venutoci da Padova, impresso al numero 86 di questi Fogli.

L’adulazione è un vizio de’più detestabili, ma il coraggio di dire certe verità a’Potenti fu a chi l’ha avuto, quasi sempre, fatale.

[708] Livello 3► Exemplum► Un terribile esempio di questa massiccia verità presentato ci viene nell’antica Storia di Persia. Presaspe uno de’primi Uffiziali di Cambise, e de’più intimi suoi Confidenti, fù da lui sforzato a dirgli ciò che pensassero di esso i Persiani. Ammirano in voi, risposegli l’ingenuo Uffiziale, molte ottime qualità, ma si dolgono che siate un pò dedito al vino. Cambise si mise subito a berne molti bicchieri, poi comandò al suo Coppiere, ch’era figlio dello stesso Presaspe di situarsi in capo alla Sala, e di tener dritta la mano sinistra sopra la sua testa; prese poi l’arco, lo tese contro di lui, e scoccò il dardo dicendo: prendo di mira il suo cuore.

Fattogli aprire il fianco mostrò al di lui Genitore il cuore trapassato dalla freccia, e fu quegli sì vile, dopo avergli parlato con tanta franchezza, da dirgli: Apollo medesimo non tirerebbe sì giusto. ◀Exemplum ◀Livello 3

Livello 3► Exemplum► Non furono così incauti i Giudici del suo Regno quando essendosi egli innamorato di Meroe la più giovine delle sue Sorelle, fornita di seducente bellezze a loro chiese, come interpreti delle Leggi del Paese, se ve ne fosse alcuna che permettesse a un Fratello di sposare la sua Sorella. Sire, risposero, non ne troviamo alcuna, ma ne troviamo una bensì, che permette a’Re di Persia di far tutto ciò che vogliono. ◀Exemplum ◀Livello 3

Questi antichi esempj dell’oriental dispotismo, della tirannia de’barbari, non sono veramente applicabili a certi fati domestici: ma discendendo dall’alto al basso, e scorrendo il giro de’Secoli, si troverà che l’adulazione fu sempre premiata, e il coraggio sincero degli uomini onesti onorato soltanto di sterili elogj, quando non venne punito.

Un empio vilissimo Padre, per conservarsi la grazia del suo Padrone, che dopo aver tentate invano le vie della seduzione, usò la violenza, e la forza a superare la vereconda repugnanza d’una sua Figlia, ha detto che a’Grandi è lecito tutto: nuovo Presaspe, che all’esaminare il cuor lacerato del proprio Figlio loda la mano del suo carnefice: e non meno adulatore di que’Giudici infami, che per timore hanno pronunziata la sentenza favorevole all’illecito amor di Cambise. Livello 3► Exemplum► Un onorato Vecchio all’incontro, che vantava una lunghissima fedel servitù nella Famiglia di questo violento, e prepotente Signore, quando seppe il suo delitto glielo rimproverò con quella franchezza, che caratterizza l’innocenza, e l’onore; gli richiamò alla memoria i fatti de’suoi antenati che si distinsero nelle imprese di gloria, e tentò quanto di più poteva un’anima pura e onorata per ridurre il suo Padrone ad un pentimento, e ad emendare il suo fallo con un matrimonio. La mercede ottenuta dal vivo suo zelo quella fu d’essere licenziato, cacciato come un ladro di casa, e ridotto a vivere d’elemosine, quando avrà mangiato quel poco, che raccolse a forza di stenti e sudori. ◀Exemplum ◀Livello 3

Non ci fa sapere in qual Paese seguito sia questo tristo fatto chi ce lo scrisse in poche righe, ad oggetto di far sempre più conoscere a qual legno giungano l’adulazione, e lo spirito d’interesse, e i pericoli di chi tenta d’indirizzare sul buon cammino certi sviati malvagj. Sarà sempre però nella sua stessa miseria degno di rispetto, e di venerazione il vecchio dabbene, ed esposto al castigo del pubblico obbrobrio l’empio Padre che nuota tra gli agii dell’opulenza. Nè forse la virtù di quello rimarrà nemmeno quaggiù senza premio; nè la viziosa bassezza di questo senza una punizione, che serva al Mondo d’esempio.

[709] Metatestualità► Molti credono cosa inconveniente ed ingiusta il pubblicare imparzialmente su questi Fogli la riuscita delle nuove Rappresentazioni teatrali. Vorrebbero, che si dicesse bene, quando si può dirne, e si tacesse il male per sentimento di fraterna benevolenza, onde non recar pregiudizio a tanta povera gente che vive di Teatro. Altri meno dilicati di coscienza s’esprimono che il Mondo è mezzo di quei che comprano, e l’altra metà di quei che vendono; che fu sempre ingannato, ama i suoi inganni, e che lasciarlo in essi conviene senza prendersi la briga di farglieli conoscere. Vi sono poi di quelli, che non dicendo mai bene di nulla non vorrebbero mai udirne dire dagli altri, e ci rimproverano quando da noi cogliendosi le rare occasioni di celebrar l’altrui merito proccuriamo di metterlo nella più bella vista in vece di scemarlo con una critica rigorosa. Questi sostengono ostinatamente, che trà i Teatri delle colte Nazioni il nostro sia nella maggior decadenza; non veggono che luce nella Francia, nell’Inghilterra, nella Germania, e fra noi chiamansi nelle tenebre. A loro disinganno tradurremo intanto il seguente Articolo comparso in un Foglio periodico a Londra. ◀Metatestualità

Livello 3► Al Pubblico, sullo stato attuale de’Teatri.
Lettera/Lettera al direttore► Signori.

Essendo io amatore degli Spettacoli, mi rincresce d’esser obbligato a riprendere quell’autorità salutare, che già da voi esercitata su ne’passati tempi sulli Teatri, ed alla quale avete sventuratamente rinunziato.

Una volta il nome di Città era egualmente formidabile a’Poeti, agli Attori, ed a’Direttori. Questi rispettabili Personaggj eran obbligati a coltivar i loro talenti, ed istudiare le regole dell’arte nelle loro differenti professioni.

Vi fu un tempo nel quale un Poeta sentiva, ch’era necessario d’imparar a leggere, prima di comunicare i suoi scritti al Pubblico; e nel quale voi giudicavate, Signori, che bisognava ch’un Commediante sapesse parlare avanti di comparir in iscena; e che un Direttore sapesse qualche cosa di più ch’empiere la sua borsa.

Sin che le cose camminavano di questo piede, si ravvisò qualche gusto negli spettacoli. Se le nuove Composizioni non erano tanto numerose, s’esse non avevano lo stesso successo, ch’hanno al presente, almeno erano la maggior parte originali, e avevano il merito della novità. La loro riuscita era una prova sicura del loro merito; e quantunque la ricompensa fosse mediocre, non lasciava però d’incoraggiare il genio.

Era lo stesso degli Attori: si esaminava con maggior diligenza i loro talenti, e ci si persuadeva ch’essi riuscir non potessero, che a proporzione della loro industria; e ciò in un tempo nel quale l’approvazione del Pubblico era più certa della loro pecuniaria ricompensa.

Oggidì gli emolumenti, che traggono dal Teatro son sì considerabili, la vostr’autorità è sì debolmente esercitata, che i Poeti e gli Attori non si curano più che del buon esito delle loro rappresentazioni. Li Direttori sono compresi in questo trattato: e purchè venga denaro, lor poco importa se lo devono alla moda od al merito. Intanto i nostri Poeti, senz’affaticare alla coltura del loro genio, si contentano di saccheggiare i loro predecessori, di tradurre alcune cattive Composizioni Francesi, cucendovi qualche pezzo di loro invenzione. A loro esempio, i nostri Attori, poco si curano d’entrare nello spirito del Dramma, e mol-[710]ti d’essi, anche de’più celebri, sdegnano d’imparare la loro Parte a memoria. Non è dunque da stupire se vengono disprezzate le Inglesi Rappresentazioni, e se le canzoni, li divertimenti burleschi, le mascherate, che ne’tempi passati non divertivano che il basso Popolo, facciano al presente le delizie delli più distinti Personaggj.

Non potete che voi, Signori, rimettere in onore il Teatro Inglese; perchè non crediate mai, che nè i Direttori, nè i Poeti, nè gli Attori, vogliano riformare il gusto d’un Uditorio, per quanto depravato egli sia, sin che saranno sicuri di poter contentare la loro pigrizia, e di riuscire con un mezzo sì assurdo, e ridicolo.

Ora sono ad indicarvi i modi che converrebbe impiegare per rendere il nostro Teatro tanto utile quanto lo era una volta; ma in prima conviene instruirvi di certe circostanze, che l’hanno ridotto nell’attuale suo stato.

La vanità delle persone che s’impiegano per il Teatro, siano Poeti od Attori, è sì grande, che supera ogn’altro motivo, fuorchè quello dell’avarizia. L’amor del guadagno è più forte di quello della riputazione, ed allorchè son essi sicuri di piacere senza studio, non è mai da sperare che studino per piacere. Da ciò nacque il costume di tradurre, o di rimettere in Teatro delle cose antiche, e di dare le principali Parti a degli Attori cattivi: il che riesce a profitto de’Direttori, sinchè questa sorta di Poeti e di Attori trovan il loro interesse, od hanno tanta temerità di dare al Pubblico simili Componimenti.

Per rimediare a questi abusi, converrebbe, Signori, che voi indicaste a’Direttori quelli, ch’essi devono rappresentare; perchè non hanno soltanto usurpato il vostro nome, e la vostr’autorità, ma gli Attori medesimi s’usurparono il diritto di decidere, ne’casi dubbiosi, chi di voi o d’essi, esser dovesse il padrone. Una simile condotta meriterebbe il più severo castigo.

Un’altra circostanza, tanto abusiva che la precedente, è l’uso, o l’abuso, che fanno i Direttori continuamente de’Fogli pubblici, per imporre agli abitanti di questa Capitale.

Hanno essi immaginato da poco in quà, un altro espediente per iscuotere la vostr’autorità, e dar del credito alle più spregievoli produzioni; ed è quello di recitare una Farsa, per allettar, come dicono, il Pubblico. Il pretesto è veramente specioso, ma le conseguenze ne sono nocevoli. Il gusto della Gioventù si corrompe a segno, che di due mila persone, appena se ne troverà una in istato di giudicare d’una Rappresentazione Teatrale.

Tocca a Voi, Signori, a rimediare a questi abusi, e impedire, che alla Posterità trasmesse non venghino come celebri Attori, delle persone, ce al più sono degne di allettare la Plebe.

Sono, Signori &c. ◀Lettera/Lettera al direttore ◀Livello 3

Metatestualità► Riserbiamo al Foglio venturo la continuazione di questa materia. Si vedrà maggiormente in appresso quanto male la discorrino certi tali che a caso fanno de’confronti, e s’immaginano delle autorità per condannare il nostro contegno. ◀Metatestualità

Livello 3► Lettera/Lettera al direttore► Amico Pregiatissimo

Padova li 4 Novembre 1789.

Ancor prima di ritrovarmi costì, dalla vostra amena villeggiatura volete essere messo al fatto dell’esito della nostra gran Fiera d’Ottobre per osservare gli utili effetti, che produsse la resistenza nostra nel voler conservare a questa Popolazione i privilegj delle Fiere Franche nonostante, che non vi sieno più Botteghe nell’Isola di questo nuovo Prato?

[711] A dirvi confidentemente il vero sù sì miserabile cosa, che mi vergognavo a rendervene conto, come sapevo d’avervi promesso; ma giacchè mi ricordate l’impegno mio eccomi a servirvi con poca fatica, e colla maggior precisione. Cinque furono i Banchetti dei Tirolesi, non già discesi dalle respettive lor Patrie, franchi dai Dazj a tenor de’Privilegj, onde questi compratori risentissero qualche vantaggio nell’acquisto delle lor telarie germaniche, ma domiciliati nelle Città di Vicenza, di Treviso, ed altre vicine Terre, che portarono quì la lor merce già daziata nell’ingresso a quelle.

Ingannati molti de’nostri, e specialmente ingannate le Donnicciuole per l’opinione, che nel tempo di Fiera si paga meno, ebbero i nostri Marzeri, che vendono le stesse cose a minor prezzo, per non aver eglino a pagare il mezzo Dazio negli ultimi otto giorni, nè esser obbligati a far spese di viaggio, nè da pagare stazj (benchè costoro non abbino voluto pagarli in questa Fiera alla Nobile Presidenza) alloggj &c. a soffrire non poca mortificazione, e discapito nel vedersi abbandonati, come preferiti quegli altri. Portarono via qualche cosa, mentre senza guadagnare non verrebbero alle spalle d’nostri.

Due altri Banchetti s’aggiunsero a quelli, l’uno d’una Donna nostra, che vende Merli da Chiozza, l’altro d’un Banchetto con Orologj col cucco, ed altre ordinarie galanterie.

In confronto d’un tanto decoro, che si mantenne alla Città, si perdettero li trecento Ducati co’quali la Presidenza stessa averebbe potuto soddisfare a’debiti contratti sino dall’escavazione del Canale, e mantenere col restante un Giardiniere che avesse debito di tener netta l’Isola, e di bagnar nel mese di Giugno, e Luglio la strada all’intorno del Canal suddetto; operazione tanto necessaria per richiamare, esclusa la polvere, il concorso di tutti que’Forestieri al Prato, che nel trovarsi sempre più contenti del soggiorno tra noi, recano il maggior de’possibili benefizj ad ogni ordine di Persone.

L’Isola però, mediante la cura del genio suo tutelare, aumenta in bellezza sendosi compiuti già i quaranta Canapè di verdura, innalzate due nuove Guglie, ingrandite le cinque, che v’eran prima, ed allargato un gran pezzo di Marchiapiedi esterno con scalino all’intorno di selce, e trovansi pur in lavoro e Statue, e Vasi, ed altre Guglie, che si godranno nella State ventura.

In questa notte fece una rotta presso il Bassanello con cento piedi d’apertura. Niente altro potrei aggiungervi mentre m’avete messo di mal umore riflettendo sopra la materia, della quale volete sapere, e sulla quale, perdonatemi, vorrete dispensarmi nel tempo avvenire di scrivervi.

Venite qui che potrete parlarne voi stesso a vostro bel agio, e forse non inutilmente. Amatemi, come v’amo, e credetemi sempre vostro Amicissimo

N. N. ◀Lettera/Lettera al direttore ◀Livello 3

La figura d’un Santo titolare d’una di queste nostre Parrocchie dipinta da Paolo Veronese, ora non ha d’intatto che le braccia, le mani, e una porzione di testa, per essersi permesso da’padroni dello stabile, su cui esternamente appariva, un Belvedere che la guastò. Contro di questa concessione fu scritto un elegante e spiritoso Sonetto in Dialetto Veneziano, che non diamo in luce, non per la ragione che ci fece escludere quello della nobil Fanciulla sulla carrozza, ma per altra che ben può immaginarsi chi lo ha composto.

Bastimenti di partenza.

Bergantino Il Plenilunio Cap. Giovanni Premuda Veneto con cannoni 8 e marin. 12. Per Costantinopoli, alli 25 del cor. Novembre.

Checchia la Nobil Andrianna Capit. Giac. Pernesich Veneto con can. 10 e marin. 14. Per Livorno, Genova, e Marsiglia, entro il vent. Decembre.

Checchia Le due Grazie Capit. Cristof. Moretti Veneto con car. 12 e marin. 16. Per Smirne entro il cor. Novembre.

Forastieri a questa Locanda dello Scudo di Francia.

S. E. Il Sig. Conte di Perelada Grande di Spagna con dodici persone di Famiglia.

S. E. il Sig. Principe Caraffa Duca di Matalone colla Moglie, e Servitù.

Il Signor Conte de Lorge Francese con un Domestico.

Il Signor Fhermann di Livorno con sua Moglie e Figlio.

Li Signori Bogher Federico Schauber di Stutgard.

È partito da questo Albergo S. E. il Signor General Herwel Inglese, colla di lui Famiglia.

Savio in Settimana
Per la prossima v.

Mes. Francesco K. e Proc. Morosini.

D’Affittar.

Casa e Bottega nella Contrada di S. Pantaleone situata nel Campiello delle Mosche. Annuo affitto Duc. cor. 36.

Le chiavi sono dal Calegher vicino, e volendo trattare converrà portarsi al Negozio da panni all’Insegna del General in Merceria ddi S. Giuliano.

Quattro luoghi in parte forniti, ad uso di compagnia, in Campo a S. Marina sopra il Caffè col cui Padrone parlerà chi volesse vederli per prenderli ad affitto.

Siccome per sottrarsi a quella conveniente contribuzione assegnata agli articoli tendenti all’altrui interesse, alcuni tentano di prevalersi della nostra grata condiscendenza a’cenni degli Associati a questo Foglio, prendendone il titolo senza nominarsi, così abbiamo deciso di non servire a’Biglietti anonimi: onde se veder voleva stampato il suo dovea sottoscriversi quel tale che lo mandò al Colombani, che riconosciuto per Assocciato non avremmo tardato a soddisfarlo. Ma forse nol fece, perchè non è tale.

Cambj.

6 Novembre.

Lione 57 e mezzo. Parigi 56 e 3 4ti. Roma 63. Napoli 115 e 7 8vi. Livorno 100. Milano 155. Genova 91 e un 4to. Amsterdam 93 e un 4to. Londra 48 e 3 4ti. Augusta 102 e 3 4ti. Vienna 196 e mezzo.

Prezzi delle Biade.

Formento a L. 33. Sorgo Turco L. 17. Segale a L. 21.10 Fag. bianchia L. 23. Miglio a L. 18. Risi da’Duc. 34 12. a 35.

Teatri.

La Tragedia il Fajel si replica S. Gio: Grisostomo. Non è nuovo sulle nostre scene questo forte soggetto gravido di spaventi, e d’orrori. La sola diversità della traduzione non poteva interessare di molto la pubblica curiosità: nondimeno ebbe sufficiente concorso, fu ascoltata con attenzione, e applaudita.

L’altr’jeri a Sant’Angiolo rappresentata fu una nuova Commed. di carattere intitolata Il Conte di Freienof. Dicesi che tradotta sia dal Tedesco. Secondo alcuni fu fortunata, benchè non ebbe neppure una replica, perchè non meritava di giungere al fine. Non avendola udita non possiamo dirne nulla, piegando il capo all’autorità del Pubblico, che la chiamò nojosa, e improbabile.

Questa sera và in iscena a S. Moisè Il Burbero di buon cuore. La Sig. Giuseppa Nettelet, è la nuova donna entrata a vicenda colla prima. Alle prove s’è detto molto bene della Musica, particolarmente del Primo Finale, giudicato un capo d’Opera degl’intendenti.

A S. Luca.

D. Gusmano Replica.

A S. Angiolo.

Non si conta gli anni alle Donne.

A S. Gio: Grisostomo.

Fajel. Replica. ◀Livello 2 ◀Livello 1