Mercordì 21 Ottobre 1789.
Milords dalla
fantasia de’nostri volgari Poeti al comparire in iscena. Pretendono forse questi di cancellare la
turpitudine degl’immaginati caratteri con una capricciosa generosità, che può dirsi piuttosto una
prodigalità condannabile; con un improvviso pentimento stiracchiato, che non si crede, perchè non
apparecchiato da quelle disposizioni d’animo che soglion prometterlo, nè chiamato da que’colpi
fortissimi che verisimilmente possono cagionare un cangiamento di costume anche negli uomini i più
dissoluti e perversi.
Questo error popolare può derivar però da altre cause, o dall’unione di tutte fortificarsi
maggiormente nelle menti ingannate. Dall’ubbriachezza, dalla ferocia nel far alle pugna, de’marinaj,
credono molti di poter avere un’idea generale dell’Inglese Nazione, e ci fanno quel torto, che a noi
farebbe chi volesse fissar il carattere della nostra su’costumi della sua feccia destinata al basso
servizio della marina. Altri poi specchiandosi in certi viaggiatori attaccati dall’anglomania, i
quali hanno sempre il cervello nuotante ne’fumi del vino, le bestemmie sul labbro, l’ateismo nel
cuore, il libertinaggio negli atti, il disprezzo della Religione in tutti i discorsi, credono che
fedeli copie sian questi d’una originale scostumatezza, che si trova bensì in certi individui d’ogni
Popolazione ma certamente non forma il carattere generale d’alcuna, e molto meno dell’Inglese a cui
tanto devono l’arti a le scienze per l’invenzione e raffinamento in quelle, ed in queste per il
maggior lustro, evidenza ed utilità; a cui l’umanità è debitrice di tanti soccorsi, di tante pie
instituzioni, di tante opere d’ospitalità, e nella quale sì frequenti e vivi sono gli esempj delle
più belle morali virtù. Chi legge, o ascolta chi conosce per lunga pratica l’Inghilterra, apre gli
occhi al lume di queste verità: ma chi non prende mai un Libro in mano, e ha per norma de’suoi
giu-
che vive all’Inglese. Riflettasi che trà i capi delle sue accuse uno de’principali era quello
di non rispettare le Feste, e di fare in esse, come per disprezzo, ciò che fanno gli altri ne’giorni
di lavoro, obbligando per forza i suoi dipendenti a secondare le di lui trasgressioni. Sedea pensoso
a quel crocchio un uomo di senno, che visse molt’anni a Londra, e colà forse aveva imparato a dir
molte cose, e poche parole. Egli suole introdursi di rado in que’dialoghi, ma lo scosse una
deffinizione sì ingiusta, e vi si oppose dimostrando, che la domenica è detta in Inghilterra il
giorno del Signore; che vi son leggi positive che proibiscono i lavori, e castigano severamente chi
non le rispetta; citò degli esempj, raccontò de’casi, provò la sua asserzione, e persuase tutti
fuorchè l’ostinato avversario il quale accordar non volle, che il male sia comune a tutti i meglio
regolati Paesi, ma prodotto soltanto dalla caparbietà di certi individui non da mancanza di leggi, o
dalla viziosa loro indulgenza.
Una Signora di quell’adunanza sentir si fece di voler scrivere alla Gazzetta la quale de’costumi
inglesi mostrasi illuminata onde udire che cosa dire ella sappia su questo proposito. Quello che ha
ragione la sollecitò ad eseguir il pensiero, l’altro che ha torto sparse sopr’esso la derisione
dicendo: udiremo qualche bestialità.
bestialità che riportiamo tradotte a
bella posta dalla nostra penna per serbarci il favore di chi ci onora, e per confondere quei che ci
sprezzano.
Moorfields a Londra, per essere stato sorpreso in lavoro una
Domenica. La plebe raccolta intorno a questo sciagurato, durante il tempo del suo supplizio, gli
fece dell’elemosine considerabili. Assicurasi, ch’egli abbia tratto maggior profitto da questo
castigo, che da quattro, o cinque settimane impiegate a far delle barbe.”
Ecco una legge forte in vigore ne’suoi comandi, e ne’suoi castighi: ecco una
Plebe docile, umana, benefica, che da tanti si chiama barbara.
Newcastle contenenti un avvenimento simile in quella
Città.
Il dì 15, ch’era una Domenica due giovinotti si presentarono ad un Parrucchiere nel quartiere di
Smithfield. Dissero d’aver passata la notte in una partita di divertimento, e
sembravano giustificati da un’aria di non innocente languore. Fecero a quel Mastro tutte le
immaginabili instanze, perch’ei vo-
Ecco tra un Popolo generoso e sincero sino ne’suoi stessi vizj, de’vili
traditori, che mettonsi in maschera per sedurre un socio del loro Corpo, e trarre profitto dal suo
castigo. Il clima, e la costituzione non fanno cangiar tempra a certi cuori.
Vi son ancora molti punti su’quali i nostri costumi hanno bisogno d’essere
riformati: eccone uno tra gli altri che merita tutta l’attenzione del Governo. È in moda da qualche
tempo, e particolarmente nel Quartiere della Corte, che i Giovani facciansi tutti i gorni acconciare
il capo, senza eccettuar la Domenica. Esortansi le persone ragionevoli a farsi radere la barba, e a
far pettinar le loro parrucche la sera del Sabbato; e si può rispondere a tutti quelli che non
vorranno seguir questo buon esempio, che per piacere alle donne, non è sempre necessario d’uscir
dalle mani d’un parrucchiere, e ch’hanno esse una stima più reale per una parrucca, o de’capelli mal
pettinati per uno scrupolo ragionevole, che per la più bell’acconciatura, che sia il fruto
dell’inosservanza d’una delle più rispettabili Leggi.
Nothumberland una delle Dame
più distinte dell’Inghilterra accordava il giuoco in sua casa tutte le Domeniche. Un giorno, ch’ella
si ritrovava alla Corte, le disse, che a titolo di grazia aveva a dimandarle un piacere. Penetrata
da tal espressione, ella promisegli di fare ciò che ordinerebbe; e restò sorpresa quando il Re la
pregò di non giuocar più la Domenica nè in casa sua, nè in quella d’altri. Ella sacrificò di buon
grado un piacere ch’erale caro alla soddisfazione di secondare gli primi sforzi che faceva per la
virtù un Re allora giovinetto.
Il Lord capo della Giustizia, giudicò nella Sala di Westminster una causa singolarissima,
ch’entra nel soggetto su cui parliamo. Un delatore voleva far condannare la Dama Sara Compton, perchè aveva passato un mese senz’andare alla Chiesa. Appoggiava la sua dimanda
ad un atto della Regina Elisabetta, che non è stato mai rivocato. Per esso tutti i sudditi
Protestanti, ed eziandio i Cattolici, devon provare, allorchè ne siano richiesti, d’essere stati
almeno una volta nello spazio d’un mese, a qualche Chiesa o Cappella tollerata, altrimenti se sono
in età maggior d’anni sedici son condannati alla pena pecuniaria di venti lire sterline. Il giudizio
fu favorevole alla Dama, perchè si provò, ch’ella era stata ammalata.
Nelle confessioni, che si stampano, di quelli che sono stati giustiziati, si vede sempre che le
prime accuse cominciano dall’aver mancato all’osservanza del giorno del Signore, cioè della
Domenica.”
bestialità, è lo stesso il presentargliene pochi che molti. Le talpe,
ch’odian la luce si lascino pure sotterra.
Una delle più terribili Piene nell’Adige cagionata da un ostinato
Scirocco di molti giorni, accompagnato da pioggie impetuose, che in poco tempo di sciolsero i
ghiaccj dell’invernata, e le nevi recentemente cadute sulle Montagne del Veronese, e del Tirolo,
sparse per tutta questa Provincia la costernazione. Basta aver un idea, anche lontana, della sua
situazione, troppo bassa, e pericolosa in confronto del livello del Fiume, che a forza d’Argini vien
sostenuto per aria, per non prevedere a colpo d’occhio i tristi effetti di una fatalissima Rotta. La
presenza di S. E. Flaminio Corner Nostro Rappresentante, che senza risparmio
di disagi, e fatiche scorrendo l’Argine dell’Adige, e personalmente accorrendo, dove il bisogno lo
richiedeva, confluì moltissimo ad incoraggire con rinforzo di Soldati gli Uffiziali ingegneri
destinati dalla Pubblica Autorità sotto la direzione del Tenente Colonnello Milanovich all’importante custodia della Linea, e ad animare gli Operaj, e le Guardie
all’assiduità dei Lavori, troppo necessaria per impedire possibilmente i rilascj, e riparare, e
difendere le arginature in molte situazioni indebolite dal peso straordinario dell’acque. Il
decrescimento del Fiume, ritornato ora mai nello stato suo naturale, ci lascia in qualche lusinga,
che sia da noi per questa volta allontanato il pericolo di conseguenze funeste, quando per altro,
cessando il fatale Scirocco, stiano lungi le Piene, e possano aver luogo le riparazioni, e difese
occorrenti ai pregiudizj notabili, a cui andarono soggette tutte queste arginature, massime alla
Bocca del Castagnaro, dove maggiore fù il pericolo, e da cui, in caso di una
Rotta, che mostrava di esser imminente, dipendeva l’innondazione e l’eccidio di tutto il
Polesine.
Il Castagnaro per altro detto comunemente Canal bianco
ch’è il maggior diversivo dell’Adige, e che divide in gran parte questa Provincia dallo Stato di
Ferrara, e superiormente dal Veronese, non ha potuto sostenere il gran carico d’acqua, che vi
rovesciò questa spaventosissima Piena. Distrutta con una Rotta fatale la Villa della
Barucchella parte Veneta, e parte Ferrarese con la rovina di quasi tutte
quell’abitazioni, con dissipamento di sostanze, e con perdita di Persone, non sarebbe stato
sicuramente valevole alcun mezzo per impedire l’esterminio totale delle sue fertili Campagne, se
alcune Rotte superiormente seguite, distogliendo fortunatamente quell’acque, non avesse portato in
altre parti lo spavento, e l’orrore. Si farebbe un volume, se far si volesse la descrizione esatta,
e veridica delle disgrazie infinite, che apportò nel Veronese, nel Ferrarese, ed anche in qualche
parte del Polesine l’orribile Piena dell’Adige in questa stagione. Basterà il dire, che a memoria
d’uomini non potendosi ricordarne un’eguale, formerà epoca all’età venture, e noi si possiamo
chiamar fortunati, se così avranno fine, che Iddio lo voglia, le nostre agitazioni.
“Essendo la Società piena di Medici, parte dotti, e veramente grandi, parte sciocchi ed
ignoranti impostori, si domanda con quai segni, e con quai caratteri si possi distinguere fra questi
il Medico sapiente dall’impostore.”
Mara canta eccellentemente, che non ha mai più udita la simile, e
che dalla Corte Reale di Milano, che fu ad udirla, e particolarmente da S. A. R. l’Arciduca
Governatore, riscosse gloriosi applausi. Soggiunge poi, che colà non ritrova altro di raro. Egli è
stato anche a Lodi la cui ultima Recita è seguita domenica 17 cor. ove haano cantato la Signora Giuliani, il Sig. Babbini, ed il Sig. Senesino, e ballato la Sig. Carolina
Pitrot, il Sig. Volcani, e il Sig. Prussia con altri rinomati Grotteschi, e ne fu contentissimo non meno d’un grandissimo numero
di Forastieri, che vi concorsero.
Chi mai detto avrebbe, che Lodi e Codogno, l’una piccola Città, l’altra una Terra note al Mondo
soltanto per la fertilità de’prati che le circondano, e per le fabbriche e commercio del loro
formaggio, aver dovessero un giorno Teatri, e de’Personaggj a servirli della più alta sfera? È vero
che in cotesti piccoli Paesi dopo la loro apertura nuziale i Teatri sogliono restar vedovi, se non
passano ad altre nozze con qualche comica Compagnia, ma sembra che il fanatismo dell’Opere si sia
tra noi più esteso, ed abbia preso maggior fondamento. Crema, Bergamo, Brescia, a’tempi delle loro
Fiere davano una volta degli spettacoli mediocri, o men che mediocri, ora gareggiano colle Capitali,
e chiamano i forastieri da parti lontane. Quando mai ebbe per una stagione nel tempo passato un
Musico mille e seicento zecchini di paga come li ebbe il Signor Pacchierotti
in questa Città? Quando mai mille e quattrocento una donna come li avrà la Signora
Sogliono alcuni volgari falsi zelanti di questa Città declamare rabbiosamente contro il
genio che guida a’Teatri, e quando veggono una piena ripetono: Se fosse da udire
una predica, da intervenire a qualche sacra solennità non ci sarebbe tanta gente. Questo non è
un parlar giusto. Abbiamo un Popolo che và al Teatro, e alla Chiesa, e ad onta della sua grandezza
quella di S. Francesco della Vigna non bastò al numerosissimo concorso per la solennità compiuta
l’altr’jeri, particolarmente ne’due ultimi giorni. S’è chiusa questa secolare funzione con un
solenne Te Deum segnato da festeggianti tiri di mascoli, e dalla benedizione che diede S. E. Monsignor Firao Nunzio
Apostolico a questa Repubblica Serenissima a cui hanno assistito come Diacono il Reverendis. Piovano
di S. Ternita, e come Suddiacono il Reverendis. Cappellano di S. Giustina,
perchè la Chiesa e Convento di S. Francesco della Vigna, a queste due Contrade appartengono.
Dicesi che dal suo Autore M. R. P. Gaetano Belcredi C. R. S. sia stato
regalato il suo Panegirico da lui colà detto nel settimo giorno, a’RR. PP. Francescani, e che questi
lo faranno stampare.
Ora senza freddo godiamo quì d’un Cielo sereno, le acque però son torbide ed alte più del solito ne’periodi del loro innalzamento, e si teme poco durevole questo bene; ma intanto se la godono quei che sono in campagna, e Mestre e Campalto hanno ogni giorno molte compagnie di bassa gente che stimerebbe una mancanza inescusabile il non ubbriacarsi giacchè pagasi il vin buono alla metà di quello che costa il cattivo in questa Città.
Quei che restano a Venezia, o per amore, o per forza, e si dilettano di Teatri avrebbero da
passarsela bene se le novità a cui sono chiamati non servissero quasi tutte ad annojarli, o
irritarli. Sono tra questi a condizione migliore gli amatori delle Commedie dell’arte, che vanno a
Sant’Angiolo, e ridono, e vengono via contenti. Ma gli altri che vogliono cose scritte son pure ad
una trista condizione! Si eccettui il riparo peggior del male commedia
recitata otto sere, e che certamente, ad onta de’suoi difetti, ha meritato il concorso, tutte le
altre nuove Rappresentazioni furono giustamente disapprovate dagl’intelligenti uditori. Ebbero
questi una nuova occasione d’esercitare la loro pazienza, o di frenare la rabbia alla nuova Commedia
posta in iscena a San Gio: Grisostomo la sera di Lunedì intitolata Giron e
Dinan Commed. orig. italiana. Il suo autore è anch’egli uno di quelli che veramente conoscono
le Nazioni, e i loro costumi! Gl’Inglesi di qualità da lui posti in iscena sembrano tanti Calabresi
sguajati, che hanno fatto ridere quelli soltanto, che ridono alle sciocchezze de’zanni. Il finale
dell’atto secondo, in grazia dello sparo d’una pistola, fu replicato. Ebbe più applauso lo strepito
di quell’arma, che tutto l’intreccio, gli accidenti, le agnizioni, il serio, e il ridicolo della
Commedia originale di cui la replica non fu opera d’un’universale richiesta come il cartello ha
detto per burla ad imitazione di quella a S. Luca del Padre servitor di suo
Figlio.
Primo Ottobre. Piel. P. Giac. Bonifacio da Traù con 4 cai oglio.
Pinco Cap. Aniello Caffiero manca da Siracusa e Reggio in Agosto, rac. a sè med. con 50 m. cedri, Cenere cant. 300.
2 detto. Tartanon P. Dom. Tagliapietra dalla Motta di Friul con 400 St segala.
Tartanon P. Vic. Mondaini d’Ancona e Pesaro con 15 sac. polv. di gripola 15 bal.
lana. 2 cassette peri, una cassetta e un fag. grana. 2 cassette divozioni. 2 bar. acciughe. Un
sacchetto frutti secchi, una scat. merci. 3 bal. Libri. Una cassetta stampe, una bot. allume di
fescia, una bal. pel. capretti, un fag. corde da suono. 1500. lib. ferro v.
Nave la Penelope Cap. Lambrino Panà manca da S. Maora il primo Set. e da Ceffalonia li 17. Parc. Sig. And. Panà con 347. mog. di sale, 2 carat. moscato, 2 bar. miel, 3 carat. oglio, 175 fag. uvapassa.
Piel. P. Elia Jancovich da Cattaro con una cassetta di seta. 22. m. e 2 cento lib. Castradina.
1226 pezze form-
7 detto. Piel. P. Franc. Curti dal Cesenatico con 480 St. pignoli colla scorza. 6 m. gesso. 5 m.
solfere, 2 sac. orobi 2 sac. gripola, un involto lume d’otton.
8 detto. Piel. P. Bern. Scarpa da Isola con un calto foglia da tintori, 29 bar. sard. salate.
Bat. P. Dom. Gennaro da Trieste con 24 sac. mandole, e 16 bar. uva da Smirne per Chiozza.
Bat. P. Rocco Vianello da Trieste con 5 m. limoni per Chiozza.
Piel. P. Gius. Padovani da Portogruer con 100 sac. farina, e 250 St. formento.
Brac. P. Ant. Spelich da Trieste con un bar. azzurro, 16 bar. pece ricotta, 10 bar. catrame, una bal. seta, 2 bar. trementina, 4 col. e 2 pacchi tele, una cassetta terlisi, 5 bar. chiodi, 18 colli filo di ferro, una scat. sandaracca, una cassetta porcellana.
Piel. P. Tom. Scarpa da Palma Nova con 200. St. segala, 250 St. vena.
Brac. P. Giac. di Giac. Viezzoli da Trieste con 10 bot. tabacco, 6 bar. chiodi, 2 bal. e un fag. tele. 2 bar. fil di ferro.
Brac. P. Cristof. Spolar da Trieste con 16 bot. tabacco, una bal. lana, 21 bal. Griso, 2 bot.
tamisi. 6 col. tele, una cas. carte geografiche, 2 bar. ottoni, 2 bar. spille, un bar. lime, un bar.
ferramenta. 3 bar. chiodi, 15 fascj ferro, 28 baze fil di ferro.
12 detto. Piel. P. Gius. Maras da Cattaro con 16 m. Castradina, un casson cand. di sevo.
Piel. P. Ant. Pescante da Cervia con 650 St. pignoli colla scorza.
Piel. P. Vic. Voltolina da Pescara con 15 mude Libani. 162 m. cipolle, 250 m. aglio, 6 carat. fescia abbruciata.
13 detto. Piel. P. Nic. Marcinco da Cattaro con 68 Mogliazzi e mastelladi fighi, un cassoncino, una cassetta, e un sacchetto orsojo, 500 pel. boldroni, un sacchetto seta grezza, 2 bar. carne salata.
Brac. P. Franc. Godena da Cattaro con 18 m. Castradina. 1448 pezze formmorlacco.
Piel. P. Olivo Grego da Spalato con 112 bal. lana calcina, 34 bal. lana di capra. 4 bal. gotton,
3 ballette grana, 20 bal. pel. di Lepre, 90 Schiavine, un fag. seta grezza, 23 mazzi cordovani,
montoni bianchi, gialli, e rossi. 2 fag. rame v. 3 bal. corni di cervo. 10 sac. vuoti, 5 cai oglio,
40 mazzi ferro grezzo. 120 mogliazzi e 540 bariletti fighi, 10 rot. rassa, 8 m. strazze (cencj) 3 m. vetro rotto e ferro v.
Piel. P. Gius. Bottolo da Spalato con un fag. seta grezza, 26 bal. cordovani e montoni pel. 5195, 110 schiavinotti da cavallo, 10 colli cera gialla, una bal. pel. di lepre, una bal. cappelletti da panni, 12 pelli chiussoline, 44 bar. zibibbo, 5 cai oglio, 10 cas. cand. di sevo, 2 rot. rassa, 224 mastelladi e mille bariletti fighi, un fag. damaschetto e raso di ritorno.
Battello P. Ales. Vianello da Trieste con 15 m. limoni per Chiozza.
14 detto. Piel. P. Mich. Vianello da Piran con 220 mog. di sale.
Piel. P. Gius. Vianello da Piran con 155 mog. di sale.
(Il resto Sabbato.)
Carissimo Amico.
Vicenza 19 Ottobre 1789.
Vorrei soddisfar il desiderio vostro nella riferta dello spettacolo dato jeri sera da
questi Sigg. ma non ho nè tempo, nè dono di farlo nel modo, che converrebbesi. La magnifica
illuminazione tutta a cere, gli apparati con raffinato gusto, e decoro, l’affluenza della Nobiltà,
de’Cittadini, e civili Persone, che ocuparono l’ampio, e superbo Teatro Olimpico, ed ogni adiacenza,
la profusione, de’rinfreschi, una piena orchestra, tutto formava il più magnifico, e nobile
spettacolo non visibile che in questa sola Città. Il punto però più commovente si fu l’universale
persuasione verso questo N. H. s. Zuanne Pindemonte, a cui fu dedicata sì
nobile Accademia per il sostenuto Carico di Pretore in questa Città con tanto zelo, pazienza,
umanità, giustizia, e prudenza, poichè al presentarsi egli al Teatro fù tale la dimostrazione di
aggradimento, di evviva, e battimano replicati, che trasse a forza le lagrime alli più sensibili, e
giusti. Ebbe moltissimi applausi, e ben meritati l’Eccell. sua Dama consorte, che si attrasse
l’universale affetto per li suoi rari pregj di affabilità, nobiltà, dolcezza, e particolar contegno.
Maggiormente si è manifestata l’universale disposizione ad ogni cenno di ben dovuto elogio al Primo,
ed alla Seconda nelle recitate Poese, e Prose de’più insigni Accademici colli replicati applausi. Si
rifferice per il Paese, che dovendo egli staccarsi prontamente ne potendo retribuire con formalità
conveniente abbia in supplemento fatte dell’estraordinarie elemosine alle Contrade, all’Ospitale,
alla Fabbrica della Madonna di Monte Berrico, alli Prigioni per coprirli di vestiti nella vegnente
stagione d’Inverno, ed altre particolari, che non si accennano. Egli parte con molta gloria, ma con
non inferiori meriti, e con dispiacere di tutti universalmente. Il tempo, che mi occorrerebbe per
descrivere i pregi di sì Nobile, e splendido Signore, e dell’adorabile sua Dama involato mi viene da
estraordinarie occupazioni. Suppliranno però le innumerabili Poesie dedicate, e stampate, ed alcune
orazioni. Addio.
Jersera la Comica Compagnia del Teatro a Sant’Angiolo recitò per la prima volta una Commedia
intitolata La sposa vittima dell’onore, o le nozze mal
augurate. È questo un nuovo parto della fantasia del Sig. Federici Poeta
della suddetta Compagnia. Ebbe degli applausi trà gli atti ed in fine ma non con quella pienezza ed
universalità, che gli abbiano promesso il più felice destino. La recita di questa sera deciderà del
medesimo. Ci manca lo spazio necessario per dare un’idea di questa Composizione, nel Foglio
presente, a’nostri leggitori ch’udita non l’hanno. Per ora non possiamo che consigliarli ad
intervenire alla replica, perchè se troverà argomenti di biasimo non mancheranno però d’averne di
lode e d’ammirazione per un ingegno, che se fosse più economo di produzioni, e avesse agio e tempo
di maturarle, potrebbe far risorgere ne’nostri Teatri il gusto perduto.
Casa in Contrada di San Fantin in Corte Molina. Annuo affitto Ducati correnti 220.
Le chiavi sono nella Casa vicina alla detta Corte.
A S. Angiolo
Replica.
A S. Gio: Grisostomo.
La Dama Demonio &c.
A San Luca.
Giovanni Conte di Barbiano. Trag. mai più rappresentata.