Gazzetta urbana veneta: Num. 68
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Ebene 1
Num. 68.
Mercordì 26 Agosto 1789.
Ebene 2
Cause. All’Eccellentiss. Cons. di 40 C. V. Mane.
Carte Pubbliche. Gl’Illustris. ed
Eccellentis. Signori Sopra Prov. e Prov. alla Sanità, hanno fatto pubblicamente
intendere, con Avviso a stampa de’15 corrente, che il primo giorno del pros. v. Settembre nel Pio
Ospitale degl’Incurabili, s’incomincierà, a favore della Popolazione, una cura generale agl’infetti
di morbo gallico. Tra tutti quelli, che si presenteranno d’ambidue i sessi, se ne sceglieranno
sessanta, cioè trenta uomini, e trenta donne, e tra questi avranno la preferenza li più bisognosi a
tenore delle Sovrane Provvidenze spiegate nel Decreto 2 Maggio 1789. Nel solo giorno ultimo del cor.
mese, Lunedì 31 Agosto, tanto nella mattina dall’ora di Terza, che nel dopo pranzo dalle ore 21, si
esamineranno tutti li ricorrenti, per farne la scelta, e gli accettati verranno, per tutto il tempo
prescritto, senz’alcun loro aggravio, e senza la menoma spesa, mantenuti, e trattati colla maggiore
carità, e vigilanza. Colla data 18 cor. fu l’altr’jeri pubblicato un Proclama del Magistrato alla
Tana di cui ecco il più essenziale paragrafo. Che tutti li Negozianti di Canape Estero, tutti li
costruttori di gomene, e cordaggi, ognuno si sud. che for. non possa adoprar, vendere, lavorar
canapi esteri, se prima grezzi non saran venuti a questa pub. Tana, e dalla stessa sortiti agli
usati metodi delle Legali Bollette, e del pagam. de’pub. Dazj d’entrata, e d’uscita, in pena a chi
diversamente facesse di confiscazione del Canape, Barche su cui viaggiasse, carri, animali, ed altre
più levere pene ad arbitrio della Giustizia, onde sian eseguite le pub. prescrizioni 1647. 17 Gen. e
1760. 11 Set. A’Viaggiatori. La sera d’uno de’pros. sc. giorni trà Marocco e Moggian, un Meditante
pedestre, favorito dal bujo s’attaccò dietro a un Legno che correa quella via; e gli sarebbe
riuscito di slegare il forziere ed impadronirsene se l’avvedutezza del Padrone del medesimo non
avesse rotto il suo disegno. Se in una strada così battuta s’ha a fiare in guardia contro questi
amici de’cavalli, che cercano di minorare la loro fatica, quanta maggior attenzione ci vuole ne’siti
lontani dalla Capitale! I pericoli di questa natura, o quello di perdere ciò che stà dietro i Legni,
scansati verrebbero s’ognuno che viaggia avesse la precauzione di mettere un sonaglio sulle cose che
stannogli a tergo.
Nel penultimo de’suoi gironi S. E. Reverendiss. chiamò al suo
letto tutti i suoi Servitori, a li assicurò d’un generoso perdono di tutte le loro mancanze,
assolvendo dall’obbligo di restituzione quelli che rubato gli avessero. Giovedì della settimana p.
p. al suono di tutte le campane della Città fu esposto il suo corpo imbalsamato, ed ora di terza,
nel salone del Vescovato su alto catafalco in paramento di sacra pompa, con Mitra in capo, calzette,
e scarpe rosse, cappello verde vicino a’piedi, e con un piccolo Cristo d’argento in mano. Gli
ardevano intorno 24. torcie. D’ora in ora cambiavansi, e si succedevano nella recita delle preci
funebri, i membri delle Comunità religiose, e delle pie Contraternite. Gli Accoliti del Duomo
soprantendevano all’illuminazione, e v’eran molti sodati di guardia per impedire, che il gran
concorso non producesse disordini. La sera del Venerdì fu trasportato il cadavere in Duomo col
processionale accompagnamento del clero della Cattedrale, Seminaristi, e Servitù dell’illustre
Defunto. Fu posto su piccol Palco, e gli si diede sepoltura da lì a non molto, perchè l’operazione
d’imbalsamarlo non fu molto bene eseguita, e il caldo della stagione rese più sensibili gli effetti
della mancanza. Seguì nella mattina del Sabbato la funerea funzione a cui assistì ponitificalmente
Monsignor Carenzoni Vescovo di Feltre, che di passaggio a Verona trovavasi. Ottanta ben disposte
torcie illuminavano il palco esequiale ornato dell’episcopa i Insegne. Leggevasi al primo piano
delle latine inscrizioni, e da quattro vasi negli angoli si spargeano intornoi profumi. La cupolla
era sostenuta da otto colonne, e in varj siti l’intrecciata verdura stendeva la sua freschezza. Dopo
il canto musicale della Messa fu recitata in lode dell’estinto Vescovo l’Orazione Latina. Quanto a’
punti del suo Testamento raccolti da discorsi uditi dallo Scrittore della stessa Lettera, non
riferiremo che i più importanti assoggettandoli alla correzione se mai non fossero giusti.
All’Ospit. della Misericordia, per la sua Fabbrica Duc. 500. Avea già disposto di contribuire tal
summa ogn’anno sua vita durante per quest’Opera di pietà. Al Capitolo de’Canonici la copiosa sua
Libreria. A suo Nipote Can. di quella Cattedrale una Carrozza con fornimenti, un anello di diamanti,
400. oncie d’argento lavorato, 500 Duc., lo spoglio d’una camera nobile a piacimento, e tutti gli
abiti da uso. L’avea anche in vita molto beneficato. Al Duomo di Chiozza un Calice, e qualch’altro
capo di valore. Al Duomo di Verona due calici di valore, e qualch’altra cosa. A’due Ecellentissimi
suoi Fratelli cento Duc. per ciascheduno, computando in legato un suo credito di 10 m. Ducati. Al
Sig. Can. Redolsi una corniola guarnita di brillanti. A’suoi Servitori 25 Duc. a testa e lo spoglio
della Biancheria trà loro Erede residuario di tutta la sua facoltà S. E. il Sig. Marco Molin
marito della sua Nipote N. D. Antonia figlia dell’Eccellentissimo Sig. Giuseppe
Morosini di lui Fratello.
Da un’altra della medesima data sappiamo, che quella già terminata Fiera fu brillantissima, e
che v’ebbe un gran concorso di carrozze della più splendida magnificenza. Lo Scrittore della
medesima, che nulla perde di vista, ci vuole avvisati, che anche in quest’anno fu copioso il numero
delle galanti Avventuriere, ch’ora sono passate a Bergamo a trafficare i lor vezzi con que’giovani
da buon tempo. Ratificansi in questa le triste notizie contenute nella prima. Il suicidio dell’Abb.
Morosi avvenne in uno degli ultimi giorni di Fiera. La finestra da cui gittossi era ben alta da
terra. I di lui Fratelli mercanti si trovavano in Fiera. Quello del Nob. sig. Ales. Emigli è
successo il dì 17. Ma in questa seconda relazione si dice, che non era morto, e dava segni di
potersi ricuperare. Per tutto siamo alla stessa condizione nella discordia de’racconti su’fatti più
prossimi. Da mille bocche s’è quì divulgata l’uccisione del gondoliero riferita nel precedente
Foglio, ed ora si sà, che fu ferito soltanto, e guarirà. Quanto al fatto di Bagnolo
così in questa lettera viene descritto. Una truppa di birri da campagna si portò in quella terra la
domenica de’16 cor. Entrarono furibondi costoro nell’Osteria, e senza profferir parola, a forza di
fiancare tolsero la vita ad un povero villano, che là trovavasi, e maltrattarono orribilmente gli
altri ch’erano seco lui. Se quegli empj non fuggivano a volo sarebbero rimasti uccisi dagli uomini
armati di quel Comune, che s’adunò furiosamente per vendicare l’estinto suo Confratello. Alcuni di
questi scellerati si sono sottratti al braccio della Giustizia, altri si trovano nelle sue forze. Li
staccamenti di Cavalleria spediti giornalmente nel Territorio, impediscono a que’ribaldi i soliti
patti d’armi; e la rabbia di non poter approfittare tanto il ecitamente li conduce a simili eccessi.
Così è detto in questo secondo Foglio. Compresa ne’Cinque Amici a’quali in assocciazione addirizzasi
questo Foglio a Bovolenta, la spiritosa Signora, che da quel Paese ha cominciato ad iscriverci,
esige coll’ammirazione nostra la nostra riverente riconoscenza. Ella ci fa sapere con Lettera
graziosissima de’21 cor. che li Pifferisti-fuoco-sprianti l’hanno finalmente perdonata al povero
Cifuentes; che fortunatamente siamo noi pure col Traduttore compresi nel Decreto d’Assoluzione, e
che all’altrui eloquenza è riuscito di calmarli valer facendo la decisione dell’Accademia di Parigi.
Cotesti Signori saranno paghi tra poco di vedere su questi Fogli una Risposta all’opuscolo
fulminatore del prediletto loro stromento, che promessa ci venne da Brescia. Così se mancò ad essi
arte, ingegno, e ragione da difenderlo, si faran forti co’capitali degli altri.
Alle ore 21 del giorno 31 del cor. nel Seminario Patriarcale di Murano avrà principio
un’Accademia Problematica, solita a darsi ogni biennio, sotto la direzione del Sig. Ab. D. Ang. Dal
Mistro. Daremo nella settimana v. il disegno di essa, gli argomenti delle composizioni, e i nomi
de’recitanti. Paragrafo di Lettera di Verona del 19. corrente.
Avvertimento. Giorni sono ebbe ad impazzire un cliente a ritrovare certo Avvocato, che cambiò
d’abitazione. Un articolo costante del Giornale di Parigi è il Changement de domicile. Come s’avvia
poco a poco quello de’stabili d’affittare così dovrebbesi introdurre anche questo, che in una
Capitale è sempre comodo, utile e necessario.
20 Agosto 1789.
Il dì 5 Gennajo 1781 fu stesa Scrittura di compagnia trà il Cap. Giov. Millin, ed il Cap. Giov. Zerman, per la Nave La Madonna del SS. Rosario &c. comandata dal sud. Millin. Essendo questo creditore dal sunnominato suo Compagno, di varie summe dipendenti da tale unione di traffico, seguirono a suo favore varj Atti giudiziarj contro di lui. Absentatosi il Zerman lasciò in questa Città un suo Procuratore. Praticata intanto dalla di lui Moglie assicurazione della sua dote, s’è segnato un accordo nel 1785 ai 14 Decembre in cui venne stabilito il modo di cautare colla dote medesima il credito del Millin. Ha questo creduto, che necessarie gli fossero le Carte riguardanti le commissioni date dal Zerman al suo Procuratore, e perciò il dì 2 Feb. 1785 fece comandamento al detto Procuratore, perchè presentarle dovesse. Rispose il Procuratore di non avere le ricercate carte, perchè sempre rimaste nelle mani d’Emanuelle Jacur, offerendosi a sostenerlo con giuramento, come fece nel giorno 17 Febbraro dinanzi alla Giustizia. Rilevato ciò dal Millin si rivolse egli con altro comandamento all’Jacur ingiungendogli di dover presentare le carte ennunziate nel giuramento del Procuratore. Si lasciò il Jacur praticare tutti li Comandamenti successivi al primo, poi presentò in risposta una sola Lettera del Zerman esibendo il suo giuramento di non avere altre carte di sua ragione. Ma insistendo il Millin con progressivi Comandamenti, furono questi appellati dall’Jacur rendendo soggetta tal pendenza all’Eccellentissimo Cons. di 40. In corso della medesima si pensò il Jacur d’impugnare con citazione per intromissione al Mag. Illustriss. dell’Avvogaria, il giuramento prestato dal Proc. del Zerman. Credettero il Cap. Millin, e la Moglie del Zerman, che impetrati avevano li Comandamenti contro il Jacur, che tal direzione offendesse la Pendenza vertente al Cons. di 40, e per ciò fecero comandamento degli Eccellentiss. Capi all’Jacur, perchè rimovesse le novità lesive detta Pendenza. Impugnato in parte & partibus tal comandamento dall’Jacur seguì spedizione absente a favore del Millin, e della Signora Zerman che lo confermava, la quale appellata dall’Jacur fu tagliata con Spazzo P. A. della Quarantia C. N. 19 Agosto 1788. Usato da essa e dal Millin il Pristino fu contestata la confermazione, sostenendo che se il Jacur voleva impugnare il giuramento del Procuratore del Zerman, dovesse procedere per via di querela di falsità; e nata una spedizione a favore delli stessi, fu questa con Spazzo di Laudo P. A. confermata. Tale Spazzo decise, che stante la Pendenza al Taglio delli comandamenti praticati all’Jacur, e da esso appellati, dovesse lo stesso rimuovere gli Atti praticati all’Avvogaria contro il giuramento prestato dal Procuratore del Zerman, lasciando vergine la Pendenza sopra tali comandamenti. Tal Pendenza fu nel giorno anzidetto decisa con Spazzo di Laudo a favore del Cap. Millin, e della Signora Zerman con cui furono laudati i comandamenti fatti all’Jacur per la presentazione delle carte indicate nel giuramento del Procuratore del Zerman. Avvocati al Taglio per il Jacur Ecc. Giamb. Cromer, e c. Gius. Alcaini. Interrut. Facchini, Interv. Passagnoli. Al Laudo per il Millin e Sig. Zerman. Ecc. Orlandi e Nic. Sola. Interv. Tom. Galleran. Voti. Al Taglio 12 al Laudo † 16 n. s. o. Proseguimento e fine della Lettera sospesa nel precedente Foglio.Ebene 3
Brief/Leserbrief
Egli è impossibile di numerare tutte le follie, che la ridicola
passion per la Musica fa fare a mia Moglie. Il suo culto per quest’Arte le ne fa adorar i Maestri.
Allorchè si recita per conto d’un Virtuoso, ella s’interessa più ad inviare i suoi amici allo
spettacolo, di quel che farebbe se i denari entrar dovessero nella sua tasca. Non la perdona mai a
quei, che non prendono i suoi biglietti, e perchè non le riesce d’impegnarmi a secondare le sue
premure, mi mangia gli occhi qualora concorro a qualch’assocciazione per contribuire alla
sussistenza di certi poveri Autori, che si lambiccano a tavolino il cervello. Io non leggo mai, non
sò se le loro Opere sieno buone, o cattive, ma tra le spese superflue mi par che qualche zecchino
sia meglio impiegato a sollievo d’un uomo di Lettere, che ad accrescere l’opulenza, o a saziare i
vizj di questa sorta di Virtuosi. Appena ne capita alcuno in questa Città può egli contare d’aver
una posata alla mia tavola: nelle dispute di Teatro, ella prende vivamente partito, ed un buon
Patriota non è più agitato quando vede in pericolo la sua Nazione, di quello ch’ella lo sia allorchè
uno spettacolo da lei protetto minaccia rovina, o uno de’favoriti suoi Personaggj sia
in ira dle Pubblico. Quando siamo soli, in luogo di tenermi un’aggradevole compagnia, ella non fa
che gorgheggiare qualche passaggio, o discorrere sull’eloquenza della Musica, o col mezzo di quel
maledetto tasto miagolare, sfiatarsi, e stordirmi con de’suoni più ingratiche quelli delle nostre
cantatrici da strada. Di qual rimedio mi consigliate servirmi, Sig. Gazzettiere, per guarire mia
Moglie da questo musicale delirio? Ho qualche idea di tenere in casa mia un’Accademia burlesca
composta di trombe marine, di carrettoni, di pive, e d’altri stromenti di questa forza,
ch’eseguiranno delle arie da strada nel tempo stesso, ch’ella terrà il suo concreto. Essendo io,
lode al Cielo, provveduto d’una voce delle più discordanti, e delle più rauche, intuonerò qualche
Canzone da Nave, tutte le volte, ch’ella mi regalerà le sue melodie. Se tutto ciò non varrà nulla
imparerò a batter il tamburo, o a suonar la cornetta; e se finalmente non potrò vincerla a forza di
romore, sono decisamente risolto di chiudere la mia porta a tutti i suoi Virtuosi, e fracassare il
suo gravicembalo. Ma oh Dio! sarebbe questo un venire a delle terribili estremità, ch’io vorrei
evitare. Non ho precisamente dell’avversione per la Musica, ma non vorrei consecrarvi tutti i miei
momenti. Non odio nemmeno la compagnia; ma non mi piace di convertire la mia Casa in Teatro ove i
due sessi radunansi per delle bagatelle tanto ridicole. Sarei troppo felice se potessi inspirare a
mia Moglie qualch’altro gusto diverso: ma lo veggo molto difficile, perchè sebbene io abbia detto,
ch’ella contrasse la sua malattia a Venezia nell’Autunno dell’anno scorso, non è per ciò che da
molto tempo non avesse dati segni di quella frenesia, che costì giunse poi al suo colmo, e me la
ridusse qual’è al presente. Anzi debbo soggiungervi, che alcuna delle azioni da me descritte
dinotanti il di lei carattere, m’hanno inquietato prim’ancora ch’ella udisse Pacchierotti, Babbini,
e la Banti: onde questa è pazzia invecchiata. Turbare così la mia tranquillità con dell’armonia egli
è un farmi morir dal solletico. Profonder tant’oro a favore di questi scioperati, gli è un cambiar i
miei beni con de’suoni, e canti, che si perdono in aria. Vorrei un pò di gusto, che mi approssimasse
a quel di mia Moglie, o che alcuno liberarla potesse dal suo, perchè siamo una Coppia mal attaccata,
e quantunque obbligati a concretar insieme, non v’ha tra noi la menoma armonia. G. O. F.
Metatextualität
La conoscenza del nostro stile farà credere, che i lamenti di questo
Marito siano di pura invenzione. Noi non possiamo assicurar del contrario, nè rispondere della loro
veracità. Possiamo bensì protestare d’aver ricevuta la riportata Lettera in cui usammo dell’ampla
libertà accordataci dal suo Autore, quanto al cangiamento delle parole. Se non è ideata la sua
disgrazia, è impossibile, che sua Moglie voglia lasciare senza difesa il pubblico processo fatto al
musicale suo genio. Devesi per ciò aspettare qualche risposta, che verifichi il caso, e poi
consigliare chi si raccomanda alla perizia de’maritati.
Ebene 3
Scampi.
Exemplum
Tredici o
quattordici Zingane, erano da alcuni mesi chiuse a Treviso sopra l’Arco della Porta di S. Tommaso in
quello spazio che riceve lume da alcuni fori, e loro servì di prigione. Divise da’loro Compagni
co’quali furono catturate non lasciarono per molto tempo di vivere in istrepitosa allegrezza,
assordando i passeggieri per qualche offerta, e facendo ballare inanzi ad asse le bisaccine
chiedenti appese alle funicelle, come vediamo nella stretta via di queste Prigioni. Non dobbiamo
stupire, se nelle carceri stesse, ch’esser dovrebbero il centro del silenzio, dell’orrore, della
tristezza, regni talvolta la giocondità, e l’allegria. I canti, i suoni, le risate, gli
amoreggiamenti divisi d’grossi ferri, passando dal ponte della paglia, ci avvisano, che le chiuse
sgualdrine, e i malviventi separate da esse, vivono alla spensierata come se fossero in un
burchiello da viaggio, o radunati ad un’Osteria.1 Ma per quanto si faccia virtù della necessità, e la compagnia distragga dalla
melanconia, che naturalmente inspira questi luoghi di miseria, l’amore di libertà non lascia però
d’acuire l’ingegno a chi l’ha perduta; e le nostre Zingane hanno saputo meditar ed eseguire una fuga
nella notte dello scorso Giovedì, mediante una fune per la quale calarono. Si tennero chiuse le
Porte della Città qualch’ora più del solito la mattina del Venerdì colla speranza, che
discendendo avesser messo piede a terra dentro le mura, ma non furon esse sì sciocche; avvezze alla
vita errante, alle rapine, a’castighi, e probabilmente ad altre fughe, presero le loro misure
giuste, e convenevoli, per rigodere di quella libertà, ch’è sempra fatale a’poveri Contadini il cui
pollame vien decimato da questi vagabondi rapaci.
Ebene 3
La forza del Sangue.
Exemplum
Un Cavaliere d’una suddita Città di questo Stato venne a contesa con un Nob. Canonico della
Cattedrale, e fu, o pretese di essere rimasto verbalmente sopraffatto ed offeso. Qualche
reserendario avrà probabilmente poste le frangie del suo alla narrativa del fatto, onde fu penetrato
dal più vivo risentimento un Fratello del Cav. sud. e concepì il pensiero di vendicarlo, quantunque
da alcuni anni gli animi loro inaspriti fossero da fraterne contese. Corse questi in traccia del
Canonico, lo ritrovò, snudò la spada, e misesi in atto di ferirlo. Un petto sacro, le vesti
sacerdotali non sono sempre un forte scudo contro l’umano furore: ha egli dovuto salvarsi fuggendo.
Sopravvene in quel punto un di lui Fratello che prese la sua difesa, e s’avventò a spada tratta
contro l’assalitore. Il duello per Proccura sarebbe formalmente seguito, se l’interposizione
opportuna de’loro comuni Amici non avesse fatto terminar quella scena senza spargimento di sangue.
In Senato. 14. cor.
Prod. Sopra Ogli. m. 24 s. Niccolò Venier. Soprant. alle Decime Clero. m. 24 s. Ant. Cappello 1mo.20. detto.
Agg. Oti & arg. in Zecca. m. 6 s. Stef. Valmarana. 2 Gov. di Nave. s. Andrea Moro. s. Silv. Dandolo. In M. C. 23 detto. Pod. a Loreo. m. 17 s. Lucio Ant. Balbi q. Daniel Fin. s. Vic. Corner di s. Ang. Pod. a Portole. m. 32 s. Alv. Corner di s. Ang. Fin. s. Ales. Bon di s. Nic. Cam. e Cast. a Liesina m. 24 di Suppositi. s. Leon. Pisani di s. Ant. Prov. Sopra Camere. m. 16 Ris. di s. Leon. Correr. s. Zuanne Ponte q. Lor. 3zo. 6 Del Cons. di Pregadi. s. M. A. Mocenigo K. q. Serenis. s. Lor. Memmo q. Pietro C. di X. s. Giamb. Contarini q. Sim. Proc. s. Giac. Diedo q. Bertucci. s. Iseppo Albrizzi. s. Ben. Marcello 2do. q. Vet. 2 dell’Ec. Cons. di X. s. Lorenzo Memmo. s. Giacomo Boldù.Metatextualität
Per error di numero s’è dato nel precedente Foglio al desunto Monsignor
Vescovo Morosini l’età d’anni 80 quando non era che di 70. Da una Lettera altrui diretta abbiamo
ricavate le notizie seguenti.
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Brief/Leserbrief
Sig. Gazzettiere. Brescia 23. Agosto. Scorgendo rallentate
nella sua Gazzetta le notizie di Brescia, tollerar non posso, che ne passino alcune in silenzio.
Quelli che concorsero a descriverle minutamente li Spettacoli Teatrali, e le maraviglie, ommisero il
racconto di due casi lugubri successi nel corso di essa. L’Abbate S. . . . . Morosi, stanco forse di
vivere, o come alcuni vogliono riscaldato la fantasia, il giorno . . . . dopo pranzo alzatosi dal
letto, e vestitosi s’affacciò a una finestra di sua casa, ove fatta picciola riflessiva dimora,
precipitò da essa stramazzando miseramente in istrada. Ancora semivivo venne egli raccolto, ma dopo
brevi momenti dovette soccombere. Questo fatto fù seguito d’altro, dopo alcuni giorni. Il Nobile
Sig. . . . Emiglio nel dopo pranzo alzatosi anch’egli dal letto così in camiscia com’era, gettosi
dalla finestra, e restò morto sulla caduta. Toccante l’affare seguito in Bagnolo con la squadra di
campagna, nulla le accenno, persuaso che una simile relazione le sarà forse giunta per molte parti.
Quì si continua a godere di una perfetta tranquillità; Continua la pioggia tratto, tratto, ad
irrigare le nostre fertili, e bellissime campagne, perciò sperasi, anche nei Minuti, e Vino una
copiosa raccolta. Li Monopoli però di questi Sensali, e Mercanti di Biade anche nel mezzo
dell’abbondanza, tentano infantarci una carestia. Co’loro illeciti contratti, e divulgazioni, fanno
rialzare considerabilmente i prezzi del frumento. Confidiamo non pertanto nel vigil’occhio del
nostro amorosissimo Rettore, che saprà finalmente reprimere, e punire l’avidità, e malizia di
costoro, ch’usano sì impunemente della fraude con grave danno della povertà. Li cinque rei
dell’infame trattamento praticato alla nota donna di Manerbio, e ch’esistevano detenuti in queste
carceri, furono jeri (per effetto di Clemenza) licenziati dalle medesime, però con la riserva del
pro nunc. Veggonsi esposti li Manifesti per la vicina Corsa de’Fantini a Cavallo. Del buon ordine di
questa, mi darò al momento il piacere di ragguagliarla. Sono intanto ec.
Da un’altra della medesima data sappiamo, che quella già terminata Fiera fu brillantissima, e
che v’ebbe un gran concorso di carrozze della più splendida magnificenza. Lo Scrittore della
medesima, che nulla perde di vista, ci vuole avvisati, che anche in quest’anno fu copioso il numero
delle galanti Avventuriere, ch’ora sono passate a Bergamo a trafficare i lor vezzi con que’giovani
da buon tempo. Ratificansi in questa le triste notizie contenute nella prima. Il suicidio dell’Abb.
Morosi avvenne in uno degli ultimi giorni di Fiera. La finestra da cui gittossi era ben alta da
terra. I di lui Fratelli mercanti si trovavano in Fiera. Quello del Nob. sig. Ales. Emigli è
successo il dì 17. Ma in questa seconda relazione si dice, che non era morto, e dava segni di
potersi ricuperare. Per tutto siamo alla stessa condizione nella discordia de’racconti su’fatti più
prossimi. Da mille bocche s’è quì divulgata l’uccisione del gondoliero riferita nel precedente
Foglio, ed ora si sà, che fu ferito soltanto, e guarirà. Quanto al fatto di Bagnolo
così in questa lettera viene descritto. Una truppa di birri da campagna si portò in quella terra la
domenica de’16 cor. Entrarono furibondi costoro nell’Osteria, e senza profferir parola, a forza di
fiancare tolsero la vita ad un povero villano, che là trovavasi, e maltrattarono orribilmente gli
altri ch’erano seco lui. Se quegli empj non fuggivano a volo sarebbero rimasti uccisi dagli uomini
armati di quel Comune, che s’adunò furiosamente per vendicare l’estinto suo Confratello. Alcuni di
questi scellerati si sono sottratti al braccio della Giustizia, altri si trovano nelle sue forze. Li
staccamenti di Cavalleria spediti giornalmente nel Territorio, impediscono a que’ribaldi i soliti
patti d’armi; e la rabbia di non poter approfittare tanto il ecitamente li conduce a simili eccessi.
Così è detto in questo secondo Foglio. Compresa ne’Cinque Amici a’quali in assocciazione addirizzasi
questo Foglio a Bovolenta, la spiritosa Signora, che da quel Paese ha cominciato ad iscriverci,
esige coll’ammirazione nostra la nostra riverente riconoscenza. Ella ci fa sapere con Lettera
graziosissima de’21 cor. che li Pifferisti-fuoco-sprianti l’hanno finalmente perdonata al povero
Cifuentes; che fortunatamente siamo noi pure col Traduttore compresi nel Decreto d’Assoluzione, e
che all’altrui eloquenza è riuscito di calmarli valer facendo la decisione dell’Accademia di Parigi.
Cotesti Signori saranno paghi tra poco di vedere su questi Fogli una Risposta all’opuscolo
fulminatore del prediletto loro stromento, che promessa ci venne da Brescia. Così se mancò ad essi
arte, ingegno, e ragione da difenderlo, si faran forti co’capitali degli altri. Ebene 3
Brief/Leserbrief
Sig. Gazzettiere. Brescia 23. Agosto.
Metatextualität
Ad instruzione salutare riportiamo l’ultimo paragrafo della Lettera scrittaci dalla
prefata gentilissima anonima.
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Brief/Leserbrief
“La Moglie d’un Agente volendo prendere una dose di seme santo, prese
in cambio una porzione di polvere corrosiva venefica, che per accidente trovossi nel recipiente
medesimo. Ben presto sperimentò gli effetti tutti del veleno, ma il Medico giunto opportunamente, e
tutto impiegando l’arte sua la trasse con felicità di pericolo. La vostra Gazzetta pubblicando un
tal caso potrebbe render più cauto taluno, che per inavvertenza può restar vittima di un facile
equivoco.”
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Brief/Leserbrief
“Martedì sera in un sito che si chiama Pressacco Territ. Veronese
successero due omicidj in quell’Osteria, ove dicesi che si facesse Festa di Ballo. Restaron morti il
Sig. Conte Lelci Zanchi Veronese, ed un certo Franchi uomo di campagna affittuale della Famiglia P.
V. Ottolini.
1 Questo chiasso non è proprio però, che delle ree persone avvezze alla carcere, che ci vanno, e ritornano come ad un domicilio eretto per esse.