Antonio
Curti Stampator Veneto. È uscito il primo volume delle Opere del d’Aguesseau tradotte per la prima
volta in Italiano. Quest’Edizione ora che è cominciata sarà anche compita col pubblicarsene
costantemente un tomo al mese. Del merito di quest’Opere è superfluo il parlarne, mentre sebbene
pochi le abbiano (perchè in francese costano intorno a 20 zecchini); pure non v’ha Letterato che non
le conosca, e in un non le stimi. Poche Produzioni al certo interessano al pari di queste il bene
universale della Società, e chiaramente il conobbe Luigi XV. il quale nel privilegio concesso agli
Editori di Parigi le chiama “Preziosi monumenti della virtù, e della sapienza di uno de’più gran
Maestrati che abbia avuto la Francia, nel quale la bellezza dell’animo, l’elevazione del genio,
l’estensione delle cognizioni concorrevano a formare quella vera e sublime eloquenza, egualmente
propria a sviluppare i gran principj in ogni genere di Legislazione, che ad inspirare la stima, e
l’amore della virtù.” Ciò che le rende vieppiù pregiabili si è che esse risguardano infinite classi
di persone, Uomini di Magistratura nati o per formar Leggi, o per giudicarne, Ministri di Stato,
Giureperiti civili ed Ecclessiastici, Avvodati, e sacri Oratori. Lungo sarebbe l’entrare in una
distinta analisi di tutte le opere del d’Aguesseau; basti il dire che questo così sublime Genio fu
Avvocato del Re al Castelletto, Avvocato Generale, Procurator Generale, e che finalmente sulla sola
fama della sua virtù e del suo sapere fu eletto Cancelliere di Francia prima dignità del Regno,
impieghi nei quali superò la pubblica aspettazione. Egli regnò coll’Eloquenza nel Foro, e con la
Ragione nel Senato. Chiunque voglia esercitarsi nell’Avvocatura avrà nelle Aringhe del d’Aguesseau
un modello di quella vera eloquenza che convince l’intelletto, e persuade il cuore. Non diffondesi
egli in lunghi e stucchevoli esordj, ma viene tosto al fatto, nè lascia mai di vista il soggetto che
imprende a trattare. S’insinua così soavemente nell’animo dell’uditore che il volge ove più gli
torna in acconcio. E ciò che maggiormente sorprende si è che anche nelle questioni più difficili del
jus con una catena secreta di proposizioni egualmente semplici ed evidenti conduce lo
spirito da verità in verità così che chi l’ascolta s’accorge con grata sorpresa in vedere che il
semplice metodo ha servito di prova, e che il solo ordine ha prodotto il convincimento. Il suo stile
è sempre bello tuttochè vario; dove è alto e sublime come negli esordj, ed in que’luoghi che la
materia il comporta; semplice e naturale nelle narrazioni, e talvolta florido di quella tintura
poetica, onde il N. A. ne sparge alcune sue immagini senza però mai oltrepassare i confini di
un’Oratore. Ma egli non fu meno gran Maestrato di quello si fosse eccellente Oratore. Come
Procurator Generale seppe essere il difensore del regio patrimonio, mostrandosi nel tempo stesso
l’amico della Nazione, ed il vero Cittadino. Aveva le più estese viste ne’nuovi piani sulle imposte.
Si manifestò appieno la sua bell’anima nei mezzi da lui posti in opera onde prevenire le pubbliche
calamità. Quanto poi fosse utile nell’importantissimo carico di Cancelliere, la Francia che fu
testimonio de’beni che risentì ne esibisce prove le più luminose. Era il Consiglier del Sovrano
negli affari di Commercio, di Legislazione, di Politica. In mezzo a sì gravi occupazioni seppe
distinguersi in molti generi di Letteratura; del che basti per prova che veniva consultato non solo
dai Letterati della Francia ma anche da quelli delle straniere Nazioni; ed ebbe pur parte alla
riforma del Calendario dell’Inghilterra. I Racines, ed i Boileaux facevansi un pregio della lui
amicizia. Ma il pubblico solenne giudizio che l’Accademia di Parigi ne pronunziò decretandogli
l’onore d’un elogio, cui fa eco la colta Europa, dimostra che non debbono considerarsi tra le comuni
le lodi attribuite alle Opere del d’Aguesseau. Il primo tomo oltre un discorso preliminare, e la
vita dell’Autore, e l’elogio fattogli dal Sig. Thomas che riportò il premio dell’Accademia Francese,
contiene tre discorsi recitati nell’Apertura del Parlamento avanti l’Ordine degli Avvocati, dai
quali si può dedurre quanto il d’Aguesseau fosse vero Oratore; perchè mentre in essi dà alcune leggi
sull’arte Oratoria che potrebbero servire di supplemento ai Trattati di Cicerone e di Quintiliano le
adempisce egli sì perfettamente che forma tre pezzi della più sublime, e solida eloquenza. Contiene
in oltre N. 19. Mercuriali, che sono quelle nobili e delicate censure ch’egli faceva come Avvocato
Generale, e come Procurator Generale; le quali sarebbe desiderabile che fossero lette da tutti
que’che decidono del destino degli uomini; perciocchè non v’ha Libro che con maggior forza presenti
nel loro aspetto i vizi, ed i difetti dell’Uomo di Magistratura, e ne inspiri il loro abborrimento,
persuadendo nel tempo stesso colla maniera più insinuante all’adempimento de’proprj doveri, ed
all’amore della virtù. Della traduzione poi, ora che il tomo è uscito, ne giudicherà il Pubblico. In
uno de’tomi susseguenti si darà il Catalogo de’Sigg. Associati. L’intera raccolta sarà di 20 tomi
circa in 8vo. Ogni tomo di pag. 320. almeno costerà L. 4. venete. Le spese di porto saranno a carico
de’Sigg. Associati. Chi volesse associarsi potrà darsi in nota col suo nome, cognome, e titoli ai
dispensatori del presente manifesto, o dirigersi quì in Venezia al Sig. Antonio Curti, Librajo in
Merceria di S. Giuliano, e nell’altre città a’primarj Libraj. Da Brescia 16. Agosto 1789.
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Brief/Leserbrief
“Giovedì 13. corrente si diede un Accademia letteraria delle Scuole
Mauri. L’Accademia consisteva in precetti di Lingua italiana, di Rettorica, di Poesia, ed altre
simili materie. Vi erano alcune favole di Fedro, ed alcuni paragrafi di Catechismo da spiegarsi dai
Giovani, che ne sapevano eccellentemente a memoria la costruzione, e l’Italiano. Perchè non
intrecciarvi qualche lettera di Cicerone, e qualche pezzo dei Commentarj di Cesare? Il libretto
sarebbe riuscito più grande. Il Sonetto di deica del Sig. Ab. Gava, a mio credere, è buono. I Genj poetici potranno giudicarne meglio di me. Io lo trascrivo.
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L’Eloquenza.
Sonetto.
Quando dei boschi fra il nativo orrore traeva
l’uom vita selvaggia, e incolta, qual foco in dura selce, in lui sepolta l’arte giacea di esper sul
labbro il cuore: E a non poter nell’alto suo stupore, che questa gl’imprimea stellata Volta
spiegarla brama, che avea in seno accolta, vivea infelice i lunghi giorni, e l’ore. Ma dura al fin
necessità fu quella, che il cuor gli scosse, e sviluppolle, e ottenne di unir l’anima, e il labbro
alla favella. L’uom poi scelse, librò, compose, e ognora donò forza ai pensieri, e al fin
divenne . . . . . . divenne l’uomo più felice allora? Mi sembra che l’Eloquenza sia
caratterizzata. Mi piacque poi sommamente una sua Egloga, che si recitò in fine per ringraziamento.
Essa era piena di spirito, e bene espressa, si tamen caecus potest judicare de Coloribus. Ma mi
perdoni il Sig. Ab. Gava. Egli sa poco bene ammaestrare i Recitanti, o i Recitanti non hanno saputo
approfittarsene delle sue lezioni: massime il Sonetto non si capì se non quando si lesse. La fu poi
bella colle interrogazioni. Pareva una guerra. Alle volte domandavano 4., o 5. tutti insieme, e la
vinceva chi avea più voce. Un Frate facendo sempre le sue domande con distici estemporanei concorse
all’onore dei recitanti. Un Abbatino recitò un Sonetto in lode dell’Accademia, che fu buono. In
somma si può da questo raccogliere, che tuttavia se ci fu del cattivo, ci fu anche del buono, e in
quest’anno fu la migliore di tutte.” Sono ec.
Lettera a Noi.
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Brief/Leserbrief
Signore, mia Moglie è pazza, o piuttosto frenetica; e s voi non
prescrivete qualche rimedio per la strana passione da cui è dominata, bisogna ch’io rinunzj per
sempre ad ogni riposo, e che mi aspetti di verdermi [sic.] totalmente rovinato. Sappiate dunque,
ch’essa è attaccata da una malattia direttamente opposta a quella della morsura della tarantola, che
si dice non possa essere guarita che dalla musica. Voi usate di dar luogo ne’vostri scritti, agli
avvertimenti che son utili alg’Impresarj, onorevoli a’Virtuosi, e comodi a’dilettanti di Musica; ma
non lasciate però di prestarvi a’lamenti degli Sposi, e dovete prendere in considerazione anche i
miei, permettendomi di comunicare al Pubblico ciò che cagiona le nostre differenze domestiche. Una
maledetta lite di cui non conosco che la mia ragione, e della quale non vedranno forse la decisione,
che i miei Eredi, mi ha condotto a Venezia nell’Autunno dell’anno scorso, ove la mia Sposa
soggiacque a’primi attacchi della sua malattia: cioè una violenta passione per ciò nomasi il tasto.
Di là venne la sua smania insaziabile per ogni musicale composizione. Solo, sonate, ariette,
recitativi, concerto, ogni genere, ogni spezie, sono state dappoi il solo suo oggetto, e le sue sole
delizie, i Cantori ed i Musici la sola sua compagnia. Mi bisognava ogni notte passar seco lei dal
Teatro a S. Benedtto a quello a S. Samuele, perchè nel primo trovava de’pezzi di Musica del
Giuglielmi, che la incantavano; ma nel secondo poi liquesavasi al canto del Babbini, e del
Pacchierotti, e non voleva perdere nemmeno una sera la delizia delle loro migliori situazioni.
Immaginatevi il supplizio d’un poveruomo, che non s’intende di musica, e non ha sensi per ciò che mette in orgasmo un’intera Udienza, al trovarsi con una Moglie, che ad ogni trillo,
ad ogni passaggio, ad ogni cadenza contorcevasi come una indemoniata, e pretendea di secondarne i
tuoni canterellando con un’aspra vociaccia da guidar bestie da soma. Se ne accorgevano alcuni nelle
loggie di rimpetto, e nelle vicine, e ridevano alle sue spese, e alle mie, perchè m’inquietava
de’suoi trasporti, e tentava invano di moderarli. Povero baggiano! avran detto, quello è certamente
un marito, perchè un servente, o è ubbidito dalle donne, o seconda perfettamente le loro pazzie.
Sarò condannato di non averla lasciata andare con qualcuno de’miei Amici, per sottrarmi alla
molestia delle sue caricature. V’è forse a Venezia, si dirà, penuria d’uomini cortesi, che si
esibiscano di sollevare i mariti dall’incomodo di condurre a spasso le mogli altrui? Oh nò, Singori,
ve ne sono a migliaja, e se non ho voluto prevalermi d’alcuno in mezzo a tant’abbondanza, fu perchè
ad onta dell’innocenza de’loro costumi, il Mondo vuol pensar sempre male, ed ho preferito il torto
di farmi ridicolo a quello d’esser creduto un marito indolente. Piena di questa fatale armonia,
ritornata alla Patria, la sua felicità non ha più centro che nell’orchestra, e tutta la sua vanità
s’è ridotta darsi l’aria di conoscere la Musica, e di ben giudicarne. Se v’ha in questa Città
un’Opera, un Oratorio, un Concerto, ella non tralascierebbe d’andarvi per tutte le ricchezze del
Mondo. Devo renderle giustizia: dalle sue stravaganze risultano due buone azioni: una, ch’ella è
molto assidua alle Chiese per sentire la Musica; l’altra che della massa de’denari, ch’ella profonde
in queste bagattelle, una piccola porzione è impiegata in elemosine. Ciò che accresce il mio
tormento, e me lo rende insopportabile, è ch’io non ho la menoma idea di questo tasto. Son uomo
semplice, senza conoscenze, e nondimeno mia Moglie ha la rabbia di volere ch’io comparisca
appassionato di queste miserie, quanto lo è ella medesima. Fui da Lei strascinato a Codogno per
udire la Banti. Colà ell’ebbe a svenirmi trà le braccia, e misemi alla disperazione per essermi
nuovamente esposto in ispettacolo al fianco suo. Tornato all’Albergo ebbe cuore d’interrogarmi come
mi fosse piaciuta l’Opera. Per Bacco, le dissi, vorrei piuttosto cacciarmi sotterra, che ritornar al
Teatro con voi. O cielo! (soggiunse) la Banti non vi ha dilettato? La Banti! Una Virtuosa di tanto
merito! Vi compiango. Bisogna, che non abbiate orrecchie. Vorrei, gli risposi, farmele tagliare
ambedue, piuttosto che averle sensibili al punto di fare le diavolerie che fate voi. Così finì la
nostra conversazione. Ella senza replicar altro cantò, con quella sua bella voce, un’arieta alla
moda, fece un giro nella Camera, sì pavoneggiò come un’Attrice, e mi lasciò solo. Buon per me, che
una Dama si aggravò della sua compagnia per le sere susseguenti. Non mi fu detto cos’avvenne, ma me
lo immagino. Se mia Moglie, come le altre amanti di Musica, si contentasse degli Spettacoli
pubblici, gliela perdonerei: ma ella ha la smania di volere in casa mia ogni settimana
qualch’Accademia, o Concerto, che la fa ricadere nelle solite sincopi del Teatro. Ella sceglie, e
paga tutti i Professori: vuol avere le voci migliori, e i suonatori più eccellenti. Ha
talvolta tanta gente a’comandi suoi quanta ne ha un Impresario d’Opera. Queste spese mi rovinano,
perchè niuno vuol aprire la bocca, o toccar una corda, se pagato non è a peso d’oro. Perdo la
pazienza quando veggo la mia Casa piena di questi . . . . . indorati come Signori. Non ve n’ha uno
neppure, che non sia in merletti, o in ricami, ed una volta mi sono goffamente ingannator prendendo
il principale di costoro per un Principe viaggiatore, che di passaggio trovavasi in queste parti.
Bello si è, che non posso ammettere alla mia tavola chi non sà cantar, o suonare, o comporre di
Musica, senza esporre qualch’onesta persona al rischio di ricevere delle insolenze. La Poesia, le
belle Lettere, le Lingue, le Scienze non rendono chiaro un uomo a’guardi torti della mia cara metà.
Bisogna parlare di crome, di semi crome, di piani, di forti, d’allegri per farsi stimare. Non si dà,
a suo dire, virtù che nella musica, e lo scarto d’una Cappella, è preferibile ad un Maestro di
matematiche della prima Università dell’Europa. A sentir questi discorsi, che gonfiano gli adulatori
da’quali il suo genio è chiamato divino, io non posso star nella pelle, m’alzo dalla tavola, e
vaneggiar la lascio con loro.
Metatextualität
(si proseguirà.)
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Brief/Leserbrief
Sig. Gazzettiere. Verona addì 16 Agosto 1789. “Fa gloriosa, e
consolante epoca in questa città la soppressione eseguita oggidì in grazia dell’Eccell. Mussati
Nostro Podestà e zelantissimo amoroso Padre, della sempre dolosa, ed odiosa Arte de’Farinati, e
Pistori, funesta sempre per questa Povertà, coll’improvvisa comparsa di un nuovo Calmiero, munito
del solo invitto Leone della Serenissima Repubblica, e col glorioso nome del prellodato nostro
Rettore, che cala il prezzo della Farina gialla resosi, ad onta dell’abbondanza, intollerabile. Si
spera al primo del mese, mediante la vigilanza dell’Ecc. S., un nuovo ribasso sopra tutte le farine
ed il pane. Immortalate vi preghiamo colle stampe tal Epoca a gloria dell’amoroso Nostro Padre, e
giusto Rettore, e credeteci.” Affez. Associati.
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Brief/Leserbrief
Padova 18 Agosto 1789
“Lunedì sera 17 del corrente, è andata in
Scena nel recinto del Prato della Valle un Opera del Sig. Paisello intitolata Le Gare generose
scritta in quest’anno per il Teatro di Napoli. Alcuni pezzi veramente originali, e pieni della
vivacità propria dell’Autore anno riscosso il comune applauso. La differenza, che deve
necessariamente esistere, fra l’esecuzione di un’Orchestra diretta dallo stesso Maestro, e quella di
Padova, fra la Compagnia di Napoli, e quella di Padova, non auno [sic.] potuto cangiare l’effetto
della musica, prova incontrastabile del valore intrinseco della stessa. Nonostante se mi fosse
permesso di azzardare il mio giudizio direi, che la musica in generale è troppo seria per un’Opera
Buffa. So pur troppo, che da poco tempo in quà si è cominciato ad introdurre nel Buffo lo stile
serio, e direi quasi il Tragico, ma so ancora che di questa perniziosa confusione dei due generi si
potria con giustizia accusar prima di ogni altro maestro lo stesso Sig. Paisello. Durante il suo
lungo soggiorno nei paesi settentrionali dell’Europa, ove l’orror del clima non può far nascere
nella fantasia di un maestro immagini molto allegre sfortunatamente ei contrasse
un’inclinazione fortissima per i minori, per le dissonanze non preparate, per le sforzate, e
frequenti mutazioni di Tono. La novità di questo stile traformò in funerali le Opere Buffe, ed i
finali in meste salmodie, e funebri cantici. Per colmo di sfortuna nello stesso tempo appunto molti
altri compositori italiani introdussero nel Teatro serio, e nelle Chiese la musica Buffa, che
cacciata dalla sua sede non sapeva più meschinella in qual parte ricoverarsi. Tutti possono
ricordarsi pochi anni fa nell’Opera di uno de’più rinomati maestri di avere inteso Megacle, che va a
morire cantando una canzonetta; ed una delle più patetiche situazioni, che abbia saputo trovare
l’anima del gran Metastasio barbaramente tradita dal compositore. E non si sente tutto giorno forse
nelle Chiese la maestosa poesia, e i sublimi concetti del Re David le accompagnati colla musica
della furlana, del Rigaudon, e perfino della carciofola, e della tarantella? Questa fatal confusione
di generi à contribuito non poco all’odierna decadenza della nostra musica, e di tutte le altre arti
di sentimento. Le Gare generose sebbene contengono, come si è detto, molti pezzi veramente belli, ed
originali, non sono interamente esenti da un tal difetto.
1Gl’intendenti di musica, e le persone di un
gusto sano, e delicate, desiderano in quest’Opera quel pennello allegro, e vivace con cui lo stesso
Sig. Paisello nella Frascatana, nei Supposti Conti ec. ec. ci offerse molti anni prima il modello
del vero stil Buffo naturale, espressivo, spiritoso, e Teatrale. Un’altra breve osservazione
permettemi di aggiungere intorno all’eccedente quantità di contrattempi, che si rimarca in questa,
ed in tutte le ultime composizioni di questo maestro; abuso, che dietro all’esempio di un sì
riputato compositore può diventar sempre più generale con danno evidente del buon gusto. Infatti
quel sentire le parti di un tutto, che si dice armonico, che fanno a’calci tra di loro, i violini
che giuocano di scherma con gl’instrumenti da fiato, i corni, e le violette, che si corrono dietro
continuamente senza potersi mai raggiungere, mi pare che sia un’affettazioe, ed una ciarlataneria
veramente ridicole. Il buon Compositore deve far servire all’espressione degli affetti la ricchezza,
e varietà del ritmo musicale, e non formarne un ozioso ornamento per solleticare l’orecchio
materiale della moltitudine. Ma così basti di queste mie forse un po troppo critiche osservazioni,
le quali potriano sempre più condurmi a delle conclusioni disgustose per molti, e per
me principalmente. Tutti cerchiamo la verità , ma nessuno poi vuol sentirla, ed il primo che à il
coraggio e l’imprudenza di pubblicarla viene per lo più trattato da fanatico, da ignorante o da
impostore. Credetemi con vera stima Vostro Aff. Associato
M.
Tristezze. Una povera femmina di fresca età, fu ritrovata annegata in uno di questi nostri
canali, e condotta alla Piazzetta, ove non venendo riconosciuta, il suo cadavere fu raccolto dalla
pia Confraternita del Crocifisso di S. Marcuola, condotto processionalmente alla sua Cappella, e con
pompa funebre seppellito. Dicesi, che sia Triestina. Due gondolieri vennero a contesa per il valore
d’una moneta, dopo avere pranzato insieme. Separatisi, punti da sole verbali offese, si
rincontrarono poi, e uno d’essi uccise l’altro con una coltellata. Bastimenti arrivati 9. corr.
Berg. Daniel C. Ant. Bonicelli da Smirne. Alli Signori Gius. Treves Vallonia cant. 1911 gotton b.
122. Demetrio Conomo cera gialla b. 12 e 1 sacchetto. Giov. Tomasacchi detta b. 1 filati b. 2 Giov.
Heinzelmann detti b. 4 gotton b. 15. Seb. Battaggia cera gialla cas. 6 cannella cochina scaf. 1.
Gio. Cor. Rech filati b. 5 Ang. Bravo borhi ballette 1. A chi presenterà gotton b. 2.
10 Detto.
Berg. Jesy C. Giov. Wisem da Londra. Alli Signori Fed. Zinelli legno giappon
particelle 1 Franc. Locatelli terraglie coffe 7 e una b. Gir. Ippoliti dette cas. 1 birra bot. 14
chinc. bot. 1 e 1 cas. Bart. Trevisiol dette cas. 1 selle fag. 1 birra b. t. CC. Fraf. Revedin
retrigerio bar. 20. Gabriel Cornet detto bar. 20. Giov. Vanautgardem detto bar. 20. bud. salati bot.
9 Pietro Scipioni piombo pez. 600 Isac Loria merci di gotton col. 1. endigo bot. 1 Giac. Giudice
birra b. 18. Simon Carminati Droghe cas. 1. Franc. Sanzogno legno S. Marta pez. 4165. Ant. Fanna
birra b. 1. chinc. e ferram. lavor. b. 1. serram. lav. cas. 1. Giam. Ruberti detta cas. 1. Ant.
Ballico detta b. 1. Alv. Brighenti detta b. 3. gir. Gelmi detta b. 1. Gius. Treves cocciniglia cas.
1. Gius. Reali gomma lacca cas. 1. pev. garas. bot. 1. retrig. bar. 1. tamarindi bar. 1 sal
d’Inghilt. bot. 4 legno giallo pez. 233. serpentinaria b. 1 sal amoniaco bot. 1. Gio. Ant. Castagnè
latta stagnata cassette 6 cand. d’otton cas. 1. Alb. Pezzi merci di lana bal. 1 e 1 cassetta. Franc.
Cobres birra b. 1. Giov. Heinzelmann roba da uso bauli 1 e 1 cassetta. A chi presenterà saluitro b.
2 pev. garof. b. 1 sal d’Inghilt. b. 2. birra b. 8 mercanzia bar. 12. e cas. 2 terraglie coffe 1
endego bot. 1
11. Detto.
Piel. P. Cristof. Sbutega da Nap. di Romania e Zante.
Alli Sigg. C. C. Gius. Biscucchia form. moriotto pez. 5630. oglio cai 2. Giov. Domeneghini detto cai
10. Nave Savio Benefattor C. Sim. Cosovich da Livadia e S. Maura con 164 mog. di sale all’Ecc. Mag.
e 825 fag. di gotton al Sig. Men. Vivante. Port. del C. e Marin. detto bal. 9 e sag. 4 lana grossa
sac. 4.
12 Detto.
Berg. il Veloce C. Giov. Tarabocchia da Genova e Marsiglia.
Al Sig. Gius. Treves legno camp. pez. 1254. A chi presenterà zuc. bot. 60 mascabà 164 cassia 30 cera
colli 31 pomata, sciroppi, vin. e acqua d’odore cas. 4 terra oriana bar. 4. Pol. Nuovo commercio C.
Bart. Bernetich dal Zante. Alli Sig. Giov. Domeneghini oglio cai 107. Giorgio Gasparacchi 3.
13 Detto.
Berg. Tre Fratelli C. Ant. Francovich da Salonicchio. Alli sig. Ant.
Molena gotton b. 174 Abram V. Angeli 50 Pietro Scipioni 38 Fel. Muchia con 10 C. Luca Ivanovich 28.
Memo Curiel 15. Men. Vivante 41. Cristo Zuanne 23 Giov. Lazzaro 56. Dan. Bonfil 140 cappotti b. 2.
Giorgio Teocari detti b. 2. C. Dom. Serioli fil. bal. 5. Angeloni e Gheno tab. gingè bal. 10. Port.
gotton b. 6. tele fag. 1 bordati fag. 4. abà brac. 15. Paragrafo di Lett. di Brescia 20 cor.
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Brief/Leserbrief
“È qui uscito alle stampe un Panegirico, che porta in fronte una
lettera di dedica ad una Nobiliss. Dama, il quale forma le private conversazioni di questi
Letterati, che assicurano il pubblico esser scritto con uno stile veramente armonico, parlando però
di quella armonia, che alla musica conviene, e che consiste nella multiplicità delle corde che
rendono le voci alte, basse, e mezzane. Nulla dicono dell’intrinseco del panegirico, non sapendo da
qual parte principiare li elogi essendo tanto bassi i concetti, meschini i pensieri, triviale la
condotta, ed irregolare, che converrebbe formare un altro panegirico per esaltarlo. È così insulsa
pure la lettera dedicatoria, che pregiudicarebbe la gloria di quella Dama, se il Sole fosse capace
di contraer macchia dai vapori che esalano dalle basse paludi. O voglia intemperante di farsi
Autore!”
D’Affittare. Casa in Villa di S. Bruson poco distante dal Dolo, con gastaldia, lissiera,
forno, scuderia, rimessa, altra rimessa da Piante, cantina, tinazzera, giardino, orto, e brolo ec.
Chi vi applicasse parli col Caffettiere in Piazza del Dolo, o in Venezia col Cartajo a S. Basso.
Cambj. Venerdì 21 cor. Lione 57 e mezzo. Parigi 57 e 3 8vi. Roma 63 e un 8vo. Napoli 115 e mezzo.
Livorno 100. Milano 155. Genova 91 e un 3zo. Amsterdam 92 e un 4to. Londra 48 e 5 8vi. Augusta 102 e
mezzo. Vienna 196.
Prezzi delle Biade.
Formento dalle l. 32 a 32 10. Sorgo
Turco dalle 15 10 alle 16. Segale dalle 21 alle 21 10. Miglio a 17. Risi da’duc. 34 a’34 12. Ogli.
Di Corfù a duc. 145. Di Lecce 140. Di Zante 135. Mosti 138. Savio in Settimana per la p. v. s. Gir.
Asc. Zustinian K. Morti. S. E. Rev. D. Giov. Morosini M. C. Vescovo di Verona, traslato a questo dal
Vescovato di Chiozza nel 1772. Compì l’età d’anni 80 ai 22 del pas. mese.