Gazzetta urbana veneta: Num. 65
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Num. 65. Sabbato 15 Agosto 1789.
Paragrafo d’una Lettera lamentevole in data 6. corrente.
Agli Amatori della Poesia. Le Tragedie de’Greci, Esemplari e Maestri della Posterità, come
sono a tutti note di nome, così a pochi anzi a pochissimi sono note di fatto. Poichè, lasciate da
parte le Traduzioni Francesi, che hanno la proprietà d’oscurare quasi tutte le bellezze dei Greci e
di farne risaltare notabilmente i difetti, tutte quelle che abbiamo in verso Italiano sono niuna
eccettuata nojose ed insipide, ad onta della cognizione ed abilità di que’valentuomini, che o alcuna
o molte delle Greche Tragedie recarono nella nostra favella. Quindi ne nasce che tutti quelli, i
quali attinger non possono a’Greci Fonti e gustare gli Originali ( e questi sono senza confronto i
più) se vogliono saperne qualche cosa delle Greche Tragedie, devono tollerare una lettura
fastidiosissima, e poi nulla hanno gustato e poco hanno appreso. Venne pertanto in pensiere
all’Abate Francesco Boaretti di dare all’Italia il Tragico Teatro de’Greci in modo, che le Greche
Tragedie recate nell’Idioma d’Italia non solo vengano intese perfettamente e senza fatica alcuna
dagl’Italiani, ma anche destino vivamente in essi gli affetti, eccitino il di loro sentimento, in
una parola interessino, come i Greci di que’tempi, così gl’Italiani de’nostri; e nulladimeno
conservino appieno, oltre l’essenza ed identità delle cose, anche il genio Greco, l’indole, il
carattere, la configurazione, il sapore; e con tutto ciò sembrino essere non già Traduzioni ma
Originali. Egli cominciò da Euripide, di cui scelse l’Ippolito come per saggio, essendo questa una
Tragedia delle celebri nel genere forte e sublime. Non importando di serbar l’ordine del tempo, in
cui quelle Tragedie furono composte, egli le anderà successivamente pubblicando; e finito che sia
Euripide, ne indicherà la serie, se alcuno volesse distribuirle in Tomi secondo il loro ordine.
Illustreranno le Prefazioni ad ogni Tragedia ora una parte ora un’altra del Greco Teatro secondo
l’occorrenza, di modo che in tutto il complesso si abbiano le notizie più utili ed importanti in
tale proposito. Questa Tragedia è stampata in Venezia da Domenico Fracasso in comoda
forma, bella carta, e caratteri nitidi; e si vende per soldi trenta dal Signor Simon Occhi in
Merceria sotto l’Orologio all’Insegna dell’Italia, ed anche dal Signor Antonio Zatta al Traghetto di
S. Barnaba. Venezia 4. Agosto 1789. Supplemento, e Continuazione de’Bastim. arrivati. 24. Luglio. P.
Ant. Spolar da Trieste con. 5 bar. arg. vivo 21 bal. griso 1 bot. cola 2 bar. Tornasol 16 col. tele
13 bar. 2 bot. e 2 fag. cera gialla 1 bar. filo d’otton 1 bar. giallo santo 1 fag. veli di seta e
gotton 1 balletta lanarie 6 col. chiodi 4 cas. acciaj 3 bot. padelle 4 cas. cortine. Bat. P. Pasq.
Vianello da Trieste con 20 cas. limoni per Chiozza. Piel. P. Vinc. Voltolina da Manfredonia con 96
B. e 3 ballette lana 10 cas. e cassette Libri e 3 balle. I Scat. pietre del Vesuvio 3. scat. pasta 5
ballette strazze 800 lib. legno liquerizia 1 cassetta specchi di ritorno. 7 sac. fava per Chiozza.
26 Detto. Piel. P. Baldis. Pescante da Trieste con Oglio Bot. 20. Brac. P. And. Bonifacio da Trieste
con 2 bot. cera gialla 8. cas. aacqua mineral 4 bar. ottoni 2. bot. crogiuoli 12 bot. tabacco 5 bar.
arg. vivo 22 bar. chiodi 1 bar. ferram. lavor. Piel. P. Nic. Medin da Trieste con 5 bot. di zuccaro.
Trab. P. Ant. Rasol da Zara con 5 cai oglio. Piel. P. Fel. Benussi da Ragusi con 524 Bal. Montoni
290 B. Lana 2 fag. Rassa 341 B. cordovani. Piel. P. Giac. Padoan da Manfredonia con 132 B. Lana e 17
Ballette. 6 m. strazze. Piel. P. Seb. Battistuzzo da Spalato, Sebenico, e Zara con 18 B. Lana fina
1. B. Seta 50 B. lana calcina 1 fag. Grana 21 B. pelli di lepre 1 fag. pelami e gatti selvatici 1
bal. pelo di camello 4 fag. rame v. 1 B. Corni di Cervo 20 Schiavinelli vuoti 34 fag. cera gialla 27
B. cordov. e mont. 11 rot. Rassa.
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Metatextualität
Ci è giunto il promesso Opuscolo accennato al Nro. 61. Esso è
veramente interessante e piacevole, come venne descritto. Se non siamo ingannati in opinione col
gentile Incognito, che ce lo ha mandato, i nostri leggitori ci sapranno grado di trovarlo stampato
su questi fogli.
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L’Antiflauto Opuscolo Cronico di D. Pedro di Cifuentes, tradotto dallo
Spagnuolo. Don Pedro di Cifuentes a Don Dominigo Pancieca Mendocha. “Mi si drizzarono i capelli
quando coll’ultima vostra mi annunciaste, che per diletto vi siete dedicato al Flauto, ed il
piacere, che ebbi di vostre nuove fu avvelenato dalla notizia di una scelta, in cui non ravviso nè
buon gusto, nè voi medesimo. Io non sono persona di consiglio, ma vi sono amico, e se ciò mi
giustifica, soffrite, che in qualche modo v’illumini, e vi faccia vedere, che scelta peggiore del
Flauto non potevate fare fra quanti strumenti vi sono, Arabi, Turchi, Greci, Barbari, e perfin
Diabolici. Prima di tutto io sono mosso dalla premura di vostra salute; sapete quanto vi amo, e ciò
basta. Se rifletterete dunque all’azione violenta de’Polmoni, frattanto, che state suonando, ne
comprenderete ancora le triste conseguenze. Io non voglio entrare in Teorie pedantesche per non
istancarvi, spero vi basterà una piccola digressione meccanica. Il Polmone è l’organo principale
della traspirazione, e dovrebbesi aver gran cura di non alterarne il meccanismo, per essere
inseparabile alla vita. Per l’inspirazione, ed aspirazione sforzata, che succede intanto, che
soffiate in quel vostro Flauto viene aumentata la massa di detto Polmone non solo, ma vien esso come
a comprimersi contro le parti continenti, che non si dilatano a misura, che egli può essere
dilatato, e per necessità ne devono restar compressi i suoi vasi, i suoi nervi, ed il
cuore medesimo, che vi si trova in mezzo, e conseguentemente disturbata la circolazione. Vi
persuaderete di questo principio, se quando suonate vi fate toccare il polso, che sarà
intermittente, o almeno, almeno più frequente. Io raccapriccio qualora penso ai disordini, che ponno
aver luogo nella macchina in tale circostanza, ed ai danni d’un suonatore, la cui fatica non è
compensata, nè dalla pubblica ammirazione, nè dal pubblico aggradimento. I Bronchi, e la Trachea
dilatati da una colonna d’aria più pesante, e più estesa del bisogno premono sul tragitto di molte
vene, che vengono dal capo, ed intercettando, o rallentando più, o meno il corso libero del sangue,
sono cagion sufficiente di dolori di testa, di vertigini, di giramenti, d’infiammagioni d’occhi, di
fischi di orecchio, di sordità, e di mille altri guai, che da una stentata circolazione possono
dipendere; e veramente si vede, che ne’suonatori di Flauto sono molto apparenti la vena frontale, e
le giugulari esterne, e sono sempre dilatati, e più vermigli i vasi, che si diramano per le membrane
dell’occhio, quindi è, che più delle volte costoro travedono, perchè la vista non hanno lucida,
stuonano perchè la voce, che sorte dal Flauto fa un impressione sulle fibre sommamente tese del loro
timpano, diversa da quella dovrebbe fare, e sono disordinati nelle idee per le medesime cagioni;
come ne abbiamo un esempio in quel suonator di Bilbao Don Fiorante Delencio, che prendea le donne
per tanti Flauti, ed in pien Teatro di Madrid insultò la gran Vedova Dogna marguerida Taxeyros
perchè l’avea presa per un Flautone con due chiavette. Dopo il serio pensiero del vostro individuo,
sul proposito in cui siamo, l’Istoria mi fornisce delle erudizioni molto umilianti; uditemi, ed
abbiate pazienza. Il Flauto è nato con il Tamburo, e si deve riputare uno stromento di cattivo
augurio, o di rabbioso fine; e probabilmente, come dice Diodoro Siculo, fu introdotto dal militare
orgasmo per fomentare la rabbia in caso di bellicose imprese, così che ogni qual volta si sente
suonare un Flauto si devono destare luttuose idee, di guerre, d’assalti, e di massacri. Ma dopo che
i corni, le squille, i taballi, ed altri clamorosi istrumenti furono sostituiti a compiere la
timpanesca, e tamburale armonia, i Flauti decadendo dalla loro marziale nobiltà servirono vilmente a
far ballare i cani, ed a far eco nei boschi sulle ore del sonno, o frattanto, che gli armenti
pascolavano, e le Ninfe si trastullavano; essendo la voce del Flauto molto propria alle passioni
dell’ozio, e ad inspirare melanconie, orrori, solitudini, pianto e fame. È vero, che l’antica Grecia
prese da’Flauti qualche piacere; ma al riferir d’Esiodo la Lussuria gl’introdusse, perchè servissero
di mezzani all’occorrenza, così che talvolta nelle cose d’Amore operava più un Flauto, che cento
Messaggieri, come ne abbiamo l’esempio di un effetto disonorante in Euripide, il quale in una sua
Comedia introduce un suonator di Flauto orbo, per intrattenere il vecchio Sofronimo, mentre il
giovane Aristo si prendea piacere colla di lui moglie Sofronia. Ma come i Flauti con tante
ruffianerie, come se ne vede l’esempio nelle vite di Taide, e Frine, pervertivano i
cuori de’Greci, furono ad istanza di Solone da tutta la Grecia capitalmente banditi. Indi fra le
cose di questo mondo, che salgono, e discendono, anche i Flauti hanno passate le loro crisi, cioè di
metamorfosi in metamorfosi sono, come risorti, a dispetto dell’antichità, e godono in oggi qualche
concetto, che però a gran passo tende alla sua declinazione. Il Flauto presentemente entra
ne’Templi, e ne’Teatri, ma in qual modo? Nel modo che un pittore si serve dell’oscuro, perchè il
chiaro comparisca; dopo l’amaro è più grato il dolce, ed i compositori di Musica fanno sortire i
Flauti, perchè riesca più grata all’orecchio l’armonia, che succede. Per altro il Flauto è un
istromento di riempitura, e le sortite sono adattate all’espressione ed alla rappresentazione;
quando bene il Maestro non sia così buon uomo, come colui, che dovendo far la musica su questo
verso: Or che la Luna le sue corna imbianca, fece una sortita di corni, e poco dopo fece sortir le
viole, perchè le parole dicevano: O Clori, che hai di Viole cinto il seno. Ma un Maestro veramente
poetico non fa sentire il Flauto, che nelle Boschereccie, nelle Furlane, ed alcune volte negli
orrori per esprimere o il tetro, o il rozzo; e così in Chiesa, come in Teatro sono i Flauti in
disparte, e separati dal corpo dell’orchestra, come parti eterogenee. Per diverse cagioni io sono
portato a credere, che il Flauto abbia una maledizione originale. Il nostro Don Diego Arias de la
Plata nel suo viaggio al Paradiso ci riferisce di averivi sentiti per fin de’Taballi, de’Tamburelli,
delle Naccare, dei Monocordi, e delle Cornamuse, ma non dei Flauti; dunque i Flauti non sono in
Paradiso, sono istromenti reprobi; ed è probabile il sentimento di quel Geometra di Salamanca Don
Innigo Cetego, che ha detto nella sua Opera dell’Inferno, non esser altro la ruota d’Issione, che
uno sterminato Flautone mosso in giro, e fatto sonoro dal Turbo Infernale, che spira a Tramontana
dalla Palude Stigia. Il Flauto deve esser anco uno stromento contro natura, perchè si vede, che di
cento suonatori appena uno è sopportabile, quando anche in questo non si voglia esser troppo sottile
nelle ragioni di tempo, e d’intonazione. I Suonatori di Flauto, se altro non suonassero si morriano
di fame, perciò sono costretti a mantenersi in riputazione coll’esercizio d’altri istrumenti, come
fanno in questo Mondo certi uomini cattivi, che si rendono in alcun modo sopportabili per qualche
buona qualità. Voi sentirete nella notte, mentre i suonatori dal più almeno vanno in compagnia, a
far le loro serenate, che i Flauti errano soli soletti, come parti recise dal corpo, o esseri
profughi super terram; e sempre, quando per fortuna udirete qualche buona Sinfonia, passerà un
Flauto profugo, che al dispetto della creanza, e della vostra attenzione con un pezzo di tu mi vieni
la romperà disperatamente. La balordaggine di un tale istromento influisce ancora sopra li
compositori di musica istromentale, che se scrivono per il flauto non son più d’essi, precipitano in
puerilità, ed in sentimenti così balordi, che non si riconoscono più; anzi dirò di più, che quando
si tratta di musica flautesca, persino li Stampatori, stampano male, perchè sia pur vero, che tutta
la natura cospiri a voler depressi, e deserti i flauti. Nelle Croniche del Vaticano si
legge una Bolla Pontificia, che incomincia Devinctis quinque flautis, ac spoliatis Pifferis ec. che
li proscrive irremissibilmente dalla Cappella di S. Pietro, e questo a vitupero eterno dell’esercito
di Carlo V. Imperatore, che quando violentemente passò permezzo a Roma, Regnante Alessandro Sesto,
fece suonar cinque flauti in una volta per atterrir tutto il popolo. E perchè la suddetta Bolla
abbia vigore vi fu ingiunta la Postilla. Si quis dixerit Flautos esse de natura musicali, anathema
sit. Il flauto è una compilazione d’imperfezioni, diceva il grande Federico II.; ed un giorno, che
Voltaire, lo sollecitava ad abbandonare il pensiero di un tale stromento, perchè non era
corrispondente alla sua Reale grandezza, gli rispose, che egli talvolta suonava il flauto per
esercitare la pazienza de’suoi Ministri; che per altro il suo istromento prediletto era il
Gravecembalo, e ciò sia detto perchè non crediate, che il Re di Prussia facesse del flauto veruna
stima. Filippo II. Re di Spagna non poteva rider mai, se non si faceva venir avanti un Suonator di
flauto Voi fate troppo gran fatica, (gli dicea) per ottener sì poco, e s’intendeva, il nome di
ridicolo; come di fatto quella brutta bocca, con cui questi Suonatori descrivono certe figure
indecenti, e quella fisonomia sì lussuriosa, che suonando rappresentano, sono cose da promovere
certamente più il riso, che l’ammirazione. Il crudele Nerone, quando appiccava il fuoco a mucchj
d’uomini impeciati, e che stava suonando a’loro lamenti, suonava un flauto nero di ebano orientale,
perchè sapeva, che le pene di que’miserabili, che ardevano erano ancora più inasprite dal suono
orrendo; quindi è, che Tacito, e Svetonio si sono accordati nel dare al flauto, l’epiteto di
esecrando & execrabili flauto perterrebat comburentes. Peone Medico d’Atene presentò al Senato
una dissertazione, di cui se ne conservano alcuni fragmenti nella Biblioteca del Conte
MerKembrobeker in Amsterdam, ove Peone insiste a voler proscritti i flauti, perche gli Ateniesi
andavano soggetti ad alcune malattie morali, per le quali la buona armonia passava al loro gusto per
cattiva Harmonica Concordia discordabat in istis ed era d’uopo di tutta la sua abilità per guarire i
sordi, ai quali dagli acuti de’Flauti era stato rotto, o rilassato il timpano. Apelle riprese un
Pittore perchè in un Trofeo Musicale dipinto in una finta Reggia di Salomone vi mise un Flauto Amico
(disse) chi v’ha insegnato dipingere la discordia nella Musica? Ed ultimamente era per emanare un
ordine, se non fosse stato per rispettare certe pitture insigni, che nelle Chiese que’Bambocci
dipinti col Flauto fossero o coperti, o cancellati. Io medesimo ho veduto nella Reggia Galleria
dell’Escuriale un grandissimo quadro rappresentante la tentazione di S. Antonio Abbate opera insigne
di Don Rodrigo Daquentes in cui vi sarà un milione di Diavoli disposti in più forme, che stanno
distraendo il detto Santo con tutto l’inganno, e l’orror diabolico. Egli è impossibile, che vi possa
descrivere le orribili figure, i sanguinosi agoni, le portentose corna, i lussuriosi gesti, le
crudeli immagini, le tombe aperte, i spettri volanti, le stregali tresche, e insidiose
lamie, e quanto un milion di Diavoli può mettere in opera di seducente, e di orribile. Vi dirò
soltanto sul proposito, in cui siamo, di una certa orchestra, con cui pretende il Pittore, che i
Diavoli tentassero con più forza, il Santo. Ella è così disposta. Alcuni Diavolini suonano dei
Pifferi, e dei Canuncoli, e ballano fra di loro in forme strane; alcune diavolette han per le mani
certi cornoni spirali, che mettono paura, ed altri Diavoli in forma di Capri suonano Tamburi,
Timpani, e Trombette, mentre un gruppo di orchi stassi urlando alla distesa. Ma dove il savio
Pittore si è voluto distinguere si è in quattro figure diabolicamente Francesi, che suonano un
quartetto appunto all’imboccatura della grotta del Santo, con due Flauti comuni, un Flautone, ed un
Fagotto, così grosso, come un Cannone di Valenza, e perchè dalli osservatori non sia creduto, che si
tentasse così quel benedetto uomo per adescarlo, o pigliarlo al suono, ha scritto il Pittore sopra i
Cartelli Musicali, che i quattro Diavoli han sotto gli occhi Musica Diabolico-enarmonico-Flautesca
di Don Pasquale Stabingher Suonator della Tebaide col motto sopra un Cartello ravvolto fra le corna
d’un Diavolo, che ride Semper tentandum, Flautis, pifferiscque, Taballis.
Metatextualität
Il resto Mercordì venturo.
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Brief/Leserbrief
Padova 11. Agosto 1789. “Oggi dopo pranzo abbiamo goduto una
sfida di Sediolini fra i Nob. Signori Co: Alessandro Pepoli, Giammaria Raspi, e Barone Berlendis
figlio. Si sono pariti alle ventitre dalla Porta Savonarola, e passando per le Brentelle andarono a
girarsi al Mestrino quattro miglia distante da Padova, in tutto facendo una corsa di otto miglia in
meno di 31. minuti. Il primo a giungere alla meta fu il N. H. Raspi, il secondo S. E. Pepoli in
distanza di circa tre Sediolini, e per ultimo il Signor Barone Berlendis, ma in distanza molto
maggiore. Il Conte Pepoli potè disputare il primo così da vicino al bravo corrisdore del Raspi in
grazia unicamente della sua bravura, ed esperienza avendo egli corso colla sua vecchia Stornella
dell’età di quindici anni, che carica di onori e di palme godeva da qualche tempo nella sua stalla
un onorato riposo. Alcune differenze insorte sulla inosservanza dei patti premessi alla sfida anno
ritardato finora la decisione dei Nobili Giudici, e siccome la questione è piuttosto delciata, ed
astrusa, si spera, che ne verrà rimesso il giudizio ad un secondo esperimento. Conservi almeno il
Cielo quelli, che ci procurano col rischio della lor vita cotesti brillanti spettacoli. Il vostro
Associato.
M.
Paragrafo d’una Lettera lamentevole in data 6. corrente. Ebene 3
Brief/Leserbrief
Padova 11. Agosto 1789.
M.
Ebene 3
Brief/Leserbrief
“Nell’alzamento del Calmiero del Pane ad un esorbitante prezzo, hanno
quì fatto Epoca, il primo di questo mese, gli lagrimevoli effetti prodotti dal porgere preci a Dio
fuori di tempo; prendetela, Signore, nel suo vero senso, ch’ella non è un empietà. Il Monopolio ci
fa provare la Carestia in mezzo all’Abbondanza. Mai più sì belle Campagne, e sì bella raccolta di
tutto! Eppure gli trafficanti di grano hanno saputo introdurre a tempo opportuno preci in tutte le
Chiese mattina, e sera, e persino Processioni per implorare dal Cielo una pioggia, che
non era necessaria, e con tale malizia hanno estesa la voce, ed il timore d’una Carestia per un
generale asciutto, quando in tempo opportuno è caduta più fiate una generale abbondante pioggia. Per
verità dopo questa, le biade su tutti li mercati di questo Territorio, v’erano in tanta abbondanza,
che non trovavano compratori, ma col riscaldarsi dell’aria, riscaldatasi anche la fantasia
de’venditori, han questi risvegliato nuovi timori, onde portatisi ultimamente questi nostri Pistori
al mercato di. . . . per far acquisto di frumento, lo vi trovarono in tanta abbondanza che d’accordo
dilazionarono al tardo la compra per non sottmettersi al rigoroso ricercato prezzo, quando comparsi
sul mercato due Trafficanti di prima sfera in tale articolo, lo levarono tutto ad un tratto al
richiesto limite, lasciando così scherniti li poveri Pistori. Ecco la sorgente d’onde deriva il male
che tutto giorno affligge questa misera povertà! Quelli, che in tal modo arricchiscono, se pagassero
i loro enormi debiti, e le dovute mercedi, e riconoscessero meglio gli Mercadanti i loro Agenti, che
trattano peggio che schiavi, più sopportabili sarebbero le disgrazie, che tutto giorno ci
opprimono.”