Mercordì 22 Luglio 1789.
Paolo Vescellari detto Zinganetto Padovano, ed Antonio Ferrari detto Tirolin
Piemontese, erano Spadaccini de’Pubblici Dazj in questa Città.
Nella notte del 27 Luglio 1784 fu aggredita la casa del villico Giov.
Albanese detto Vitale, situata sotto la Podestaria delle Gambarare, da
cinque uomini allora sconosciuti, d’abiti mentiti, e colla faccia tinta di nero, armati d’archibugj,
pistole, e coltelli. Tentarono prima d’introdursi furtivamente per una finestra, poi si fecero
aprire la porta coll’asserzione ingannevole d’essere Ministri della Corte di Padova colà inviati
dalla Giustizia per ritrovare un immaginato contrabbando. Due di essi arrestarono, e spaventarono
sulla strada il predetto Albanese e un suo Figlio volontariamente accorsi per
aprire alla ricercata visita la loro abitazione: e il Padre rimase anche offeso di confusione dal
calcio d’uno schioppo; e altri due salendo intanto le scale misero in terrore e desolazione quella
numerosa Famiglia composta, oltre de’due accennati , d’un Ragazzo, e di quattro Femmine una delle
quali incinta. Effettuarono l’iniquo violento furto di 500 Duc. V. C. 50 zecchini, 2 scudi, 40 lire
di moneta, una spadetta, un curaorecchi d’argento, un pajo di manìglie, venti fili di cordon, due
paja d’orecchini, due anelli, ed un gruppo, tutto d’oro. Il quinto loro compagno stette in guardia
sulla strada dall’altra parte.
Denunziato però alla Giustizial’enorme delitto, e giunti nelle sue forze due di quegli scellerati
vennero scoperti gli altri tre ne’ due nominati banditi, e in un reo d’omicidio condannato
posteriormente dal Reggimento di Padova alla galera, il quale morì su questa pubblica Fusta nel 1780, e da cui fu immaginato lo svaligio narrato, e ne’concertati modi
eseguito cogli altri 4 suoi iniqui compagni. Vascellari da cui fu maltrattato e percosso il vecchio Albanese,
arrestò questo povero capo di Famiglia mentre il Ferrari eseguiva
violentemente con uno delli due rei alla Giustizia soggetti, il furto delle sue migliori sostanze.
Seguito l’infame rubamento, que’malfattori si diedero alla fuga dividendo nel viaggio di ritorno a
questa Capitale i frutti delle loro rapine, avendo il Vascellari fatte le ripartizioni, il quale
unito al suo compagno Ferrari passò poi frettolosamente in estero Stato.
Absenti questi empj, ma legittimamente citati, sono banditi da questa Città di Venezia, e tutto il suo Stato definitivamente, ed in perpetuo.
Rompendo il confine, e venendo presi saranno condotti in questa Capitale ed impiccati per le canne della gola. La Taglia a’captori, è di ducati mille, sì per l’un che per l’altro, de’suoi Beni, se ne avrà, e in difetto della metà pagabile dalla Signoria, de’denari deputati alle Taglie. Li Merighi, Degani, Massari, e simili Deputati delle Ville, Contadi, e Luoghi di questo Serenissimo Dominio, ove capitassero, son obbligati a suonar campana a martello, ed usar ogni diligenza per prenderli, destinata in tal caso a loro benefizio la Taglia suddetta; e mancando a questo dovere, avutane notizia, saranno condannati al remo per anni dieci, e in caso d’inabilità per altrettanto tempo in una prigione all’oscuro; o quello, che non fosse retento, sarà bandito in perpetuo dallo Stato Veneto, o punito d’altre pene a norma della trasgressione.
La sera del p. p. Sabbato vigilia del SS. Redentore, dopo varie precedenti minaccie, effetto
d’un’arsura che ci cuoceva, si sfogò il tempo con una dirottissima pioggia avidamente bevuta
da’nostri pozzi presso che vuoti, e da una spessa grandine ora mescolata coll’acqua, ora
alternativamente separata da essa, la quale vibrata a discrezione degl’impetuosi venti in contrasto,
ruppe un’immensa quantità di vetri alle finestre, che dalle imposte riparate non furono. Ebbimo per
un’ora continova dallo strisciare de’ vivi lampi, che d’ogn’intorno prendevano lo spazio del
nostr’orizzonte, dal fragore de’tuoni, dal fischiare del vento, e dal precipizio della tempesta, una
qualch’idea di quegli spaventosi oragani, che devastano sì spesso le Antille, de’quali il celebre
Raynal ne presentò la trista pittura con que’colori, che son proprj della sua
penna, nella di lui Storia Filosofica ec. Trà gli orrori della burrasca
sembrava che gli elementi confusi si fossero nel caos primitivo: e se una Città, le abitazioni, le
botteghe non sembravano ad alcuni sicuro asilo contro il suo impeto, a qual eccesso non dovè
giungere la paura di quelli, che si trovavano in viaggio sulle circostanti lagune?
Molti vi si sono trovati, e salvaronsi prodigiosamente col gettito de’selzi delle gondole, e col darsi a discrezione in preda del vento: ma per quanto sentesi ne
perirono alcuni, benchè non se n’abbia una ferma sicurezza.
Ruppesi in più parti il gran ponte di Legno, che formasi ogni anno per tal solenne domenica al
transito delle processioni, e d’un numerosissimo popolo, che portasi alla Giudecca, e si ruppe sì
fattamente, che non si potè riattaccarlo nella mattina seguente, come seguì altre volte per minori
disordini. Così al passaggio necessario furono le barche: e se i Sagra di questo
Paese, che suol metter in moto la Città tutta. Per dire sopra questa solennissima funzione a cui
interviene la Maestà Pubblica qualche cosa in aggiunta al già detto negli due anni scorsi, ripetendo
soltanto che l’orrida peste del 1576. da cui fu assalita questa Città fece nascere il voto onde si
eresse questo superbo Tempio del Redentore opera dell’immortale Palladio, ricorderemo, che la prima
sua pietra fu gettata dal Doge Luigi Mocenigo unitamene al Patriarca Giov. Trevisano il dì 3 Maggio 1577 su cui erano scolpite queste parole.
Ex pio, solemnique voto Reip. ad arcenda fulgura dire pestis Redempt. Deo
Sancte D. Gregor. XIII. Pont. Max. Venet. Duce Aloysio Mocenico, Ioan. Trivis. Patriar.
MDLXXVI.
Fu dal Doge suddetto fatta la prima visita, per la grazia ottenuta nella liberazione da un sì enorme flagello in rimembranza del qual benefizio instituì per sè ed i suoi successori la gita pubblica nella terza Domenica di Luglio.
20 Luglio 1789.
Pod. e Cap. a Feltre dura m. 16 Reg. c. pl. ? Ottavian
Martinengo qu. Lelio. Elez. del M. C.
Finisce s. Ang. Barbaro dis. Agostino.
Prov. alle Biade.
s. Gian Francesco Labia fu Patron all’Arsenale.
Fin. s. Ang. Maria Labia.
Prov. al Cottimo di Londra.
s. Lor. Contarini q. Benetto.
Fin. s. Niccola Longo.
Avvocato per gli Uffizj di Rialto.
s. Franc. Paruta qu. Lorenzo.
5 della Quarantia C. N.
alla loro riconferma.
s. Vincenzo Dona qu. Pietro.
s. Filippo Acquisti qu. Ang.
s. Crist. M. Poli qu. Giac.
s. Alv. Diedo qu. Gasp.
s. Vinc. Scroffa qu. Giulio.
Non sarà per tutti superfluo l’avvisare una volta, che l’elezioni a’Magistrati Sopr’Atti, o Biade, aprono le porte del Senato a
que’benemeriti Patrizj, che o per i Reggimenti d’Udine, di Verona, di Bergamo, di Capodistria,
dell’Arsenale, o per il corso di certe interne Magistrature hanno voce alle medesime, e vengono con
esse compensati delle loro spese in servizio pubblico, e del buon governo delle Provincie alla loro
cura affidate.
Sig. Gazzettiere Stimatiss.
Vicenza li 17 Luglio 1789.
“Ingiurie a monte. So che a chi m’onora dirmi, che habeo
scientiam in dorso, si potrebbe adequatametne rispondere Clodius accusat mechos, Catilina Cethegos stando alla dottrina delle sue decisioni, ed all’eleganza delle sue frasi sì in linea di grammatica, che di civiltà. Ma io
tollero; non ricambio ingiurie, sebben nato, ed allevato nella facitura della
cioccolata.
Se il mio fervore eccitato dalla giustizia, e dalla verità mi fece parer troppo critica, ed
oltraggiosa la prima Lettera del Sig. Anonimo; ciò non fù tanto rispetto a ciò, ch’egli dice, che
rispetto a ciò, che maliziosamente egli tace. E la risposta mia ha più per oggetto di supplire alle
sue affet-
Di tal genere è quella, che la Musica del primo Atto senta del buffo. Dai Macinatoj untuosi del
Caccao oserò alzarmi contro codesto sapiente, ed insegnargli: che il motivo musicale
indipendentemente dalle parole non è di per sè nè serio, nè buffo; essendo i suoni armonici non
uniti alle parole ciò, che appunto son le parole slegate, e disgiunte dai sentimenti connessi del
discorso. La voce monarca p. e. isolata tanto può esser seria, che burlesca;
sta ai sensi annessi il determinarla piutosto alla serietà, che alla burla, e viceversa.
E se io dirò ad uno sguajato, ch’egli è il monarca dei Somari, il
sentimento sarà ridicolo; se gli dirò ch’egli è il monarca dei dotti, e pellegrini ingegni, il sentimento sarà sostenuto, e grave.
Dir dunque che una qualunque armonia congiunta a parole gravi sia buffa, è sollecismo musicale
maggior forse del sollecismo grammaticale, che dicesse asinus non judicant.
Il brio, e la vivacità poi siccome son comuni alle azioni serie, e sostenute, perché anche in queste
regna a vicenda col patetico e grave l’allegrezza, e la giocondità, tanto meno rendono il sentimento
musicale serio, o buffo.
Ciò sia detto per semplice istruzione di chi guardandoci con sprezzo dall’alto crede
incompatibili colla facitura della cioccolata il buon senso, la lettura, e lo
studio; nè teme dar assoluto giudizio di cose, le quali vogliono ben altro, che temerità, e
precipizio in chi ne giudica. L’unica cosa che io lodo nel Sig. Anonimo è il non essersi palesato; e
lo consiglio a non farlo mai più; alcuni augelli, che fanno schiamazzo, e rombo nelle tenebre,
desterebbero lo schifo, e l’orror de’viventi se si facessero vedere in pieno giorno. Scusate, o
cortese Sig. Gazzettiere, la seconda replica; essa sarà l’ultima questa volta; amatemi, e
credetemi.
Tutto vostro Servitore
Antonio Scopino
sul Corso.
Altra di Vicenza in data de’ 20.
Questi spettacoli ci risvegliarono la memoria degli antichi combattimenti, e parve di vedere la
lotta degli Eroi guerreggianti per le conquista della Sposa. Sono ec.
Non sò qual piacer possano risentire taluni nel contraffare, e ingigantire li fatti, che van accadendo, rendendoli pubblici a carico della nostra Nazione, pur troppo oltraggiata da una mala prevenzione.
Mi sarà di contento veder inserita la presente nella sua Gazzetta a smentimento della citata qui sopra, e con la più sincera stima passo a segnarmi.
P. S. Domenica di notte nel Borgo Pille, pochi passi distante dalla Città fu ucciso da un suo
Compagno uno Spadacino della squadra detta dei Castellani. Il motivo si fù per un tratto indecente
che l’omicida pratico all’infelice mentre cenava con sua Moglie il quale risentitosi volle farne
qualche doglianza, e l’indegno interfettore senza replicar parola, passò al suo quartiere, e
munitosi del suo Archibugio, ritornò colà, e glielo scaricò nel petto, pel che dovette sul fatto
spirare. Brescia 16. Lugl. 1789.
Questa trista notizia ci è ratificata in altra Lettera della medesima data, e s’aggiunge in essa, che la sera de’ 15 una povera donna incinta ebbe due ferite in certa casa da, sinora occulta, persona.
Passando poi dal pianto al riso scrive l’autore di essa, che le scene dell’Opera e de’Balli per quella prossima Fiera saranno delli celebri Signor Mauri pittori Veneziani colà giunti espressamente per farle.
Nè in questa sola confermasi il narrato delitto ma in altre due scritte nel giorno medesimo, e da noi ricevute colla prima accennata. È detto in una.
“Nella scorsa settimana parecchie ne seguirono tra di loro con spavento universale di tutti gli abitanti. Domenica scorsa 12. del corrente seguì un barbaro omicidio.”
“L’autore di questa lettera protesta, al Sig. Gazzettiere, di esser veridico in tutto il suo
rapporto, e di essere officiato di far questo atto di carità, in cui avrà il primo merito la
gentilezza sua, se con renderla pubblica si potrà ottener sollievo a que’onorati Borghigiani.”
Da Salò li 13 Luglio.
Gargnano nella terra di
Navazzo. Trovavasi colà una giovane dell’età di sedici anni, dotata di spirito, e di non mediocri
bellezze, alle quali una bionda capigliatura aggiungeva un certo non so qual brio, che rendevala più
amabile. Invaghitosi di questa un giovane del medesimo suo paese, e suo stretto cugino tentò più
volte, ma in vano, di ottenerla in isposa. L’ostacolo grande della troppo stretta parentela, che tra
loro passava; il contrario genio, che li Genitori e li Fratelli del Giovane mostravano per questo
matrimonio; han fatto, che la Fanciulla non volle mai por mente alle richieste del Giovane amante,
nè darle mai una menoma speranza di ottener la sua mano. Per questo non cessò egli di amarla, e
forse quanto più ella resisteva al di lui amore, egli maggiormente l’amava. La libertà, che li
Genitori della Fanciulla concedevano all’amante di trattarla, ha fatto, che il suo amore giungesse
all’eccesso. Egli la importunava continuamente, ed ella costante gli resisteva. Più d’una volta ebbe
il temerario ardire di schiaffeggiarla, allorchè gli dava una negativa. Finalmente stanco si
risolvette di vederne una fine.
Si portò un giorno in aria di disperato amante dalla madre della Donzel-
Dicesi, che è cosa orribile a vedere in un candido seno una pugnalata della larghezza di quattro
dita, che la trapassa da parte a parte, due nel fianco destro dalle quali ne usciva quasi da due
mantici il fiato; una nel ventre da cui sortivangli le budella, e l’altra in una spalla. E non ho io
forse ragione di gridare: Barbaro Amore!”
Benchè in data degli 11 cor. l’infrascritta Lettera di Brescia non ci è giunta che jeri. Trovando spazio opportuno in questo Foglio sia soddisfatto chi scrissela.
Rondò cantato nell’Accademia fatta
in lode dell’Eccellentiss. Procurator Mocenigo il pr. Maggio passato, che si
vuol spacciare per un pezzo di Musica tutto nuovo, sono in necessità di dirle con sicurezza, che
questo è stato sentito anni fa nel nostro Teatro; e che assolutamente non si potrà mai provare che
sia nuovo, mentre abbiamo ancor nelle orecchie il suo principio che comincia Che
farò nel mio dolore se non trovo in te pietà?
Nella nostra Chiesa Parrocchiale di S. Giovanni tutte le Domeniche abbiamo la consolazione di sentire il nostro amabilissimo nuovo Parroco colla spiegazion del Vangelo, con un concorso assai grande di gente di tutte le Classi.
Il nostro Eccellentiss. Albrizzi Cap. V. Pod. continua sempre più a
mantenere il rigorismo delle Armi; e tra la proibizione di queste, e tra la moltitudine di Ladri
messi in queste Carceri, noi in adesso godiamo una perfetta quiete. Adunque lode a Dio ed a chi ci
governa così saggiamente. Sono a’ di lei comandi ec.
Avvenne lo stesso della seguente di Padova in data de’ 13. Siamo paghi di pubblicarla, perché alcuni accusavanci di volontarie omissioni sul punto che in essa trattasi.
Facile inventis
addere. Forse nell’anno venturo lo spettacolo stesso, dopo l’esperimento fatto, po-
Il Pieggio, che ha nominato S. E. s. Fran. Labia alla Magistratura delle
Biade fu il N. H. s Zuanne Minio di 40 Cr. Così chiamansi que’Gentiluomini,
ch’estratta a sorte palla d’oro hanno la facoltà nominativa di proporre alla ballottazione del
Serenissimo M. C. l’uno o l’altro de’Candidati. Si fanno in tal caso sempre un gran merito verso
de’nominati, particolarmente poi quando la loro proposta ottiene l’effetto d’una pluralità di voti
decisiva dell’elezione.
Abbiamo avvisato in uno di questi prossimi precedenti Fogli essere vicinissimo alla
partenza per Genova e Lisbona il Bergantino nominato il Principe del Brasile
comandato dal Cap. Gio. Domenico Calvi con cannoni 14 e marin. 16. Ora
aggiungiamo, che questo Legno d’americano modello fabbricato a Chiozza, è d’ una delle più belle
costruzioni, e serve al trasporto delle Conterie e manifatture a lume di
nuova invenzione, commercio importantissimo stabilito nelle suddette Piazze ne’ viaggj fatti in
quelle parti dal benemerito Sig. Giorgio Barbaria Parcenevole del Bergantino
prenominato.
Venendo da Padova al Dolo in sedia da Posta un Gentiluomo Veneziano, il cavallo balancino cadde tre volte, e con esso il servitore, ch’era sulle assi posteriori
del Legno, e questo in una delle cadute ha perduto un Libretto Manosc. sul carrone anteriore del
quale è scritto Indice spese, cibarie, ed estraordinarie 1788-1789.
Chi lo avesse ritrovato lo porti, o lo mandi dal Librajo Colombani a San
Bartolommeo, che otterrà in mancia un ducato d’argento.
Essendo questo un capo che non val niente per chi lo ha ritrovato, si può sperarne la presentazione.
Casa in due appartamenti con tutte le sue comodità, con pozzo, terrazzi, e finestre
ristaurate di fresco, e Bottega d’affittare, posta in Contrada di S. Barnaba nella Calle delle Botteghe. Le chiavi sono dal venditore di tabacco in detta Calle.
Casa in due Appartamenti con tutte le sue comodità posta in Campo a S. Barnaba. Le chiavi sono
appresso il Biavariol in detto Campo.
Due Stanze ad uso di mezzadi d’Avvocato, o Casino, appresso il Ponte de’Barcajuoli a S. Fantino.
Ricapito dal Sarto rimpetto alla Locanda la Regina d’Inghilterra.
Jeri di notte prese fuoco il Bastione o sia Magazzin da vino al Porte lungo sulle Zattere in Contrada di S. Trovaso, il quale restò
incenerito. Udivasi ancora a giorno cominciato il lugubre suono di campana a martello dell’alta
Torre de’Frari. Non ci mancava che questa per dare maggior pienezza alla
tristezza del Foglio presente.