Gazzetta urbana veneta: Num. 55
Permalink: https://gams.uni-graz.at/o:mws.4054
Ebene 1
Num. 55.
Sabbato 11 Luglio 1789.
Ebene 2
Metatextualität
Se avessimo a render ragione pubblicamente delle ommissioni, che
disgustano alcuni di que’che ci scrivono, la metà del Foglio ingombrato sarebbe ogni volta da
particolari giustificazioni intese soltanto da’ pochi che le pretendono. In primo luogo non ci
giungono tutte le Lettere, che dirette a noi sono, e spesso ne và smarrita qualcuna. Secondariamente
non tutte passano alle licenze, nè tutte son da stampare, prescindendo ancora da tale ostacolo. In
terzo luogo quando abbondano le materie si sceglie il meglio, e si scarta il meno interessante. In
tempo di penuria, si accetta per empire il Foglio anche ciò che in altre occasioni si condanna
all’obblio. Ora si pone senz’eccezioni le cose, ora se ne raccoglie la varia sostanza in un articolo
senz’alterazioni, a norma delle circostanze. Finalmente non è dovere di ripetere fuori di tempo
degli elogj già accordati al merito altrui, per secondar le premure di chi non si conosce. Il nostro
eccitamento di cui siamo rimproverati ingiustamente, non è per avere delle notizie che non
interessano che qualche particolare, e secondano le sue viste, ma di quelle che ponno piacere ed
esser utili a tutti. Frequenti sono i motivi ch’abbiamo d’accusare l’altrui indiscretezza fu questo
punto. Si tace, si tace, ma non si può tacer sempre, nè tener ferma la massima d’una costante
dissimulazione, e d’un perpetuo silenzio, perchè il dir qualche cosa, se non varrà a convincere del
loro torto i nostri accusatori potrà prevenire almeno quei che pensano al loro modo onde non
molestarci con ineseguibili commissioni, o con indiscreti rimproveri vibrati a man salva da chi non
si fa mai conoscere. E però sappiasi che la spesa di due soldi per il franca a una Lettera non
accorda a tutti il diritto di vederla stampata; che non siamo servitori venduti
all’interesse, o al capriccio di chiunque vuol comandarci; che non mancando di gratitudine verso chi
ci somministra delle cose buone, siamo in dovere di scartare le cattive, e di scegliere tra le
indifferenti quelle che più ci accomodano; che finalmente è un abusare dell’arbitrio lasciato a
tutti di scriverci anonimamente tentandoci a de’colpi il rischio delle cui conseguenze sarebbe tutto
per noi, e insultandeci in maschera quando non secondiamo certe premure. Per essere condannato a
metter il suo qualunque ingegno a profitto, non merita dunque riguardo alcuno trà noi uno Scrittore
che proccura di farlo colle migliori viste di pubblica utilità? Così certamente non pensano i saggi
il giudizio de’quali ci è sempre d’un gran conforto.
Ebene 3
Fremdportrait
Gli autori, in generale, che danno a leggere le loro produzioni agli
uomini dotti si raccomandano d’essere avvertiti sugli errori commessi, e di vederli segnati col
carbone d’Orazio, ma se trovano chi li tratti liberamente si erigono contro il loro giudice, e
confessar non vogliono il loro torto; o se sono convinti in modo da non poter contrastare, restano
almeno disgustati e mal disposti contro chi glielo fece conoscere. Per questo in vece di dire:
pregovi del vostro parere dir dovrebbero mi raccomando alle vostre lodi. Fosse per dolcezza d’animo,
o per non farsi inimici, un gran Poeta del nostro Secolo, conoscitore perfetto del cuore umano, e
delle sue dominanti passioni, a cui ricorrevasi come all’Oracolo della Poesia, s’era ridotto a lodar
tutto ciò che mandavaglisi in luogo di giudicarlo, e tanti dozzinali Scrittori che prendevano per
giusti dovuti elogj il ricambio d’urbani uffizj espresso in Lettere famigliari, le premisero
all’edizione delle lor opere come salvocondotti e presidj contro la critica, e la censura pubblica.
Sciocchi! Il lume di Sole che traeste a fronte delle spazzature del vostro volgare ingegno, non ha
fatto che maggiormente scoprirne la loro sozzura. Bisogna far conto di quei che sindacano
ragionevolmente, non di quei che lodano per costume. Al paradiso della gloria letteraria non si
giunse senza passare per il purgatorio della correzione; e quei che soffrir non vogliono il suo
tormento non godono altri applausi che quelli che danno a se stessi in casa propria mentre il Popolo
li fischia al di fuori, come il pazzo descritto dal citato Orazio.
Non ha egli studiato con metodo, non sà le regole della Poesica, non ha stile, e soltanto
ricco d’una fantasia stravagante, s’è posto a scrivere una Rappresentazione Teatrale intitolata Il
Re Amico, e la condusse a termine senz’ordine, senza condotta, senza rispetto alle prescritte unità,
dove soltanto balena qualche lampo d’ingegno, che abbaglia ma non illumina il suo soggetto. La lesse
agli amici suoi con della vivacità, e dell’energia, che servì molto bene a farla comparire quale non
era alla parzialità degli stessi. Fu da loro chiamata un capo d’opera, sollevato alle stelle il suo
autore, coperto di bacj, stretto d’amplessi. Si giurò che l’Italiano Teatro non aveva mai avuto un
pezzo sì grande; che quel solo bastar poteva a far la fortuna d’un Impresario colle
recite, e d’un Librajo colla stampa, e se ne disse tante, che riscaldossi la testa al povero Giovine
a segno di credersi un genio creato dalla Natura per onorare la nostra Nazione. Conoscitore d’un
uomo dotto, che senz’aver mai dato nulla al Teatro, è un ottimo giudice delle Composizioni, che per
esso si fanno, con finta modestia gli presentò la sua chiamandola un parto meschino di giovanile
talento, e pregandolo a dirgli liberamente la sua opinione per correggersi in avvenire. Questi
d’esuberante sincerità, dote funesta, particolarmente a chi non è in ricco stato, la lesse, e nel
restituirgliela lo consigliò a non darla alla luce del Teatro, nè del torchio, guidandolo a mano a
mano alla conoscenza degli enormi difetti di quell’aborto poetico anatomizzato dalla sua
intelligenza. L’autore si mortificò, ma non si persuase; ostentando allora della docilità, lo
ringraziò, e raccoltosi nella sua stanza scrisse cento versi da colascione contro del suo censore
accusandolo insolentemente di malignità, e d’ignoranza, ed eccitandolo ad una risposta. Egli è un
gigante, che non si degna di misurar le sue forze con un fanciullo. Vuole soltanto sostenere
pubblicamente per nostro mezzo, che l’unica situazione di quel Dramma mostruoso, che sia
tollerabile, è presa dalla Storia di Cromwell. L’autore lo nega assolutamente, se ne vanta
inventore, e a spada tratta sfida il suo avversario a provagli il contrario, il che egli fa col
seguente Articolo.
Siamo assicurati dall’onesto e sapiente critico dell’accennata Rappresentazione, che
una Scena della medesima sostenuta dal Protagonista, e da un suo confidente, non è che una copia
fedele del riportato tradotto articolo. Se verrà recitata, egli dice, o stampata, si vedrà se nel
giudicarla sono stato maligno ed ingiusto. Non posso desiderar questa prova senz’augurare al
Pubblico una noja da stancare la sua sofferenza. Il giovine autore mi ha detto freddamente, dopo
aver intesa la mia opinione, ch’egli non avrà fortuna se non cangia Paese, perchè nessuno è Profeta
in Patria. Io gli risposi, che se non partirà con migliori capitali troverà la sua Patria per tutto
il Mondo.
Ebene 4
Exemplum
Un certo Giovinotto uccello da nido, che ha l’ardire dell’Aquila
senz’averne le penne, se contentato si fosse di saltellare e non tentar un altissimo volo, caduto
non sarebbe in un precipizio.
Ebene 4
Gli occhi del tiranno. Traduzione.
Exemplum
Zitat/Motto
“Dopo ch’ebbe, Oliviero Cromwel, usurpata l’autorità sovrana, e che
il giovane Carlo abbandonata avea l’Inghilterra, un Gentiluomo avrebbe molto azzardato uscendo dal
Regno senz’averne ottenuta licenza dal Protettore, che temeva moltissimo i rigiri dei Nobili. Questi
credettero, che non vi fosse per loro, mezzo migliore, che quello di fargli la corte”. “Un Signore,
di fresca età, interamente dedicato agl’interessi di Carlo, un giorno andò a riverirlo. Il
Protettore, col solito suo sangue freddo, lo ringraziò di quella visita, lo stimolò a lasciarsi
vedere da lui, quanto più spesso potesse, e l’avvertì di non avere con Carlo Stuard commercio
alcuno. Vi giuro sull’onor mio, risposegli il Cavaliere, che io non lo veggo mai”. “Essendo
ritornato da lì a non molto, Cromwel gli strappò il suo cappello di mano, ne scucì con un coltello
la fodera, e dentro vi ritrovò molte lettere indirizzate agli amici di Carlo. Che vergogna! esclamò
Oliviero. In questo modo i gentiluomini Inglesi rispettano l’onore? Non m’avete voi promesso di non
veder mai Carlo Stuard? Io non l’ho punto veduto, dissegli il Cavaliere. Và benissimo, soggiunse
Cromwel; ma chi spense il lume? Voi, o Carlo?” “Bisogna credere, che Cromwel avesse una spia in
qualche persona, che viveva col Re, da cui seppe, ch’egli aveva smorzati i lumi, quan- il giovine
Lord tornò a visitarlo, dopo la proibizione del Protettore”.
Ebene 3
Brief/Leserbrief
Da Brescia 9 Luglio 1789. “Li due fatti esposti nella sua
Gazzetta num. 53 con lettera in data di Brescia, in cui si dichiarano due uomini stati ne’giorni
scorsi mortalmente feriti, sono su tal punto alterati, giacchè non furono che lievemente offesi. Il
primo di questi, fumante dal vino al momento che con certo puntone venne di ferro colpito, siccome
difficilmente reggevasi in piedi cadde a terra, e da fiero accidente sorpreso fu dallo stesso
Chirurgo creduto spirante, ma dileguatosi Bacco tra l’ombre notturne, la seguente mattina era in
istato, se li fosse piaciuto di sortire dall’Ospitale. L’altro poi offeso dal Sarte con forbice, non
lo fù che di semplice lacerazione. Sia detto a gloria della verità. La indefessa, e costante
vigilanza, che scorgesi in questo umanissimo nostro Rettore, sempre più ci conferma nella concepita
speranza di godere nel saggio suo Governo una perfetta tranquillità.
Altra di Brescia nella stessa data Ebene 3
Brief/Leserbrief
Da Brescia 9 Luglio 1789.
Ebene 3
Brief/Leserbrief
“Martedì scorso 7 Luglio corrente capitato un povero villico in
questa Città con una Bestia carica di Biada ebbe come costumasi a legarla ad uno
de’ferri fissi nel muro, o siano colonnette di una casa in vicinanza al Teatro, sin tanto che
esitava la sua mercanzia sul mercato, che si fa giornalmente in detto luogo. Un giovane oste
abitante in essa casa comandò bruscamente al Villico di dover immediatamente levar via la Bestia da
quel luogo, e mentrechè il pover uomo scusavasi verso l’Oste protestando che non aveva creduto chi
offenderlo, ed era per levarla, infierito il giovane, dato di mano ad un coltello, lo immerse per
ben due volte barbaramente in seno dell’infelice villico, che portato al vicino Ospitale sarà forse
a quest’ora estinto. L’oste si sottrò con la fuga ai rigori della Giustizia. Certo capo muratore
abitante in fondo alla contrada di Ronconfettora solito ubbriacarsi ogni sera, che nelle ore cadde
s’immagina di esser uffiziale marciando con un palozzetto al fianco ha sempre mai da contendere
colli affittuali di sua casa nella quale esso parimenti abita, nè vi è sera che non si odino
schiamazzi, e rumori grandissimi per il soverchio vino di cui sempre è ripieno. Capitato a casa la
sera del dì suddetto sette corrente incominciò a vituperare, ed a percuotere secondo il solito
alcune sue affittuali dalle quali voleva del soldo in anticipazione d’affitti per il che accorsa al
rumore persona che di là passava procurò d’acquietare il riscaldato muratore, ma fattosi questi
maggiormente baldanzoso dato di mano ad un trombone, che sempre tiene in cucina, carico per altro di
sola polvere, lo scaricò contro la suddetta persona mediatrice, la quale trattener non potendosi
diede tanti pugni nella faccia a detto Capo Muratore, che trovasi tutto contraffatto, nè valse a
sottrarsi dalla tempesta l’esclamar come fece con voce sonora, esser egli un ufficiale. Costui una
sera gonfio di vino passando con la di lui moglie dalla Beccheria di San Giuseppe verso le ore 4
voleva che la stessa stendesse il collo su di un zocco di detta Beccheria, assicurandola desiderare
soltanto di tagliarle la testa; agli urli della quale accorsa gente del vicinato risparmiarono
l’orrida scena. A momenti avrà il dettaglio de’virtuosi che agiranno nell’opera seria che si sta
preparando per la prossima fiera, non risparmiando il nostro Impresario Rossi spesa, nè fatica onde
riesca lo spettacolo grandioso, e magnifico in ogni sua parte.
Ebene 3
Brief/Leserbrief
Sig. Gazzettiere Stimatiss. Vicenza 6 Luglio 1789. “Ho letto mal
volontieri nella sua Gazzetta num. 53 una lettera in data di Vicenza 2 corr., e con ragionevole
presunzione devo dire esser stata piuttosto scritta da un Emulo della mia Patria, che da un
Patriotto. Egli ha proceduto con troppo mordace censura contro un affare, che merita lode. Da
principio mi mosse quasi a sdegno, ma ponderando poi la cosa colle mie riflessioni, trovai l’Autore
degno più di compassione, che di biasimo, caratterizzandolo di cervello garrulo, e bizzarro, ed
inesperto, capace soltanto d’intraprendere il pellegrinaggio di S. Servolo. La prima lettera,
inserita nel numero stesso della sua Gazzetta de’ 4 corrente, chi la scrisse fu uomo prudente,
abbenchè qualche piccolo sbaglio egli abbia commesso nel superlativo; pur nonostante
egli si è tenuto sempre sodo alle verità. Nell’anno passato, se le sovviene, io l’ho servita più
volte de’dettagli dei nostri pessati spettacoli senza esagerazione, attaccato soltanto alla verità.
Mi prendo dunque la briga d’informarla co’medesimi sentimenti anche della presente nostra Opera, per
ismentire nel tempo stesso l’ingiusta calunnia dell’anzidetta fastidiosa lettera 2 corr. La Musica è
bella, spiritosa, e bene eseguita dalla scelta numerosa truppa di professori componenti l’Orchestra.
Il primo uomo, e la prima donna eseguiscono assai bene le loro parti. Il primo Atto non può essere
più spettacoloso adattato al carattere del Dramma, e non per Opera buffa, come scrisse quel degno
Signore, che con ridicola censura tacciò d’antichità anche la nuova invenzione del celebre Pittore
Sig. Cav. Fontanesi, che riscosse tanti applausi nelle più cospicue città d’Europa, e che in tanta
ristrettezza di tempo fece i Scenarj di quest’Opera, che sorprendono tutti i spettatori. Il Sign.
Babbini al solito canta con tanta soavità e leggiadria, che rapisce tutto l’uditorio. Il duetto del
medesimo col Sig. Roncaglia è una cosa rara; e le loro arie piacciono a dismisura. Il Vestiario
tutto nuovo è veramente magnifico. I Balli, rapporto all’invenzione, non incontrano gran fatto, ma i
Ballerini sono di una bravura tale, che riscuotono grandi applausi. La Musica del Ballo è assai
brillante. In somma abbiamo uno spettacolo degno d’esser veduto. Li molti Forestieri, che quì si
portano, restano contentissimi. Eccola servita colla solita mia sincerità. E pieno di stima
riverendola sono Antonio Scopino
Sul Corso.
Sul Corso.
Metatextualität
Questa Lettera non ci fu consegnata che alle ore 14 di questa mattina
del corrente Sabbato 11 Luglio.