Citazione bibliografica: Antonio Piazza (Ed.): "Num. 5", in: Gazzetta urbana veneta, Vol.3\005 (1789), pp. 33-40, edito in: Ertler, Klaus-Dieter / Dickhaut, Kirsten / Fuchs, Alexandra (Ed.): Gli "Spectators" nel contesto internazionale. Edizione digitale, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.2319 [consultato il: ].


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Num. 5.

Sabbato 17. Gennaro 1789.

Livello 2► Livello 3► Lettera/Lettera al direttore►Signor Gazzettiere Stimatissimo.

Addì 8. Gennaro 1789. Treviso.

Metatestualità► Mi increbbe assai il non avervi potuto soddisfare per molto tempo di alcuna relazione, che risguardar potesse questa nostra Città. Incolpatene la sorte, di cui per molte traversie divenni infelice bersaglio. Ora vi farò palese un fatto, che potè destare l’ammirazione de’più intendenti. ◀Metatestualità Nella Villa di Falzè di Campagna nel nostro Territorio, entro lo spazio di cinque ore avvennero ad una Famiglia soprannomata Morelato quattro sinistri accidenti, che poi lietamente sortirono della fine. Un giorno dopo che cotesti Villani aveano pranzato: Ecco d’improvviso veggono sull’aja sdrajato dimenarsi come un randello il loro Porco. Crucciosi v’accorrono, e si dan fretta di medicarlo. Tutto è dar in nonnulla. La bestia mostra di soccombere. I Contadini, come è lor costume, per mezz’ora fanno d’intorno a lui un istancabile piagnisteo. Poscia partono dolenti. Quando sono per entrare in Cucina, uno di loro s’avvede, che il Porco rialzato sano, e salvo camminava per l’aja. Ripigliano allora la contentezza. Ma che? mentre stupidi ammirano il fatto, veggon d’appresso corcarsi supini i Polli d’India. Invitati pertanto dal novello strano infortunio, si beccano il cervello per rinvenire la cagione della già temuta perdita. Le donne piangenti sospettando di qualche fattucchieria cominciano a far sopra quelli mille croci. Tutto in darno; poichè di morir apertamente fanno mostra. Lo stupore, e l’affanno li fecero più di prima dare in istrepitose grida. Ma non sì tampoco ristanno ivi a piagnere, che cotesti, come se niente lor fosse accaduto, si rianno.

Quanto per lo innanzi dolor provarono, altrettanto fù per essi il gaudio, il quale venne interrotto dal sentire con incestante lamentevole suono mugghiar entro la Stalla un bue. Corron do bot-[34]to i sciagurati Villani: apprestano sovvenimento: ma ei fà cenno di morire. Allora si fù che con forti schiamazzi sollevarono il vicinato; e che addimandarono del Piovano, acciò li benedicesse, e cacciasse lungi da’lor confini il diavolo, che credeano, ei volesse far di loro, come del Zimbello. Non sì tosto i vicini alla lor Casa arrivano, che il Bue sorge da terra; e comincia mangiare, e rugumare come prima.

Tutti stupiscono in udir tali eventi: come anche il Piovano, che fatto consapevole d’ogni cosa ritornò a casa, vedendo che di lui mostravano di non ne abbisognare i Contadini. Qui non cessano le vicende. Partono li vicini. Quelli della Famiglia vanno a zappar nel vicin Campo. Quando ecco il Figlio del Padre di Famiglia trambascia sì, che pare ei senta dolori di morte. E mentre si ange, e si dimena, perde la favella: e come morto in terra si distende. Se grandi furono i spasimi di quegli sfortunati per i passati casi, voi vi potete immaginare quali a tale spettacolo saranno state di col loro le strida. Basta; il Cielo dopo un’
ora li volle consolare, e ridonò loro la consolazione manifestando nel già creduto morto Figlio chiari segni di vita. Pertanto si vide lo stesso ripigliar le perdute forze, e camminare. Metatestualità► E quì terminò il fatto. Scusate se troppo mi dilungai nel riferirvi simili avvenimenti. Continuatemi il vostro compatimento, che a’vostri cenni sarò sempre. ◀Metatestualità

Affez. Servitore.

L’Abbate N. ◀Lettera/Lettera al direttore ◀Livello 3

Verona. Li 10. Gennaro 1789.

Le novità, che quì corrono, sono triste. Il vivere è a caro prezzo, perchè pochi commestibili vengono in Piazza; e c’è scarsezza di farine, e particolarmente di gialla, perchè li molini non possono macinare. Sono morti dal freddo alcuni poveri. Jeri ed oggi cadde una copiosissima neve. È pericoloso il camminare per queste nostre strade.

Domenica scorsa alle ore cinque circa quattro Birri di Città a cagione del giuoco vennero trà loro a contesa nell’Osteria detta dei Mazzanti; poscia son andati ad un Caffè sotto il Volto Barbero, e colà si tirarono di pistola, ma senza colpirsi: ed usciti illesi della Bottega son andati in Piazza dei Signori, e colà hanno dato mano ai tromboni; e dopo più scariche uno è restato subito morto, un altro morì il Martedì notte; il terzo, ch’era rimasto in vita, e non ferito, nel voler uscire dalla porta di San Zen fu preso da’Birri, e condotto in prigione; il quarto, ch’era ferito, fuggì da questa Città ma quando fu verso il confine Veronese dalla parte d’Ala di Roveredo, ha dovuto fermarsi, mettersi a letto. Gli si formò contusione della ferita non medicata, trà il collo, e la spalla, e morì pur esso. ◀Lettera/Lettera al direttore ◀Livello 3

Livello 3► Lettera/Lettera al direttore► Signor Gazzettiere.
Da una Città del Mondo.
Li 12. del 1789.

Permettetemi un’espressione, che appartiene al settimo Comandamento del Decalogo. Quì passa per proverbio, che se ogni Ladro dovesse subire la pena di morte colle budella d’un onorato galant’uomo nessuno morrebbe di morte violenta. Diffatti in questa Città e Provincia siamo ridotti all’eccesso, e non sappiamo più di chi fidarsi: e li pochi veri onorati affirmeranno la mia proposizione. Quà non passa giorno, [35] che tanto in Città quanto in campagna non sentasi qualche latrocinio o grave, o per lo meno lieve: ma sempre di qualche somma. Non basta la semdre lodata ed indefessa vigilanza di chi saggiamente governaci, e l’attenzione continua de’Ministri: imperocchè se li ministri sono molti, duecento volte di più sono i ladri. Intanto che si vigila da una parte si ruba dall’altra; e quel ch’è peggio, molte volte s’ingannano i ministri stessi cogli abiti, che portano. Li credono Mercanti, o persone civili, e sono in realtà veri ladri.

Anco nelle Case Nobili sonosi introdotti costoro ad esercitare il loro mestiere, e alle volte colgono l’ora della Conversazion notturna per essere più sicuri del loro bordo.

Li Mercanti son costretti a fidarsi di pochi avventori, perchè tratto tratto si veggono mancare or l’una, or l’altra pezza di roba. In somma un Inquisitor sopra Furti solamente, quì avrebbe un continuo impiego. Quando per altro si potesse un pò restringere l’ordine Criminale in tale proposito, e che per mezzo di Denunzie Segrete si potessero rilevare i rei, son certo, che molti, che passeggiano in buona figura sarebbero i primi castigati. Si schiarirebbe in allora, che non solamente sono questi tali i veri Protettori, e ricettatori di Ladri, ma che gli prestano perfino gli abiti, onde potere sotto buona figura esercitare impunemente il loro mestiere. Costoro tengono Magazzino di robe rubate, e mantengono del necessario tutti quelli, che dolosamente vivono a spese della Società. E se mi fosse lecito il nominarli ve ne additerei per lo meno cinquanta, oltre quelli che non saranno palesi. Se gli oziosi, e malviventi trovansi annidati in gran numero nella Città, non vi sono nientemeno in proporzione in tutti i Paesi di questa Provincia, e molto più in quei lontani, e meno timorosi dei riflessi della Giustizia ove, oltre li domestici continui furti odesi perfino, degli eccessi, degni di qualunque castigo, dal quale alcuni non hanno per altro potuto sottrarsi.

Sarebbe necessaria una leva generale colla scorta dei soli Parrochi. Ed oh ! quanto in allora troverebbersi sollevati i poveri sudditi, che si guadagnano il pane a sudor di sangue.

Vostro affet. Amico. ◀Lettera/Lettera al direttore ◀Livello 3

Livello 3► Lettera/Lettera al direttore► Signor Gazzettiere.

Padova. 13. Gennaro 1789.

Pajonmi degni d’esser letti per la loro eleganza, e chiarezza i pochi Versi Latini, che unitamente alla lettera, con cui mi furono accompagnati, trasmetto a Vossignoria. Sono usciti dalla penna d’un mio Amico Maestro di belle Lettere, in cui ho sempre ammirata la nitidezza, e la felicità. Mi rallegro con lei dei Versi, che ha indirizzati al Sig. Foppa, e sono in tutta la stima.

Suo affet. Servitore.
N. N. ◀Lettera/Lettera al direttore ◀Livello 3

Livello 3► Lettera/Lettera al direttore► Nobil Signore.

Eccole pochi Distici sull’argomento, che m’indicò. Aveva già intesa la disgrazia dello sventurato Uffiziale Trivigiano, come del pari erami nota la venustà, e leggiadria di suo Fratello. Io però non conosco nè l’uno, nè l’altro, ancorchè dimorassi qualche anno a Treviso. Può ben ella ricordarmeli quanto le piace, altro non saprei rispondere con [36] verità, senonchè la loro Famiglia parvemi del rango delle Civili. Questo già poco importa. Il non conoscerlo non fa, ch’io non senta compassione del primo, e se anche noto mi fosse il secondo, ch’ella chiama fortunatissimo, non saprei certamente invidiarlo. Noi altri Ecclesiastici riputiamo una vera miseria quella, che Vossignorie del secolo dicono felicità. Ammirerei quest’ultimo, quando fosse capace di sacrificare il supposto suo genio alla miseria dell’infelice Fratello. Non mi lusingo di tanto per altro, e son certo, che il mio suggerimento, se intendesse il latino, lo farebbe ridere, e niente più. Intanto ho il piacere di averla servita anche per questa volta, e con tutto il rispetto mi dò l’onor di segnarmi.

Devot. Obblig. Servitore
N. N. ◀Lettera/Lettera al direttore ◀Livello 3

Livello 3► Citazione/Motto► Qua posuit (preclara situ) peregrinus Osiris (1 )

Menia, piscosis undique cincta vadis,

Etbereas gemini Fratres vener sub auras,

Queis tamen baud cadem mens, animusque fuit.

Alter enim ancipitis tentare pericula Martis

Audet, est anime prodigus ipse sue.

Alter castra petit Veneris, nitidusque juventa

Pulchra cupidinei militisarma gerit.

Ille sed esctemplo pugna congressus iniqua

Excidit bostili preda cruenta manu:

Et gemit eratos innexus colla catenis,

Hellespontiaci qua tumet unda maris.

Hic celeres promens pharetra meliore sagittas

Usque Puellarum sauciat arte sinus.

Et misere plorant onerate pectora nodis,

Quod neget optatam ferre superbus opem.

Fortunate Puer, Fratri succurre, Parentis

Avertesque simul tristia fata Jenis.

Si qua tibi est pulchras inter pulcherrima, que sit

Armipotenti Asie digna Puella Viro,

Illus ducito captivam: mihi crede, retorto

Fraterna abrumept vincula Virgo pede. ◀Citazione/Motto ◀Livello 3

[37] Libri Nuovi.

Dalli Torchj del Signor Ramanzini in Verona, è uscita alla fine dell’anno prossimo scorso la ristampa del Libretto di forma duodecima, di pagine 98. non comprese le 30 della Dedica, e della Prefazione, in buona carta, ed in bel carattere, intitolato Discorsi sulla vita sobria di Luigi Cornaro. La Lettera dedicatoria diretta al Signor Alberto Albertini dal Signor Agostino Vivorio, scritta con purità di stile, senza estendersi in ampollosi Elogj del Mecenate, ma ponendo soltanto il sodo suo merito in bella vista, con precisione, e giustezza, dà allo stesso tempo un’idea della medesima atta ad invogliarne alla lettura, facendone ingegnosamente conoscere lo scopo, ed il pregio. La prefazione poi è uno di que’rari pezzi, che al contrario delle comuni le quali affaticando i leggitori lor fanno perdere la volontà di proseguire, trattiene eruditamente l’applicazione, ed apparecchia alla materia con un’evidenza la più chiara, e persuasiva. È richiamata in essa la gloriosa memoria di quegli illustri Patrizj Veneti, ch’egualmente distinti si sono in questa dominante Repubblica colla saviezza de’consigli, e col valore dell’opere, che in quella delle Lettere colla dottrina, e coll’ingegno; è dato un nobile eccitamento a’loro elogj; è validamente difesa la letteratura italiana contro la cieca prevenzione per la straniera; è fatto conoscere a luminosi caratteri il celebre autor del Trattato colle testimonianze onorevoli del nostro immortale Apostolo Zeno, che nelle sue annotazioni alla Biblioteca di Monsignor Fontaninì parla della sua nobilissima origine, della sua splendidezza, e della lunga sua vita.

Le opere del Cornaro tradotte furono nelle Lingue Inglese, Francese, e Latine, prova chiarissima dell’alto lor merito. Basterà questa cognizione a chi lo ignora per proccurarsi un erudito trattenimento nell’accennato Trattato di cui valersi ponno utilmente.

Gli splendidi Luculli, molli Apici. Vendesi al prezzo di soldi 30. da questo Librajo Bertella a S. Giuliano.

I capi d’Opera del Teatro antico e moderno, italiano e straniero, Tomo Primo contenente un discorso sul Teatro formale e materiale, corredato di otto stampe in rame rappresentanti l’idea d’un nuovo Teatro.

Metatestualità► Allorchè diedesi in luce il Manifesto di questa tipografica impresa l’abbiamo di buona voglia inserito in uno di questi Fogli, affine di contribuire per quanto valer può il nostro mezzo al vantaggio della medesima. ◀Metatestualità

Parlando adesso della forma, e dell’edizione di questo volume, diremo esser quella in comodo e maneggevole ottavo, e questa in ottima carta, e nitido vistoso carattere. La numerazione delle sue pagine arriva al 142 senza le non poche che comprendono, il Frontispizio, la Dedica all’eccelso Cavaliere Spagnuolo il Sig. Marchese d’Iranda, l’
idea dell’Opera, il Manifesto riprodotto, la Prefazione, e l’Indice de’Capitoli; e senza l’altre in cui son impresse le tavole in rame, e le loro spiegazioni. I Capitoli, abbracciati dal Discorso2 che forma la materia di questo Tomo Primo son i seguenti.

[38] Del Teatro in generale. Giudizj opposti riguardo al Teatro. Idea di conciliarli. Origine del Teatro. Suo oggetto. Sua divisione. Poesia. Bella natura. Dramma. Regole comuni ad ogni Dramma.

Della Tragedia. Regole della Tragedia. Storia della Tragedia.

Della Commedia. Regole per la Commedia. Storia della Commedia.

Della Pastorale.

Dell’Opera in Musica.

Dell’Argomento dell’Opera.

Della Musica. Influenza della Musica. Essenza della Musica.

Della Sinfonia. Del recitativo. Delle Arie. De’Cori. Delle burtlette in Musica.

Degli Attori.

De’Balli.

Della decorazione.

Del Teatro Materiale. Descrizione del Teatro antico. Del moderno.

Loro confronto. Idea d’un nuovo Teatro.

Cause de’difetti del Teatro, e mezzi per ristabilirlo.

Per quelli, che letto non hanno il Manifesto è necessario almeno il ripetere che la scelta de’Capi d’Opera „non riguarderà solamente gli autori e le opere d’un medesimo Autore, ma talor le parti d’una sol opera, col prendersi ex. gr. due o tre scene sublimi d’un Dramma dell’Inglese Schakespeare, o dello Spagnuolo Lope de Vega, e col lasciar le loro assurdità, e le loro inezie agli amatori dell’Opera omnia. I pezzi originalmente scritti in Italiano, e in Francese resteranno nell’originale lor Lingua, e saranno tradotti nell’una, o nell’altra gli altri pezzi antichi e moderni dettati in Lingue diverse. La raccolta si conterrà in un proporzionato numero di tomi, ognun de’quali verrà alla sua consegna pagato in ragione del numero de’Fogli, al prezzo di soldi 4 Veneti per ogni Foglio di 16 Pagine, prezzo a cui sarà pur limitato ogni rame, e la legatura d’ogni Volume. Si ricevono le Associazioni dallo Stampatore Antonio Curti qu. Giacomo, a San Niccolò, e da’Libraj Storti e Foglierini in Merceria”.

Metatestualità► Un nostro Affezionatissimo di Verona dopo aver parlato in una sua Lettera scrittaci, del Distico di Tibullo, e delle cinque sue traduzioni da noi stampate dice: ◀Metatestualità

Livello 3► Citazione/Motto► „Non sono per altro riuscito di fare un Distico Italiano d’un Distico Latino, ma molto meno d’assai col trasportar due Versi Latini in un solo Endecassillabo. Sia questo buono o cattivo, sarò sempre contento d’aver soddisfatto alle voglie dello spasimante ec.” ◀Citazione/Motto ◀Livello 3

Livello 3► Citazione/Motto► Illam quidquid agit, quoquò vestigia movit

Componit furtim, subsequiturque decor. ◀Citazione/Motto ◀Livello 3

Versione.

Con grazia, e venustà s’adopra, e move.

Aggiunge poi. „Dell’Opera di Verona era meglio tacerne che il giudicarne sì male da un vostro Assocciato.”

Chi sà mai s’egli sia scontento per la partita della qualità, o de’difetti? In due Lettere scritte da Verona ad una Signora di questa Città, c’era molto da accrescere alla lista spiacevole, e da alterare il Bilancio.

[39] Livello 3► Eteroritratto► Quel vecchio detto Nane Matto, che anni sono era tanto prodigo d’aspersioni d’acqua santa, e d’oglio raccolto a mano dalle Lampade sacre, con danno di molti tabarri; che dormiva in istrada, e veniva vestito due volte all’anno da certi suo benefattori; che succhiava da un pezzolino di sudicia pipa degna d’un pescator buranello il fumo di limosinato tabacco: che a pochi chiedeva la carità solo in estremo bisogno, e ne faceva agli altri; che non parlava mai, ed era solito ad ire ogni notte a ora tarda nella cucina dell’Osteria della Luna: notissimo per il suo silenzio, per le sue stravaganze, per la tranquillità filosofica della sua vita, per una certa testa da medaglia, per la folta rossiccia barba, che dava un’aria di maggior gravità alla sua pensante fisonomia, quello da qualche mese non si vede più in questa Città. ◀Eteroritratto ◀Livello 3

La Gazzetta n’ebbe una pressante ricerca, e preso impegno d’informarsene venne a sapere: ch’egli non è morto dal freddo, come credevasi, ma prima che giungesse l’Inverno passò la Laguna, e andò al suo Paese nel Friuli dal quale Dio sà da quanti anni mancava! Fu conosciuto nel suo passaggio per San Donà di Piave da un Mercante da vino che molte volte lo vide a questa nominata Osteria, ed ebbe a sudare per cavargli di bocca dopo cento replicate interrogazioni una risposta alla Spartana, per cui venne a sapere che andava a casa, e che la sua casa era a Colmurs. A cenni il buon Nane gli chiese tabacco, e intrepidamente proseguì il suo viaggio.

Ecco appagata la curiosità di chi tanto bramava aver notizie di lui. È degna di memoria la risoluzione d’un uomo, che visse tanti anni trà noi ricusando tetto ed alloggio, che mai disse di qual Paese si fosse, che tanto parve fermo nel sui sistema di vita, e che nella sua vecchiaja si ricordò d’aver Patria, e volle andar a morire ove nacque. Venezia non ebbe mai un povero più discreto, tranquillo, umano; non nuocero ad alcuno le sue stravaganze, se prescindasi da qualche mantello macchiato dalla sua divozione ne’tempi passati. Gli si diceva matto, perchè viveva a suo modo: si contentava del poco ch’esigeva la sua sussistenza; considerava che appartenesse agli altri poveri quello che al momento non occorreva per lui, e così nella sua miseria medesima non ebbe mai nè bisogni estremi, nè desiderj; non contese perchè non parlava, ed era sovente, senza chieder nulla, soccorso.

Metatestualità► Risparmiate le risa insultatrici su questo ingenuo racconto, o sfaccendati ciarloni, che biasimate tutto. Nane, ad onta della sua miseria, fece del bene a’suoi simili, ed ha un diritto alle pubbliche lodi. Voi indegni del suo paragone, non aprite bocca, che per fare del male. ◀Metatestualità

Avviso.

Oggi soltanto, Sabbato 17. corrente, il Sig. Teodoro Viero ha potuto pubblicare la stampa della veduta dell’Isoletta di S. Secondo colla Laguna gelata; e ciò per il gran lavoro, che ci volle a condurla a perfetto fine, avendo voluto, che siano rimarcati in essa li principali accidenti, e gli spettacoli seguiti su quel Piano agghiacciato dal giorni 29 Dicembre fino alli 14 del presente Gennaro, a perpetua memoria de’posteri.

Questa è in gran Foglio Reale, e vendesi nera al prezzo di soldi 30, e soldi 50 colorata al naturale. Può essa servire di fornitura essendo della grandezza della Raccolta di 28 principali Vedute di Venezia, che vendesi dal suddetto al suo Negozio in Merceria dell’Orologio.

È diversa da quella piccola delineata dal Sig. . . Grego, e incisa dal Sig. Scattaglia, la quale vien venduta a San Marco, e per la Città.

Mer.

[40] Avvertimento.

La Lettera scritta da una Città del Mondo, per quanto apparisce da’segni Postali, viene da un Paese limitroso, ove a cagione dalle presenti guerre introdotti si sono gli oziosi, ed i malviventi ad infestare quella Popolazione; ed è pur troppo vero, che le guerre, generano sempre conceguenze di tal natura, ne’Paesi particolarmente confinanti.

Teatri.

La Tragedia intitolata Zorami, non fu replicata a S. Luca dopo la prima recita, perchè il Sig. Petronio soggiacque ad incomodi di salute. l’altr’jeri fu rimessa in iscena, ebbe concorso ed applausi, e si chiamò la replica.

La Virginia a Sant’Angiolo durò 3 sole sere, com’era bene da prevedere all’accoglimento, ch’ebbe la prima.

Siamo avvisati, che domani verrà riprodotta, dopo molti anni di pausa, nel Teatro a S. Gio: Grisostomo, l’azione favolosa del nostro inimitabile sig. Goldoni intitolata Il Genio Buone, e il Genio Cattivo.

Cambj.

Venerdi 16 corrente.

Lione 59 e 5 8vi. Parigi 59. Roma 63. Napoli 119 e mezzo. Livorno 99 e 3 4ti. Milano 155 e mezzo. Genova 92 e 3 4ti. Amsterdam 93 Londra 48 e 3 4ti. Augusta 101 e 3. 4ti. Vienna 197.

Prezzi delle Biade.

Il Formento a L. 29. Sorgo Turco a L. 22. 10. Segale a L. 15. Fagiuoli a L. 23. Miglio a L. 16. Il riso a duc. 35. 12 in 36 al m.

Morti.

Il Sig. Giamb. Paganello mercante della Contrada di S. Leone.

Il Circospetto Sig. Melchior Cavalli della Contrada di S. Luca. ◀Livello 2 ◀Livello 1

Estrazione del Pubblico Lotto di Venezia 16. Gennaro 1788 M. V.

Introito

Di Venezia L. 185692:19

Di Terra Ferma L. 101270:1

L. 286963: sono D. 46284:9

Numeri Estratti 23. 85. 67. 73. 45.

Vincite

Qualità, e quantità de’Terni.

N. 1 da Duc. 1000.

Terni coll’Augumento D.13545: N.4 da Duc. 500.

Ambi simili D.8722: N1. da Duc. 400.

Estratti D. 660: N.1 da Duc. 300.

N.1 da Duc. 250.

D. 22927: N.4. da Duc. 200.

N.3. da Duc. 150.

N. 12. da Duc. 100.

N. 19. da Duc. 50.

N. 7. da Duc. 25.

N.53.

La ventura Estrazione sarà li 14. Febbraro 1788 M. V.

1Il Bonifazio vuole, che Onride fabbricaste Treviso

2Fu esso stampato la prima colta a Roma nel 1771, e ristampato in questa Città due Anni dappoi dal Signor Pasquali.