Sugestão de citação: Giovanni Ferri di S. Costante (Ed.): "Il letterato", em: Lo Spettatore italiano, Vol.4\04 (1822), S. 32-42, etidado em: Ertler, Klaus-Dieter (Ed.): Os "Spectators" no contexto internacional. Edição Digital, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.2259 [consultado em: ].


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Il letterato

Citação/Divisa► In quella maniera che la favella divide l’uomo dagli
altri animali, così la scienza divide un uomo dall’altro

(Algarotti). ◀Citação/Divisa

Nível 2► Nível 3► Narração geral► Poco dopo esser uscito di collegio, io diedi alla luce alcun saggio letterario, il quale fu con quella indulgenza ricevuto, colla quale soglionsi le cose giovanili ricevere. Presi allora il partito di darmi tutto alle lettere. Fu prima mia cura l’aver conoscenza degli uomini più riputati per le loro opere, e mi venne fatto per ventura di esser accolto alla conversazione del chiarissimo Eufemone. Non m’usciran mai di mente i savi consigli ch’ei poscia mi diede, quando intese ch’io m’era dietro le sue orme avviato. Nível 4► Diálogo► Nível 5► Retrato alheio► “Certo, diceva egli, non v’è più onorata, ma forse non v’è più malagevole arte che quella del letterato. Convien prima la gravità e la dignità sua tutta comprendere, perchè il vero letterato è l’interpetre della moralità e della virtù; nè è, come gli altri, un cittadino privato, ma è in effetto un magistrato di amplissima autorità, e di tanto maggior potenza, quanto più ella è in sulla verità edificata. Non si appaga egli d’insegnar la virtù ne’suoi libri, ma ai suoi dettati rendono testimonianza le sue operazioni. Parla agli uomini senza adulazione e senza timore; non tiene dietro a guiderdoni, e si mostra sempre libero e independente.

[33] “Di quante doti ha bisogno il letterato a voler soddisfare al suo officio! Deve natura essergli stata cortese d’un grand’amore del bello e del vero in ogni genere. A lui si richiede allargare e raddoppiar le sue idee per istudio e fatica. Deve egli star sempre rivolto ai preteriti secoli, e riandar le memorie di tutti i tempi, e da quelle ritrarre l’animo e i pensamenti degli uomini grandi. Deve ricevere lume dalle scienze, e speculando e considerando rinvenire le cagioni, e delle cose ogni relazion conoscere. Così l’uomo di lettere è l’alunno della natura e dell’arte. E perciocchè la naturale inclinazione è il primo talento, fa duopo che il letterato investighi dentro a se stesso, per vedere da qual parte natura lo inchini. Che se ella de’suoi doni gli sarà stata liberale, non potrà egli non iscorgere il genere di studio a che ella lo avrà disposto. L’entusiasmo che moverà in lui la lettura de’grandi scrittori, de’quali dovrà egli seguitare la via, nuovi sentimenti e pensier nuovi in lui desterà, e farà scintillare le prime faville del suo ingegno nello stesso modo che l’armatura mostrata da Ulisse riscaldò e fece apparire l’animo bellicoso d’Achille. Esso conoscerà allora la potenza della sua mente, e, a somiglianza di quel pittore degno emulo di Raffaello, potrà dire: Son poeta ed oratore ancor io.

“Colui che presume d’aver molti talenti, dà le più volte indizio di un mezzano ingegno. Egli è propria qualità degl’imitatori a diverse forme acconciarsi e seguitar le altrui orme. Ma gli alti talenti e i veri genii si levano per lor [34] propria virtù, ed hanno sempre uno stesso carattere. È indizio ancora di povertà di spirito il pretendere di sapere ogni cosa. Perciocchè chi vuol tener dietro a tutte le scienze, a non possederne alcuna si condanna. Si può appena aver tintura di molte cognizioni, e per tutto si trova un maestro il quale ci fa conoscere essere gran senno l’ignorar molte cose.

“Non meno intemperata che l’ambizione dei conquistatori, è quella degli autori. E perchè, s’ella ogni confine eccede, dovrà esser meglio avventurosa? Fiacca di necessità i conquisti chi attende troppo ad ampliarli. Moltissimi autori, esausta che sia loro una vena, si studiano di aprirsene un’altra. L’essere felicemente riesciti in altro aringo inspira loro un’orgogliosa fidanza; ma il pubblico e rigido giudizio incontanente li toglie da questa illusione. Nível 6► Exemplum► Per le sue orazioni di maschia eloquenza Celandro diventò degno di essere fra i più celebrati oratori connumerato; della qual gloria potea contentarsi; ma egli arse ancora di desiderio d’esser poeta; e volendo senza vena compor versi, pare che s’affatichi di far conoscere agli altri, non esser egli quell’altissimo ingegno che in principio era tenuto. ◀Exemplum ◀Nível 6

“La soperchia cupidigia di nome e d’onore menaci spesso a mettere anzi tempo in luce le nostre opere non così forbite e leggiadre come si richiederebbe; per la qual cosa di quelle addiviene ciò che delle opere della natura, la cui durata è lunga o corta, secondo che più o meno ratto è stato il lor crescimento. Col volgere di molti anni s’allevano e ingrossano quercie [35] ed elefanti; ma molto lento invecchiano, e tardi vengon meno; mentre che nei termini di pochi dì sono germinati e prodotti e morti i fiori e le farfalle. Di gravi e lunghe fatiche nacquero le opere di Virgilio; ma elleno sono nate immortali: e le cose di quei poeti che paiono averle all’improvviso cantate, tanto vivono, quanto di tempo richiesero ad esser fatte.

“Il molto numero delle opere fa prova di un lavoro immaturo; e ci fa credere che siano di poca vaglia. Nível 6► Exemplum► Alcippo è in punto di pubblicare alcun suo nuovo libro; inutilmente gli dici che i savi di libro così ratto ratto composto hanno poca fidanza, perciocchè i grandi autori intorno a pulir l’opere loro molti anni dimorarono. Egli risponde, questi autori aver faticato come Zeusi, cioè per l’eternità; per la qual risposta, e per lo poco tempo alla sua opera posto, si può inferire che Alcippo ha voluto faticare per un anno solo. Le costui opere sono così fatte, che appena si possono leggere una fiata; ed ecco perchè a voler conservare quella piccola fama che si ha procacciata, gli è mestieri di farne spesso delle nuove. Ma i posteri per certo non sapranno che Alcippo abbia scritto; anzi sopravviverà egli alla sua rinomanza. ◀Exemplum ◀Nível 6

“Certi autori spesso avendo sua carriera compiuta, in tempo che saria da dare alla faticata penna riposo, imprendono a produr nuove opere; per le quali cose essi diventano minori di se stessi, e la fama acquistata n’è loro diminuita. L’autore che una pagina più che non bisognava abbia scritto, può ad un eroe il quale [36] un giorno di soverchio vissuto abbia, assomigliarsi.

“Aver rinvenuta la parte a che lo ha disposto natura, allo scrittore non basta; bisogna ancora ch’egli faccia eletta di utili e begli argomenti: poco e basso suonerà il nome suo, se per pochi leggitori egli scrive, e di cose tratte di circostanza, le quali si possano comparare ai giornali che al dì vegnente sono abbandonati e dimentichi.

“Certi scrittori non potendo alcuna fama attendere per lo piccolo pregio delle opere loro, disperati d’ogni favorevole evento, intendono a piacere per laide e vituperevoli vie, da cui ne frutta loro vergogna. Eglino si mettono ad accarezzare gl’affetti più rei, e diventano così i difensori dell’errore e del vizio. Si può avere per iscusato colui che per violenza di mala disposizione avanti che considerazione lo aiuti, si lascia ciecamente traviare; ma come si dee scusare la corruzione studiata, e la premeditata malvagità? Quali pene non merita quegli che si ritrae nella solitudine per tendere con maggiore artifizio lacciuoli all’innocenza, e per lasciare il suo secolo più vizioso che non l’ha trovato? Questi scrittori sono eziandio vilipesi e disprezzati da quelli che nelle disoneste opere loro si pascono con delizia, e debitamente son pareggiati ai ministri de’vergognosi piaceri.

“Un altro pericolo da evitare, è il non andar dietro al pubblico gusto corrotto, per acquistare la grazia del popolo, e rendersi certo del successo: perocchè s’appartiene alle letterate e intendenti persone il formare il gusto [37] del pubblico, e lo inspirargli l’amor del vero e del bello, e non così andar vaneggiando con le bizzarrie e gli errori del volgo. Quanti autori non hanno vivuto, che un dì, e sarebbero rimasi eterni, se avessero osservate le leggi del gusto e della ragione! Spesse volte lo studio di piacere al presente secolo è colpa per cui si dispiace ai vegnenti. La corruzion degl’ingegni è come quella dei costumi. Una intrepida e virile virtù si può solamente difendere dai vizi che l’usanza fa esser legittimi; e similmente un sovrano intelletto può solo rimaner non macchiato dal sozzo e laido gusto dei coetanei, per moda renduto autorevole.

“Devono gli autori in ogni materia aver uno scopo di morale: perchè s’essi non ad altro intendono che a dar sollazzo, o a far mostra di un vano sapere, qual frutto potrà venire dal leggere le loro opere? Nível 6► Citação/Divisa► Uopo è, dice Montaigne, che le lettere s’infondano nei costumi, e che il frutto del leggere diventi virtù. ◀Citação/Divisa ◀Nível 6 Onde che niuna scusa salva da biasimo quegli autori che non hanno un obbietto morale; conciossiachè lor officio sia faticare a rendere il mondo migliore. E il più bel privilegio dei valorosi ingegni e quello di far più bella la stessa virtù.

“Gli ordini di vivere ai quali dee tenersi l’uomo di lettere, non sono di minor momento per la sua fama e felicità, che gli ammaestramenti onde compongono le opere loro. Non dimenticate che alla censura e ogni scrittor sottoposto, e che ognuno ha facoltà di usarla con [38] esso. Chi per la via letterata si mette, rimuovesi dai comunali ordini della vita, e correndo l’arringo viene a sottomettersi alla sentenza di tutti. Il chiamarsi autore è un dichiararsi degno di lode; e a niuno è licito aspirare alla gloria, senza correre il pericolo di soffrire un’avversità. Se giusta e savia è la censura, bisogna trarne profitto; e conviene armarsi di silenzio, se è maligna ed invidiosa.

“Schivate le letterate tenzoni; e quantunque grandi scrittori per mala ventura n’abbiano dato l’esempio, pur da quelle altro frutto non si raccoglie che quello di porgere un breve sollazzo agli uomini volgari, metter di sè compassione nel petto de’savi, e disonorar le lettere che sono stabilite per solamente sublimar gli animi. Che l’ignoranza, l’invidia e il fanatismo facciano guerra agli ingegni, non è da prenderne maraviglia; ma può egli essere che i letterati rivolgano spesse fiate incontro ai loro fratelli le armi, dalle quali l’un dopo l’altro son tutti feriti? Coloro che vanno per le vie della gloria, cadono in biasimo ed in vergogna per le loro questioni di lettere, e gli alti ingegni si fanno talvolta schernire agli sciocchi.

“La civiltà e la modestia sopra ogni altra cosa sono di necessità al letterato; e chi vuole informar gli altri del modo di vivere dirittamente, dee darne agli altri l’esempio, e alla decenza dello stile accordar quella delle maniere nell’operare. Che se vero è che niun popolo sia diventato civile se non per via di lettere solamente, lo scortese letterato e villano [39] merita meno che tutti gli altri perdono. E perchè egli esercita una professione la quale gli dà maggioranza sugli altri, convien del tutto che si governi modestissimamente, a voler che questo torto gli sia perdonato. Niuna cosa fa tanto venire in odio il letterato, quanto l’oltracotanza ch’egli ha, di credere ogni altra persona insufficiente. E talvolta contamina più la buona fama di uno scrittore un vanto ch’egli si dia, che qualunque acuta e velenosa censura. La modestia di un ignorante, diceva un savio, è di maggior pregio di quello che sia la dottrina di un vanaglorioso.

Nível 6► Exemplum► “Ermodone è poeta e filosofo. Malgrado di queste due qualità, s’egli si piegasse ad esser modesto e cortese, sarebbe sofferto nelle brigate. Ma come potrebbe egli? Cortesia nasce da stima; e chi non fa versi, nè ha studiato in Locke od in Newton, non è per lui che una macchina, uno idiota da non potersene altro fare che un lavoratore. Egli si crede di una specie differente, e superiore a quella di tutti gli altri uomini. Dechinarsi ad usar cortesia con essi gli parrebbe di agguagliarsi a loro, che sono per lui giudicati profani. ◀Exemplum ◀Nível 6 Nível 6► Exemplum► Al contrario Sofilo è dotto; ma egli nol sa, o lo dimentica. Non lo trovi mai nelle sue opinioni ostinato; e nel difender la verità è così rispettivo, come farebbe alcun altro solito d’ingannarsi. Si direbbe ch’egli non crede di aver moltissime e profonde cognizioni e altezza d’ingegno, o che desidera ch’altri lo credano. Il vero dotto non più della sua scienza presume, di quello che s’inorgogli il vero nobile della gentilezza del [40] suo sangue; l’uno e l’altro si è addimesticato colla sua condizione.” ◀Exemplum ◀Nível 6 ◀Retrato alheio ◀Nível 5

Volli saper da Eufemone, se basti ad un letterato il possedimento di quelle doti che a lui si appartengono, per assicurargli buona Ventura e felicità. “Ci ha molti esempi, egli mi rispose, per li quali si dimostra il contrario. Forse non ha condizione nella vita la quale faccia nascer maggiori occasioni di provocare le passioni degli altri, che quella dell’uomo di lettere. È suo ufficio il far guerra agli errori e ai pregiudizi. Esso troverà nemici tanto più o meno fieri, quanto più o meno sono i suoi leggitori innamorati delle proprie idee; e si sa bene che l’orgoglio gli fa sempre porre innanzi all’altrui la propria opinione. La fama dell’ingegno fa ingelosire, non ch’altri, quelli medesimi a’quali non si conviene esser gelosi. Spiace a tutti confessare l’altrui valore, e si cerca a chi l’ha di fargli scontare la sua maggioranza. Questa è la ragione per la quale le grandi riputazioni incominciano dopo l’esequie, e le laudazioni e gli onori sono, per così dire, un profumo che si riserva per imbalsamare i cadaveri.

“Tuttavia il mestier delle lettere è riputato il più proprio a menare una vita serena e piacevole; e ciò sarebbe vero, se la pace della vita consistesse nello svilupparsi da ogni sollecitudine e dagli stimoli delle proprie passioni. L’uom d’intelletto che fosse sempre chiuso co’suoi libri, e tutto inteso e occupato a’suoi studi, non avrebbe tempo a divenire infelice, s’egli non potesse tale essere che per se stesso.

[41] L’amor dello studio è la passione più durevole e più rimossa da ogni sazietà. Alla vaghezza e al desio di sapere falla cagione di venir meno, e nella infinità e nell’immensità delle cose ha sempre di che si occupi perpetuamente. Ma il letterato soggetto alle comuni calamità della vita, più gravosamente le sostiene che gli altri; perchè la squisita sensibilità, la delicatezza dei sentimenti e il continuo abito di meditare, che lo rendono atto a conoscere le intellettuali bellezze, lo dispongono a sentire più vivamente non solo le comunali avversità della vita, ma tutto quello altresì che dalle sue idee di perfezion si diparte.”

Ancora chiesi ad Eufemone, se stia bene al letterato intendere a dignitadi, te aver carichi. “Il nome e la fama, disse egli, sono la prima sua dignità; e dove bene abbia egli sua carriera fornita, avrà pagato il suo debito alla società. Non deve cercare onori uomo di lettere, ma neppur deve fuggirli; e fa duopo ch’egli dimostri l’errore di quelli i quali reputano comunalmente gli uomini scienziati esser poco sufficienti a maneggiar pubblici affari, mentre che di sopra vanno a tutti gli affari. Un focoso e signorevol destriero, dice Swift, può portare, come un asino, il basto; ma troppo buono egli è, per impiegarlo a sì vile officio. Un letterato può adempiere un pubblico carico non solamente col medesimo accorgimento che l’uomo di mondo, ma eziandio con più pregio e dignità. Quegli che da garzone è dato agli studi, è usato di vedere le virtù commendate, [42] e vituperati i vizi; laddove l’uomo di mondo ha veduto sovente il vizio menar trionfo sopra la virtù, la quale senza guiderdone si giace e schernita.” ◀Diálogo ◀Nível 4 ◀Narração geral ◀Nível 3 ◀Nível 2 ◀Nível 1