La Gazzetta Veneta: N. 18
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N.o 18.
Sabbato addi 5. Aprile 1760.
Che contiene Quello, ch’è da vendere, da comperare, da darsi a fitto, le cose ricercate, le perdute, le trovate, in Venezia, o fuori di Venezia, il prezzo delle merci, il valore de’ cambj, ed altre notizie, parte dilettevoli, e parte utili al Pubblico.Level 2
Sono alcuni uomini, i quali parlando e scrivendo dell’umana generazione, tirano tutto al peggio, e fanno conto, che in ogni cosa la sia trista, e inclinata sempre a far del male. A me pare altrimenti. Le passioni la rendono debole, è vero, e in qualche punto pare, che l’uomo non sia più uomo. Ma dall’altro lato io veggo anche a far del bene, ed entra nel bene operare il genio universale. Poniamo esempio,
Lo stesso si scorge in molti navigli, che fa bellissimo spettacolo, e intrinsecandovisi dimostra, che gli animi umani non sono corrotti quanto si credono alcuni. Un’altra cosa è assai dilettevole a considerare, cioè come uomini idioti, e la minutaglia del popolo disegnino così garbate prospettive, e vedute, senza una cognizione al Mondo. Io ne trarrei di quà una conseguenza per dimostrare la forza dell’educazione. Tanti regolati edifizii, tante belle architetture di Tempii, e di Palagi; le infinite grazie, e i molti trovati dell’Arti che usano disegno, le nobili pitture, e le statue a poco a poco s’imprimono nel cervello d’ognuno, e lasciano una certa misura, anche ne’più grossi, che riesce a buon gusto; e messa ad effetto fa bel vedere. Lo stesso avviene della Musica. I Pii luoghi dov’è coltivata con tanto sapere, e i migliori professori, che quì s’odono di tempo in tempo; sono una scuola universale, che senza punto avvedersene, lascia anche nella plebe il genio del canto; sicchè s’odono bene spesso fanciulli per le vie quasi nudi, tutti armonia come rosignuoli: e presso che per tutte le case fanciulle, che senza sapere, che sia una nota cantano che rapiscono gli orecchi.
Queste parole imparerò dunque, e dov’io potrò nè farò uso.
Aggiunta alla Gazzetta di Schaffusa di Sabbato addi 22. Marzo 1760.
Avviso
Dal Capitanato Imperial Regio di Costanz, si notifica con la presente al Pubblico, che un certo Conte Russo, cioè spacciandosi tale, nominato Carlo Ivanoff, truffò un Mercatante di questa Città, con una cambiale falsa di zecchini 86. fatta a Vienna, è (sic.) diretta a Venezia, e poco dopo sparì prendendo la volta per via di Freyburg nella Brisgovia verso Argentina; ma per ora del suo viaggio non si sa di più. S’avvisa il Pubblico acciò si guardi da tale Avventuriere, il quale non è Conte Russo; ma secondo le diverse Notizie raccolte è nativo di Danzica. In secondo luogo si supplica ognuno, è (sic.) particolarmente i Magistrati, secondo il respettivo grado, e condizione, che venendo tale impostore ritrovato o scoperto, sia fatto subito prendere, o fermare, avanzandone poi la notizia a questo Comando Militare di Costanz, che non si mancherà di risarcire le spese che fossero occorse. Data in Costanz, addi 15. di Marzo 1760.
Persone, ch’esibiscono la loro capacità.
Giovanni Ernesto Crüger, di Prussia, Dottore in Filosofia, e Nobile di Polonia, s’applicò principalmente agli Studj della Filosofia moderna, della Matematica, della Storia, della Geografia, e altre belle Lettere. Scrive, e parla il Tedesco, il Latino, il Francese, l’Italiano e l’Ollandese; e intende il Greco, l’Ebraico, e altri Linguaggi Orientali. Cercò ne’suoi viaggi di migliorare tali abilità, che col solo studiare non s’acquistano, e crede presentemente di poter servire alla Società Civile. Non permettendogli le presenti congiunture di turbolenza di servire negli Studj alla sua Patria, s’esibisce a chi volesse servirsi della sua penna, o abilità. Il suo ricapito è alla Bottega di Paolo Colombani.
Cose rare da vendere.
Chi applicasse all’acquisto d’alquanti rari, e pregiati Libri di Biblioteca Italiana, che sono nel catalogo posto qui sotto. Si porti dal Sig. Paolo Colombani, presso il quale, è la commission di trattare.
Istoria di Francesco Guicciardini Gentiluomo Fiorentino (Libri XVI.) In Firenze presso Lorenz Torrentino 1561. in sog. L. 100.
La Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso, con le Figure in Rame di Bernardo Castelli, con le Annotazioni. In Genova presso Girolamo Bartoli 1590. in 4. L. 50.
Le sue Opere di Senofonte tradotte da Marcantonio Gandini. In Venezia presso Pietro Dusinelli. 1588. in 4. Lir. 30.
Le Deche dell’Istoria Romana di Tito Livio, tradotte da Jacopo Nardi. In Venezia presso i Giunti 1575. in foglio, nobilmente legato alla Francese. L. 44.
Quaresimale di Paolo Segneri. In Firenze presso Jacopo Sabatini 1679. in foglio, e colle barbe. L. 33.
La Metamorfosi d’Ovidio dall’Anguillara ridotte in ottava rima, con le Annotazioni ec. In Venezia presso Bernardo Giunti 1584. in 4. con belle Figure in Rame. L. 33.
L’Italia liberata da’Goti, Poema del Trissino, parte in Roma, per Valerio, e Luigi Dorici, il 1547. e parte in Venezia presso Tolomeo Gianicolo il 1548. in 8. Libri XXVII. con i Caratteri Greci. L. 66.
Prose di Pietro Bembo, nelle quali si ragiona della volgar lingua. In Venezia per Gio: Tacuino 1525. in foglio. L. 12.
La Retorica di Aristotile tradotta da Annibal Caro. In Venezia al segno della Salamandra 1570. in 4. L. 5.
I Cantici di Fidentio Glotto Erysio Ludimagistro in Fiorenza presso Antonio Padovani 1572. in 8. L. 6.
Rime di Pietro Bembo, e gli Asolani. In Vinegia presso Gabriel Giolito de’Ferrari 1558. in 12. L. 7.
La Sofonisba Tragedia di M. Giovan Giorgio Trissino. In Vinegia presso Gabriel Giolito de’Ferrari 1562. in 12. L. 3.
Il Rè Torrismondo Tragedia del Sig. Torquato Tasso. In Bergamo 1587. Edizione originale in 4. piccolo. L. 5.
La Canace Tragedia di Sperone Speroni, con aggiunte ecc. In Venezia presso Giovanni Alberti 1597. in 4. Lire 4.
La Rosmunda Tragedia di Giovanni Rucellai. In Firenze presso Filippo Giunti, tanto l’Edizione del 1568. quanto quella del 1593. in 8. ambe sciolte, o sia ancor da legare. Lire 12.
Vita del P. Ignazio Lojola, descritta da Pietro Ribadeneira, e tradotta dallo Spagnuolo presso Giovanni Giolito de’Ferrari. In Venezia presso il Giolito 1586. in 4. L. 10.
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Example
s’egli venisse uno di nuovo in Venezia, e mettesse piede a terra il Mercoledì della settimana Santa, e ci stesse fino a oggi, che crediamo noi ch’egli giudicasse di tutta la Città fuor quello, ch’io dico? S’egli va a tutte le Chiese trova una mirabile concorrenza. Tutte le buone arti sono rivolte a pregare, e lodare Iddio. La musica dolcissima allettatrice degli animi, e che tanto ha di forza nel costume, in ogni luogo fa risuonare Inni, e canzoni Sagre. Peritissimi Religiosi, Giovani studiosissime di quest’arte, mettono ogni loro cura, e pensiero a far risuonare i Sagri Templi delle lodi divine. La sera del Giovedì, e del Venerdì qual devozione, congiunta ad una grandissima magnificenza non si vede per tutte le vie, e principalmente nella Piazza di S. Marco, dove tutti gli ordini de’Religiosi vengono a processione, con affettuosissimi Cori; e con tanti lumi, che la notte è scambiata in giorno? Gareggia, per cosi dire ognuno, nel mostrare, che di cuore serve a Dio. Lanterne di grandissima spesa, e di pregiato lavoro, Segni sacri ricchissimi, ombrelli d’oro e d’argento veggonsi aggirare intorno; e un’infinita ricchezza tutta impiegata ad onore di Dio. Oltre a tutto ciò il minuto popolo si travaglia anch’esso per dimostrare la sua pietà, e come può, adorna certe vie con illuminazioni disegnate, e con una vaga architettura, che tragge le genti a vedere.
Metatextuality
La brevità di questo foglio non richiede molte riflessioni. E chi sa ch’io non sia stato lungo?
Giovedì sera in una Compagnia di persone venne perduto un foglio, che si vede essere stato scritto da una Signora. Contiene una memoria per la sua coscienza. Oltre a varie cose, che tutte sembrano ragionevoli, si leggono le quì sottoscritte annotazioni; le quali sono da me pubblicate perchè mi pare che facciano onore a chi le scrisse:
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Citation/Motto
Dal Mercoledì fino al Gloria in Excelsis del Sabbato, non ordinerò che sia annodata la campanella dell’uscio; nè che sia sospeso il battere dell’ore del mio oriuolo; ma conoscendo il mio difetto d’essere alquanto stizzosa, e di brontolare contro ragione, procurerò di star quieta, e di non borbottare. La mia lingua ha che fare con la mia coscienza, non la campanella dell’uscio, nè quella dell’oriuolo.
Vestita semplicemente, e accompagnata con mio figliuolo e con la serva, anderò ad udire gli Uffizii Mercoledì, Giovedì, e Venerdì dopo pranzo alla Chiesa più prossima, perchè le cose di Dio sono buone in ogni Chiesa; nè sono punto migliorate da’trilli, o dalle note. Con tutto ciò non dirò male dell’altre Donne, che andranno riccamente vestite a qualunque Chiesa vorranno, e dov’è maggior concorrenza. Ho che far, e che dire a badare a me senza fantasticare con l’altre.
Più volte ho udito nella presente Quaresima a quistionare uomini, e Donne intorno al Digiuno, senza punto sapere quello che si dicessero. N’ho chiesto parere al mio vecchio Direttore; egli m’ha guidata in questo proposito, secondo la vera Dottrina, e datomi questo passo d’Isaia acciocchè l’impari a mente:
All’udirgli, sempre vanno in traccia di me, e sempre studiano quai sentieri guidano a me; e poi parendo loro d’aver giustamente operato, e di non aver mai dispregiato la mia volontà chieggono con baldanza, ch’io faccia giustizia a modo loro; e intendono d’accostarsi a me; e dicono.
Pure abbiamo digiunato, e perchè non volgi l’occhio tuo a noi? Abbassammo pure l’anime nostre con grande umiltà; nol sapesti? Ma io dico: Anche ne’giorni, in cui digiunate, non cambiate però volontà: riscuotete duramente da’creditori.
Lo so che fate digiuni, ma per far poi quistioni, e litigi, e percuotere il prossimo. Se volete, che le vostre parole salgano al Cielo, non digiunate nel modo, che avete fatto fino al presente.
Quel digiuno, che voi osservate è forse quello, che fu eletto da me a questi dì per mortificazione dell’anime vostre? Ordinai fors’io, che l’uomo torcesse il collo come cerchio, e spargesse ceneri, e stendesse sacco? Fai tu conto, che il digiuno stia in ciò, e che giorno tale sia accetto a me?
Pensa piuttosto se il digiuno ordinato da me fosse questo: Sciogli i lacci dell’empietà, leva via i fardelli, che stancano altrui, lascia andar liberi gli uomini infranti della tua oppressione, e ogni peso togli loro di dosso.
Frangi del tuo pane all’affamato, chiama a casa tua il bisognoso, e colui che non ha albergo. Se vedi uomo nudo coprilo. Hai la stessa sua carne, non dispregiarla.
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O Isaia, grida, grida, alza la voce a guisa di tromba. Di pure al popolo mio i mali, ch’egli commette; e di alla Casa di Giacobbe le sue colpe.