La Gazzetta Veneta: N. 15
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N.o 15.
Mercoledì addi 26. Marzo 1760. Che contiene Quello, ch’è da vendere, da comperare, da darsi a fitto, le cose ricercate, le perdute, le trovate, in Venezia, o fuori di Venezia, il prezzo delle merci, il valore de’cambj, ed altre notizie, parte dilettevoli, e parte utili al Pubblico.Ebene 2
Metatextualität
Ho stanca la mano, e la penna a scrivere di ladronecci: e già avea deliberato fra me di non far più parola di siffatte ribalderie. Ma una persona, a cui è accaduto un certo caso a questi dì, mi raccomanda, ch’io lo dica, e così farò per compiacerle.
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Allgemeine Erzählung
Una Signora di molto spirito, e di mente vigorosa conosciuta in Venezia per una delle più valenti Levatrici, e che fa l’arte sua, non solo per pratica, ma con buoni fondamenti, e scienza di notomia, aggiunta a molta prudenza, trovavasi pochi giorni fa in una Chiesa. Avea inginocchiato appresso un uomo che, a giudicarlo dal buon vestito, (cosa che si suol fare quasi universalmente,) parea di buona condizione; e confermava la sua bontà, la molta divozione, ch’egli mostrava stralunando gli occhi ora volti alla terra, e ora al Cielo, e nel continuo movimento delle labbra. Ma mentre, ch’egli avea la mente intrinsecata nelle contemplazioni, non badando a custodire una delle sue mani, questa pianamente gli fuggì, e s’introdusse furtivamente nella scarsella della Signora; la quale avvedutasi dell’atto, fu presta a piombarvi sopra con una delle sue, e a ghermire la forestiera stretta come una tanaglia; e a ficcare ad un tratto gli occhi addosso al suo vicino. Egli contorcendosi, e dimenandosi quanto potea, cercava d’uscire di prigione, ed ella all’incontro pur salda; senza parlare, nè l’uno nè l’altra. Finalmente, come più nerboruto vinse il maschio, e si sbrigò; ma nel dibattersi gli uscì di dito un buon anello, e rimase in tasca alla Levatrice. Onde a questa volta il ladro fece, come i pifferi di montagna, che andò per suonare, e fu suonato.
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Exemplum
Per esempio io ho veduto uno, che non poteva sofferire di ripetere una cosa due volte, e dava il torto ad uno, che non l’udiva, e quegli era sordo: al sordo parea, che l’altro parlasse a mezza voce, e si sdegnavano tutti e due l’un contro all’altro. Un giovane accompagna per via un vecchio; arrabbia in suo cuore, che il vecchio va adagio, e il vecchio si sdegna, che l’altro s’affretta; e non sanno dire fra sè, che le gambe dell’uno sono deboli, e quelle dell’altro gagliarde naturalmente.
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Fremdportrait
Quali sieno i costumi de’Giovani.
Ne’Giovani bollono le voglie, e per cavarsele fanno ogni prova. Inclinatissimi sono all’amore, più che ad ogni altro diletto, e vi corrono licenziosi. Facilmente si mutano, e in breve si saziano di quello, che voleano poco fa con tutto il cuore. Struggimento, e smania gli move: gran fuoco, che in un tratto si spegne; perciocchè le voglie loro sono acute, ma non fisse, o durevoli, fa conto, sete, e fame d’infermi. Per picciola cosa s’adirano, e accendono di subito, come zolfo; e si lasciano a quell’impeto traportare, rimanendo sempre dall’ira vinti, e sconfitti. Per ambizione, e puntiglio d’onore non sopportano dispregio, e a pensare solamente, che si faccia loro ingiuria si sdegnano. Sono ben desiderosi d’onore; ma più di vittoria, perocchè la gioventù desidera di star sopra gli altri; e la vittoria ha un certo che di preeminenza; onde avviene, che sono più vaghi d’onore, e di tal maggioranza, che de’danari; tanto più, che nella vita non hanno ancora provato povertà nè bisogno, secondo il detto di Pittaco ad Amfiarao. Non covano malizia in cuore, ma semplici sono, e aperti, non avendo delle ribalderie molta pratica. Credono facilmente, perchè sono stati poche volte trappolati. Dello sperar bene si pascono, perchè sono da natura riscaldati, come chi bee dal vino, e anche perchè speranza non gli ha ingannati più volte. Vivono la più parte della speranza, perchè lo sperare è dell’avvenire, il ricordarsi è del passato. I giovani dell’avvenire hanno assai, e del passato poco; onde ritrovandosi allo spuntare dell’età non par loro d’aversi a ricordare di cosa veruna; ma sperano tutto. Di quà nasce, che facilmente sperando vengono facilmente ingannati. Sono di tutti gli altri più forti, perchè ira gli spinge, e speranza gli riempie. L’una fa che non si tema, l’altra genera confidenza; perchè nessuno adirato teme, e chi più spera bene osa più. Sono vergognosi, come quelli che stimano ancora solo essere onesto quanto sanno per insegnamenti, e legge. Hanno animo, e spirito grande, non avendo ancora sentito le miserie, nè provato le necessità della vita. E poi è proprio di chi è di speranza ripieno lo stimarsi degno di cose grandi, e ciò è magnanimità. S’attengono piuttosto all’onesto, che all’utile, e guardano più all’avuta educazione, che al conto loro; perchè questo stimola ad utilità, e quella al dovere. Affezionati sono agli amici, e alle compagnie più d’ogni altra età, perchè si rallegrano di stare in conversazione; nè cercano dagli amici utilità, come non la cercano in altro. In tutto peccano più nel troppo, che nel poco, e contra il precetto di Chilone passano misura in tutto. Smisuratamente amano, smisuratamente odiano, e in ogni altra cosa fanno lo stesso. Presumono di saper tutto, affermano tutto, ed ecco anche, perchè senza considerare danno nel troppo. Ingiuriano per soperchieria non per malizia. Facili sono a moversi a misericordia, stimando ogni uomo migliore, e più dabbene di quello, ch’egli è; e misurando altrui dalla propria innocenza, giudicando, che gli sia fatto male contra ragione. Dilettansi di cose da ridere, e per questo sono sollazzevoli, e motteggiatori; perchè anche il burlare è soperchieria ingegnosa, e con garbo. Tali sono i costumi de’Giovani.Ebene 3
Fremdportrait
Quali sieno i costumi de’Vecchj.
I Vecchj, e bene avanzati negli anni, sono per lo più costumati quasi al rovescio. Molto sono vivuti, in più cose furono gabbati, o sbagliarono, la maggior parte delle faccende va male, onde niuna ne tengono per sicura, e più che non si conviene in tutte procedono lentamente. D’ogni cosa dicono, penso, non so, sempre stanno in dubbio, è sempre vi mettono il peravventura, e il forse, nè asseriscono nulla fermamente. Formano un certo malizioso costume, e fastidioso naturale, che ogni cosa tira al peggio, effetto della malizia. Non prestano fede ad alcun uomo per sospetti, che gli fa difficili al credere sperienza, e uso. Per tal cagione non amano, nè odiano con efficacia, ma, secondo il precetto di Biante, amano con riserva di poter odiare, e odiano con riserva di poter amare. Sono di poco animo, che la lunga età ha in loro domi gli spiriti, onde non le cose grandi, nè le segnalate cercano; ma le necessarie alla vita. Sono stretti risparmiatori, perchè stimano la roba necessaria al vivere, e per lungo uso impararono con quale stento s’acquisti, e come (sic.)- osto si mandi a male. Sono paurosi, e sempre par loro d’aver sopra qualche disgrazia, per complessione contraria a quella de’giovani, sendo essi freddo, e gelo, e i giovani tutti calore. Vecchiezza apre l’uscio alla timidità, la quale altro non è che raffreddamento. Amano estremamente la vita, massime i decrepiti, e giunti al fine; perchè il desiderio è di cosa, che sia lontana, e ognuno desidera assai quello di che più abbisogna. Sono soffistici, e borbottoni, segno di picciolezza d’animo. Il viver loro è più volto all’utile, che all’onesto, e in ciò passano il segno, per essere amatori di sè medesimi; essendo l’utile un bene a sè stesso, e l’onesto a tutti. Sono senza vergogna, piuttosto, che vergognosi, piuttosto che vergognosi, perchè pregiando più l’utile, che l’onesto, non si curano di quel che paja ad altri di loro. Speranza non gli lusinga quasi mai, tanto per avere sperienza, che la più parte delle cose del mondo va male, e non riesce, quanto per l’essere timidi. Vivono piuttosto di memoria, che di speranza, perchè la speranza fondasi nell’avvenire, e la memoria nel passato; e il restante della vita loro è poco; il tempo ch’hanno passato è molto. Di qua è, che volentieri i vecchj cianciano, e non lascierebbero mai di raccontare le cose andate, per piacere di riandarle con la memoria. Hanno anche i vecchj i loro impeti acerbi, e subitani d’ira; ma deboli; e de’loro desiderj parte sono finiti affatto, parte illanguiditi; e però non sono più vogliosi, nè s’affaticano per le voglie; ma pe’l guadagno. Onde tali uomini sembrano moderati, perchè dall’un canto le voglie sono rimesse, e dall’altro si danno cheti al guadagno. Vivono piuttosto guardando a’lor disegni, che alla creanza, perchè il disegno ha l’occhio all’utile, e la creanza alla virtù. Ingiuriano più per malizia, che per soperchieria. Sono anch’essi misericordiosi, ma non per la medesima cagione, che i giovani; perchè questi hanno compassione per umanità, i vecchj per debolezza; pensando d’avere ogni avversità già vicina, e addosso; e questa è una delle disposizioni alla misericordia. E per questo sono queruli, fastidiosi, non sollazzevoli, non amanti di scherzi; perchè querulo, e sollazzevole son cose opposte. Tali sono dunque i costumi de’Giovani, e de’Vecchj.
Metatextualität
P. S. Mi perdonerà V. S. se sono stato un po’lungo. Da questi due ritratti potrà vedere, che se vecchi, e giovani vogliono vivere in pace insieme, hanno a fare, come due, che s’accordano in un litigio. Cedere un poco l’uno, e un poco l’altro, e non voler tutto da tutte due le parti.
Metatextualität
Risponderò a V. S. con uno squarcio d’una Satira di Persio; perchè non si lagni più.
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Zitat/Motto
Sempre tal vita? Il già chiaro mattino
Entra per le fenestre, e col suo lume
Si fa la via fra le cortine, e i fessi.
Noi facciamo un russar, ch’ogni briaco
Smaltito avrebbe il più invincibil vino;
E un’ora manca al mezzogiorno. Via,
Che fai? da lunga pezza il furioso
Cane del Ciel l’aride messi cuoce,
E d’ogni spezie omai sono gli armenti
Sotto le piante a cercar fresco, ed ombra.
Sì parla un Ajo. È ver? dunque è sì tardi?
Ehi! tosto: alcun. Non c’è nessun? La bile
Gli bolle in corpo, grida a testa: e quanti
Micci ha l’Arcadia ivi ragghiar diresti.
Sbuca alfine di letto, ha sui capelli
Adatto il berrettin, ha nelle mani
Fogli, e penna temprata: ed ecco novi
Guai, che dentro alla pena si sospende
Il grosso inchiostro; o la tropp’acqua mista
Scolorito lo rese, e sì corrente,
Che dalla penna a goccia, a goccia ei piove.
Misero! e da quì in poi misero, e peggio.
A ciò siam giunti? A che non chiedi ancora
Qual vezzoso Colombo; o di Re figlio
Tritata pappa, e stizzosetto, e strano
Contro alle poppe far la nanna or neghi?
Con questa penna studiar posso? A cui
Spacci tu queste baje? E perchè trovi
Così fatti garbugli? Egli si tratta
Di te, di te. Poco cervello! Corri
Con gli anni avanti, e sarai giuoco altrui.
Di creta molle urna mal cotta mostra
La magagna ad un picchio, e mal risponde.
Or tu se’creta umida, e molle. Tosto
Sbrighianci, tosto, e con la forte ruota
Dianle figura. Alla paterna villa
Ho gran ricolta di frumento: Casa:
Di che temer? Io viverò sicuro
Onorando gli Dei con puro sale,
E i sagri vasi lor mettendo al fuoco.
Bastati ciò? Bello ti pare adunque,
Che ti rompa il polmon vento di boria
Per ciò, che uscito di toscano ceppo
Se’l millesimo ramo? E perchè in veste
Ricca il parente gran Signor saluti?
Serbinsi ad abbagliar la sciocca plebe
Bardature, e gualdrappe. Io ti conosco
Dentro, e sotto la pelle. E non arrossi
Nell’imitare il dissoluto Natta?
Ma quegli è vecchio peccatore, e il callo
Fatto ha nel vizio; e già le fibre tutte
Grasso cresciuto umor gl’infarcia, e lega.
Colpa non ha, ch’ei non sa più, che perda,
È sommerso nel fondo, e invan s’attende
Che in sommo all’onde egli ritorni a galla.
O de’numi gran Padre, in altra forma
Non punir più crudi tiranni, quando
Mal talento gli move, e voglia iniqua.
Conoscano virtude, e dell’averla
Abbandonata intisichiscan dentro.
Pe’Siciliani Buoi di bronzo furo.
I guai più gravi, ed atterrì mai tanto
Spada sospesa alle dorate travi
Con sottil filo il soggiacente collo,
Quanto il dir fra suo core: Io volo, io volo
Al precipizio, oh se meschino! e in petto
Tremar di cosa, che tenere occulta
Debbi alla moglie anche vicina a’fianchi?