La Gazzetta Veneta: N. 11
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N.° 11.
Mercoledí addi 12. Marzo 1760. Che contiene Quello, ch’è da vendere, da comperare, da darsi a fitto, le cose ricercate, le perdute, le trovate, in Venezia, o fuori di Venezia, il prezzo delle merci, il valore de’cambj, ed altre notizie, parte dilettevoli, e parte utili al Pubblico.Ebene 2
Metatextualität
Polizza pervenuta alle mani dello Stampatore, e da lui consegnata a cui dovea.
Risposta.
I versi sono un linguaggio, la Poesia sta nell’invenzione piuttosto che nelle parole. Molte cose trovansi ne’passati fogli, ch’hanno del poetico, benchè così non paja allo Scrittore della polizza. Pure, perch’egli sappia qual ragione mi tiene lontano dall’aggravare la Gazzetta con versi, e poesie, io lo prego a leggere il dialogo, che sarà quì sotto. Da’versi in fuori, chiamilo Poesia, e si contenti.
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Brief/Leserbrief
Ne’primi fogli fu promesso al Pubblico, che scriverebbero un Filosofo, ed un Poeta. Ho comperato dieci Gazzette fino a quì, e i componimenti in versi dove sono? Il Poeta, che fa? dorme sempre? Egli è inutile, se non ci fa vedere di più. Lo consiglio a risvegliarsi, e intanto son suo di cuore.
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Poesia, e Cervello.
Dialog
Allegorie
Poesia. Quale ostinazione è la tua? Io mi maraviglio. Aprimi.
Cervello. No. Sta’fuori; o va dove più ti piace. Quì non ti voglio.
Poesia. Ahi! fratello, che t’ho fatt’io, che non mi vuoi più accettare?
Cervello. Tu sai il bell’onore, che si fa un cervello, quando egli ha parentado teco. Non mi far vergognare. Non mi dir fratello, che alcuno non t’udisse. Va a’fatti tuoi.
Poesia. Sicchè tu ancora se’uno di coloro, i quali credono, ch’io sia pazza?
Cervello. Non ti querelare di me. La credenza è universale.
Poesia. E tu infatto, che ne credi?
Cervello. Quando tutti gli uomini s’accordano a dire una cosa, convien credere che così sia, chi non vuol essere lapidato, o legato per minor male.
Poesia. Oh! perchè non vegg’io ancora gli uomini a guisa di silvestri animali abitare per le oscure caverne de’monti, e insieme azzuffarsi per togliersi l’un l’altro le salvatiche frutte della terra? Perchè fui io giammai ragunatrice primiera di congregazioni di genti, e insegnai loro a vivere da uomini, e non da lupi? Perchè fu mai la mia voce alleggierimento delle fatiche loro? Razza ingiusta, e sconoscente, dappoichè hai avuto da me cotanti, anzi innumerabili beni mi chiami pazza; e godendoti di quella felicità, ch’io ti feci prima conoscere, ora da te mi discacci, e con obbrobrio di tal nome m’avvilisci, e mi beffi.
Cervello. Se tu avessi pur voglia di dare ad intendere, che non se’pazza, non dovresti così tosto montar sulle furie, nè favellare con questo grande impeto di parole; perch’io credo appunto, che questo tuo calore, o piuttosto ubbriachezza d’espressioni disusate ti faccia un gran danno.
Poesia. Io son tocca nell’onore, e non so dolermi freddamente. Nè so comportare, sai, nè so comportare, essendo avvezza ne’tempi antichi a dimorare co’più solenni cervelli del mondo, e contentandomi oggidì di qualche cervellino mezzano, che quello ancora ricusi di farmi accoglienza.
Cervello. Credimi, Poesia, che la colpa non è tutta degli uomini; ma che tu n’hai una buona parte. Non si ved’egli che colà dove tu entri, eccoti di subito un uomo astratto, che non ode più con gli orecchi, con gli occhi non vede, col palato non assapora, risponde fuor di proposito, si veste a caso, gli piace la solitudine, favella da sè, và or piano, or forte, aggrotta le ciglia, torce qualche poco il viso; tutte queste gentilezze, ben sai, che le non sanno di saggio.
Poesia. Sono io forse la sola forza che faccia tal effetto negli uomini? Le Passioni gli rendono invasati, non che pazzi. Un avaro, un giuocatore, un borioso, uno che invidia il bene altrui, e finalmente un innamorato, non ti pare che abbiano molti strani capricci, astrazioni, e bestialità fuori d’ogni ragione; e operino pazzescamente nientemeno d’un Poeta?
Cervello. Sia come tu dì; ma i Poeti arranno in corpo le passioni, e anche te, onde saranno pazzi il doppio.
Poesia. Quì è dove tu t’inganni, perchè non negandoti io, che ne’poeti sieno le passioni di tutti gli altri uomini, io so però che ne facciano un’uso diverso. E laddove sì fatte passioni sono negli altri animi operative, ed escono fuor di quelli in azione; in coloro che sono dal fuoco mio riscaldati, servono solamente per trarne fuori una pittura, e un’imitazione in versi: e secondo i varii temperamenti, ne cavo varii generi d’imitazione, che danno diletto a chi vive, e a coloro che verranno. E i Poeti non avvedendosi mettono in iscrittura l’animo loro, e acquistano fama, e nome onorato almeno dopo la morte.
Cervello. A questo passo t’attendeva io. Tu prometti tutto dopo la morte, e intanto fai stentare in vita fra lunghi studii, e fastidii perpetui; quando si veggono tuttavia ingegni, i quali, basta che ne venga loro il capriccio, senza aver mai fatta, nè fare una fatica al mondo, e non conoscendo punto chi tu sia, aprono l’ale, e appena l’hanno battute due volte, si trovano sulla cima di quel monte, che tu vai dipingendo arduissimo, mentre che que’meschinetti, i quali alle tue parole s’affidano, appena affannandosi, e sudando molti anni, siedono sopra qualche greppo a riavere il fiato, o si fiaccano il collo, prima di sedere a convito con le cotanto da te vantate figliuole di Giove.
Poesia. Pensi tu però, che cotesti tali, che tu dì, siedano con esse a convito e vi sieno?
Cervello. Quando egli par loro d’esservi, l’immaginazione fa sostanza.
Poesia. Tale immaginazione è di que’vaneggiamenti, che fa la febbre: onde concedendoti anche, ch’io renda gli uomini pazzi col fuoco mio, non so perchè tu abbia poi a chiamar saggi coloro, che ridendosi del fatto mio, verseggiano.
Cervello. Orsù, io non ho ora a decidere, se tu abbia la ragione, o il torto; perché veggo, ch’entriamo in un gran gineprajo e io ho fretta. Se tu vagheggi me, e hai così voglia d’entrarmi dentro, per non avere questo romore intorno al capo, facciamo insieme accordo, e patti.
Poesia. Quai patti vuoi tu? Parla.
Cervello. Che tu mi faccia grazia di venire a me, quando io ti chiamerò; e ti prometto, che lo farò qualche volta; ma solo quando avrò caro di sfogare qualche capriccio da me a me, ch’altri non oda, o non lo debba sapere. Ma non mi stimolare a pubblicar versi. Il mondo è così pieno da tutti i lati di Poemi, canzoni, Sonetti, Terzine Madriali, Satire, e simili fantasie, che tutti gli orecchi ne sono assordati, e io non intendo di portar acqua al mare. Questa è la mia intenzione.
Poesia. E così sia. Ma fammi un piacere.
Cervello. Che vuoi tu?
Poesia. Chiamami il più presto, che puoi.
Cervello. Non dubitare; ch’io n’ho anche qualche volontà: ma la cosa sarà fra noi due in segreto.
Poesia. Daccordo. Addio.
Cervello. Addio.
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Allgemeine Erzählung
Andando uno per la Riva degli Schiavoni l’altra sera verso le quattr’ore di notte, gli si fecero incontra due Uomini, che salutandolo cortesemente gli domandarono, ov’egli andasse? Rispose: verso Castello. E perchè col tabarro? dicono essi. Il galantuomo, pur dubitando di quel, ch’era, ma volendo fare buon viso, ripiglia: Per due ragioni; l’una perch’è freddo, e l’altra perchè il mantello è mio. Alla prima, rispondono, non v’ha chi si opponga, è freddo; ma quanto all’esser vostro, sia con vostra buona grazia, non è ragione giuridica; ed è nostro. Volea il buon Uomo difendersi, ma i due, che aveano i loro statuti nell’ugne, glielo tolsero dalle spalle, e sparirono. Mentre ch’egli mezzo attonito si dolea, e borbottava, gli si fa innanzi uno, e gli domanda che è? esso gli narra in fretta il caso, e l’altro in fretta gridando: bricconi, ladri, e udendo da qual parte erano andati, dice: tenete quà, e serbatemi questo fagotto, che non m’impacci il correre, e vi dò parola, che vi riporto il vostro mantello in un attimo. Così detto gli dà un involto che avea in mano, e va correndo da quella parte ov’erano andati i ladroni. Il buon Uomo rimaso col fagotto in mano pieno di speranza nel suo difensore, pensava al ringraziamento, e alla gratitudine, che dovea a tanto beneficio. Mentre che sta tutto intrinsecato in tal pensiero, escono fuori del fagotto improvvise le acute strida d’un bambino, che v’era dentro. Gli parve un incantesimo, e credette di spiritare. Finalmente spiacendogli più l’avere acquistato famiglia, che perduto il mantello, si diede a correre anch’egli quanto potea verso il luogo della Pietà, e quivi riposto, ove dovea il bambino, se n’andò a casa sua; prima, ch’altro ancora gli succedesse.
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Exemplum
Poche sere fa passando un ponte vi trovai tre fanciulli mezzo ignudi, che battevano i denti, e facevano un piangere così doloroso, e lamenti tali, che fendevano il cuore. Feci quanto potei in loro prò, e passat’oltre un poco, non so perchè, m’arresto: era bujo; cessa il pianto, e si cambia fra loro un quieto ragionamento. Dice uno: che ti pare? fo io bene la parte mia? Risponde l’altro passabilmente, ma la voce vuol essere più stridente. Dice il terzo è vero: accordiamoci bene; e fanno come gli strumenti. Quando parea loro, che i tuoni andassero bene, diceano oh così: così: e rideano. Intanto passa uno, e il coro alza le voci. Io stetti mezz’ora nascosto ad udire quella musica, poi ripassai, ed essi intuonano. Voi non fate bene, diss’io, e cominciai a far loro il maestro, con gli stessi insegnamenti, che avea uditi. M’ascoltarono prima attoniti, e appresso, tutti ad un tratto sparirono.
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Allgemeine Erzählung
La notte avanti martedì, verso le ore dieci, tre uomini carichi il cervello per soverchio bere, venendo da Campalto in un battello, non si sa in qual forma si rovesciarono; due rimasero annegati, uno ne venne da certi pescatori salvato; ma fra la paura, e l’avuto patimento dell’acqua, e del freddo, è vicino a morire.