La Gazzetta Veneta: N. 2
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Livello 1
N.o 2.
Sabbato addi 9. Febraro 1760.Gazzetta Veneta
Che contiene
Quello, ch’è da vendere, da comperare, da darsi a fitto, le cose ricercate, le perdute, le trovate, in Venezia, o fuori di Venezia, il prezzo delle merci, il valore de’cambj, ed altre notizie, parte dilettevoli, e parte utili al Pubblico.
Livello 2
Livello 3
Allegoria
Boezio Filosofo, mentre ch’egli innocentissimo ritrovavasi in prigione, andò innanzi una maravigliosa femmina, la quale giungeva col capo fino alle nuvole, e più sù ancora. Era costei la Filosofia, che confortandolo nelle sue calamità, gl’insegnò molte cose a poco a poco, da lui lasciate scritte nel Libro intitolato: Della Consolazione, il quale dura oggidì ancora, ma per le mani degli uomini, è letto, e lodato. Tale apparizione è veramente favolosa, e siffatta Donna altro non era fuorchè la mente di lui, la quale inzuppatasi con lungo studio, e con le continue considerazioni, nelle divine cognizioni della Morale Filosofia favellava al suo cuore, ond’egli dato un corpo allegorico alla ragionatrice mente, Filosofia la chiamò.
Metatestualità
Tutto questo preambolo è detto per iscusare l’invenzione che sarà stampata qui sotto, la quale mi venne consegnata dal mio compagno, dicendomi, che va a proposito de’presenti fogli. Chi legge ne sarà Giudice.
F.
Livello 3
Allegoria
Trovavami Mercoledì verso sera nella mia stanza, pensando a’diversi ragionamenti ch’io avea uditi in più luoghi intorno al primo foglio della Gazzetta veneta. Dubitava fra me medesimo se dovessi proseguire nel modo stabilito dell’aggiungere alle notizie qualche cosa, che ricreasse i Leggitori, ovvero ogni cosa trattarsi in sul sodo, e con gravità, come se avessi a dettare un libro massiccio, e solenne. Imperocchè non sì tosto venne in luce il primo foglio, ch’io rincantucciatomi in più luoghi, per desiderio di prender norma dalla comune opinione, e compiacere il pubblico udiva di quà, che troppe vi sono le riflessioni in ischerzo, e colà, ch’egli si credeva nel leggerlo di trovarvi maggior passatempo e trastullo. Chi vorrebbe novellette piacevoli, chi, che lasciata fuori ogni altra cosa, le sole notizie fossero pubblicate, e altri, a cui non importa di case da fittare, di cose da vendere, o di siffatti interessi, vorrebbe ridere solamente. Che farò io dunque, diceva fra me, per appagare ciascheduno? e cui debb’io assecondare? Mentre ch’io stava pensoso, e con la penna ora in mano sospesa ed ora intingendola nelle spugne, senza risolvermi a formare parola in carta, ecco che di subito, non so donde, ne come entrata nella stanza mia, mi vidi a comparire innanzi una femmina di sì mirabile condizione, che a pena credo di poterla descrivere. Era la faccia sua di mutabile apparenza, per modo, che non potrei ben bene sapere, nè dire s’ella fosse giovane, o vecchia, bella, o brutta, bianca, o bruna, perch’ella avea tutte queste qualità l’una dietro all’altra, e in poco tempo dall’una all’altra passava. A questa improvvisa visione ognuno penserà, ch’io fossi tocco da una repentina paura, ma non fu vero; poiché quella sua continua mutabilità, e tramutazione, dettò in me tanta maraviglia, e sì quella novità mi prese il cuore, ch’io la guardava con infinito diletto, e non potea spiccare gli occhi da lei, sperando di vederla di tempo in tempo a cambiarsi. La veste sua era di più colori, e questi ancora divenivano altri colori in un momento. E che vi dirò io più? che quando la cominciò a favellar meco, ella mandava fuori della gola ora una vocina di femmina, e ora una vociaccia di maschio, e talvolta lieta, e tal altra malinconica favellava, sicchè il fatto suo era una grandissima stravaganza. Finalmente, avendomi ella guardato qualche tempo in faccia tramutandosi, e domandandole io chi ella fosse, e a che venuta, rispose: Sappi, che tu vedi davanti a te colei, che più di ciascun’altra donna è dal Pubblico amata, e quella, che nel corso dell’umana vita porgo soccorso di ricreazioni alle genti. Io sono colei, che ne’dilettevoli giardini, e ne’dorati Palagi non solo; ma anche fra Monti, e nelle Valli, e nelle Selve, so far trovare a’riguardanti il diletto; e pongo mano nelle tele dipinte, nelle invenzioni de’Poeti, de’Romanzieri, e nelle fatture degli Artefici, le quali, colà dove io non sono, riescono tutte nojose, e d’un tedio mortale. Per cagion mia si trovano le cose nuove, che se non foss’io il mondo sarebbe contento delle vecchie: ma quando delle nuove n’è stato ritrovato assai, fo porre mano alle antiche, e le torno a dissotterrare, e queste state dimenticate riescono, come nuove, e piacciono. E tu dei anche sapere più là, che tenendo io il cuore umano in un continuo esercizio, e in ammirazione ora di questa novità, e ora di quella, nè mai lasciandolo arrestare in una sola, lo mantengo voglioso, vivace, e operativo, sicchè non ha luogo in lui la noja, che proverebbe, s’egli stesse sempre saldo in uno stato. Guai a te, se non ti consigli meco, mentre che tu scrivi, guai a te. Ora per esempio veggo benissimo, che ti trovi impacciato in qual forma dei dettare questi tuoi fogli; ma se tu vuoi affidarti a me, spera, che le cose tue non avranno mal effetto. Oh! diss’io allora, tu se’appunto venuta per mio conforto, e poichè mi prometti cotanto, perchè non vuoi tu, ch’io t’ubbidisca? Io sarò tuo servo, e schiavo in eterno. Dimmi quello, ch’io debba fare. Allora ella preso un tuono maestoso, e fatta una faccia grave, e tramutato il suo vestito in più varj colori, che l’arcobaleno disse io sono la Varietà. Imita la faccia mia, e i miei vestimenti, e così detto disparve.
P.
Metatestualità
Nel Manifesto da me Pubblicato pregai, che ciascheduno a cui occorresse, arrecasse le Notizie ad uno de’quattro luoghi assegnati. Gli apportatori non sono in ciò aggravati da veruna spesa, e quello, che desiderano, che sia saputo, si sa in brevissimo tempo, perchè coi fogli in diverse mani si sparge in due giorni; onde gl’interessi si concludono più speditamente, perchè più facilmente nascono le opportunità, quando le cose sono a notizia. Per esempio uno ha grandissimo bisogno d’una cosa, e smania per averla; ma non sa dove ritrovarla; e all’incontro un’altro ha la cosa desiderata, e vorrebbe venderla senza discapito; ma non sa a cui. Chi la brama la pagherebbe un prezzo convenevole: e intanto il professore, non sapendo più che farne, per isbrigarsi chiama a se uno Stracciajuolo, o un Ebreo, e ne fa quel contratto, che può con persone che ne debbono poi guadagnare. Ecco che il possessore ha venduto poco la roba sua, e quelle che l’avrebbe volentieri comperata n’è rimasto senza. E se mai viene ciò a Notizia all’uno o all’altro, nascono l’esclamazioni invano. Oh magari! o s’io l’avessi saputo! Questo foglio leva via tutte queste inconvenienze.
S.
Metatestualità
Addi 7. di Febbrajo la mattina fu portata da una Maschera alla Bottega di Paolo Colombani una polizza con questo indirizzo:
Al Stimatis. Sig. Osservandiss. il Sig. Veneto Gazzettiero.
La sostanza d’essa polizza a un dispresso è tale.
Si duole chi scrive, che in Venezia ci sieno più case da fittare di quelle, che si trovano nel primo foglio della Gazzetta.
Rispondo, ch’io non noterò mai altro, fuorchè quelle, che mi vengono lasciate segnate a’quattro stabiliti luoghi, e non ispiccherò mai i bullettini da’cantoni di quelle, che possono già essere fittate senza mia saputa.
Si lamenta, che non sono veri i prezzi delle Mercanzie.
Rispondo, che sono veri. Me ne fanno fede persone peritissime; le quali dicono, che i prezzi s’intendono sempre in grosso, e non si computa ogni picciola differenza, se pure vi si trovasse.
Si querela, che non si trovano i successi più notabili di Venezia, che così s’usa in Londra, a Parigi, e in Ollanda.
Rispondo, che quando succederà qualche cosa notabile vi farà collocata; e che io non sono il Destino da far succedere.
Minaccia, che vi sarà alcun altro, che farà la Gazzetta Veneta.
A ciò non tocca il rispondere a me.
Dice, che tali avvisi mi vengono da persona, che mi vuol bene, e ch’io gli prenda in buon grado.
Anzi gliene sono obbligato, e lo novero fra più cari amici, benchè nol conosca, perchè parla schietto; e m’ha dato cagione di notar qui questo picciolo avvenimento.
S.
Livello 3
Racconto generale
Utopia
Al quale aggiungo, essere in questa notte degli 8. di Febbrajo uscito di vita un uomo d’anni centosedici, e detto Giovanni Riva. Pochi sono dalla natura favoriti di tale temperamento, ma pure alcuni si trovano. Io mi ricordo d’avere parlato con un Padre converso de’Minori Conventuali, il quale abitava alla Motta, e quando parlai seco avea centododici anni. Morì di la a due anni. Cotesto buon Fraticello badava all’orto suo, e innaffiava l’erbe, e lavorava il terreno cotidianamente. Dall’essere un poco curvo in fuori, non si vedeva in lui segno di debolezza.
Leggesi nel Dizionario del James la relazione d’un Cerusico, il quale narra, che il Padre suo continuamente adoperava lo zucchero sulle vivande non solo, ma anche nel vino. Questi giunto agli anni 60. in circa della vita sua, senza altro indizio di vecchiaja, che di quattro denti cadutigli, s’ammalò gravemente (sic), nè si sapea di qual male, ma una gagliardissima febbre gli dava travaglio. Cessata a poco a poco essa febbre, si scoperse, che gli erano nati quattro nuovi denti, ne’luoghi voti. Visse poi molti anni, e morì oltre a cento, se bene mi ricordo, da un male ardentissimo, e acuto; onde il figliuol suo dà piuttosto la colpa a’Medici, che furono alla sua assistenza, che al male. Fu stampato in Parigi un libro in due Tomi, di segni incerti della morte, ove si narrano varj casi di persone credute morte e seppellite vive. Non so se delle persone che passano un secolo, si possa sospettare che non sieno morte affato.