Gazzetta urbana veneta: Num. 17
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Livello 1
Num. 17
Solennità Ordinarie. Mercordì prossimo passato fu un giorno nel quale si celebrarono
le consuete annue festività in onore di S. Giacomo Apostolo, e di San Cristoforo. Il maggiore
concorso fu alla contrada di S. Giacomo dall’Orio, posta nel Sestiero della Croce. È incerta
l’origine della sua denominazione, non altro sapendosi sennon che anticamente quel sito chiamavasi
luprio, e ch’era paludoso e disabitato. L’epoca della fondazione della Parrocchiale sua Chiesa
egualmente è dubbiosa; non così quella della sua riedificazione seguita nell’anno 1225. Per la
pietosa liberalità delle Nobili Famiglie Da Mula e Badoer. Il Sansovino asserisce, che venne
rifabbricata anco a’suoi tempi. Trà le cose rare, che in essa s’ammirano, evvi il Tabernacolo della
Cappella del Ss. Sacramento composto di fini marmi, come lo è pure il Pulpito di forma ottangolare
eretto sopra un sol piede, e una colonna stimatissima di Verde Antico, che giunge a cinque braccia
d’altezza. Gareggiano con queste rarità le Pitture eccellenti che da ogni lato presentano
de’Capi d’Opera di Paolo Veronese, di Francesco Bassano, del Palma giovine, di Melchiore Colonna, di
Lorenzo Lotto, del Tizianello, di Giovanni Buonconsigli, del Padovanino, del Lazzarini, d Gio: Bat.
Pittoni, e del Guarana. Quanto esiste dipinto nella Sagristia, tutto è del pennello del Palma, come
lo è di quello di Paolo Veronese ciò che vedesi nella Cappella di San Lorenzo, e nel Soffitto
dell’altare della Concezione. Anco la sacra funzione fatta in tal giorno nella Chiesa di San Giacomo
di Rialto ebbe un numeroso concorso. Ha essa il vanto d’essere la più antica di tutte, perché la
prima fabbricata in questa Città. Un certo Greco di Candia nominato Eutinopio, Architetto navale,
chiamato da’privilegj ad abitare le nascenti Isolette in cui s’erano sottratti dal furore di Attila
que’Signori che fondarono la base della nostra Nazione, ebbe la sventura di vedere con alcune altre
distrutta dal foco la propria Casa. Nell’atto che le fiamme minacciavano una distruzione molto più
estesa, quel buon Candiotto implorando la Divina assistenza fece Voto d’erigere un Tempio a S.
Giocomo Apostolo nel sito medesimo dell’incendio, e religiosamente adempillo. Lo consecrarono
quattro Vescovi; Severiano di Padova, Ambrogio d’Altrino, Giocondo da Trevigi ed Epone di Uderzo. Fu
riedificato la prima volta sotto il Dogado di Domenico Silvio, e poi a spese pubbliche nell’anno
1600. La Statua di S. Giacomo posta sull’altar maggiore, è opera del famoso Alessandro Vittoria, e
quella di S. Antonio Abbate, ch’è di bronzo, di Girolamo Campagna, come pure le altre figure che
adornano l’altare ov’è eretta; nel quale ammiransi le colonne di Serpentino. A questi pregj
s’uniscono quelli delle belle Pitture di Luigi dal Friso, di Domenico Tintoretto, del giovine Palma,
di Pietro Mulombra, di Marco Vecellio, e di Giambattista Rossi. Diviso il Popolo nelle divote sue
visite, assistì in buon numero agli Uffizj Divine nella giornata medesima, nella vasta Chiesa della
Madonna dell’Orto, innalzata col Monastero contiguo nell’anno 1371, che fu in prima abitato da’Frati
Umiliati, poi da Canonici Secolari di San Giorgio in Alga, indi nel 1671. Dalli Monaci Cisterciensi
che vi dimorarono sino a pochi mesi sono. Anticamente era dedicata a San Cristoforo il cui colosso
torreggia sull’altar maggiore, opera di Gasparo Moranzone Scultore celeberrimo del Secolo XV. La
Statua di Gasparo Contarini Storiografo della Repubblica, che vedesi nella Cappella di questa
illustre Famiglia Patrizia, egualmente che le altre due di Tommaso e Luigi Contarini, son marmi che
sembrano animati dall’insigne scalpello di Alessandrio Vittoria. Vi sono in oltre degli altri
superbi Mausolei, e Statue, e Marmi antichi di preziosa materia e di fino intaglio, che adornano la
facciata. Quanto alle Pitture è un Tesoro d’inestimabil valore. Li due quadri bislunghi
dell’impareggiabile Jacopo Robusti detto il Tintoretto, e le portelle dell’organo parimenti dal lui
dipinte, basterebbero a meritare l’ammirazione de’Forastieri intelligenti, che visitano questa
Chiesa. Ma vi trovano ancora Conegliano, Palma il Vecchio, i Bellini, Domenico Tintoretto, Pontone,
Mera, Domenico Vandich, i Rosa Bresci ani, il Molinari, e il celebre Pordenone la cui Tavola di San
Lorenzo Giustiniani si annovera trà i pezzi più stimati di questo famoso pennello; onde ben a ragione si dice, che le Tele dipinte di questo Tempio potrebbero formare la Galleria d’un
Sovrano. L’Isoletta di S. Cristoforo Della Pace, che giace trà Murano e questa città, fu per tutto
il giorno suddetto frequentata essa pure da numerosi concorrenti. Nel Secolo XIII. v’era in essa un
mulino a vento, ad uso della Città. In que’tempi se ne vedevano sparsi molti d’intorno; ma quando la
comunicazione de’fiumi colle lagune aprì una via di servire la Capitale in ogni stagione, le macine
della Terraferma li resero inutili. Era quest’Isola abbandonata e diserta nell’an. 1352. allorché
certo Bartolommeo Verde la chiese alla Repubblica per Ritiro delle pubbliche Meretrici convertite ad
onesta vita. Favorita fu la richiesta del maggior Consiglio, e nel giorno 20. Giugno dell’anno
seguente venne decretata la erezione d’un Ospitale sotto il titolo de’SS. Cristoforo ed Onofrio, che
servir dovesse all’oggetto indicato, a condizione che dopo la morte di Bartolammeo Verde passasse
questo luogo in juspatronato del Doge, e suoi successori. Il Verde morì sul cominciare della sua
impresa, e il doge Marco Cornaro elesse un Priore per il governo del nuovo Ospizio. Questo
abbandonato rimase nell’anno 1381. Andrea Foscari Doge esibì l’Isoletta a Giov. Brunacci Fiorentino
dell’Ordine di S. Brigida, che poco tempo dappoi soggiacque a una riforma del Sommo Pontefice, per
cui si crede che il Brunacci abbandonasse l’asilo in cui dimorava con alcuni Religiosi. Allora il
Doge medesimo la donò in domicilio perpetuo ai Frati Eremitani dell’Osservanza di Santa Maria di
Monte Ortone, de’quali era Rettore generale Frà Simone da Gamerino. Questi ebbe il merito
d’accordare la Pace trà questa Repubblica e Francesco Sforza Duca di Milano, che le aveva mossa
un’accerrima guerra da lungo tempo, senza che i Principi, i Re, e neppure il Papa Niccolò V.
avessero mai potuto ottenere, ciò che ottenne Frà Simone per la santità de’costumi suoi, che davagli
un grandissimo credito. Così nello stabilire una Pace durevole mostrò la sua gratitudine alla
Repubblica, e diede il nome di San Cristoforo della Pace all’Isoletta donatagli. Sopra un angolo del
Convento veggonsi le Armi della Repub. e della Sforza unite in segno di concordia. Il glorioso
avvenimento seguì nel 1454. Il Senato sempre magnanimo nel compensare i meriti accordò, in grazia
del prefato Rettore, privilegj ed esenzioni a tutti li Monasterj della Congregazione suddetta posti
nelli suoi Stati, e col danaro del Pubblico Erario riparò la rovina delle cadenti Fabbriche
dell’Isola. Nella sua Chiesa veggonsi due Tavole di sommo pregio, di Jacopo da Ponte detto il
Bassano, e di Giovanni Bellino. Le altre Pitture sono dei Vivarini, di Francesco Rizzo, e di Marco
Vicentino. Giovedì passato giorno di S. Anna, nella Chiesa delle Monache Benedettine dedicata a
questa Madre di M. V. si celebrò la sua festa con una sacra pompa delle più solenni, a cui la gente
concorse in quantità numerosissima. La sua fondazione rimonta fino all’anno 1242. Fu cominciata la
sua rifabbrica nel 1634 e compiuta nel 1659. Precipitò una parte del muro del Monistero che guarda
la Laguna nel 1691. Nel 1761. fu riedificata una porzione interna del medesimo, che stava già per
cadere. L’altar maggiore di questo Tempio fu eretto a spese delli Callaffatti, Remeri,
Marangoni, e Segadori, che sono le quattro Maestranze dell’Arsenale, per Voto da loro fatto nel
1630. in cui la peste flagellava questa Città. Li suoi cinque Altari sono formati di ricchi marmi, e
le Pitture ch’essi presentano del Tintoretto, dello Scaligero, del Lorenzetti, del Vecchia, del
Rusca, e di Michele Neydlingher, si pregiano molto dagl’intendenti. In M.C. Pod. E Cap. A Treviso.
E.
Odoardo Collalto qu: Antonio, fu Patron all’Arsenal. Pieggio E. Domenico Zen. Sopra Uffizj.
Suppositi. Cazude. Suppositi. Cinque della quarantia C.N.
E. Antonio Moro. E. Antonio Pasta. E. Piero Antonio Condulmer. E. Z. Mat. Balbi. E.
Stefano Valier.
Bastimenti Arrivati
delle Lettere di Cambio
Sabbato 28. Luglio 1787.
Livello 2
Metatestualità
Se li Signori Assocciati al nostro Foglio, di questa Città, l’hanno
ricevuto ad ora tarda nel Mercordì passato, ed alcuni l’ebbero il Giovedì mattina soltanto; se nella
disposizione delle materie hanno trovato del disordine, ci accordino il loro benigno compatimento,
sicuri di fare con ciò un atto di giustizia. Quelli che la cagione ne sanno, si sono stupiti
piuttosto d’essere stati serviti in giornata, che tardi. Il nostro impegno di soddisfare il Pubblico
quant’è possibile, incontrar ci fa degli ostacoli. In materia di stampe, e particolarmente di
Gazzette, il menomo sconcerto guasta un lungo lavoro, come il solo difetto dell’apice d’una ruota
dentata, scompone il movimento regolare dell’orologio. In avvenire speriamo che la nostra
costituzione abbia ad essere meno angustiosa, confidando nella protezione di che tale può
rendercela. Intanto assicuriamo li degnissimi Assocciati a questa Gazzetta, che dal canto nostro non
procederà mai veruna mancanza, e che sempre faremo tutti gli sforzi perché sollecitamente siano
serviti.
Il dì 25. Luglio.
Consigliere di S. Polo. E. Zuanne Dolfin qu: Vicenzo, fu Avvogador del Comune. Pieggio E. Alessan. Bon qu: Francesco. Consigliere di S. Croce. E. Lauro Dandolo qu: Antonio. Pieggio E. Francesco Foscolo. Consigliere di Dorso Duro. E. Girolamo Zustinian qu: Sebastiano. Pieggio E. Alvise da Mosto.Pod. E Cap. A Treviso.
Seconda Prova.
Sopr’Atti.
E.
Odoardo Collalto qu: Antonio, fu Patron all’Arsenal. Pieggio E. Domenico Zen. Sopra Uffizj.
Suppositi. Cazude. Suppositi. Cinque della quarantia C.N.
riballottati alla loro
ordinaria.
E. Antonio Moro. E. Antonio Pasta. E. Piero Antonio Condulmer. E. Z. Mat. Balbi. E.
Stefano Valier. Li 26. Detto.
Pod. e Cap. a Treviso. Reggimento con pena, dura mesi 16. E. Teodoro Correr qu: Giacomo. Pod. a Monfalcon dura mesi 16. E. Angiolo Balbi di E. Spiridon. Sanità. E. Leonardo Zustinian qu: Marco, fu Savio agli Ordini. Estraordinario. E. Anzolo Maria Balbi. Due Cottimi di Londra. E. Angiolo Corner qu: Vicenzo. E. Nic. Balbi qu: Gioannantonio. Entrate. E. Pier. Ant. Bembo qu: Andrea. Cinque Quaranta C.N. E. Marc’Antonio Venier. E. Alvise Bragadin. E. Zuanne Trevisan. E. Francesco Maria Bragadin. E. Zuanne Bressa. In Senato26. Luglio
Artiglieria. E. Francesco Battaja. Aggiunto allo studio di Padova E. Francesco Battaja. Li documenti intorno all’origine, e prerogative delli Magistrati nominati in questo Foglio, si daranno all’occasione delle future elezioni di qualche Individuo delli medesimi.Livello 3
Continuazione della Lettera di Chiozza.
Lettera/Lettera al direttore
In una sua Cicalata poi, appunto in lode della Cicala, la chiama voce
fiorita, voce gigliata, adducendo l’etimologia della parola greca che significa dolce e soave, forse
per adattarsi allostile di cotal maniera di composizioni. Ma finalmente nell’un luogo, e nell’altro,
egli è sempre il Salvini. Ora che si dovrà dire della risposta fatta su tal ricerca dallo Scrittore
della Lettera sulla Maschera di ferro? Tratto egli in errore dal Sig. Accademico, Teocrito ed Omero,
egli dice componevano tutta la Grecia antica? Ma io soggiungo c’è anche Anacreonte, c’è anche
Esiodo, il quale Esiodo nello Scudo di Ercole chiama canora la voce della cicala: e Strabone ancora,
che non era poeta, raccontando la favoletta di Eunomo, dice che una tal voce appresso i Locresi era
riputata più soave del canto di tutti gli animali. E per farla corta, secondo il Salvini, alla
Cicala era assomigliato da tutti quanti i Greci il Poeta. Non si potrebbe dunque anche a cotesto
Scrittore applicare quel detto, ch’io in altro proposito appunto andava cercando nell’Algarotti: Qui
pauca considerat de facili pronuntiat? Bene sta: chi più ne sà piu ne metta. Non voglio mica fare io
qui un Cicalio, che non so se fosse per esser grato come quel delle cicale de’Greci, ovver rauco e
stridulo come di quelle di Virgilio: tanto più che la di Lei Gazzetta nol comporterebbe. Nondimeno
dirò che se il Sig. Accademico, e lo Scrittore della Lettera avessero voglio di sapere qualche cosa
su tal proposito, leggano i Commentatori dell’Emblema 185. dell’Alciati, dove è stato proposto il
medesimo quisito prima anche dell’Algarotti, e vi troveranno una qualche risposta, la quale se loro
soddisferà, bene, se nò, io me le rassegno con tutto il rispetto. Da Chiozza. Umil. Devotiss.
Serv.
N. N.
N. N.
21. Luglio 1787.
Pielego S. Antonio di Padova Pat. Giuseppe Bottolo, da Spalatro e Macasca, con cera, schiavinelli, rassa, miel, lingue di bovi, vino, e portata d’oglio. Ad. Detto. Pielego Madonna dei Carmini, P. Angiolo Mandocollo, da Sebenico e Zara, con lana, ferro, raffa, strazze, catrame, e portata d’oglio. Ad. 22. Detto. Checchia il Commercio Veneto, Cap. Gregorio Davanzo, da Livorno con mandorle, pepe, legni da colori, droghe, et altro. Ad. Detto. Checchia Isabella Cap. Santo Ballarin, da Corfù, con attrezzi Pubblici. Su questa è venuto S. E. VVidman, non con Cap. Domenico. Ad. 24. Detto. Pielego Mad. delle Grazie e S. Antonio P. Adamo Maras, da Cattaro con formaggio morlacco, e moriotto. Ad. 25. Detto. Checchia il Piloto Veneto, Cap. Domenico Ballarin, da Salonicchio, con gottoni, salonicchi, e tabacco. Ad. Detto. Nave Ester, Cap. Vicenzo Filettti, da Salonicchio con gottoni e tabacco. Ad. Detto. Pielego Mad. Del Rosario, P. Andrea Radimiri, da Cattaro con formaggio morlacco, e cotto, e poche colature di cera. Ad. Detto. Trab. Mad. di Loreto, P. Nadal Supisich, da Zara con castrati e portata d’oglio. Ad. 26. Detto. Pielego Mad. del Rosario, cap. Luca Lazzari, dall’Arcipelego con Vallonia, e formaggio. Cambj.27. Luglio 1787.
Lione) Parigi) cinquantasette e un ottavo. Roma sessanta e tre quarti. Napoli cento e sedici e tre quarti. Livorno cento e due e un ottavo. Milano cento e cinquantadue e mezzo. Genova novantuno. Amsterdam novantatrè e tre quarti. Londra cinquanta e sette ottavi. Augusta cento e tre. Vienna cento e novantanove. Eredi Ricercati. Il Serenissimo Principe fa sapere et è per Deliberazione ec. . . . . Se v’è persona, ch’abbia qualche diritto, o pretensione all’eredità della qu: Antonia Sattori morta il giorno undici del corrente Luglio, presenti i suoi titoli e le sue ragioni all’Eccellentissimo Magistrato del Cattaver, che gli verrà resa giustizia; accordandosi un mese di tempo alla validità di questa notificazione, passato il quale senza che alcun comparisca, l’eredità suddetta verrà confiscata. Li 21. Luglio 1787. Protestidelle Lettere di Cambio