Gazzetta urbana veneta: Num. 26

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Num. 26. Mercordì 29. Agosto 1787.

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Ecco la promessa continuazione degli antichi documenti intorno all’origine, e prerogative delli Primicerj Ducali.
Quantunque nè gli antichi Vescovi di Malamocco, nè gli Olivolensi, avessero mai estesa la loro giurisdizione sopra la Basilica di San Marco, nondimeno Marco Michieli Vescovo di Castello innalzò le sue pretese nel 1225 per assoggettarla al suo Spirituale Dominio col Primicerio, ed i suoi Cappellani. La controversia fu di breve durata, e si decise la perpetua indipendenza della Chiesa di S. Marco e suo Clero dal prefato Vescovo, e dalli suoi Successori. L’epoca in cui ascese a maggior lustro la dignità del Primiceriato fu sotto il Pontificato d’ Innoc. IV. La sconfitta del Tiranno Ezzelino: la conquista di Padova: il valore dell’armi Venete, hanno determinata la gratitudine di quel Sommo Pontefice a fregiare nel 1252. il Primicerio dell’abito, e delle Vescovili Insegne, accordandogli Mitra, Anello, e Baculo al celebrare la Messa. Il Rocchetto e la Mantelletta son aggiunte onorevoli del Papa Alessandro V. che nel 1409. perpetuandone l’uso accrebbe la potestà Primiceriale col jus di dar la tonsura alli Chierici della Chiesa di S. Marco, indipendentemente dall’Ordinario, e di concedere l’Indulgenza di 40. giorni. Giovanni XXIII. La dilatò maggiormente col diritto accordatole della Pontificale benedizione, in mancanza del Nunzio Apostolico, o d’ altro Vescovo. Clemente VIII. nel 1596. ratificò tali privilegj e ve ne aggiunse di nuovi colla concessione alli Primicerj di coprirsi delle Insegne Pontificali nelle pubbliche processioni, e nelle Chiese tutte a quella di San Marco soggette, e di poter dare al Popolo concorsi nelle medesime la benedizione. In Senato 25. Agosto 1787. Artiglierie. E. Girolamo Maria Dolfin. Nell’anno 1589. fu instituita questa gravissima Magistratura, composta di tre Nobili del Corpo del Senato, sotto il titolo di Proveditori alla Artiglierie. Prima d’ allora ve n’ era un solo, che veniva eletto dal Consiglio di X. per comando della stesso Ecc. Cons. nell’anno 1570. i Bombardieri erano già stati uniti in Scuola Laica sotto la protezione di S. Barbara, e la dipendenza delli Proveditori di Comune. Erano incaricati di fondere, e maneggiare Cannoni e Mortaj. Su qualunque Nave, Galera, o Fusta, gli Artiglieri o Bombardieri dovevan essere individui della Scuola suddetta. Creata la Magistratura di cui parliamo, furono ad essa i Bombardieri soggetti, a cui si diede il gius d’ elezione, prescindendo dalli Capi di Squadra, ch’ eletti vengono dal Pieno Collegio. Entrate Pubbliche. E. Bart. Priuli 5to. È necessario avvertire una volta per sempre, che qualora s’ annunziano de’ Magistrati senza farvi alcuna nota, non è per mancanza di documenti, o per certe altre ragioni, ch’ esser ponno supposte; ma unicamente per lasciar ai Fogli venturi di che corredarli con punti di patria erudizione, e non prodigalizzare la messe raccolta studiosamente dall’altrui mano, che serve sì bene all’adempimento del nostro assunto. Talvolta n’ è motivo la ristrettezza del tempo, o l’abbondanza delle materie. Alla Pag. 6. del Foglio N. 25. dello scorso Sabbato si legga Castellano a KNIN dura mesi 24. E al Dazio del Vino dove sono i punti Bernardo Bembo di Alvise. Ecco la Diramazione del Problema Se le belle Arti, e l’eloquenza debbansi riconoscere più dalla natura, o dall’educazione. Che forma il Soggetto dell’odierna Accademia di Murano. Sonetti. 1. Tutte le arti liberali consistere nella verace imitazione degli oggetti, e nella forza della sensazione, che producono in noi; degli oggetti poi le immagini corrispondere agli originali a proporzione dell’aggiustatezza degli organi, e della facilità di riceverne le impressioni. Ottave. 2. L’assuefazione a contemplare la bella natura, rendere gli uomini atti a vivamente imitarla. Esempio degli Italiani del Secolo XIV. in cui trasportati dalle rovine dell’Impero Greco i più bei pezzi d’ antichità, destarono il genio di tanti insigni pittori, scultori ed architetti, che fiorirono in quel tempo. Sciolti. 3. I precetti rendere fredda e sterile l’immaginazione, né potersi attendere che produzioni mediocri da chi per timore di operare contro le regole scema al genio la libertà. Esempio nell’Italiano Gravina, valente precettore delle regole della Tragedia, ed infelice poeta, in confronto di Pier Cornelio, che superiore alla regole stesse fù la gloria del Teatro Francese. Elogio del suo Cid. Sermone. 4. Per non conoscere, o non osservare le regole dell’arte, essersi demeritate l’applauso della posterità alcune produzioni d’ uomini, che sembravano forniti de’ più preziosi talenti della natura. Esempio nella Farsaglia di Lucano. Elegia. 5. Il genio per le belle arti essersi sempre riputato un dono della natura, e degli Dei; per questo gli antichi averne fatte dispensatrici le Muse, che col favorevole loro sguardo accordavano ad alcuni uomini privilegiati fin dalla nascita, i rispettivi talenti per riuscire nelle medesime. Sestine. 6. Niente aver più contribuito all’avanzamento delle arti, che la protezione de’ Principi, i quali cogli onori e co’ premii eccitarono la gioventù a distinguersi nelle medesime. Descrizione della Toscana sotto la Casa de’ Medici, e della Francia al tempo di Luigi XIV. Selva. 7. Ne’ Secoli più oscuri, e fra le Nazioni più lontane da ogni coltura, trovarsi monumenti di eccellente Poesia. La Grecia era per anco rozza, quando Omero compose l’esemplare d’ ogni Epopea; ed erano barbari i Celti, quando Ossian celebrava i loro Eroi co’ suoi Inni. Anacreontica. 8. Il gusto della Poesia non esser mai tanto diffuso e delicato, quanto ne’ tempi della maggior politezza. Esempio della Corte di Augusto: numero di famosi poeti, che in quella fiorirono. Canzone. 9. L’interesse forte, e le passioni gagliarde, il rapimento e la forza del linguaggio, e dell’espressione della natura, rendere eloquenti gli uomini anche spoglj di ogni arte rettorica, la quale ebbe origine molto dopo dell’eloquenza. Favola di Prometeo, che impetrò da Giove agli uomini l’eloquenza per ridurli dalla vita silvestre alla sociale. Carmen. 10. L’eloquenza aver fiorito solamente nelle Repubbliche, dove facendo una strada agli onori impegna i Cittadini a coltivarla. Esempj d’ Atene e Roma antica, e della moderna Inghilterra, e di Vinegia. Terze Rime Capitolo. 11. La natura, che si lagna del suo abbandono, e della continua servitù impostale dall’arte, e dallo spirito filosofico del nostro Secolo. Ode. 12. L’arte, ch’ espone i primi antichi errori della natura, le sue falsità, le sue pitture mostruose, le sue idee false sopra gli Dei, e gli Eroi. Richiamo dell’arte. Stabilimento del Gusto, sussidii dell’arte alla natura. Lode di Virgilio.

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Vendetta
che ha del Singolare.

Un Giovine colto, e pieno di spirito, ritrovavasi per certi suo domestici affari in una piccola Città marittima dello Stato Veneto, ove per alcuni giorni si diede del tempo, e attaccò delle amicizie mascoline e muliebri. Disposto alla partenza per la Patria, noleggiò una Barca atta alla Navigazione, e invogliò una Ragazza, che far doveva lo stesso viaggio, ad accompagnarsi seco lui. Dipendeva questa da un Zio, che la teneva in una soggezione un po’ troppo dura: ma non le contrastò d’ andarsene insieme con una Vecchia rugosa, che pareva una Parca; supponendo che la Barca fosse di quelle, che ne’ regolari loro viaggj servono i passeggieri, e non appartenesse ad un solo. Il bizzarro Giovine ascrisse a sua fortuna l’incontro, e fece la migliore provvigione, che quel Paesetto potesse somministrargli, per trattar bene in viaggio la sua Compagna. Attendevala impaziente al lido per far troncare il canape ed iscioglierle Sarte, quand’ Ella giunse in elegante veste la Viaggiatrice, colla Vecchiaccia che metteva orrore in chi la guardava, ed avea sotto un braccio una lorda Cagnetta da Bologna, e in una mano una grossa gabbia con entrovi un gatto che miagolava, ed agitavasi fieramente per isprigionarsi. Al suo avvicinarsi le corse incontro il Giovinastro impaziente, e la prese a mano per imbarcarsi seco Lei. Tutti gli Amici, e conoscenti suoi, che gli stavano intorno, gridarono in Coro me ne consolo, e questo suono giunse all’orecchio dell’ombroso suo Zio, che i di lei passi seguiva alla larga. Egli la chiamò a sé per dirle una parola; se le attaccò a un braccio, e senza scaldarsi dissele andiamo a Casa. La timida Verginella lo ubbidì colle lagrime agli occhj. Il fervido Giovine le tenne dietro, protesto al Barba di non meritar quell’affronto, e d’ essere incapace di toccar alle Fanciulle nemmeno un dito. Ogni protesta fu vana, e dovè partir solo mortificato, e confuso. La Vecchiaccia si trovò isolata alla spiaggia: il gatto s’ aprì un varco alla fuga, la Cagnetta le morsicò un dito, e ritornò alla sua abitazione accompagnata da una solennissima baja popolare, sul gusto di quelle, che danno in questa Città li facchini che pestano gl’ingredienti per la teriaca, alle povere Donne, che passano incautamente per le file de’ loro mortaj. Nell’imbarcarsi il fremente Viaggiatore, giurò di vendicarsi, ed ha in una bizzarra maniera adempiuto il suo impegno.

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Il resto nel Foglio di Sabbato.
Incanto. A tenore del Decreto dell’Eccellentissimo Senato 4. cor. gl’Illustrissimi ed Eccellentissimi Signori Poveditori alle Fortezze, si porteranno il giorno 3. del venturo Settembre sopra gl’Incanti per deliberare il ristauro del Fortino vicino a San Pietro in Volta, al miglior offerente, sotto le condizioni espresse nella Polizza d’ Incanto. Attesa la morte del qu: Reverendo D. Paolo Bevilacqua, appartenendo al Santo Monte di Pietà di Treviso li Beni e Casa qui dietro segnati, gl’Illustrissimi & Eccell. Signori Scansadori si porteranno nel giorno suddetto nella Lozzetta del Campanil di San Marco onde verificare il Primo Incanto per la loro vendita, con i patti seguenti. Primo. Sarà manutentore della Vendita il Santo Monte medesimo. Secondo. Sarà obbligo del Compratore d’ esborsare il prezzo convenuto, venti giorni al più, dopo la deliberazione, in mano del Tesoriere del detto Monte. Terzo. Le spese tutte saranno a suo carico. Quarto. Dovrà traslatare l’acquisto a suo nome, per pagare le Pubbliche gravezze del giorno della deliberazione in poi. Quinto. Non effettuando il deposito, sarà il tutto riposto all’Incanto a sue spese, e danni. Beni. Una Casa di muro e coppi con 4. Stanze, e due anditi, e due scale, a pepiano, e altrettanto in folajo, con Soffitta morta, e cortivo, posta in Contrada della Morte vicina al Duomo; era in 2 affittanze, una a Pietro Giovanazzi, l’altra a Gius. Zago. Un pezzo di terra arativa in Villa di S. Palè Comune di Roncole Territorio Trivigiano, di Campi 8. e tavole 85. con piantate, condotta a Angiolo Biasetto.

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I solazzi della notte. Il cocchio è pronto: Fremono I corridoi ardenti, E col nitrito sfidano Ad emularli i venti. L’ardor diurno ai Zefiri Cede il cammin de l’aura: La notte, e il lor fresc’ alito E terra e ciel ristaura. Lasciate alfine, o timide Beltà, le stanze aurate; Al corso ormai v’ invitano Il cocchio, e l’ombre amate. Preceda un genio candido Con balenante face; E il bel de l’ombre alternino I rai d’ un lume audace. Cadan gli specchj, scherzino Bell’aure vespertine, E in ischerzar non osino Di far insulto al crine. Fremano cento ferree Rote schivate intorno: Ed il diletto insolito Vinca il piacer del giorno. Non affrettare, o amabile Notte beata, il corso; E il veglio alato ai liberi Corsier rattenga il morso. Ancor le vie risuonano Di popolo vagante: Troppo a stagion sì fervida Di fresco, e d’ ombra è amante. Ma torna il cocchio; arrestasi La rapida quadriga, A cui le lente briglie Stringe l’accorto auriga. Là dove real portico Alteramente siede, Scendon le belle, e inoltrano Ne’ varj alberghi il piede. Ivi cortese accolgonle Di cavalier corona: Di gioja intorno l’aere Al lor venir risuona. Qual gara ivi di grazie D’ ingegno e cortesie Ferve tra dolce insania E amabili follie! Modi vivaci e nobili Ivi han trionfo, e regno: Non ha per fren lo spirito, Che di decenza il segno. Perché, donna magnanima, Tra lor TE sol non veggio, A cui le grazie il merito, E diè ragione un seggio. Forse più chiaro ospizio Cerchi a le tacit’ ore, Ove de’ saggj accogliesi, E de le donne il fiore. Là de l’ingegno facile I motti arguti han loco, I pensier gravi, e gl’ilari, Le grazie, il riso, il gioco. Là de la nobil indole Il gentil raggio spandi, E’ l don de le bell’anime D’cesser cortesi e grandi. Taccio, perché silenzio Su tue virtù m’ imponi Soffri, che ognun le veggia, Non vuoi, che ne ragioni. Al teatral spettacolo, Vago di notte incanto, Volgiam: Già là ne invitano L’ora, le cetre, e il canto. Ve’ come l’ombre fugano I lucidi doppieri, Come ne’ palchi brillano Leggiadri solazzieri! La tela s’ alza: Al cupido Sguardo, ed a l’alma intenta D’ immensa maraviglia Spettacol si presenta. Archi, Trofei, Piramidi Pinge la scena, e avviva. Che il Nil non ebbe, o il Tevere Su la superba riva. Sì vaghi pian non ebbero Il favoloso Anfriso, Né la ridente Arcadia, Né il fortunato Eliso. L’occhio sorpreso a l’estasi Il cor beato invita, Ed al piacere insolito E l’anima rapita. D’ Eroi, di Dive amabili Le belle cure intanto. Più lusinghiera rendono L’alta armonia del canto. Da la pietà, dai numeri, Da amor, dal guardo vinta Su l’amorose istorie A pianger l’alma è spinta. Nel tenero delirio Perdute alfin le menti L’ore in fuggir non sembrano Che rapidi momenti. Invan la casta Alcione, 1 Invan le pie sorelle A bel riposo invitano Co le cadenti Stelle. Nuovo gentil spettacolo, Nuovo piacer succede: Odi, le cetre invitano A vaga danza il piede. Ve’ qual corona intrecciasi Di Donne e Cavalieri, Ve’ come al suon si destano I danzator leggeri. Chi va, chi vien, si cangiano Le leggiadre figure: Tutto con dolci s’ agita Armoniche misure. Amor, e grazia spirano I moti onesti e gai: E par, che muti parlino I passi, i volti, i rai. Ma in oriente il fulgido Forier de l’alba affretta, E il cocchio aurato ai talami Per far ritorno aspetta. Grazie di tanti amabili Solazzi madre a altrice Notte del giorno lucido Emula e vincitrice. Torna, e una gioja candida Orni il tuo volto oscuro: Così giammai non turbilo Il procelloso Arturo.
Vicenza. Da una relazione più esatta sopra la Festa splendidissima del Teatro Olimpico, di quella ch’ ebbimo nella p. p. Settimana, sappiamo che le Dame raccolte in esso, tutte vestite in gala e balenanti di gioje, giungevano al numero di duecento, ed oltre a queste ve n’ erano alcune altre sulle scalinate. Le Forastiere intervenute, che non hanno ballato, sono la March. Spinola, la March. Gazoldo, la March. Strozzi, la Cont. Portalupi tutte e tre Mantovane; la March. Corradini di Trento, e la Cont. Martinelli di Monaco. Durò la Festa fino alle ore 14. L’Accademia, che diede nel Teatro Nuovo S. E. Pietro Pisani, la sera del dì 24. riuscì superiore alla più grandiosa aspettazione. Fu essa aperta da una Sinfonia di Ambrogio Minoja, a cui successe un’aria di Gius. Scaramella cantata da Gius. Carri, dopo la quale s’ udì un pezzo instrumentato di Gius. Hayden ed un’Aria del Mortellari eseguita da Dom. Bruni. Un Sestetto del Hayden ha preceduto il recitativo ed un’aria del Sarti in cui il Babbini si fece molt’ onore, com’ è il suo solito. Un pezzo instrumentato del Vanbal, un’aria del Cimarosa che cantò la Soracce, un Quintetto dello Scaramella, l’aria del Cimorosa che cantò la Soracce, un Quintetto dello Scaramella, l’aria del Sarti eseguita del celebre Pachierotti: Pensa a serbarmi, o cara, & c. nel quale unirono mirabilmente la loro voce lo stesso Pacchierotti e la Pozzi, dopo cui una Sinfonia del Fabrizj, composero la Prima Parte. Cominciò la Seconda una Sinfonia del Salieri, seguita da un recitativo, e da un’Aria del Tarchi, esecuzione del Carri; poi il Ferlendis fece sentire un conserto d’ Oboe composto e suonata da lui medesimo. Una Cantata del Metastasio messa in musica dal Sarti inti. Amor Timido, nella quale il Pacchierotti fece gustare all’intelligente Uditorio il raffinamento dell’arte sua; un altro pezzo instrumentato del Hayden; l’Aria Del Destin non vi lagnate del Sarti dal Babbini cantata; un Quintetto dello Scaramella, un Recitativo e Rondeau del Rispoli cantati dalla Pozzi; un Pezzo instrumentato del Pleyel; un Rondeau del Tritto eseguito dal Bruni, un quarto Pezzo instrumentato del Hayden; un Duetto del Bianchi cantato dal Pacchierotti e dal Babbini: un Pezzo instrumento del Vanbal; un Terzetto del Paisiello eseguito dal Bruni, dalla Pozzi e dal Carri, e un'altra sinfonia del Fabrizj, furono le Composizioni Poetiche e Musicali, che ordinatamente compirono lo Spettacolo veramente degno dell’intervento, e dell’ammirazione d’ un sovrano. L’illuminazione, l’Orchestra, e tutte ciò che servì ad esso accessoriamente, corrisposero alla sua magnificenza, e diedero la più sublime idea della generosa grandezza di S. E. Pisani alla cui partenza è sensibilmente commossa quella Città. Brescia. Volendo il celebre Signor Giammaria Rubinelli dare un attestato del suo ossequioso attaccamento alla Patria, si è spontaneamente esibito a dare un’Accademia di canto e di suono in questo Teatro, lasciandone tutto il profitto alla Fabbrica di questo nuovo Duomo onde ne restino anche per tal modo sempre più sollecitati i progressi. Si farà essa dunque Venerdì giorno trent’ uno del corrente mese; e canteranno anche i più distinti Professori che quì si trovano a tal oggetto da lui medesimo pregati. I loro nomi, le arie, e l’ordine dell’Accademia, che sarà divisa in due Atti, si daranno in istampa. Sarà composta l’orchestra dai Dilettanti e Professori più valorosi; Illuminato a giorno il Teatro, e si comincierà ad un’ora di notte circa. Si dispenseranno alle solite Botteghe di Caffè i Viglietti a Lire tre l’uno; sarà però alla Porta esposto il bacile per chi volesse con maggiore generosità contribuire ad un’opera sì interessate il decoro e la religion della Patria. Questo famoso Personaggio, che rese in tante Parti d’ Europa ammirabile la sua abilità, l’ avremo di nuovo per l’Autunno e il Carnovale venturo in questo Nob. Teatro di S. Benedetto, e la Signora Galli sarà sua Compagna. Si ricerca, e non si esibisce, una Casa per due soli Padroni ne’ contorni della Piazza, da pagare d’ affitto 80. in cento Ducati all’anno. Il ricapito è da Francesco Galli Caffettiere al Ponte delli Schiavoni. Di ciò avvisasi il Pubblico per emendare lo sbaglio.

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Non per servire al cenno non tropp’ obbligante d’ un Biglietto, che jeri abbiamo ricevuto, ma unicamente per chiudere il campo a delle contese, che uscir potrebbero dalla letteraria decenza, facciamo la spontanea protesta di non accettare per questo Foglio altre Lettere né da’ Panegiristi, né dagli accusatori delle Signore Sacchetti e Pavan. Ci perdoni il Letterato Forastiero se a questo fine non diamo in luce quella, che a noi diresse in risposta al Non Letterato. Lo speriamo abbastanza ragionevole per non supporre ch’ egli trovi scusabile la nostra risoluzione. Lunedì 25. cor. nella Scuola Grande di S. Teodoro incominciati si sono gli Esami delle Pub. Scuole a ora di Terza la mattina, e alle 21. dopo pranzo, metodo da serbarsi ogni giorno susseguente, eccettuando le Feste, il Giovedì, e il Sabbato.
Libri. Giovanni Vitto, Librajo e Stampatore di Venezia, ha pubblicato il seguente Libro. Memoria riguardate il Sistema di Pace e di Guerra, che le Potenze Europee praticano con le Reggenze di Barbaria. Edizione Seconda ricorretta ed accresciuta. È questo un Opuscolo di Anonimo Autore, che non potrebb’ essere di più interessante, soprattutto nella corrente Stagione, e si vende L.1: 5., al Negozio in Casa del suddetto Vitto in Calle Lunga a S. Maria Formosa ed anche dal Colombani al ponte di Rialto.
Dalla Stamperia Zerletti Venezia.

1Le Plejadi.