Gazzetta urbana veneta: Num. 25
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Num. 25 Sabbato 25. Agosto 1787.
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In
esecuzione della pubblica recente promessa, ecco alcune notizie intorno all’origine, le prerogative
del Primiceriato della Basilica Ducale di S. Marco. L’antichità di questa Prelatura arriva quasi a
cinque Secoli. Il Sommo Pontefice Alessandro VI. assoggettò ad essa nell’anno 1493. la Parrocchia di
S. Giovanni di Rialto, e Clemente VII. estese la sua giurisdizione anco su quella di S. Giacomo nel
1532., epoca a cui questa Chiesa era pur parrocchiale. Il Rettore della medesima, qualora rimaneva
il posto vacante, veniva dal Doge presentato al Primicerio per la sua canonica istituzione,
privilegio ratificato da Paolo III. nell’anno 1536. L’unione dell’antichissima Badia de’SS. Filippo
e Giacomo, alla Ducale Basilica di San Marco, il cui Monastero fu assegnato da questa Repubblica in
abitazione a’Primicerj Ducali, seguì nell’anno 1472. sotto il Pontificato di Sisto IV. L’etimologia
della parola Primicerio deriva da un rito della Chiesa antica di segnar in cera ed essa significa il
Primo nell’Ecclesiastica Gerarchia della Ducale Basilica. Dalla serie de’Primicerj chiaramente
apparisce, che questa Dignità ebbe il suo principio al trasferirsi della Sede Ducale da Malamocco a
Rialto, giacché non v’ha dubbio della sua esistenza al tempo in cui la Cappella Ducale avea per
Titolare S. Teodoro. Alcune volte, ne’tempi antichi, il Primicerio venne eletto, colla permissione
del Doge, dalli Cappellani che son soggetti alla spirituale sua facoltà, e il ratificamento e
l’investitura la riceveva poi dal Doge, come riceveva la consecrazione dalli Patriarchi di Grado.
Questo Prelato non esige Bolle d’istituzione, o di collazione, né dal Patriarca di Venezia, né
da’Romani Pontefici, da’quali ebbe il privilegio d’esercitare nella spiritualità tutta la
giurisdizione, che i Dogi non ponno avere, indipendentemente da qualunque siasi Ordinario, e
soggetto al Doge soltanto da cui riceve l’investitura con questa formula antica. Investimus te de
Primiceriatu Ecclesiae, & Capellae nostrae S. Marci, & de juribus & jurisdictionibus
spectantibus Primicerauti. Il resto in seguito.
P.S. è pregata inserirla nella Gazzetta per mia giustificazione. Solennità Ordinarie. Jeri
nell’anno successivo suo giro rinnovò la festività dell’Apostolo S. Bartolommeo nella Chiesa
dedicata a questo Santo, situata nel Sestiero di S. Marco. Si ha per tradizione, che la medesima sia
stata eretta nell’anno 840. in onore di San Demetrio Martire di Tessalonica, a spese della Famiglia
Chiereghi; e che rifabbricata del Doge Domenico Selvo nel 1070. divenisse allora parrocchiale sotto
il titolo di S. Bartolommeo. Trà i Canonici Regolari di S. Salvatore, ed i Chierici di questa Chiesa
vi furono delle acerbe contese sotto i Pontificati d’Urbano III., Gregorio VIII., e Clem. III., per
il Gius Parrocchiale, le quali sono state sempre decise a favore delli Canonici; ma non se ne vide
l’effetto che dall’assoluto comando del Papa Celestino III., per cui fu unita questa Parrocchia a
quella di San Salvatore: unione che poco resse perché Innocenzio III. restituì le cose alla loro
prima separazione. Nel 1342. soggetta fu questa Chiesa al Patriarcato di Grado, affine d’aumentargli
le scarse rendite. Ciò avvenne per un Diploma di Giov: XXI., che accordava alli Patriarchi prò
tempore la facoltà d’eleggere un Vicario per la cura di essa. Bonifazio IX. ad instanza
de’Parrocchiani la liberò dalla soggezione Patriarcale, e accordò ad essi la facoltà d’eleggersi il
proprio Parroco. Ma nell’anno 1402. lo stesso Papa rivocò il Decreto, e resela Chiesa dipendente di
nuovo dal Patriarcato suddetto; e poi depose dal Vicariato Giovanni Baseggio, ch’era stato cagione
di tante rivoluzioni, e turbava la tranquillità con sempre nuove contese. Dopo tutte
queste spirituali vicende il diritto d’eleggere il Vicario passò al Patriarca di Venezia. In questa
Chiesa si predica ogni Festa dell’Avento sino alla Domenica della Trinità in Lingua Tedesca, per la
conversione de’Protestanti. Quale esiste al presente è opera del Patriarca Giovanni Tiepolo, che
morì verso la metà del Secolo XVII. Ha pur essa il vanto di molte belle Pitture, trà le quali si
distingue il pennello del giovine Palma. La Confraternita, che ha per istituto la liberazione
de’prigioni per debiti civili, cura sì degna della Cristiana pietà, ha un Oratorio soprapposto alla
Sacristia in cui s’ammirano de’quadri di mano maestra. Una Compagnia numerosa di bottegaj,
artigiani, ed altre persone abitanti nella Contrada, e altrove, suole ogn’anno adornare il Campo a
sue spese, mediante una settimanale contribuzione, il cui fondo serve al tal oggetto, ed ad un
pranzo di limitato prezzo, prima del quale i Fratelli adunati eleggono le cariche per l’anno
venturo, e si fa l’estrazione di certe grazie a pro de’Fratelli medesimi, il tutto con ordine, e
legalità. Mercè questa unione la Sagra ebbe anco quest’anno la notte del Giovedì un concorso
grandissimo, per cui faceva d’uopo uno spazio più vasto. Sul palco eretto sopra la porta del Caffè,
e vagamente parato, stavano i Suonatori, e i Cantanti, che ravvivarono colla vivacità della musica
gli affollati uditori. L’illuminazione disposta simmetricamente d’intorno, e nel mezzo su’fulgenti
cristalli, rischiarava il bello degli ornamenti, e dava a quel Campo un aspetto teatrale. Le nostre
Signore hanno onorato la Festa col loro intervento, e colla pompa di una elegante apparenza. Ad onta
de’tanti lumi, certi siti inopportuni alla curiosità, i cadenti fini cappelli di paglia, e i
ventagli in movimento perpetuo, hanno celato delle bellezze, e coperti de’difetti. Guardando il
quadro nella sua totalità l’occhio restava appagato: ma certi giovinastri arditi, che per amore o
per forza vogliono esaminar tutto a parte a parte, ebbero a protestare, che trà quelle veneri ve
n’erano più da Paolo1 che da Tiziano. Questo
scherzo fece ridere chi l’intese, e ci fu riferito. Il Caffettiere ha smaltito un Fondaco di
Sorbetti; e buon per lui che la pioggia cadde alle sei della notte; che se anticipava qualch’ora
sarebbe stata per esso una grandine rovinosa. Quella della sera susseguente non isconcertò molto il
suo interesse, ma scompose l’adunanza e ruppe il filo al rinnovato divertimento.
Vicenza. Da persona che si portò in quella Città per godere della magnifica Festa, che si
diede nel Teatro Olimpico la notte delli 21. corrente, sappiamo che la gente cominciò ad entrarvi
all’imbrunir della sera, e che la danza principiò alle ore 2. Li Soldati di Cavalleria disposti in
ordine militare, e con divisa da gala, stavano al di fuori per decorare l’ingresso, e impedire, se
occorreva, qualunque disordine. Li ricevitori furono li Nobili Signori Conti Girolamo, e Luigi
Porto. Il Primo Minuetto fu ballato da Sua Eccellenza Pietro Pisani Capitan Grande, e dalla N. D.
Cecilia Semitecolo Gritti Moglie di Sua Eccellenza Podestà; il Secondo da Sua Eccellenza Camillo
Gritti P. colla N. D. Laura Zusto Pisani Sposa di Sua Eccellenza Capitanio. Questi due Patrizj
Veneti comparvero in Veste alla Romana, insegna della loro dignità; ma dopo il Minuetto si
spogliarono d’essa, e ricomparve Sua Eccellenza Capitanio in divisa, e Sua Eccellenza Podestà in
abito alla Francese. Lo Spettacolo non poteva riuscire né più bello né più decoroso. Le candele
accese erano da 1800. circa, i Rinfreschi copiosi ed isquisiti, l’Orchestra scelta, i cui Suonatori
di 4. in 4. ore mutavansi. Le Dame e i Cavalieri giunsero ad un gran numero, e collo sfarzo degli
abiti, col fulgore delle gioje, colla eleganza degli ornamenti, diedero al colpo d’occhio una
grandezza imponente. Oltre alle Vicentine v’erano molte Gentildonne Veneziane, Veronesi, e d’altre
Città dello Stato, ed alcune di Paesi Esteri. Bisogna conoscere il Teatro Olimpico, il più superbo
Monumento dello studio di Palladio, rappresentarselo illuminato con tanta Nobiltà nel Circolo, e
solto di Spettatori, per concepire una qualch’idea della splendidissima Festa, che ha formato
l’Elogio al governo di Sua Eccellenza Pisani ad onore del quale fu fatta. La Cantata del Mercordì sera in Padova ad onore di S. E.
Catt. Corner, riuscì di comune soddisfazione. Fecesi nella Loggia della Piazza de’Signori, intorno a
cui erano le Guardie Militari disposte. Tutte le Botteghe del suo circondario vennero con eleganza
addobbate, e illuminate vivamente con cere, e fanali di cristallo. La scelta e quantità degli
stromenti musicali, la disposizione ed abbondanza di lumi, il valore delle Parti
Cantanti formarono uno Spettacolo grato e ammirevole. In Senato 23. Agosto. Sopra Monasterj. E.
Bartol. Grimani. In M.C. 24. Detto. Pod. A Uderzo dura mesi 16. E. Dom. M. Contarini q. Ales. Cap. A
Soave dura mesi 16. E. And. Bembo di E. Pietro Antonio. A knin. E. Nic-Tron di E. Zuanne 2do.
Dogana. E. And. Longo q. Vicenzo. Tana. E. Gir. M. Sagredo q. Giambat. Governator all’entrate. E.
Alv. Foscari q. Alv. 6. fu Cons. Sal. E. Gaspare Moro q. Franc. fu Cons. Dazio del vin.
E . . . . Bembo q. Alvise. 2 Del Pregadi. E. Ben Molin 2. qu. Dom. fu Cons. E. Marco Balbi q. Gir.
M. 2 Del Dons. Di X. E. Zorzi Emo. E. Piero Zusto. Bastimenti Arrivati. 19. Agosto 1787. Polacca Ss.
Redentor Cap. Iseppo Lucovich da S. Maura e Corfù, con sale. Pielego S. Antonio di Padova Patron
Fortunato Padovan, da Manfredonia, con lana & altro. Piel. La Mad. delle Grazie Capit. Iseppo
Sancillo da S. Menaggio, con pegola spagna ed altro. Ad. 23. Detto. Piel. Mad. del Rosario P. Iseppo
Nicolich da Liesina vuoto. Ad. 21. Detto. Polacca Ang. Custode Cap. Baldis. Caccace, da Goro vuoto.
Ad. 22. Detto. Piel. Mad. del Rosario P. Zuanne Greco, da Lissa, Spalato, Sebenico, e Zara, con
catrame, ferro grezzo, rassa & altro. Trabacolo Mad. Delle Grazie P. Matteo Zar da
Zara con Bovi. Ad. 23. Detto. Trab. Mad. del Rosario Cap. Giac. Lemisich da S. Maura con sale. Piel.
Mad. del Carmine P. Gir. Solvenich d’Almissa con sugo di marasca & altro. Bastimenti
Ad. 20. Agosto. Cap. Ant. Pugnaletto per Spagna. Cap. Gasparo Del
Scilento per Malta Cap. Nic. Vito Raffraschiero per Malta. Cambj. 20. Agosto 1787. Lione)
cinquantasette e un terzo. Parigi) cinquantasette e un quarto. Roma sessantatrè e mezzo. Napoli
cento e sedici e un quarto. Livorno cento e due e un quarto. Milano cento e cinquantadue e mezzo.
Genova novantuno. Amsterdam novantatrè e un quarto. Londra cinquanta e sette ottavi. Augusta cento e
tre e mezzo. Vienna cento novantotto e tre quarti. Estrazione 23. Agosto 1787. In Venezia. Introito.
Di Venezia L.202743: 16. Di Terra Ferma L.102923: 3. sono D.49301.gr.3. L.305666: 19. Numeri
Estratti 46:49:7:58:59: Vincite. Ambi con l’Augumento D.9756. Terni simili D.3870. Estratti D.1210.
D.14836. Qualità, e quantità de’Terni. N.1. da Duc. 300. N.1. da Duc. 200. N.1. da Duc. 150. N.7. da
Duc.100. N.8. da Duc. 50. N.18. da Duc. 25. N.36. La ventura Estrazione sarà li 28. Settembre.
Funesto Effetto
Chiuso per castigo in una stanza il
Garzone d’un Caffettiere, la cui fanciullezza troppo vivace e ripugnate alla soggezione, ed
inclinata alli sviamenti, minacciato d’avere una visita da suo Padre, di cui sa quanto pesi le mani;
per sottarsi con una fuga al di lui furore, fece un fardello di quanto aveva di suo, lo gettò da un
balcone in istrada, poi fece il salto pericolosissimo, e non s’accoppò, né si ruppe alcun braccio o
gamba, ma rimase talmente percosso e sconcertato nella schiena e in qualch’altra parte, che parea
morto, e langue in un letto senza poter moversi. Sappiamo, che il Caffettiere protesta, ch’ei non
era chiuso in quella stanza: ma che all’ora in cui eseguì la sua disperata risoluzione non poteva
uscire per altre vie.
Moderi questo esempio l’estremo rigore de’Padri. Se è vero che la soverchia bontà fila il
laccio a figli, non è meno vero che la troppa severità loro dà sovente la stretta.
Cose perdute. Una Commedia MS. intitolata il Filosofo in Villa. A chi la porti al Caffè di
Fonso Vecchio alla Zecca, si darà lir. 8. di mancia Si esibisce Una Giovine d’anni 30. circa, a
servire per Cameriera in qualche onesta Famiglia, per tener netta la Casa, pulire Abiti, e lavorare
di bianco. Offre testimonianze onorevoli della sua condotta. Chi ne ha bisogno parli col Colombani.
D’Affittare Una Casa con tutte le sue comodità, in Calle della Regina a S. Cassan, paga all’anno
Duc. 60. Le chiavi sono da Sgualdo Vicche abitante sotto della Casa stessa. Prezzi dei Grani. Il
Formenton a L. 16: 10. Il Formento dalle 24. alle 25: 10. con delle pretese maggiori. Morti. La N.
D. Angiola Minio Gussoni.
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Brief/Leserbrief
Signor Gazzettiere. Le intermittenti ostinate febbri d’un intera
settimana cagionate dalle lunghissime notturne Vigilie nello studio per via più perfezionarmi
nell’arte Poetica furon motivo di non poter adempiere alle promesse contenute nel primo mio foglio.
Qual sia stato il mio rincrescimento, lo lascio pensare a que’tali, che in cuore sentono i
penetranti stimoli dell’onore. Sò che il Pubblico è pieno di compatimento, maggiormente quando
conosce giusti i motivi. Cessata la Febbre, benché debile, e di poco voglia presi nelle mani le
Gazzette, e mi viddi graziato di due temi, che vorrei sperare non fosse per scorrere il presente
Mese, senza ch’io non dessi manifesti saggj del non creduto mio entusiasmo. Fù agitato è vero dalla
sommità all’estremo L’annoso Abete da violenti febbrili Aquiloni, né mai diede il minimo segno di
ritorcimento, così creder vorrei, che non restasse atterrato del debole fiato de’lussureggianti
Zefiri. Accorderò Intanto la mia lira, e quanto prima darò evidentemente a conoscere con li miei
parti Poetici, che punto non sono stomacose le mie esaltazioni, come taluno si da stoltamente a
credere.
Carlo Gaudenzio.
Terrassa 20. Agosto 1787
Compitissimo ServitoreCarlo Gaudenzio.
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Brief/Leserbrief
Murano. Li 23. Agosto 1787. Mercoledì p. v. oppure nel Giovedì
susseguente, posto che un qualche scherzo della Stagione ce lo impedisca, si terrà in questo
Collegio di S. Cipriano alle ore 21. circa un’Accademia, che avrà per Soggetto problematico: Se
l’Eloquenza e le bell’Arti debbansi riconoscere più dalla Natura, o dall’Educazione. S. E.
Reverendissima Monsignor Patriarca, ch’è Abbate di San Cipriano, ci onorerà della sua
presenza, come si degnò di fare in altre occasioni simili. In mezzo alla recita de’Componimenti
Poetici, verranno suonate le solite Sinfonie ed oltre a ciò cantate dell’Arie da due Professori
della Ducale Cappella di S. Marco. Sperasi, che la Nobilissima Udienza, che ci verrà a favorire
abbia a restar soddisfatta dell’Accademico trattenimento.
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I Vantaggi recati dalla notte. Espero sorge: O amabile Stella del genio amica Ristoro de
la vigile Del lungo dì fatica. Vieni: La notte il tacito Pallor su in ciel diffonde, Ed il diurno
raggio, Già si celò ne l’onde. Al tuo apparir lo strepito Cede di cure avare; Meno sudate scorrono
Ore tranquille e care. L’affaticato vomero Scioglie la man collosa; E cielo, e terra, e pelago, Le
fere, e l’uom riposa. Sparge da’suoi papaveri Dolce ne l’alme obblìo A consolar lo spirito Il buon
cimerio Dio. L’arti in così bell’ozio Del lor cultor già stanco Virtù novella implorano
Dal riposato fianco. Poi tutto vive, e s’agita Ai rinascenti albori: Tu cresci, o Patria, e crescono
Pur teco i tuoi tesori. O notte, o bel silenzio D’opre e valor fecondo, Di quanti ben fai splendere,
Di quanta gloria il mondo? Per te in secreto ospizio Più la ragion raccolta Del ver sovente
incognito La debil voce ascolta. De la lucerna vigile A gli splendor tacenti Esce il profondo
calcolo A irradiar le menti. Filosofia men timida, E in suo valor secura Osa i difficil aditi Tentar
de la natura. Crescono i santi studii Ne l’ore taciturne: E par più dolce suonino Anco le cetre
eburne. Natura istessa al fervido Ardor langue del giorno; Poi si fa lieta e tenera De l’ombre al
bel ritorno. La bruna figlia d’Erebo Torna con man di rose Le al suol rapite, e agli alberi Lor
stille ruggiadose: Che l’odorate avvivano Erbe, e i nascenti fiori Di giovinezza immagine, De la
beltà tesori. Pria che li vegga Apolline, Pria che li scuota il vento, Amor li coglie anch’umidi Del
bel notturno argento. E a TE, bella Flaminia, Per lui serbati sono: Forse s’inganna, e a Venere
Crede serbarli in dono. Ma quel candor virgineo, Che arde da’tuoi bei rai, Gli occhj ridenti supera
Di Citerea d’assai. Tu sembri l’alba timida Al tenero sorriso, O Cintia, allor che argentea Nube gli
vela il viso. La tua beltà non folgora No d’una luce audace: Un bel pudor la tempera, Per cui più
tocca e piace. Tu non dovei d’indomito Garzon vantar vittoria: Un’alma intatta e vergine Esser dovea
tua gloria. Va fortunata al talamo, Ardon già l’auree tede; Stringi la destra e i vincoli De la
giurata fede. La notte arride: l’inclita Pianta d’Eroi feconda Per TE veggiam noi crescere Di
gloriosa fronda. Veggiam le prische immagini De due rami vetusti De la tua prole amabile Spirar
ne’volti augusti. Veggiam . . . Ma l’Orsa, e’l pallido Boote in ciel già viene. Silenzio, o Muse,
il chieggono Giuno Lucina, e Imene.
Bastimenti
Di partenza.
Ad. 20. Agosto. Cap. Ant. Pugnaletto per Spagna. Cap. Gasparo Del
Scilento per Malta Cap. Nic. Vito Raffraschiero per Malta. Cambj. 20. Agosto 1787. Lione)
cinquantasette e un terzo. Parigi) cinquantasette e un quarto. Roma sessantatrè e mezzo. Napoli
cento e sedici e un quarto. Livorno cento e due e un quarto. Milano cento e cinquantadue e mezzo.
Genova novantuno. Amsterdam novantatrè e un quarto. Londra cinquanta e sette ottavi. Augusta cento e
tre e mezzo. Vienna cento novantotto e tre quarti. Estrazione 23. Agosto 1787. In Venezia. Introito.
Di Venezia L.202743: 16. Di Terra Ferma L.102923: 3. sono D.49301.gr.3. L.305666: 19. Numeri
Estratti 46:49:7:58:59: Vincite. Ambi con l’Augumento D.9756. Terni simili D.3870. Estratti D.1210.
D.14836. Qualità, e quantità de’Terni. N.1. da Duc. 300. N.1. da Duc. 200. N.1. da Duc. 150. N.7. da
Duc.100. N.8. da Duc. 50. N.18. da Duc. 25. N.36. La ventura Estrazione sarà li 28. Settembre. Ebene 3
Exemplum
Funesto Effetto
della Paterna Severità.
Chiuso per castigo in una stanza il
Garzone d’un Caffettiere, la cui fanciullezza troppo vivace e ripugnate alla soggezione, ed
inclinata alli sviamenti, minacciato d’avere una visita da suo Padre, di cui sa quanto pesi le mani;
per sottarsi con una fuga al di lui furore, fece un fardello di quanto aveva di suo, lo gettò da un
balcone in istrada, poi fece il salto pericolosissimo, e non s’accoppò, né si ruppe alcun braccio o
gamba, ma rimase talmente percosso e sconcertato nella schiena e in qualch’altra parte, che parea
morto, e langue in un letto senza poter moversi. Sappiamo, che il Caffettiere protesta, ch’ei non
era chiuso in quella stanza: ma che all’ora in cui eseguì la sua disperata risoluzione non poteva
uscire per altre vie. Ebene 3
Exemplum
Bandi. Oggi da questo Ecc. Cons. di X. fu capitalmente bandito
Antonio Merci qu: Battista abitante nella Villa di Chiesa Nuova nel Territorio Veronese. Uccise il
proprio Padre con due ferite in una natica, e delle sassate. Da una contesa nata per l’economia
della Casa, nacque l’enorme parricidio. La barbarie di questo Figlio disumanato si spiegò
nell’inseguire il Genitor che partiva; nel dargli la seconda ferita dopo che aveva avuto la prima, e
gli si era allontanato colla fuga; e nello scagliarli poi de’sassi alla testa; senza commoversi
all’udirlo dire: Basta, lasseme star che son morto. La Taglia è di Duc. mille, o della metà delli
denari della Sereniss. Signoria, se non vi saranno Beni del Parricida; La Sentenza d’essere
impiccato per le canne della gola fra le Colonne di S. Marco; Le condizioni del Bando proporzionate
nel loro rigore ad una colpa si atroce, che fa inorridir la Natura.
1Moneta che vale venti soldi circa.