Gazzetta urbana veneta: Num. 23
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Num. 23
Sabbato 18. Agosto 1787.
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Una delle Feste più sacre alla
Cattolica Religione, e che si celebra in questa Città con tutta
l’ecclesiastica magnificenza, in moltissime Chiese, è certamente
quella dell’Assunzione di M. V. che venne il passato Mercordì
delli 15. corrente. La particolare divozione di questo Popolo
alla gran Protettrice della nostra Patria, che nacque sotto i
gloriosi suoi auspizj, manifestasi e nella privazione assoluta
di molti affari meccanici da cui non esentasi negli altri giorni
festivi, e nelle spese volontarie degli altari ornati ed
illuminati con pietosa liberalità: e nella copia di Capitelli ed
immagini, che in tante parti veggonsi in istrada parati a festa,
e solennizzanti la venerata commemorazione. Sua Serenità
scese col solito maestoso Accompagnamento ad ascoltare la Messa
nella Chiesa Ducale di S. Marco. La Parrocchia che ha per
titolare M. V. Assunta, è quella che chiamasi Santa Maria Nuova,
la cui Chiesa riedificata venne nell’anno 1555. N’erano
anticamente in possesso li Monaci Benedettini, e non l’ebbero i
Preti che nel 1299. Trà le sue belle Pitture ammirasi un San
Girolamo di Tiziano. La Tavola a musaico sull’altare di S.
Vittore, è opera di molto pregio. Si conservano in questo Tempio
le ceneri del Doge Niccolò Contarini morto nell’anno 1630., di
Fortunato Spira uomo celebre per le sue dottrine, e quelle della
nobilissima Famiglia Bizantina Vuchovich. Però la Chiesa
suddetta non è quella, che in tal giorno della particolare sua
Festa abbia il maggiore concorso. Le Monache Cirsterciensi della
Celestia sogliono ogn’anno solennizzarla con tanta ricchezza e
decoro, che dalle più rimote parti della Città la gente portasi
a venerare nel loro Tempio l’Assunzione della B. V. I signorili
addobbi, la copiosa e bene architettata illuminazione, una
musica sempre scritta da mano maestra, e suonata da professori
di singolar abilità, sono gli allettamenti, che alla divozione
s’uniscono. Questo Nobilissimo Monastero fu eretto
nel 1228. Reggeva la Città di Piacenza col titolo di Podestà, il
P. V. Renier Zeno, allorché in certo sito di quel Territorio
detto la Colomba, le Monache Cirsterciensi attraevano la
divozione del Mondo Cattolico per la santità de’loro costumi.
Ciò fece desiderare di vedere stabilite anco in questa Città
quelle pie Religiose: e col mezzo del Zeno paga resesi una brama
tale. La Superiora delle dodici Fondatrici, che vennero a
sistemare il loro Ordine, s’appellava Celestia, e per questo
prese il nome la Chiesa e il Monastero di Santa Maria della
Celestia. Queste Monache cedettero al Principe una parte del
loro Orto per l’ingrandimento dell’Arsenale: onde fu ad esse
accordata un’annua contribuzione di Ducati cento e venti. Nel
terribile incendio dell’Arsenale medesimo, il loro Monistero fu
interamente distrutto, senza però che perisse alcuna. S’è
rifabbricato colla Chiesa nel 1574. Ammiransi in essa la finezza
de’marni de’suoi Altari, e molti bei quadri trà i quali
campeggia la mano di Jacopo Palma, e di Dom. Tintoretto. Nel
Giovedì seguente, giorno dedicato al Confessore San Rocco, si
serbò il Cielo sereno come in quello che lo preceduto, e spirò
un’aria fina e salubre, che non affaticò il cammino della
quantità strabocchevole di gente concorsa alla Chiesa del Santo
suddetto, ed alla Scuola vicina. Esisteva questa nella sua
origine, ch’ebbe nel 1415., nella Contrada di San Giuliano,
epoca di somma venerazione al culto del Santo prefato, per la
validità dalla sua protezione contro il flagello della peste,
che in que’tempi desolava l’umanità. V’era anco un’altra
Confraternita consecrata allo stesso Santo nelle vicinanze del
Tempio de Frari. Oppressa e languente questa Città nel 1478., in
cui di giorno in giorno a migliaja morivano i suoi abitatori da
uno struggitore contagio, ebbero que’Confratelli ridotti al
numero di cento, la licenza dal Consiglio di X. di fare una
processione di penitenza per placar l’ira celeste. Col volto
celato, cogli omeri nudi, percuotevansi co’flagelli impugnati, e
versavano il sangue implorando la Divina misericordia.
Sprezzatori della morte, s’occuparono dappoi a sotterrar gli
appestati. Questo esempio sì penetrante di Cristiana carità
accrebbe a dismisura il loro numero: onde per avere uno spazio
più proporzionato ad esso, passarono nella Parrochia di S.
Samuele, e poi tutti s’unirono ai Frari. Qualche tempo in
appresso ebbero in abitazione il Palazzo Patriarcale di Grado
vicino alla Chiesa di S. Silvestro; ma nel 1590. acquistando
da’Padri de’Frari un terreno conveniente al loro bisogno,
gettarono i fondamenti a quella Fabbrica eccelsa, che tanto
decora presentemente questa Città. La Chiesa fu rialzata
da’fondamenti nel 1508., e la sua facciata è opera eretta da
poch’anni. La statua del Santo fu scolpita dal famoso Bart.
Bergamasco. L’occhio intelligente non si stanca di pascere i
guardi nelle tante belle Pitture, che colà gli si presentano.
Pordenone, Tintoretto, Seb. Rizzi, Tiziano, Solimene, ed altri
Autori insigni, lo confondono nel determinare una preferenza. La
Scuola Grande non è la Prima delle sei per istituzione, ma lo è
certamente per eccellenza d’Architettura, per gusto e preziosità
di lavori, per ricchezza di suppellettile sacra, per quadri
d’inestimabil valore. È soltanto
indispensabile il riferie la visita consueta di S. S.
coll’Eccellentissimo Senato, prima alla Scuola nel cui Albergo
portasi a venerare le Reliquie ivi esposte trà argentei vasi
d’immensa mole sostenenti delle palme piramidali, e trà molti
altri aurei fregii, e rarità sorprendenti: poi alla Chiesa ove
ascolta la Messa accompagnata da solenne Musica: indi al vasto
Tempio delli Frari che in tal di vestesi del suo purpureo
apparato. Non s’ha neppur a tacere, che il Signor Francesco
Pezzana attuale guardiano di questa celebre Scuola, fu grande e
magnifico nelle spese che fece per solennizzare una Funzione
così distinta, e nella colazione e rinfresco che diede a suoi
Confratelli con profusione ed isquisitezza.
Trattenimenti
Accademici. Jeri, a norma di quanto abbiamo annunziato nel Foglio del p. p. Martedì, gli Accademici Seguaci di Talia recitarono la nota Tragedia intitolata Giulio Sabino in Roma, per cui si fece una Scena nuova, e si adoperò il Vestiario che servì alla Compagnia Musicale del Teatro di S. Benedetto allorché rappresentò il Dramma Giulio Sabino. Agli spettacoli che si danno gratis, gli applausi non soglion essere sempre sinceri: né s’hanno a prendere in tutti i tempi per misure di pubblica approvazione. Per ciò non calcoliamo da questi i gradi di merito degli Attori, che sostennero la tragica azione; ma fidandoci al giudizio d’uno Spettatore intelligente, e imparziale, possiamo asserire, che la Tragedia fu bene rappresentata; e che in particolare, le Parti di Sabino e di Vespasiano furono degnamente sostenute. Catecumeni. Il Signor Leone Naso Ebreo, si ritirò dal Ghetto colla Moglie ed un Figlioletto, ed è passato nell’abitazione d’un nostro Concittadino, per istruirsi nelle pratiche della Cattolica Religione, e poi rinascere alla sua Fonte lustrale. Evvi in questa Città, come in tant’altre d’Italia, una quantità di persone, che non trovano nulla di bello, o di buono se d’oltremonte, o d’oltremare non venga. Invase dal Gallico furore, o dall’Anglomania, non hanno in bocca che Londra e Parigi, e basta che le cose di colà sieno venute, o le credino tali, per istimarle e applaudirle s’anco cedessero al paragone delle nostre. Il conoscitore imparziale, apprezza ciò che dal suo lavoro pregio riceve, senza cercare in qual Paese sia fatto; ma questi frivoli geniali delle straniere Nazioni soffrir non ponno quello che dà la loro Patria, se non presentasi colla maschera di forastiero.
Oratorj Nuovi. Mercordì, com’abbiamo avvisato nel Foglio
precedente, si cantò per la prima volta l’Azione Sacra
intitolata Seba, messa in musica dal Sig. Maestro Francesco
Gardi, nel Coro dell’Ospitaletto; e nel Giovedì seguente se ne
fece la replica. Le opinioni sono in maggior parte poco
favorevoli; ma bisogn’attendere che il tempo calmi lo spirito di
partito, e che i giudizj si formino da menti tranquille, prima
di assolutamente decidere sul suo destino. Piacque il Chorus
Populi che comincia. Armorum quisnam strepitus! Ma nella seconda
Parte a due voci, dicesi che la musica non adattisi al senso
delle parole Ah! vos potentes currite Defendite nunc nos. Se ciò
non è vero, il biasimo diventa una lode per il Sig. Gardi; se è
vero, la Critica sempre tendente alla perfezione dell’Opere, può
illuminarlo per l’avvenire. Fu parimenti aggradito l’ultimo
pezzo di Recitativo della Signora Bianchi che principia: Cor
meum in boc momento Supera temetipsum. Bastimenti Arrivati.
di Partenza. Prezzi correnti delle Biade. Il
Formento a L. 17. 10. Il Formento bello, dalle 24. alle 25.
Metatextualität
Non sarebbe cosa di poco momento il voler
descrivere tutte le funzioni, che in tal giorno divisero la
concorrenza degli Abitatori di questa Metropoli. Si
ridurremo soltanto alle tre seguenti.
Metatextualität
Riserbiamo
ad altra occasione il descriverla con quella
esattezza, che conviene ad un tanto Soggetto, da cui è
illustrata la nostra Patria.
Metatextualität
Era da immaginarsi, che la Lettera del Forastiero
Letterato non doveva rimanere senza risposta. L’autore della
seguente tiene per fermo, che in essa sia presa di mira la
Signora Bianca Sacchetti. Senza farci giudici della contesa,
ci riputiamo in dovere di pubblicarla, non alterando o
diminuendo neppur una sillaba. La parzialità non ha giusta
misura né per le lodi né per i biasimi: ma le dispute
ch’essa fa nascere, quando sostenute sono da persone di
talento, servono sempre al diletto e all’utile pubblico. Per
ciò troveranno sempre luogo nel presente Foglio, quando non
degenerino in indecenti invettive.
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Brief/Leserbrief
Lettera dettata dal buon senso
ad un Veneziano non Letterato, in risposta all’altra del
Letterato Forestiero diretta alla Signora Giovanna
Pavan. Io sono un giusto estimatore della Signora Bianca
Sacchetti, e della Signora Giovanna Pavan, e voglio
attribuire tutto ciò, che conviene al merito reale
d’entrambe. Senza accender la penna d’un Flogistico
provato dichiaratamente nocivo, m’accingo a dimostrarvi,
che la Lettera vostra non fu certamente dettata da quel
sentimento imparziale, e da quel candore di verità, da
cui conseguentemente deriva il sano raziocinio, ed uno
Critica ragionata. Prima di tutto, scusatemi, io non mi
so persuadere, che voi siate Giudice competente
nell’assunto proposto. Il rovesciamento, che non
sorpresa si vede da voi fatto degli attributi dei tre
rinomati M. Pacchierotti, Marchesi, e Rubinelli, n’è la
prova più convincente. Chi dirà mai esatto ad un
Pacchierotti se tutti i discapiti della natura
congiurano a renderlo fatalmente ineguale? In un
Marchesi grandeggiano mirabilmente i di lei doni più
rari; e quindi si riscontra in esso, e si ammira la più
desiderabile esattezza; lasciando il libero ad un
Rubinelli, da cui s’usano con bravura i modi più sciolti
dell’arte sua. Com’è possibile defraudar l’egregio
Pacchierotti dell’attributo d’espressivo senza divenir
ingiusto, od essere meritamente tacciato di nessuna
conoscenza dell’arte del canto! Voi a fronte del fatto
pronunziata avete una decisione, che vi rende
assolutamente sospetto di poco conoscitore della scienza
musica. Contuttociò (senza farlo scopertamente)
meschiate colle giuste lodi della Signora
Giovanna la satira ingiusta, ed inconcludente contro la
Signora Bianca, confessando però, che per intelligenza
di musica avanza d’assai la Pavan: ricantando nella
Signora Pavan un giudizio maestro; il vero tuono della
espressione; rilevare il sentimento; e finalmente la
filosofia del canto. Signor Letterato, debbo dirvi
all’orecchio, che la Signora Pavan canta nel Coro
immediatamente ch’ella esce dalla scuola della
Sacchetti, la cui viva voce, e dottrina le stanno
compagne indivisibili nel Coro medesimo. Negatelo se
potete. Da questa incontrastabile premessa io vi lascio
dedurre quella conseguenza, che si presenta a prima
vista ad una mente giudiziosa, e che abbatte del tutto
li da voi supposti mancamenti della Sacchetti. Che voi
siate in un inganno assoluto nel decidere a disfavore
della Sacchetti, ad evidenza lo prova il non mai
interrotto universale applauso, che riscuote da tutti; e
specialmente dai Forestieri, nei quali non prevale il
fanatismo, né lo spirito di partito per giudicare di
lei. Non c’è strada di mezzo: O tutti sciocchi; o voi in
abbaglio. Avete bravamente superato questo scoglio
terribile caratterizzando gli orecchi di chi applaude la
Signora Sacchetti come orecchi, che per asprezza di
fibra godono di essere violentemente urtati:
concludendo, che l’approvazione di questi orecchi
insulta al buon gusto; che è conosciuto da voi solo; né
vi curate punto d’insultare un Pubblico, il quale è
sempre rispettabile nelle sue decisioni. Adotto qualche
verità, che enunciate, generalissima, poco analoga al
proposito, e piuttosto sfarzo di mendicata dottrina, che
presidio alle prove del vostro assunto. M’unisco
sinceramente con voi a lodare la Signora Pavan; ma io
intenderò di esaltare come primaria causa delle sue lodi
la Signora Sacchetti: né potrà mai rincrescere alla
modesta scolara l’elogio dovuto alla sua brava maestra.
Non sono così sciocco per francamente asserire, che la
Signora Sacchetti sia un ente musicale perfetto; ma non
vorrete donare ad un cumulo di bravure qualche
mancamento è
Io non intesi di far la critica alla vostra
Lettera, ma bensì di difendere la da voi infelicemente
malignata Sacchetti. Quindi lascio di sottoporvi ch’è
falsissimo: che un Uomo di Lettere quando scrive ad una
brava fanciulla dovrebbe farle un Sonetto. L’uomo di
Lettere scriva piuttosto alla brava fanciulla un
sentimento ingenuo, giudizioso, e non adombrato
dall’estro Poetico. Che i Sonetti non vagliono niente.
Anche quelli d’un Petrarca, e di alcuni moderni
Scrittori in tal genere! Pazienza. Siete molto crudele.
Orsù: io desidero che maturiate le vostre idee, e che il
raziocinio sia giusto; ma che altresì tenghiate per
fermo, ch’io non sono sorpreso di ciò che scriveste.
Quando ho inteso dire, che si chiamano offese delle
Terze rime, che si sono vedute per la Signora Pavan,
quelle che in esse vi sono espressamente, e solennemente
difese, non deve sorprendermi il vostro modo di pensare,
e qualche stravaganza peggiore. Al mondo così è. Sign.
Letterato credetemi prontissimo ai vostri scritti, e
comandi. L’Autore
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Zitat/Motto
. . . ubi plura
nitent in carmine non ego paucis Offendar maculis.
Accademici. Jeri, a norma di quanto abbiamo annunziato nel Foglio del p. p. Martedì, gli Accademici Seguaci di Talia recitarono la nota Tragedia intitolata Giulio Sabino in Roma, per cui si fece una Scena nuova, e si adoperò il Vestiario che servì alla Compagnia Musicale del Teatro di S. Benedetto allorché rappresentò il Dramma Giulio Sabino. Agli spettacoli che si danno gratis, gli applausi non soglion essere sempre sinceri: né s’hanno a prendere in tutti i tempi per misure di pubblica approvazione. Per ciò non calcoliamo da questi i gradi di merito degli Attori, che sostennero la tragica azione; ma fidandoci al giudizio d’uno Spettatore intelligente, e imparziale, possiamo asserire, che la Tragedia fu bene rappresentata; e che in particolare, le Parti di Sabino e di Vespasiano furono degnamente sostenute. Catecumeni. Il Signor Leone Naso Ebreo, si ritirò dal Ghetto colla Moglie ed un Figlioletto, ed è passato nell’abitazione d’un nostro Concittadino, per istruirsi nelle pratiche della Cattolica Religione, e poi rinascere alla sua Fonte lustrale. Evvi in questa Città, come in tant’altre d’Italia, una quantità di persone, che non trovano nulla di bello, o di buono se d’oltremonte, o d’oltremare non venga. Invase dal Gallico furore, o dall’Anglomania, non hanno in bocca che Londra e Parigi, e basta che le cose di colà sieno venute, o le credino tali, per istimarle e applaudirle s’anco cedessero al paragone delle nostre. Il conoscitore imparziale, apprezza ciò che dal suo lavoro pregio riceve, senza cercare in qual Paese sia fatto; ma questi frivoli geniali delle straniere Nazioni soffrir non ponno quello che dà la loro Patria, se non presentasi colla maschera di forastiero.
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Exemplum
Questo argomento diede molto
che dire prò e contra, alcune sere sono, ad una
compagnia sedente a crocchio in un Caffè vicino alla
Piazza; e dalle mode, da’bijoux, dalle galanterie, passò
il Dialogo alla Letteratura. Un fervido Giovinotto a cui
il sangue ardea nelle vene, declamava contro
l’ingiustizia che trà noi si fa agli Scrittori; il
destino delle cui Opere non viene regolato dal merito,
ma soltanto dal favore, o dall’avversione per chi le
scrisse. Se la Dama comanda, se l’Amico prega, ei
diceva, le Copie si spacciano, tutto è buono, tutto và
bene; se l’Autore non ha un partito, o se sia in mala
vista, restano in deposito nelle scansie de’Libraj, o
servono ad incartare le aringhe. Sfido, ei soggiunse,
sfido chi che sia, a presentarmi un esempio che in
Inghilterra il maneggio, o la protezione, e non il
merito; abbia deciso del destino d’un’Opera. Tutti si
mostrarono seco lui d’accordo, e non si fece una parola
in contrario; ma un incognito, che stava solo in uno
stanzino ove udiva que’sonori discorsi, s’alzò, uscì
pian piano da quel Caffè, e disse fuori
della porta: Tutto il Mondo è Paese. Giunto a Casa
scartabellò un Libro, trovò il passo che cercava, ne
fece copia, e la mandò a noi perché colla sua
pubblicazione verifichiamo il suddetto Proverbio.
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Zitat/Motto
È noto, che il
Paradiso Perduto, quell’ingegnoso e ardito Poema
di Milton, il quale al presente fa tant’onore al
Parnaso Inglese, durante la vita del suo Autore,
non fu applaudito. Milton non aveva altri amici,
che quelli di Cromwell, ed essi non pensavano a
spargere di fiori la carriera dell’Arti; ma
soltanto a fabbricare delle catene per la loro
Patria. Riserbavasi al celebre Addisson la gloria
di conoscere il merito del Paradiso Perduto, e di
trarlo dall’obblio in cui era caduto sotto il
Regno di Carlo Secondo. Il Poema di Leonida, ebbe,
non è gran tempo, un esito affatto diverso. Pieno
di tratti forti ed arditi sul zelo della Libertà,
e sull’amor della Patria, fu esso, malgrado i suoi
essenziali difetti sostenuto dagli Antigonisti del
Ministero, ed acquistò all’ombra della Cabala il
titolo di Divino. Appena quest’Opera fu stampata,
venne innalzato il suo Autore a canto di Milton.
Gli spiriti ben esercitati nella sana critica, non
osavano di scoprirvi i difetti; e molti d’essi
finsero di persuadersi, che fosse loro colpa se
non trovavano in quel Poema le bellezze ammirate
dagli altri. Il suo Scrittore fu compensato con
dodici mila lire sterline, e con un matrimonio
utilissimo. Questo ardore s’estinse ben presto, e
Leonida ora giace in discredito. Però non mancano
in esso de’dettagli aggradevoli, ma in un Poema
Epico quanto son essi valutabili? Il più felice è
l’elogio della Libertà, che necessariamente doveva
piacere nelle circostanze in cui si trovavano i
Ministri ed i loro Avversarj.
Metatextualität
Lo daremo nel Foglio di Mercordì.
13. Agosto 1787.
Pol. Mad. del Rosario Cap. Marco Camenarovich da S. Maura, con sale. Piel. Mad. del Carmine P. Zuanne Chiribiri da Spalatro con cordovani, montoni, cera gialla, pelli di bue, e di lepre, code di Volpe, e altri pellami; e con schiavinotti da cavallo, cera, e miel. Ad. 14. Detto. Chec. Angelo Maria, Cap. Dom. Bonsignori, da Malta e S. Maura, con catrame, zuccaro, e sale. Piel. Gesù e Maria, Cap. Mat. Lucovich da S. Maura, con sale. Chec. La Bella Fiorina, Cap. Franc. Bergamin, da Malta e S. Maura, con sale, e poco zuccaro. Ad. 16. Detto. Nave La Bella Madre Cap. Giac. Tiozzo, da S. Maura, con sale, poco zuccaro, e oglio di portata. Bastimenti.di Partenza.
Ad. 8. Agosto.
Cap. Anastasio da Lieto per Tripoli. Ad. 9. Detto. Cap. Zuanne Milinovich per Sicilia. Cap. Adamo Marassi per Cattaro. Cap. Tennis Eversi Inglese, per Zante e Ponente. Ad. 10. Detto. Cap. Nadalin Vianello per Levante. Cap. Pietro Petrina per Corfù. Cap. Vicenzo Calbo per Malta. Cap. Giorgio Bernetich per Palermo. Ad. 12. Detto. Cap. Pietro Esposito Napol per Otranto. Ad. 14. Detto. Cap. Gaet. Franc. Bergamin per Corfù. Ad. 16. Detto. Cap. Pasqual Savarese Nap. per Manopoli. Cambj.17. Agosto 1787.
Lione) Parigi) cinquantasette e un quarto. Roma sessantatre e due quinti. Napoli cento e sedici e mezzo. Livorno cento e due e un quarto. Milano cento e cinquantadue e mezzo. Genova novantuno e un quarto. Amsterdam novantatrè e tre quarti. Londra cinquantuno. Augusta cento e tre e tre quarti. Vienna cento novantotto e mezzo. In Vendita. Pezzi N. 13. miniati con Vernice, quali compongo un fornimento da Tavoletta dal famoso Mons. Martin Francese. N. 2. Bauletti grandi. 2. Detti mezzani. 2. Detti piccoli. 2. Bacinelle. 2. Candelieri. 1. Bauletto mezzano. 1. Scopetta grande. 1. Detta piccola. N.13. Chi aquistarli volesse si porti al Caffè del Signor Andrea Angelini a Santi Giovanni e Paolo, che ne avrà da lui l’indirizzo. Morti. Jeri di notte terminò i giorni suoi Monsignor Pietro Diedo qu: Girolamo, Primicerio della Chiesa Ducale di San Marco, nato il giorno 2. Luglio 1695. S’intese con universale soddisfazione, che il Serenissimo Doge abbia nominato in suo successore Monsig. Alvise Foscari Canonico di Padova. Suicidio. Oggi un infelice soprannomato Morte per la sua malsana costituzione, parrucchiere di professione, ma ultimamente venditore di donnesche galanterie al Ponte di S. Moisè, s’appiccò senz’aver dato, nemmeno poco prima d’eseguirla, alcun contrassegno della sua orribile risoluzione. Dicesi, che a sangue freddo ordinasse a sua Moglie di cuocere la minestra, avanti di passare nella sua camera ove si chiuse preda della infernale sua tentazione.Metatextualität
Come mai, in vece di spargere un
terror salutare, questi abbominevoli esempj così dappresso
succedonsi, e trovan seguaci? La nostra penna ripugna alle
narrative di sì detestabili avvenimenti, e non avremmo
creduto mai dopo quello di Fusello di dover sì presto
impiegarla a descrivere un fatto egualmente degno di
ribrezzo e spavento.
Metatextualität
Non s’è potuto tirare Sabbato
questo Foglio, già composto e pronto, perché languiva negli
estremi della sua vita la Madre dello Stampatore, e diritti
del Pubblico ceder dovettero al dolor del Marito e del
Figlio, a riguardi del Vicinato, alle insinuazioni della
Chiesa.