Num. 14 Antonio Piazza Moralische Wochenschriften Alexandra Fuchs Editor Ulrike Rieger Editor Julia Knittel Editor Kirsten Dickhaut Editor Ingrid Scherk Editor Institut für Romanistik, Universität Graz 06.03.2015 info:fedora/o:mws.3326 Piazza, Antonio: Gazzetta veneta urbana. Venezia: Zerletti 1787, 1-8 Gazzetta urbana veneta 1 014 1787 Italien Ebene 1 Ebene 2 Ebene 3 Ebene 4 Ebene 5 Ebene 6 Allgemeine Erzählung Selbstportrait Fremdportrait Dialog Allegorisches Erzählen Traumerzählung Fabelerzählung Satirisches Erzählen Exemplarisches Erzählen Utopische Erzählung Metatextualität Zitat/Motto Leserbrief Graz, Austria Italian Theater Literatur Kunst Teatro Letteratura Arte Theatre Literature Arts Teatro Literatura Arte Théâtre Littérature Art Italy 12.83333,42.83333

Num. 14

Mercordí 18. Luglio 1787.

I dilettanti di sagre hanno avuto in questi giorni, frequenti successive occasioni di sollazzarsi ne’passeggj notturni, nelle allegre cene festose, trà il canto, il suono, ed i balli della popolare giocondità. Quella di S. Bonaventura del giorno 14. corrente, non è nel rango delle celebrate da’nostri Veneti Cortesani: ma quantunque il concorso non sia molto grande, gli abitanti di quelle vicinanze la solennizzano con minore strepito, e con maggior piacere di tante altre. Il terreno erboso ove fanno prova dell’arte loro i Bombardieri, detto Bresagio, l’orto de’Padri Riformati, servono in tal occasione di campestre sollievo a molte persone, e la decente semplicità della sacra funzione, e degli ornamenti della Chiesa, somministrati dalla natura, inspirano una divozione soave.

Fu questa eretta nel 1624. coll’assistenza delle mercantili Famiglie Pisuti e Stella, sopra un fondo acquistato dalla Casa Patrizia Zeno. Prima di trasferirsi in questo sito molt’opportuno al divoto silenzio di questi buoni Religiosi, avevan essi il sacro lor domicilio dove presentemente è il Monastero di S. Teresa. Le pitture delli suoi tre altari sono del Tintoretto, del Pilotti e d’Angelo Garzoni. Matteo Ingoli da Ravenna, Leandro Bassano, e il Fialetti, dipinsero le altre tele che intorno si veggono. Giacciono in questo Tempio le ossa del Doge Carlo Contarini morto nel 1658. La Religione de’Riformati si meritò in ogni tempo l’assistenza de’fedeli, e la protezione del Principe, per non aver mai deviato dal suo antico istituto, nè turbata la pubblica tranquillità.

Il bel tempo permanente giorno e notte ha lasciato libero lo sfogo al generale movimento per la Sagra del Redentore, quelle che trà l’altre tutte di questa Città ha il primo vanto. Gli orti della Giudecca, il lunghissimo ponte di legno, che provvisionalmente la unisce a Venezia, invitano tutte le condizioni, e tutte l’età, ad ire a processioni a quest’isola senz’aver d’uopo di barche. Gli osservatori hanno trovato anco quest’anno nel Popolo la solita strepitosa allegrezza. Durante la notte del Sabbato vi fu un chiasso continovo, e allo spuntare dell’alba certe compagnie calde dal vino, o in preda alla gioja, mescolavano ai canto e alle grida, degli urli da spiritati, ed ora correndo or saltando, sembravano partite di Baccanti nell’Orgie notturne, di cui non imitivano gli atti d’oscenità, ma ne’motti e nelle canzoni offendevano il pudore, e mancavano al Pubblico del dovuto rispetto. È impossibile, che la libertà di cui godesi sotto questo dolce Governo, non degeneri in tali licenze plehee; ed il male è ben tollerabile quando non passi alle risse ed al sangue.

L’ombre notturne confusero nella moltitudine certe mostruosità che al chiarore diurno fecero sgangherar delle risa. Vidersi unti e bisunti degli abiti che sembravano candidi, e vesti e abbigliamenti non fatti per chi li portava, e cappellaccj grandi come le ombrelle, e le tremole spiche di Cerere sul capo alle luride Arpie. In mancanza delle Signore che sono in campagna, le cenciose sforzaronsi di prender la loro apparenza, ma cadde la maschera allo spuntare del giorno, e tutte le magagne comparvero. A questo lusso ridicolo della miseria s’univan la squallida ciera, i personali difetti, l’affettazione del portamento, il millesimo della nascita stampato nelle rughe de’volti, gli sforzi per mostrare ciò che non v’era, e le indecenze che parer vezzi volevano:

“Cose da far trasecolar i cani

Da far ispiritar un Cimiterio”

Tornate, o belle Ninfe dell’Adria, dalle campagne ridenti, che a noi vi tolgono, tornate a vivificare i circoli della Nobile Società onde abbassino l’ali al fulgore della vostra grandezza questo nottole erranti, che vogliono gareggiare coll’aquile; e fate che la nostra penna tributi alle vostre grazie de’meritati elogj allorché scriverà sul la Sagra di Santa Marta. E voi Bellezze, ch’eravate al riposo nella notte del passato Sabbato, o che non compariste in Piazza ed in Erbaria sul mattino della Domenica, non prendete ciò che non vi tocca, e lasciate tutto il suo giusto a que’scheletri ambulanti de’quali abbiamo parlato.

Se fosse stabile quel ponte, su cui passasi il gran canale nel giorno del Redentore, se gli orti della Giudecca avendo una comunicazione trà loro, ridotti fossero in modo da accordare de’lunghi passeggj, quanto sollievo non avrebbero quelli che goder non possono in questa stagione i beni della Natura nell’aperta campagna. Ma contentarci bisogna d’avere una volta all’anno un cammino sull’acque, che conduce al superbo Tempio del famoso Palladio. Non appariva una volta dove torreggia questo eccelso Edifizio, che un piccolo Oratorio di Cappuccini construito di tavole, sopra un monte detto de’corni, perché colà gettavansi rutti quelli degli animali uccisi per servizio della Città.

Il contagio che nel 1576. fece languire questa Città, determinò il Senato a fare un Voto per l’erezione di esso, e per la sua dedicazione a Cristo Redentore, obbligandosi di portarsi ogn’anno in Pubblica forma a ringraziar il Divino Liberatore. La maestosa scalinata per cui si ascende, la marmorea facciata cui sostengono le corintie colonne, le Statue che l’adornano, la gran Porta coperta tutta di rame, compongono un prospetto che all’occhio intelligente promette, senz’ingannarlo, un interno tesoro d’architettura. Questo non avrebbe d’uopo di fregio alcuno per esigere la pubblica ammirazione che dalla semplice totalità del suo bello richiedesi: nondimeno anco l’oro più fino, e le gem-me più rare compariscono meglio trà gli ornamenti raffinati dell’arte. L’Altar maggiore di finissime pietre; il Crocifisso di bronzo che vi stà sopra di Girolamo Campagna, di cui son pure le Statue di S. Marco e di S. Francesco dello stesso metallo, che a’lati d’esso Altare si veggono; le figure de’Vangelisti, delle Sibille, de’Profeti, de’Dottori della Chiesa; il Redentore, S. Marco, S. Rocco, S. Francesco, S. Teodoro, e la Fede col Doge ed i Senatori, sotto cui evvi l’inscrizione

Christo Redemptori. Civitate gravi pestilentia liberata. Senatue Ex Voto. Prid. Non. Sept. An. MD. LXXXVI.

tutte Opere a chiaro scuro del Padre Piazza Cappuccino detto Frà Cosimo; le pitture del Tintoretto, di Francesco Bassano, del Palma giovine, di Pietro Vecchia, che veggonsi nelle sei Cappelle in cui stanno gli Altari composti di fini marmi, e in un tondo sopra la porta; son tutti oggetti che a parte a parte interessano la dotta curiosità dell’illuminato osservatore, dopo essere stato colpito dalla meravigliosa struttura di questo celebratissimo Tempio.

Il Sommo Regnante Pontefice, lo visitò prima di passare a quello di S. Trovaso.

Alla Sagra del Redentore immediatamente successe quella della B. V. del Carmine, che fu celebrata con una sacra pompa piucch’ordinaria, consistente in una solenne Musica, e nella ricchezza degli ornamenti della Chiesa. Fu questa innalzata nel 1125. dalla Famiglia Patrizia Zancarolo. Sull’Altar maggiore consecrato alla B. V. v’è un ricco e magnifico tabernacolo. Quello del Crocifisso è molto stimabile per la ricchezza de’porfidi e serpentini, e per la rarità della pietra sottoposta alla base delle colonne. Gl’intendenti di Pittura trovano in essa da saziare la loro curiosità. Carbonzino, Varotari, Liberi, il Vicentino, Pietro Negri, Pace Pace, l’Aliense, Luca Giordano, Sebastiano Mazzoni, Alvise dal Friso, il Palma, Lorenzo Lotto, Ermano Stroisi, Cristoforo Parmese, Andrea Schiavone, il Bianchi, Marco di Andrea Vicentino, l’Enzo, Benedetto Diana, Leonardo Corona, il Prudenti, il Conegliano, e il Tintoretto, che nella Circoncisione di N. S. G. C. imitò tanto felicemente lo Schiavone da far credere l’opera di sua mano, sono tutti Pittori, che cogl’insigni loro lavori arricchirono di preziose tele questo vasto superbo Tempio. Giamb. Lambranzi dipinse il soffitto, ed altri pezzi che sparsi sono in diverse parti.

Trà i molti mausolei che sono in esso raccolti, distinguesi quello del Cav. e Proc. di S. Marco Jacopo Foscarini da cui è occupata la sua facciata interna.

Nella notte della Domenica, Vigilia di questa Sagra, il campo di S. Margherita fu ripieno di popolo, e il Caffè ebbe uno strepitoso concorso. Le bettole, i Magazzini, furono in que’contorni ripieni, e su’macigni del tagliapietra fecero le loro cenerelle in pubblico, delle compagnie di gente ordinaria, che se l’hanno goduta un mondo. Non fu minore il concorso nel festivo di susseguente, in particolare nel dopo pranzo, per la bella processione, che fecesi. Tutto il canale de’Carmini fu pieno zeppo di barche, in molte delle quali si fecero delle merende, e si vuotarono de’bicchieri, e de’fiaschi. Sciolte dalla schiavitù de’riguardi, molte donnette ciarliere in preda ad un’amplissima libertà si sgangheravano dalle risa, e facevano uno strepito tale che assordava quanti gli erano intorno. In simili occasioni vanno in bando tutti i tristi pensieri, e la stessa miseria insulta con una vivace giocondità la raciturna e riservata opulenza. Chieggasi a que’rabbiosi misantropi, che detestano questi spettacoli, cosa resterebbe di bene alle travagliate Famiglie del Popolo, se le Leggi vietassero le sollazzevoli loro adunanze, i le assoggettassero al castigo d’una decenza che non conoscono, o ad un silenzio che le farebbe languire. Ludus et pane.

Dalle vicinanze de’Carmini passò il tumulto festevole, le sera del p. p. Lunedì, alla Contrada di S. Marina ove si vide una porzione del Campo parata d’archi dipinti con illuminazione di fanali accesi sott’essi. Un pieno concorso fece esitar al Caffettiere una gran quantità di sorbetti, e tenne viva la sagra.

Jeri poi, rinnovando l’annuo costume, il Serenissimo Principe andò alla visita di questa chiea in rendimento di grazie al Signore per la ricuperazione di Padova, secondo il Decreto del Senato del 15. Giugno 1512. Pretendesi che la sua fondazione si debba alla Patrizia Famiglia Balbi, e che la sua antichità sia d’otto secoli e mezzo. Era dedicata a SS. Liberale ed Alessio: ma trasportato da Romania, il Corpo della Vergine S. Marina, e depositato da Jacopo Bora in questa sua Parrocchia, cambiar fecele il nome. Le sue Pitture sono di Paris Bordone, di Baldissera di Anna, di Giambat. Lorenzetti, e del Cavaliere Celesti.

Quivi giacciono le ossa delli Dogi Michele Steno, e Niccolò Marcello. Sopra la tomba del Primo leggesi: 1512. die 15. Junii in cujus etiam Templo (di S. Marina) appensae cospiciuntur claves; & Sigilla civitatis (di Padova) sub sepulcro Sereniss. Ducis Domini Michaelis Steno in Monumentum primae ipsius acquisitionis.

Vedesi in oltre la statua equestre di Taddeo della Volpe da Imola, Condottiere d’armi della Repubblica, il cui consiglio valse a far ricuperare Padova ch’era in potere di Massimiliano, nel giorno di S. Marina, come la sua Inscrizione lo manifesta.

Benché per inibizione del Governo più non si uniscano le Compagnie numerose, che solevano in tal giorno imbarcarsi alla Grazia per il pellegrinaggio d’Assisi, nondimeno il Popolo, che stenta ad abbandonare le antiche usanze, trasferissi jeri dopo pranzo a questa bella Isoletta formata dalla Natura trà il vicendevole flusso e riflusso del mare. La prima Fabbrica eretta sopra il paludoso suo dorso fu un Ospizio in cui s’accoglievano i Pellegrini, che concorrevano in questa Città per passare alla visita di Terra Santa. L’abitarono poscia alcuni Eremiti, indi fu accordata a quelli della Congregazione di Fiesole, che ci dimorarono per il corso di cento e ventotto anni. Ad essi successero le Monache Cappuccine, che presentemente vi si ritrovano. La loro chiesa è abbellita da pennelli maestri di Jacopo Tintoretto, del Palma, di Bartolommeo Scaligero, del Zanchi, del Balestra, e di Giovanni Bellino.

Nell’erboso terreno che stendesi a’lati del Tempio, e ne’Cortili al Monastero adiacenti, certe donne e fanciulle intrecciarono i loro soliti Balli al suono de subiotti e de’cimbani, e una quantità di compagnie facendosi tavola del nudo suolo mangiavano e bevevano allegramente. Altre facevan lo stesso nelle barchette ferme in vicinanza dell’Isola, e durò fino alla sera lo spasso. Ma non si può scordar quello che davano i Sisani nell’addio avvinazzato che separavali dalle loro Mogli e Parenti; negli augurj e baciamani di chi restava; nel mormorio che destavasi al moversi delle Barche ripiene di viaggiatori sussurroni, che ricevevan del Cappellano certe benedizioni

“Che prendevano un miglio di Paese”

In Serenissimo M. C.

Il dì 16. Luglio

Podestà a Brescia dura mesi 16. Reg. con pena. Elez. dello Scrutinio confermata dal M. C.

E. Zuanne Barbaro qu. Almorò Proc.

Podestà a Chiozza. Prima Prova.

Prov. a Castel Nuovo dura mesi 24.

E. Domenico Pisani.

Consiglier a caro d’Istria, dura mesi 16.

E. Michel Minotto.

Sopr’atti

Per questa Magistratura, che fregia della veste Senatoria l’eletto, niuno delli 4. nominati ebbe il numero necessario di Voti propizj per esserlo.

Cottimo di Damasco.

E. Francesco Lor. Soranzo.

Formento a rialto.

E. Giambat. Pizzamano.

Cinque 40. C. N. riballottati alla loro ordinaria.

E. Gallean Contarini.

E. Alvise Foscari quarto

E. Marco Contarini.

E. Z. Battista Semenzi terzo.

E. Antonio Benzon.

Erudizioned’un bell’Umore.

Da persona amica ci fu presentato un Biglietto contenente la notizia, da esporre in questa Gazzetta, che trovasi in mano di uno che vorrebbe venderlo, il modello della Tavola di Gio: Carlo Loth rappresentante il transito di S. Giuseppe, nella Chiesa di S. Gio: Grisostomo. Si rise al leggere: modello d’una Pittura, e pensavasi a correggere la voce usando quella di disegno: ma il nostro pensiero fu significato a chi scrisse, ed accese una letteraria contesa, in cui esso sostenne d’essersi espresso convenientemente, e pretese di provacelo col gentilissimo seguente Biglietto.

Signor Gazzettiere.

Voi siete ritenuto sul far stampare la parola modello per &. Ma per un poco che riflettiate alla differenza che passa fra un semplice Sbozzo di qualche Pittura, e la chiara viva Idea, che se ne dà espressa coi propri colori; tosto v’accorgerete ch’il primo dicesi semplice disegno, e l’altra a ra-gione si chiama parlante Modello. Come appunto fanno gli Scultori, e Architetti, che prima formano in carta i loro dissegni, indi ne danno degli modelli o in creta, o in altra materia.

Ecco sciolti; io mi credo, gli dubbj vostri. Dunque senza prendere in una freddura tanti gatti a pelar: che si stampa modello. Che se mai andasse male, egli sarà di chi ve ne diede la commission. Addio.

Risposta.

Ho io da credere al Vocabolario della Crusca, o a Voi Signor Incognito, che fate tanti sforzi per sostenere la vostra opinione? Udita la decisione di quell’Oracolo.

Modello.

Rilievo in piccolo dell’Opere, che si vuol fare in grande. Citazioni:

Un model secco di qualche figura”

Un piccolo modello d’Artiglieria fatto, verbigrazia, di stagno &.

Abbozzamento. Erano stati studj ed abbozzamenti per disegnare e colorire.

Disegnare. Rappresentare, e descrivere con segni, e con lineamenti. Citazioni. Siccome sogliono essere i visi, che fanno da prima i fanciulli, che apparano a disegnare.

Disegnare, é figurare immagini secondo le lineazioni corporali, le quali non danno sì certa notizia, come danno le colorazioni.

Se l’autorità dell’Accademia della Crusca non basta a convincervi dello sproposito che v’uscì della penna, io non ne ho di maggiori, ed in tal caso vi consiglio a promuovere alla medesima una questione, che può darsi la vostra spiegazione abbia luogo in quel Vocabolario e vi faccia divenir autore di Lingua, come lo meritate per la locuzione del correttissimo vostro Biglietto.

Vi diamo poi l’avvertimento, che non siamo noi servitori prezzolati da ricevere come comandi le commissioni di chi ci scrive. Tali si chiamiamo per urbanità d’espressione, come usasi nelle Lettere famigliari, e possiamo mandar a farsi servire dagli altri, questi nostri Padroni incogniti, che non hanno creanza. Buon giorno.

Chi volesse vedere l’accennato Disegno può intendersela col Caffettiere a S. Giacomo dall’Orio.

Vicenza.

La nostra Opera continua a ricevere i meritati applausi. La bellissima Musica, e la somma abilità de’Cantanti, ottiene la soddisfazione universale del Pubblico, composto in gran parte di Forastieri di qualità. L’ultima recita della medesima seguirà il 18. corrente, e la sera dei 21 vi succederà La Dandone dell’inimitabile Metastasio, messa in Musica dal celebre Gazzaniga. Sperasi che quest’ancora abbia ad avere un destino felice; tanto più che la Prima Parte si sosterrà dal valoroso Signor Domenico Bruni.

L’Anfiteatro si avanza a gran passi alla sua perfezione, e la prima corsa di Cavalli e Cavalle co’loro Fantini, è fissata per il 23. del corrente. Quì tutto spira allegrezza, e non si pensa e si parla che di divertimenti. Il Campo Marzo è divenuto un Versaglies in piccolo, e veramente la sua situazione e delle più amene che la natura presenti nel quadro variabile delle sue delizie. Il prezzo per ogni posto nella Loggia nel giorno dello spettacolo è di L. 4. E per un Palchetto capace di contenere 8. persone L. 32.

In attestato poi di stima e venerazione, che questi Nobili professano verso S. E. Pietro Pisani benemerito Capitan Grande della nostra Città, s’è pensato di dargli al suo partire uno spettacolo, che formerà epoca ne’nostri annali, e sarà certamente degno del Personaggio per cui apparecchiasi. Consisterà in una Pubblica Festa nel Teatro Olimpico vivamente illuminato, che riescirà senza dubbio una delle più magnifiche che vedere si possa, tanto per l’ornata architettura superba del luogo, che per la quantità e sfarzo de’Cavalieri e Dame di questa Città, e d’altri Paesi, che la renderanno brillante. Trà poco si saprà il giorno destinato a questo spettacolo.

Lettera di Cremaad un Amico.

Questa nostra Città non somministra all’arte, presentemente, veruna interessante notizia. Tutto quello, che si può dire, rattrista. Sentiamo dagli altri Paesi dello Stato Veneto, che le campagne hanno l’aspetto più favorevole per un copioso ricolto, e quì non vi son che disgrazie. La brina della passata Primavera ha desolato la nostra Provincia. Oltre aver perduto il prodotto delle Gallette, per il quale entrava in questa Città e suo Territorio cinquanta mila zecchini in soldo vivo, somma considerabile per la ristrettezza del medesimo, il formento ed il lino capi speziali della nostr’agricoltura, hanno molto sofferto. Le uve scarseggiano; e non v’è in somma memoria d’una rovina sì generale in questo Paese.

Avvisopropizio a chi può rispondere.

Se in questa Città, o in qualunque altra ove arriva il Foglio presente, si ritrovasse certo Carlo Filiberto Ferri Torinese, sappia che c’è Persona incaricata di comunicargli delle cose di suo particolare vantaggio, e non indugj a portarsi dal Colombani dispensatore di questa Gazzetta, che lo indirizzerà a chi può consolarlo.

Bastimenti Arrivati.

14. Luglio 1787.

Checchia Provvidenza Divina Cap. Ant. Lissa da S. Maura e Corfù, con sale.

Ad. Detto.

Trabacolo S. Raimondo, Cap. Andrea Voltolina da S. Maura, con sale.

Ad. 13. Detto.

Trab. S. Euffemia P. Marco Rasol, da Zara con castrati, e portata d’oglio.

Ad. 15. Detto.

Pielego S. Raimondo Cap. Raimondo Voltolina dal Vasto, con aceto, oglio di Mercanti, e di portata.

Ad. 16. Detto.

Trab. Mad. del Rosario, P. Mat. Petito, da Zara con Bovi, e portata d’oglio.

Ad. Detto.

Trab. S. Francesco di Paola, Paron And. Jadrosich, da Zara, con Bovi e portata d’oglio.

Ad. Detto.

Piel Provv. Divina, P. Francesco Baffo, da Porto Rè, con Legni da lavoro, e un fagotto ritagli di pelle.

Ad. Detto.

Piel. Mad. dei Carmini, P. Zuanne Brazzeti, da Sebenico e Zara con oglio, catrame, ferro grezzo, cera gialla, rasse, miel, lana, e rame vecchio.

Ad. Detto.

Piel. Mad. e S. Antonio P. Niccolò Grassi, da Spalatro, Sebenico e Zara, con sevo colato, miel, budelli salati, ferro grezzo, oglio di Mercanti e di portata, Vino di marasca, e una Balla di Pelli Agnelline.

Li prezzi delle biade hanno la medesima sussistenza indicata da noi giorni sono. V’è apparenza però, che possa alzarsi nella Settimana ventura quello del Sorgo turco.

Morti.

Il N. H. E. Marin Contarini di San Marcilian nato li 6. Giugno 1729.

Il Signor Niccolò Zanetti.

Si ricevono le Assocciazioni, e le notizie di questa Gazzetta

A Venezia dal Colombani al Ponte di Rialto, ove pure si vende a soldi cinque al Numero.

A Padova dalli Fratelli Conzatti Libraj.

A Verona da Giuseppe Lonardi Librajo.

A Brescia da Dionisio Colombo Librajo.

A Bergamo da Francesco Locatelli Librajo.

Dalla Stamperia Zerletti Venezia.

Num. 14 Mercordí 18. Luglio 1787. I dilettanti di sagre hanno avuto in questi giorni, frequenti successive occasioni di sollazzarsi ne’passeggj notturni, nelle allegre cene festose, trà il canto, il suono, ed i balli della popolare giocondità. Quella di S. Bonaventura del giorno 14. corrente, non è nel rango delle celebrate da’nostri Veneti Cortesani: ma quantunque il concorso non sia molto grande, gli abitanti di quelle vicinanze la solennizzano con minore strepito, e con maggior piacere di tante altre. Il terreno erboso ove fanno prova dell’arte loro i Bombardieri, detto Bresagio, l’orto de’Padri Riformati, servono in tal occasione di campestre sollievo a molte persone, e la decente semplicità della sacra funzione, e degli ornamenti della Chiesa, somministrati dalla natura, inspirano una divozione soave. Fu questa eretta nel 1624. coll’assistenza delle mercantili Famiglie Pisuti e Stella, sopra un fondo acquistato dalla Casa Patrizia Zeno. Prima di trasferirsi in questo sito molt’opportuno al divoto silenzio di questi buoni Religiosi, avevan essi il sacro lor domicilio dove presentemente è il Monastero di S. Teresa. Le pitture delli suoi tre altari sono del Tintoretto, del Pilotti e d’Angelo Garzoni. Matteo Ingoli da Ravenna, Leandro Bassano, e il Fialetti, dipinsero le altre tele che intorno si veggono. Giacciono in questo Tempio le ossa del Doge Carlo Contarini morto nel 1658. La Religione de’Riformati si meritò in ogni tempo l’assistenza de’fedeli, e la protezione del Principe, per non aver mai deviato dal suo antico istituto, nè turbata la pubblica tranquillità. Il bel tempo permanente giorno e notte ha lasciato libero lo sfogo al generale movimento per la Sagra del Redentore, quelle che trà l’altre tutte di questa Città ha il primo vanto. Gli orti della Giudecca, il lunghissimo ponte di legno, che provvisionalmente la unisce a Venezia, invitano tutte le condizioni, e tutte l’età, ad ire a processioni a quest’isola senz’aver d’uopo di barche. Gli osservatori hanno trovato anco quest’anno nel Popolo la solita strepitosa allegrezza. Durante la notte del Sabbato vi fu un chiasso continovo, e allo spuntare dell’alba certe compagnie calde dal vino, o in preda alla gioja, mescolavano ai canto e alle grida, degli urli da spiritati, ed ora correndo or saltando, sembravano partite di Baccanti nell’Orgie notturne, di cui non imitivano gli atti d’oscenità, ma ne’motti e nelle canzoni offendevano il pudore, e mancavano al Pubblico del dovuto rispetto. È impossibile, che la libertà di cui godesi sotto questo dolce Governo, non degeneri in tali licenze plehee; ed il male è ben tollerabile quando non passi alle risse ed al sangue. L’ombre notturne confusero nella moltitudine certe mostruosità che al chiarore diurno fecero sgangherar delle risa. Vidersi unti e bisunti degli abiti che sembravano candidi, e vesti e abbigliamenti non fatti per chi li portava, e cappellaccj grandi come le ombrelle, e le tremole spiche di Cerere sul capo alle luride Arpie. In mancanza delle Signore che sono in campagna, le cenciose sforzaronsi di prender la loro apparenza, ma cadde la maschera allo spuntare del giorno, e tutte le magagne comparvero. A questo lusso ridicolo della miseria s’univan la squallida ciera, i personali difetti, l’affettazione del portamento, il millesimo della nascita stampato nelle rughe de’volti, gli sforzi per mostrare ciò che non v’era, e le indecenze che parer vezzi volevano: “Cose da far trasecolar i cani Da far ispiritar un Cimiterio” Tornate, o belle Ninfe dell’Adria, dalle campagne ridenti, che a noi vi tolgono, tornate a vivificare i circoli della Nobile Società onde abbassino l’ali al fulgore della vostra grandezza questo nottole erranti, che vogliono gareggiare coll’aquile; e fate che la nostra penna tributi alle vostre grazie de’meritati elogj allorché scriverà sul la Sagra di Santa Marta. E voi Bellezze, ch’eravate al riposo nella notte del passato Sabbato, o che non compariste in Piazza ed in Erbaria sul mattino della Domenica, non prendete ciò che non vi tocca, e lasciate tutto il suo giusto a que’scheletri ambulanti de’quali abbiamo parlato. Se fosse stabile quel ponte, su cui passasi il gran canale nel giorno del Redentore, se gli orti della Giudecca avendo una comunicazione trà loro, ridotti fossero in modo da accordare de’lunghi passeggj, quanto sollievo non avrebbero quelli che goder non possono in questa stagione i beni della Natura nell’aperta campagna. Ma contentarci bisogna d’avere una volta all’anno un cammino sull’acque, che conduce al superbo Tempio del famoso Palladio. Non appariva una volta dove torreggia questo eccelso Edifizio, che un piccolo Oratorio di Cappuccini construito di tavole, sopra un monte detto de’corni, perché colà gettavansi rutti quelli degli animali uccisi per servizio della Città. Il contagio che nel 1576. fece languire questa Città, determinò il Senato a fare un Voto per l’erezione di esso, e per la sua dedicazione a Cristo Redentore, obbligandosi di portarsi ogn’anno in Pubblica forma a ringraziar il Divino Liberatore. La maestosa scalinata per cui si ascende, la marmorea facciata cui sostengono le corintie colonne, le Statue che l’adornano, la gran Porta coperta tutta di rame, compongono un prospetto che all’occhio intelligente promette, senz’ingannarlo, un interno tesoro d’architettura. Questo non avrebbe d’uopo di fregio alcuno per esigere la pubblica ammirazione che dalla semplice totalità del suo bello richiedesi: nondimeno anco l’oro più fino, e le gem-me più rare compariscono meglio trà gli ornamenti raffinati dell’arte. L’Altar maggiore di finissime pietre; il Crocifisso di bronzo che vi stà sopra di Girolamo Campagna, di cui son pure le Statue di S. Marco e di S. Francesco dello stesso metallo, che a’lati d’esso Altare si veggono; le figure de’Vangelisti, delle Sibille, de’Profeti, de’Dottori della Chiesa; il Redentore, S. Marco, S. Rocco, S. Francesco, S. Teodoro, e la Fede col Doge ed i Senatori, sotto cui evvi l’inscrizione Christo Redemptori. Civitate gravi pestilentia liberata. Senatue Ex Voto. Prid. Non. Sept. An. MD. LXXXVI. tutte Opere a chiaro scuro del Padre Piazza Cappuccino detto Frà Cosimo; le pitture del Tintoretto, di Francesco Bassano, del Palma giovine, di Pietro Vecchia, che veggonsi nelle sei Cappelle in cui stanno gli Altari composti di fini marmi, e in un tondo sopra la porta; son tutti oggetti che a parte a parte interessano la dotta curiosità dell’illuminato osservatore, dopo essere stato colpito dalla meravigliosa struttura di questo celebratissimo Tempio. Il Sommo Regnante Pontefice, lo visitò prima di passare a quello di S. Trovaso. Alla Sagra del Redentore immediatamente successe quella della B. V. del Carmine, che fu celebrata con una sacra pompa piucch’ordinaria, consistente in una solenne Musica, e nella ricchezza degli ornamenti della Chiesa. Fu questa innalzata nel 1125. dalla Famiglia Patrizia Zancarolo. Sull’Altar maggiore consecrato alla B. V. v’è un ricco e magnifico tabernacolo. Quello del Crocifisso è molto stimabile per la ricchezza de’porfidi e serpentini, e per la rarità della pietra sottoposta alla base delle colonne. Gl’intendenti di Pittura trovano in essa da saziare la loro curiosità. Carbonzino, Varotari, Liberi, il Vicentino, Pietro Negri, Pace Pace, l’Aliense, Luca Giordano, Sebastiano Mazzoni, Alvise dal Friso, il Palma, Lorenzo Lotto, Ermano Stroisi, Cristoforo Parmese, Andrea Schiavone, il Bianchi, Marco di Andrea Vicentino, l’Enzo, Benedetto Diana, Leonardo Corona, il Prudenti, il Conegliano, e il Tintoretto, che nella Circoncisione di N. S. G. C. imitò tanto felicemente lo Schiavone da far credere l’opera di sua mano, sono tutti Pittori, che cogl’insigni loro lavori arricchirono di preziose tele questo vasto superbo Tempio. Giamb. Lambranzi dipinse il soffitto, ed altri pezzi che sparsi sono in diverse parti. Trà i molti mausolei che sono in esso raccolti, distinguesi quello del Cav. e Proc. di S. Marco Jacopo Foscarini da cui è occupata la sua facciata interna. Nella notte della Domenica, Vigilia di questa Sagra, il campo di S. Margherita fu ripieno di popolo, e il Caffè ebbe uno strepitoso concorso. Le bettole, i Magazzini, furono in que’contorni ripieni, e su’macigni del tagliapietra fecero le loro cenerelle in pubblico, delle compagnie di gente ordinaria, che se l’hanno goduta un mondo. Non fu minore il concorso nel festivo di susseguente, in particolare nel dopo pranzo, per la bella processione, che fecesi. Tutto il canale de’Carmini fu pieno zeppo di barche, in molte delle quali si fecero delle merende, e si vuotarono de’bicchieri, e de’fiaschi. Sciolte dalla schiavitù de’riguardi, molte donnette ciarliere in preda ad un’amplissima libertà si sgangheravano dalle risa, e facevano uno strepito tale che assordava quanti gli erano intorno. In simili occasioni vanno in bando tutti i tristi pensieri, e la stessa miseria insulta con una vivace giocondità la raciturna e riservata opulenza. Chieggasi a que’rabbiosi misantropi, che detestano questi spettacoli, cosa resterebbe di bene alle travagliate Famiglie del Popolo, se le Leggi vietassero le sollazzevoli loro adunanze, i le assoggettassero al castigo d’una decenza che non conoscono, o ad un silenzio che le farebbe languire. Ludus et pane. Dalle vicinanze de’Carmini passò il tumulto festevole, le sera del p. p. Lunedì, alla Contrada di S. Marina ove si vide una porzione del Campo parata d’archi dipinti con illuminazione di fanali accesi sott’essi. Un pieno concorso fece esitar al Caffettiere una gran quantità di sorbetti, e tenne viva la sagra. Jeri poi, rinnovando l’annuo costume, il Serenissimo Principe andò alla visita di questa chiea in rendimento di grazie al Signore per la ricuperazione di Padova, secondo il Decreto del Senato del 15. Giugno 1512. Pretendesi che la sua fondazione si debba alla Patrizia Famiglia Balbi, e che la sua antichità sia d’otto secoli e mezzo. Era dedicata a SS. Liberale ed Alessio: ma trasportato da Romania, il Corpo della Vergine S. Marina, e depositato da Jacopo Bora in questa sua Parrocchia, cambiar fecele il nome. Le sue Pitture sono di Paris Bordone, di Baldissera di Anna, di Giambat. Lorenzetti, e del Cavaliere Celesti. Quivi giacciono le ossa delli Dogi Michele Steno, e Niccolò Marcello. Sopra la tomba del Primo leggesi: 1512. die 15. Junii in cujus etiam Templo (di S. Marina) appensae cospiciuntur claves; & Sigilla civitatis (di Padova) sub sepulcro Sereniss. Ducis Domini Michaelis Steno in Monumentum primae ipsius acquisitionis. Vedesi in oltre la statua equestre di Taddeo della Volpe da Imola, Condottiere d’armi della Repubblica, il cui consiglio valse a far ricuperare Padova ch’era in potere di Massimiliano, nel giorno di S. Marina, come la sua Inscrizione lo manifesta. Benché per inibizione del Governo più non si uniscano le Compagnie numerose, che solevano in tal giorno imbarcarsi alla Grazia per il pellegrinaggio d’Assisi, nondimeno il Popolo, che stenta ad abbandonare le antiche usanze, trasferissi jeri dopo pranzo a questa bella Isoletta formata dalla Natura trà il vicendevole flusso e riflusso del mare. La prima Fabbrica eretta sopra il paludoso suo dorso fu un Ospizio in cui s’accoglievano i Pellegrini, che concorrevano in questa Città per passare alla visita di Terra Santa. L’abitarono poscia alcuni Eremiti, indi fu accordata a quelli della Congregazione di Fiesole, che ci dimorarono per il corso di cento e ventotto anni. Ad essi successero le Monache Cappuccine, che presentemente vi si ritrovano. La loro chiesa è abbellita da pennelli maestri di Jacopo Tintoretto, del Palma, di Bartolommeo Scaligero, del Zanchi, del Balestra, e di Giovanni Bellino. Nell’erboso terreno che stendesi a’lati del Tempio, e ne’Cortili al Monastero adiacenti, certe donne e fanciulle intrecciarono i loro soliti Balli al suono de subiotti e de’cimbani, e una quantità di compagnie facendosi tavola del nudo suolo mangiavano e bevevano allegramente. Altre facevan lo stesso nelle barchette ferme in vicinanza dell’Isola, e durò fino alla sera lo spasso. Ma non si può scordar quello che davano i Sisani nell’addio avvinazzato che separavali dalle loro Mogli e Parenti; negli augurj e baciamani di chi restava; nel mormorio che destavasi al moversi delle Barche ripiene di viaggiatori sussurroni, che ricevevan del Cappellano certe benedizioni “Che prendevano un miglio di Paese” In Serenissimo M. C. Il dì 16. Luglio Podestà a Brescia dura mesi 16. Reg. con pena. Elez. dello Scrutinio confermata dal M. C. E. Zuanne Barbaro qu. Almorò Proc. Podestà a Chiozza. Prima Prova. Prov. a Castel Nuovo dura mesi 24. E. Domenico Pisani. Consiglier a caro d’Istria, dura mesi 16. E. Michel Minotto. Sopr’atti Per questa Magistratura, che fregia della veste Senatoria l’eletto, niuno delli 4. nominati ebbe il numero necessario di Voti propizj per esserlo. Cottimo di Damasco. E. Francesco Lor. Soranzo. Formento a rialto. E. Giambat. Pizzamano. Cinque 40. C. N. riballottati alla loro ordinaria. E. Gallean Contarini. E. Alvise Foscari quarto E. Marco Contarini. E. Z. Battista Semenzi terzo. E. Antonio Benzon. Erudizioned’un bell’Umore. Da persona amica ci fu presentato un Biglietto contenente la notizia, da esporre in questa Gazzetta, che trovasi in mano di uno che vorrebbe venderlo, il modello della Tavola di Gio: Carlo Loth rappresentante il transito di S. Giuseppe, nella Chiesa di S. Gio: Grisostomo. Si rise al leggere: modello d’una Pittura, e pensavasi a correggere la voce usando quella di disegno: ma il nostro pensiero fu significato a chi scrisse, ed accese una letteraria contesa, in cui esso sostenne d’essersi espresso convenientemente, e pretese di provacelo col gentilissimo seguente Biglietto. Signor Gazzettiere. Voi siete ritenuto sul far stampare la parola modello per &. Ma per un poco che riflettiate alla differenza che passa fra un semplice Sbozzo di qualche Pittura, e la chiara viva Idea, che se ne dà espressa coi propri colori; tosto v’accorgerete ch’il primo dicesi semplice disegno, e l’altra a ra-gione si chiama parlante Modello. Come appunto fanno gli Scultori, e Architetti, che prima formano in carta i loro dissegni, indi ne danno degli modelli o in creta, o in altra materia. Ecco sciolti; io mi credo, gli dubbj vostri. Dunque senza prendere in una freddura tanti gatti a pelar: che si stampa modello. Che se mai andasse male, egli sarà di chi ve ne diede la commission. Addio. Risposta. Ho io da credere al Vocabolario della Crusca, o a Voi Signor Incognito, che fate tanti sforzi per sostenere la vostra opinione? Udita la decisione di quell’Oracolo. Modello. Rilievo in piccolo dell’Opere, che si vuol fare in grande. Citazioni: “Un model secco di qualche figura” Un piccolo modello d’Artiglieria fatto, verbigrazia, di stagno &. Abbozzamento. Erano stati studj ed abbozzamenti per disegnare e colorire. Disegnare. Rappresentare, e descrivere con segni, e con lineamenti. Citazioni. Siccome sogliono essere i visi, che fanno da prima i fanciulli, che apparano a disegnare. Disegnare, é figurare immagini secondo le lineazioni corporali, le quali non danno sì certa notizia, come danno le colorazioni. Se l’autorità dell’Accademia della Crusca non basta a convincervi dello sproposito che v’uscì della penna, io non ne ho di maggiori, ed in tal caso vi consiglio a promuovere alla medesima una questione, che può darsi la vostra spiegazione abbia luogo in quel Vocabolario e vi faccia divenir autore di Lingua, come lo meritate per la locuzione del correttissimo vostro Biglietto. Vi diamo poi l’avvertimento, che non siamo noi servitori prezzolati da ricevere come comandi le commissioni di chi ci scrive. Tali si chiamiamo per urbanità d’espressione, come usasi nelle Lettere famigliari, e possiamo mandar a farsi servire dagli altri, questi nostri Padroni incogniti, che non hanno creanza. Buon giorno. Chi volesse vedere l’accennato Disegno può intendersela col Caffettiere a S. Giacomo dall’Orio. Vicenza. La nostra Opera continua a ricevere i meritati applausi. La bellissima Musica, e la somma abilità de’Cantanti, ottiene la soddisfazione universale del Pubblico, composto in gran parte di Forastieri di qualità. L’ultima recita della medesima seguirà il 18. corrente, e la sera dei 21 vi succederà La Dandone dell’inimitabile Metastasio, messa in Musica dal celebre Gazzaniga. Sperasi che quest’ancora abbia ad avere un destino felice; tanto più che la Prima Parte si sosterrà dal valoroso Signor Domenico Bruni. L’Anfiteatro si avanza a gran passi alla sua perfezione, e la prima corsa di Cavalli e Cavalle co’loro Fantini, è fissata per il 23. del corrente. Quì tutto spira allegrezza, e non si pensa e si parla che di divertimenti. Il Campo Marzo è divenuto un Versaglies in piccolo, e veramente la sua situazione e delle più amene che la natura presenti nel quadro variabile delle sue delizie. Il prezzo per ogni posto nella Loggia nel giorno dello spettacolo è di L. 4. E per un Palchetto capace di contenere 8. persone L. 32. In attestato poi di stima e venerazione, che questi Nobili professano verso S. E. Pietro Pisani benemerito Capitan Grande della nostra Città, s’è pensato di dargli al suo partire uno spettacolo, che formerà epoca ne’nostri annali, e sarà certamente degno del Personaggio per cui apparecchiasi. Consisterà in una Pubblica Festa nel Teatro Olimpico vivamente illuminato, che riescirà senza dubbio una delle più magnifiche che vedere si possa, tanto per l’ornata architettura superba del luogo, che per la quantità e sfarzo de’Cavalieri e Dame di questa Città, e d’altri Paesi, che la renderanno brillante. Trà poco si saprà il giorno destinato a questo spettacolo. Lettera di Cremaad un Amico. Questa nostra Città non somministra all’arte, presentemente, veruna interessante notizia. Tutto quello, che si può dire, rattrista. Sentiamo dagli altri Paesi dello Stato Veneto, che le campagne hanno l’aspetto più favorevole per un copioso ricolto, e quì non vi son che disgrazie. La brina della passata Primavera ha desolato la nostra Provincia. Oltre aver perduto il prodotto delle Gallette, per il quale entrava in questa Città e suo Territorio cinquanta mila zecchini in soldo vivo, somma considerabile per la ristrettezza del medesimo, il formento ed il lino capi speziali della nostr’agricoltura, hanno molto sofferto. Le uve scarseggiano; e non v’è in somma memoria d’una rovina sì generale in questo Paese. Avvisopropizio a chi può rispondere. Se in questa Città, o in qualunque altra ove arriva il Foglio presente, si ritrovasse certo Carlo Filiberto Ferri Torinese, sappia che c’è Persona incaricata di comunicargli delle cose di suo particolare vantaggio, e non indugj a portarsi dal Colombani dispensatore di questa Gazzetta, che lo indirizzerà a chi può consolarlo. Bastimenti Arrivati. 14. Luglio 1787. Checchia Provvidenza Divina Cap. Ant. Lissa da S. Maura e Corfù, con sale. Ad. Detto. Trabacolo S. Raimondo, Cap. Andrea Voltolina da S. Maura, con sale. Ad. 13. Detto. Trab. S. Euffemia P. Marco Rasol, da Zara con castrati, e portata d’oglio. Ad. 15. Detto. Pielego S. Raimondo Cap. Raimondo Voltolina dal Vasto, con aceto, oglio di Mercanti, e di portata. Ad. 16. Detto. Trab. Mad. del Rosario, P. Mat. Petito, da Zara con Bovi, e portata d’oglio. Ad. Detto. Trab. S. Francesco di Paola, Paron And. Jadrosich, da Zara, con Bovi e portata d’oglio. Ad. Detto. Piel Provv. Divina, P. Francesco Baffo, da Porto Rè, con Legni da lavoro, e un fagotto ritagli di pelle. Ad. Detto. Piel. Mad. dei Carmini, P. Zuanne Brazzeti, da Sebenico e Zara con oglio, catrame, ferro grezzo, cera gialla, rasse, miel, lana, e rame vecchio. Ad. Detto. Piel. Mad. e S. Antonio P. Niccolò Grassi, da Spalatro, Sebenico e Zara, con sevo colato, miel, budelli salati, ferro grezzo, oglio di Mercanti e di portata, Vino di marasca, e una Balla di Pelli Agnelline. Li prezzi delle biade hanno la medesima sussistenza indicata da noi giorni sono. V’è apparenza però, che possa alzarsi nella Settimana ventura quello del Sorgo turco. Morti. Il N. H. E. Marin Contarini di San Marcilian nato li 6. Giugno 1729. Il Signor Niccolò Zanetti. Si ricevono le Assocciazioni, e le notizie di questa Gazzetta A Venezia dal Colombani al Ponte di Rialto, ove pure si vende a soldi cinque al Numero. A Padova dalli Fratelli Conzatti Libraj. A Verona da Giuseppe Lonardi Librajo. A Brescia da Dionisio Colombo Librajo. A Bergamo da Francesco Locatelli Librajo. Dalla Stamperia Zerletti Venezia.