Mercordí 18. Luglio 1787.
sagre hanno avuto in
questi giorni, frequenti successive occasioni di sollazzarsi ne’passeggj notturni, nelle allegre
cene festose, trà il canto, il suono, ed i balli della popolare giocondità. Quella di S. Bonaventura del giorno 14. corrente, non è nel rango delle celebrate da’nostri
Veneti Cortesani: ma quantunque il concorso non sia molto grande, gli
abitanti di quelle vicinanze la solennizzano con minore strepito, e con maggior piacere di tante
altre. Il terreno erboso ove fanno prova dell’arte loro i Bombardieri, detto Bresagio, l’orto de’Padri Riformati, servono in tal occasione di campestre sollievo a molte
persone, e la decente semplicità della sacra funzione, e degli ornamenti della Chiesa, somministrati
dalla natura, inspirano una divozione soave.
Fu questa eretta nel 1624. coll’assistenza delle mercantili Famiglie Pisuti e Stella, sopra un fondo acquistato dalla Casa Patrizia Zeno. Prima di trasferirsi in questo sito molt’opportuno al divoto silenzio di
questi buoni Religiosi, avevan essi il sacro lor domicilio dove presentemente è il Monastero di S. Teresa. Le pitture delli suoi tre altari sono del Tintoretto, del Pilotti e d’Angelo Garzoni.
Matteo Ingoli da Ravenna, Leandro Bassano, e il Fialetti, dipinsero le altre tele che intorno si veggono. Giacciono in questo
Tempio le ossa del Doge Carlo Contarini morto nel 1658. La Religione de’Riformati si meritò in ogni tempo l’assistenza de’fedeli, e la protezione del
Principe, per non aver mai deviato dal suo antico istituto, nè turbata la pubblica tranquillità.
Il bel tempo permanente giorno e notte ha lasciato libero lo sfogo al generale movimento per la
Sagra del Redentore, quelle che trà l’altre tutte di
questa Città ha il primo vanto. Gli orti della Giudecca, il lunghissimo ponte di legno, che
provvisionalmente la unisce a Venezia, invitano tutte le condizioni, e tutte l’età, ad ire a
processioni a quest’isola senz’aver d’uopo di barche. Gli osservatori hanno trovato anco quest’anno
nel Popolo la solita strepitosa allegrezza. Durante la notte del Sabbato vi fu un chiasso continovo,
e allo spuntare dell’alba certe compagnie calde dal vino,
L’ombre notturne confusero nella moltitudine certe mostruosità che al chiarore diurno fecero sgangherar delle risa. Vidersi unti e bisunti degli abiti che sembravano candidi, e vesti e abbigliamenti non fatti per chi li portava, e cappellaccj grandi come le ombrelle, e le tremole spiche di Cerere sul capo alle luride Arpie. In mancanza delle Signore che sono in campagna, le cenciose sforzaronsi di prender la loro apparenza, ma cadde la maschera allo spuntare del giorno, e tutte le magagne comparvero. A questo lusso ridicolo della miseria s’univan la squallida ciera, i personali difetti, l’affettazione del portamento, il millesimo della nascita stampato nelle rughe de’volti, gli sforzi per mostrare ciò che non v’era, e le indecenze che parer vezzi volevano:
“Cose da far trasecolar i cani
Da far ispiritar un Cimiterio”
Tornate, o belle Ninfe dell’Adria, dalle campagne ridenti, che a noi vi tolgono,
tornate a vivificare i circoli della Nobile Società onde abbassino l’ali al fulgore della vostra
grandezza questo nottole erranti, che vogliono gareggiare coll’aquile; e fate che la nostra penna
tributi alle vostre grazie de’meritati elogj allorché scriverà sul la Sagra
di Santa Marta. E voi Bellezze, ch’eravate al riposo nella notte del passato
Sabbato, o che non compariste in Piazza ed in Erbaria sul mattino della Domenica, non prendete ciò
che non vi tocca, e lasciate tutto il suo giusto a que’scheletri ambulanti de’quali abbiamo
parlato.
Se fosse stabile quel ponte, su cui passasi il gran canale nel giorno del Redentore, se gli orti
della Giudecca avendo una comunicazione trà loro, ridotti fossero in modo da accordare de’lunghi
passeggj, quanto sollievo non avrebbero quelli che goder non possono in questa stagione i beni della
Natura nell’aperta campagna. Ma contentarci bisogna d’avere una volta all’anno un cammino
sull’acque, che conduce al superbo Tempio del famoso Palladio. Non appariva
una volta dove torreggia questo eccelso Edifizio, che un piccolo Oratorio di Cappuccini construito
di tavole, sopra un monte detto de’corni, perché colà gettavansi rutti quelli degli animali uccisi
per servizio della Città.
Il contagio che nel 1576. fece languire questa Città, determinò il Senato a fare un Voto per
l’erezione di esso, e per la sua dedicazione a Cristo Redentore, obbligandosi di portarsi ogn’anno
in Pubblica forma a ringraziar il Divino Liberatore. La maestosa scalinata per cui si ascende, la
marmorea facciata cui sostengono le corintie colonne, le Statue che l’adornano, la gran Porta
coperta tutta di rame, compongono un prospetto che all’occhio intelligente promette,
senz’ingannarlo, un interno tesoro d’architettura. Questo non avrebbe d’uopo di fregio alcuno per
esigere la pubblica ammirazione che dalla semplice totalità del suo bello richiedesi: nondimeno anco
l’oro più fino, e le gem-Girolamo Campagna, di cui son pure le Statue di S. Marco e
di S. Francesco dello stesso metallo, che a’lati d’esso Altare si veggono; le
figure de’Vangelisti, delle Sibille, de’Profeti, de’Dottori della Chiesa; il Redentore, S. Marco, S.
Rocco, S. Francesco, S. Teodoro, e la Fede col Doge ed i Senatori, sotto cui evvi l’inscrizione
Christo Redemptori. Civitate gravi pestilentia liberata. Senatue Ex Voto. Prid. Non. Sept. An. MD. LXXXVI.
tutte Opere a chiaro scuro del Padre Piazza Cappuccino detto Frà Cosimo; le pitture del Tintoretto, di Francesco Bassano, del Palma giovine, di Pietro Vecchia, che veggonsi nelle sei Cappelle in cui stanno gli Altari composti di fini marmi, e in
un tondo sopra la porta; son tutti oggetti che a parte a parte interessano la dotta curiosità
dell’illuminato osservatore, dopo essere stato colpito dalla meravigliosa struttura di questo
celebratissimo Tempio.
Il Sommo Regnante Pontefice, lo visitò prima di passare a quello di S. Trovaso.
Alla Sagra del Redentore immediatamente successe quella della B. V. del
Carmine, che fu celebrata con una sacra pompa piucch’ordinaria, consistente
in una solenne Musica, e nella ricchezza degli ornamenti della Chiesa. Fu questa innalzata nel 1125.
dalla Famiglia Patrizia Zancarolo. Sull’Altar maggiore consecrato alla B. V.
v’è un ricco e magnifico tabernacolo. Quello del Crocifisso è molto stimabile per la ricchezza
de’porfidi e serpentini, e per la rarità della pietra sottoposta alla base delle colonne.
Gl’intendenti di Pittura trovano in essa da saziare la loro curiosità. Carbonzino,
Varotari, Liberi, il Vicentino, Pietro Negri, Pace Pace, l’Aliense, Luca
Giordano, Sebastiano Mazzoni, Alvise dal Friso, il Palma, Lorenzo Lotto, Ermano Stroisi, Cristoforo
Parmese, Andrea Schiavone, il Bianchi, Marco di Andrea Vicentino, l’Enzo,
Benedetto Diana, Leonardo Corona, il Prudenti, il Conegliano, e il Tintoretto, che nella Circoncisione di N. S. G. C. imitò tanto felicemente lo Schiavone da far credere l’opera di sua mano, sono tutti Pittori, che
cogl’insigni loro lavori arricchirono di preziose tele questo vasto superbo Tempio. Giamb. Lambranzi dipinse il soffitto, ed altri pezzi che sparsi sono in diverse
parti.
Trà i molti mausolei che sono in esso raccolti, distinguesi quello del Cav. e Proc. di S. Marco
Jacopo Foscarini da cui è occupata la sua facciata interna.
Nella notte della Domenica, Vigilia di questa Sagra, il campo di S.
Margherita fu ripieno di popolo, e il Caffè ebbe uno strepitoso concorso. Le
bettole, i Magazzini, furono in que’contorni ripieni, e su’macigni del
tagliapietra fecero le loro cenerelle in pubblico, delle compagnie di gente ordinaria, che se
l’hanno goduta un mondo. Non fu minore il concorso nel festivo di susseguente, in particolare nel
dopo pranzo, per la bella processione, che fecesi. Tutto il canale de’Carmini
fu pieno zeppo di barche, in molte delle quali si fecero delle merende, e si vuotarono de’bicchieri,
e de’fiaschi. Sciolte dalla schiavitù de’riguardi, molte donnette ciarliere in preda ad un’Ludus
et pane.
Dalle vicinanze de’Carmini passò il tumulto festevole, le sera del p. p.
Lunedì, alla Contrada di S.
Marina ove si vide una porzione del Campo parata d’archi dipinti con
illuminazione di fanali accesi sott’essi. Un pieno concorso fece esitar al Caffettiere una gran
quantità di sorbetti, e tenne viva la sagra.
Jeri poi, rinnovando l’annuo costume, il Serenissimo Principe andò alla visita di questa chiea in
rendimento di grazie al Signore per la ricuperazione di Padova, secondo il Decreto del Senato del
15. Giugno 1512. Pretendesi che la sua fondazione si debba alla Patrizia Famiglia Balbi, e che la sua antichità sia d’otto secoli e mezzo. Era dedicata a SS. Liberale ed Alessio: ma trasportato da Romania,
il Corpo della Vergine S.
Marina, e depositato da Jacopo
Bora in questa sua Parrocchia, cambiar fecele il nome. Le sue Pitture sono di
Paris Bordone, di Baldissera di Anna, di Giambat. Lorenzetti, e del Cavaliere
Celesti.
Quivi giacciono le ossa delli Dogi Michele Steno, e Niccolò Marcello. Sopra la tomba del Primo leggesi: 1512. die 15. Junii
in cujus etiam Templo (di S. Marina) appensae cospiciuntur
claves; & Sigilla civitatis (di Padova) sub sepulcro Sereniss. Ducis
Domini Michaelis Steno in Monumentum primae ipsius acquisitionis.
Vedesi in oltre la statua equestre di Taddeo della Volpe da Imola,
Condottiere d’armi della Repubblica, il cui consiglio valse a far ricuperare Padova ch’era in potere
di Massimiliano, nel giorno di S. Marina, come la sua
Inscrizione lo manifesta.
Benché per inibizione del Governo più non si uniscano le Compagnie numerose, che solevano in tal
giorno imbarcarsi alla Grazia per il pellegrinaggio d’Assisi, nondimeno il
Popolo, che stenta ad abbandonare le antiche usanze, trasferissi jeri dopo pranzo a questa bella
Isoletta formata dalla Natura trà il vicendevole flusso e riflusso del mare. La prima Fabbrica
eretta sopra il paludoso suo dorso fu un Ospizio in cui s’accoglievano i Pellegrini, che
concorrevano in questa Città per passare alla visita di Terra Santa. L’abitarono poscia alcuni
Eremiti, indi fu accordata a quelli della Congregazione di Fiesole, che ci
dimorarono per il corso di cento e ventotto anni. Ad essi successero le Monache Cappuccine, che
presentemente vi si ritrovano. La loro chiesa è abbellita da pennelli maestri di Jacopo Tintoretto, del Palma, di Bartolommeo
Scaligero, del Zanchi, del Balestra, e di Giovanni Bellino.
Nell’erboso terreno che stendesi a’lati del Tempio, e ne’Cortili al Monastero adiacenti, certe
donne e fanciulle intrecciarono i loro soliti Balli al suono de subiotti e
de’cimbani, e una quantità di compagnie facendosi tavola del nudo suolo
mangiavano e bevevano allegramente. Altre facevan lo stesso nelle barchette ferme in vicinanza
dell’Isola, e durò fino Sisani nell’addio avvinazzato che separavali dalle loro Mogli e Parenti;
negli augurj e baciamani di chi restava; nel mormorio che destavasi al moversi delle Barche ripiene
di viaggiatori sussurroni, che ricevevan del Cappellano certe benedizioni
“Che prendevano un miglio di Paese”
Il dì 16. Luglio
Podestà a Brescia dura mesi 16. Reg. con pena. Elez. dello
Scrutinio confermata dal M. C.
E. Zuanne Barbaro qu. Almorò Proc.
Prov. a Castel Nuovo
dura mesi 24.
E. Domenico Pisani.
Consiglier a caro d’Istria, dura mesi
16.
E. Michel Minotto.
Per questa Magistratura, che fregia della veste Senatoria l’eletto, niuno delli 4. nominati ebbe il numero necessario di Voti propizj per esserlo.
E. Francesco Lor. Soranzo.
E. Giambat. Pizzamano.
E. Gallean Contarini.
E. Alvise Foscari quarto
E. Marco Contarini.
E. Z. Battista Semenzi terzo.
E. Antonio Benzon.
Gio: Carlo Loth rappresentante il transito di S. Giuseppe,
nella Chiesa di S. Gio: Grisostomo. Si rise al leggere: modello d’una Pittura, e pensavasi a
correggere la voce usando quella di disegno: ma il nostro pensiero fu significato a chi scrisse, ed
accese una letteraria contesa, in cui esso sostenne d’essersi espresso convenientemente, e pretese
di provacelo col gentilissimo seguente Biglietto.
Voi siete ritenuto sul far stampare la parola modello
per &. Ma per un poco che riflettiate alla differenza che passa fra un semplice Sbozzo di qualche Pittura, e la chiara viva Idea, che se ne dà espressa coi propri colori;
tosto v’accorgerete ch’il primo dicesi semplice disegno, e l’altra a
ra- si chiama parlante Modello. Come
appunto fanno gli Scultori, e Architetti, che prima formano in carta i loro dissegni, indi ne danno
degli modelli o in creta, o in altra materia.
Ecco sciolti; io mi credo, gli dubbj vostri. Dunque senza prendere in una
freddura tanti gatti a pelar: che si stampa modello. Che se mai andasse male,
egli sarà di chi ve ne diede la commission. Addio.
Ho io da credere al Vocabolario della Crusca, o a Voi Signor Incognito, che fate tanti sforzi per sostenere la vostra opinione? Udita la decisione di quell’Oracolo.
Rilievo in piccolo dell’Opere, che si vuol
fare in grande. Citazioni:
“Un model secco di qualche figura”
Un piccolo modello d’Artiglieria fatto, verbigrazia, di stagno &.
Abbozzamento. Erano stati studj ed abbozzamenti per disegnare e
colorire.
Disegnare. Rappresentare, e descrivere con segni, e con lineamenti.
Citazioni. Siccome sogliono essere i visi, che fanno da prima i fanciulli,
che apparano a disegnare.
Disegnare, é figurare immagini secondo le lineazioni corporali, le quali non
danno sì certa notizia, come danno le colorazioni.
Se l’autorità dell’Accademia della Crusca non basta a convincervi dello sproposito che v’uscì della penna, io non ne ho di maggiori, ed in tal caso vi consiglio a promuovere alla medesima una questione, che può darsi la vostra spiegazione abbia luogo in quel Vocabolario e vi faccia divenir autore di Lingua, come lo meritate per la locuzione del correttissimo vostro Biglietto.
Vi diamo poi l’avvertimento, che non siamo noi servitori prezzolati da ricevere come comandi
le commissioni di chi ci scrive. Tali si chiamiamo per urbanità
d’espressione, come usasi nelle Lettere famigliari, e possiamo mandar a farsi servire dagli altri,
questi nostri Padroni incogniti, che non hanno creanza. Buon giorno.
Giacomo dall’Orio.
La nostra Opera continua a ricevere i meritati applausi. La bellissima Musica,
e la somma abilità de’Cantanti, ottiene la soddisfazione universale del Pubblico, composto in gran
parte di Forastieri di qualità. L’ultima recita della medesima seguirà il 18. corrente, e la sera
dei 21 vi succederà La Dandone dell’inimitabile Metastasio, messa in Musica
dal celebre Gazzaniga. Sperasi che quest’ancora abbia ad avere un destino
felice; tanto più che la Prima Parte si sosterrà dal valoroso Signor Domenico Bruni.
L’Anfiteatro si avanza a gran passi alla sua perfezione, e la prima corsa di
Cavalli e Cavalle co’loro Fantini, è fissata per il 23. del corrente. Quì tutto spira allegrezza, e
non si pensa e si parla che di divertimenti. Il Campo Marzo è divenuto un Versaglies in piccolo, e veramente la sua situazione e delle più amene che la natura presenti
nel quadro variabile delle sue delizie. Il prezzo per ogni posto
nella
Loggia nel giorno dello spettacolo è di L. 4. E per un Palchetto capace di
contenere 8. persone L. 32.
In attestato poi di stima e venerazione, che questi Nobili professano verso S.
E. Pietro Pisani benemerito Capitan Grande della nostra Città, s’è pensato di
dargli al suo partire uno spettacolo, che formerà epoca ne’nostri annali, e sarà certamente degno
del Personaggio per cui apparecchiasi. Consisterà in una Pubblica Festa nel Teatro Olimpico
vivamente illuminato, che riescirà senza dubbio una delle più magnifiche che vedere si possa, tanto
per l’ornata architettura superba del luogo, che per la quantità e sfarzo de’Cavalieri e Dame di
questa Città, e d’altri Paesi, che la renderanno brillante. Trà poco si saprà il giorno destinato a
questo spettacolo.
Questa nostra Città non somministra all’arte, presentemente, veruna
interessante notizia. Tutto quello, che si può dire, rattrista. Sentiamo dagli altri Paesi dello
Stato Veneto, che le campagne hanno l’aspetto più favorevole per un copioso ricolto, e quì non vi
son che disgrazie. La brina della passata Primavera ha desolato la nostra Provincia. Oltre aver
perduto il prodotto delle Gallette, per il quale entrava in questa Città e
suo Territorio cinquanta mila zecchini in soldo vivo, somma considerabile per la ristrettezza del
medesimo, il formento ed il lino capi speziali della nostr’agricoltura, hanno molto sofferto. Le uve
scarseggiano; e non v’è in somma memoria d’una rovina sì generale in questo Paese.
Carlo Filiberto Ferri Torinese, sappia
che c’è Persona incaricata di comunicargli delle cose di suo particolare vantaggio, e non indugj a
portarsi dal Colombani dispensatore di questa Gazzetta, che lo indirizzerà a
chi può consolarlo.
14. Luglio 1787.
Checchia Provvidenza Divina Cap. Ant. Lissa da S. Maura e Corfù, con sale.
Ad. Detto.
Trabacolo S. Raimondo, Cap. Andrea Voltolina da S. Maura, con sale.
Ad. 13. Detto.
Trab. S. Euffemia P. Marco Rasol, da Zara con castrati, e portata d’oglio.
Ad. 15. Detto.
Pielego S. Raimondo Cap. Raimondo Voltolina dal Vasto, con aceto, oglio di Mercanti, e di
portata.
Ad. 16. Detto.
Trab. Mad. del Rosario, P. Mat. Petito, da Zara con Bovi, e portata d’oglio.
Ad. Detto.
Trab. S. Francesco di Paola, Paron And. Jadrosich, da Zara, con Bovi e portata d’oglio.
Ad. Detto.
Piel Provv. Divina, P. Francesco Baffo, da Porto Rè, con Legni da lavoro, e un fagotto ritagli di pelle.
Ad. Detto.
Piel. Mad. dei Carmini, P. Zuanne Brazzeti, da Sebenico e Zara con oglio, catrame, ferro grezzo, cera gialla, rasse, miel, lana, e rame vecchio.
Ad. Detto.
Piel. Mad. e S. Antonio P. Niccolò Grassi, da Spalatro, Sebenico e Zara, con sevo colato, miel, budelli salati, ferro grezzo, oglio di Mercanti e di portata, Vino di marasca, e una Balla di Pelli Agnelline.
Li prezzi delle biade hanno la medesima sussistenza indicata da noi giorni sono. V’è apparenza però, che possa alzarsi nella Settimana ventura quello del Sorgo turco.
Il N. H. E.
Marin Contarini di San Marcilian nato li 6. Giugno 1729.
Il Signor Niccolò Zanetti.
Si ricevono le Assocciazioni, e le notizie di questa Gazzetta
A Venezia dal Colombani al Ponte di Rialto, ove
pure si vende a soldi cinque al Numero.
A Padova dalli Fratelli Conzatti Libraj.
A Verona da Giuseppe Lonardi Librajo.
A Brescia da Dionisio Colombo Librajo.
A Bergamo da Francesco Locatelli Librajo.
Dalla Stamperia Zerletti Venezia.