Gazzetta urbana veneta: Num. 35
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Num. 35. Mercordì 30. Aprile 1788. Alba
O.m. Leva il Sole O.m. Mezzodì O.m. Mez.notte O.m. Luna Leva O.m.
Tram. O.m. Pr. Mag. 7.14. 9.16. 16.23. 4.22. 7.3. 18.41 2 7.11.
9.13. 16.21. 4.21. 7.29. 19.47. 3 7.7. 9.11. 16.20. 4.20. 7.53.
20.56. Ricapiti per questo Foglio A Padova dalli Fratelli Conzatti
Libraj. A Verona da Giuseppe Lonardi Librajo. A Brescia da Dionisio
Colombo Librajo. A Bergamo da Francesco Locatelli Librajo. A Udine
da Giambatista Damiani Librajo. A Venezia da Paolo Colombani
Librajo. Dalla Stamperia Zerletti Venezia.
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Traduzione della Favoletta Francese sul
Corvo, e l’Ape.
Avviso al pubblico È stata fissata in Brescia colle
dovute Permissioni una Corsa di Cavalli col Fantino, per il
giorno 3. Mag. 1788. Per chi bramasse frattanto di esser
arrolato nel numero di essi Fantini col proprio Cavallo, e per
dar notizia a questo Pubblico del metodo, con cui è stata
disposta la Corsa, li Nobili Signori Presidenti alla medesima
fanno sapere: Che il luogo destinato alla Corsa sarà per la via
di S. Francesco, ed in seguito per il solito corso delle
Carrozze fino a S. Eufemia. Dovranno due giorni prima della
Corsa presentarsi alli Nob. Sig. Presidenti suddetti i Fantini,
che vorranno correre col lor Cavallo, onde farsi annotare; con
condizione, che ciascuno di essi debba essere scortato del nome
di qualche Nobile Bresciano, che lo presenti come suo proprio;
altrimenti non farà arrolato, e non gli verrà permesso di
correre. Non dovranno i Fantini oltrepassare il numero di dodici
per poterli dividere in tre squadre eguali di numero, quattro
per cadauna: avvertendo che nel prescritto numero saranno
ammessi tanto Cavalli, che Cavalle. Nel giorno che si
presenteranno ai Nob. Sig. Presidenti, saranno da Essi
imbussolati i nomi di tutti, e si estraranno a sorte i primi
quattro, ed in seguito similmente la seconda, e terza
Quadriglia. Saranno queste vestite con uniforme, che verrà loro
somministrato: la prima Bianco, la seconda Celeste, e la terza
Rosa. Correranno prima i Bianchi dalla mossa a S. Eufemia, ed il
primo, che arriverà, sarà colà trattenuto. Indi si farà lo
stesso coi quattro Celesti, di poi coi Rosa; e dato tempo, onde
risposi il primo, che giugnerà di questi, si faranno correre di
nuovo i tre Vincitori assieme all’opposto, cioè da Santa Eufemia
alle prime mosse. Il primo, che arriverà, avrà in premio Num.
30. Scudi di Milano; Il secondo simili Num. 10; Il terzo pure N.
6. L’Impresario fa sapere, che per crescere il divertimento
Spettacoloso del giorno della Corsa darà la sera dopo l’Opera
una festa di ballo per la quale sarà permesso l’uso della
Maschera, ed il Teatro sarà illuminato a cera tanto per l’Opera,
che per il Ballo. Anco l’illuminazione del Scenario in quella
sera sarà dupplicata di Cristalli, eguale affatto a quella del
Teatro della Scala di Milano. Spera l’Impresario di poter
servire questo Rispettabilissimo Pubblico di qualche altro
Spettacoloso divertimento, del quale però ne darà un preventivo
avviso.
Il Corvo, e l’Ape Favola
Addizione.
La Nob. Sig.
Rossa Hoffmannin Prussiana, persuasa dalla lettura de’buoni
Libri, com’è detto sotto un Sonetto Veneziano colla coda fatto
sul di lei Sacrifizio, delle Verità del Cattolicismo, è fuggita
dalla Patria, e dalla sua Casa di Calvinisti, per abbracciarlo.
Colle Carità de’Fedeli ha vestito l’abito Religioso di S.
Benedetto in S. Vito di Burano, prendendo il nome di Maria
Benedetta Francesca. Jeri soltanto alle ore 22. uscirono da
questo Regio Arsenale la Fregata, lo Sciambecco, e la Galera, ma
non gli altri Legni minori accennati nel prec. Foglio. Questa sera si apriranno li due Nobili Teatri
d’Opera seria. Ecco la Compagnia de’Bal. di quello di S.
Benedetto
Bastimenti Arrivati
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Fabel
Viver certo, e campare posso
un’età sì vecchia, Che sino a’cento arrivi, disse il
corvo alla pecchia. Gonfio dalla speranza la insulta, e
con dispetto Di effimera durata esso la chiama insetto.
Che ha fatto de’tuoi giorni, ovver che ne farai? Stiamo
pur a vedere, l’Ape risponde omai. Mira i favi di miele:
dell’opra mia son frutti: Vivo poco, e in travaglio
impiego i giorni tutti. Cosa importa, e che giova, che
buona o avversa sorte Ci conduca più presto, ossia più
tardi a morte? Di cent’anni nell’ozio un’ora assai più
vale Di cui buon uso faccia il misero mortale.
In M. C. 23 Cor.
Offiz. al Cattaver E. Costanzo Arnaldi F. E. Gir. Ant. Valaresso. Offiz. al Form. a S. Marco E. Bart. Semitecolo q. Lor. F. E. Marc’Ant. Diedo. Offiz. alla Dogana da Mar E. Antonio Franc. Contarini F. E. Giov. Barbaro. 2 Prov. al Cottimo d’Alessandria E. Paolo da Riva E. Franc. Maria Badoer. F. E. Paolo Balbi e E. Lod. Morosini 2. Prov. al Cottimo di Damasco E. Dom. Badoer di E. Marin F. E. Lor. Pizzamano. Prov. alla Giust. Nuova. E. Bened. Contarini F. E. Matteo Soranzo. 5 della Quarantia C. N. alla loro Ord. E. Ang. Contarini q. Ales. E. Ang. Memmo 6. q. Ang. Primo E. Gir. Corner 2. q. Gir. Primo E. Giambat. Falier di E. Giov. E. Nic. Contarini q. Giov. In Senato 26 cor. Sopra Prov. alla Sanità E. Antonio Capello Primo. Presid. alla Milizia da Mar E. Pietro Manin. 2 Soprantend. alla Camera de’Confini MS. Francesco Pesaro K. e Proc. E. Zaccaria Valaresso.In M. C. 27 detto.
Podestà a Chioggia per E. Filippo Priula giust. la Parte. Reggim. c. p. dura m. 16. elez. dello Scrutinio confermata dal M. C. E. Germanico Angaran di E. Francesco. Avv. ai Consigli. E. Franc. Foscolo di E. Daulo Augusto Prov. alle Biave E. Antonio Savorgnan fu Patron all’Arsenal. Pieggio E. Cristof. Maria Poli. Finisce E. Giambat. Albrizzi 6. Offiz. al Cattaver E. Dom. Pizzamano qu. Niccolò F. E. Vettor Morosini. Sindico E. Gius. Michiel 4. q. Gius. F. E. Rizzardo Balbi. Sig. di Notte Criminal Sest. S. X. E. Lor. Bon. q. Alvise F. E. Xaviero Mosto. Offiz. al Formento a S. Marco E. Pietro Ant. Bembo q. Francesco. F. E. Antonio Diedo. Prov. al Cottimo di Londra E. Giac. Mosto q. Z. Alv. F. E. Barbarigo Riva. 2 Prov. al Cot. d’Alessandria E. Pietro Ant. Balbi q. Giac. E. Vic. Zen q. Dom. F. E. Rugger Badoer, e Gir. Contarini. Esattor alle Rason Nove E. Gir. Foscarini q. Giac. Ben. F. E. Ant. Vettor Dolfin. Offiz. alla Giustizia Vecchia E. Gasp. Moro 4. q. Gasp. 2. F. E. Vido Marcello. Sabbato p. p. S. E. il Sig. Conte de Chalon, fu Ambasciatore di S. M. Cristianissima appresso questa Serenissima Repubblica, s’è congedato dall’Eccellentissimo Collegio, e partì jeri alla volta di Parigi. Il Regio Secretario ora ne sostiene le veci. In esecuzione del Decreto 26. corrente dell’Eccellentissimo Senato, gl’Illustrissimi & Eccellentissimi Sig. Prov. di Comun si porteranno alla consueta ora nel dì 2. Maggio venturo e successivi al luogo solito del Magistrato Eccellentissimo de’Governatori dell’Entrate a Rialto per deliberare al maggior offerente il partito della fabbrica, e vendita del Cinabro in questa Città, e in qualunque altro luogo dello Stato per una condotta d’anni dieci princ. il 31 Maggio p. v.Ebene 3
Brief/Leserbrief
Brescia 27. Aprile
1788.
Spettacoli Venerdì sera si cangiò il
Dramma Buffo e si recitarono per la prima volta i due
Castellani Burlati. Il concorso al Teatro fu discreto, e
l’opera è piacciuta estremamente. Questo Dramma deve
rimpiazzare la Frascatana che si è sentita tante volte,
e sempre con piacere in ogni Città d’Italia. La Musica è
allegra ed eccellente, ed i nostri Attori di cui abbiamo
parlato nell’altra Opera eseguiscono le rispettive lor
parti con somma premura, e con espressione. La Signora
Maddalena Granati cava talvolta alcune note con tanta
grazia, e con sì grata melodia che rapisce. Ella
possiede la Musica al sommo grado e però dominatrice
della sua voce flessibile e molle talora si compiace di
fare dei grati passaggi che toccano il core. Ma non per
questo resta di essere applaudito il nostro Tenore che
ci incanta nelle sue Arie di portamento, e che nei
Duetti e Quintetti in nulla cede nelle risposte alla
Prima Donna. Il Signor Cipriani Buffo
caricato forma poi le nostre delizie colla sua maniera
ridicola e cogli atteggiamenti non meno che colla sua
maniera di cantare del tutto propria a lui solo; Egli
oltre di ciò possiede il Pantomino in grado sommo, e nei
Recitativi piace assai per la sua declamazione. Insomma
lo Spettacolo è bello ed il Teatro è sempre frequentato.
Avviso al pubblico È stata fissata in Brescia colle
dovute Permissioni una Corsa di Cavalli col Fantino, per il
giorno 3. Mag. 1788. Per chi bramasse frattanto di esser
arrolato nel numero di essi Fantini col proprio Cavallo, e per
dar notizia a questo Pubblico del metodo, con cui è stata
disposta la Corsa, li Nobili Signori Presidenti alla medesima
fanno sapere: Che il luogo destinato alla Corsa sarà per la via
di S. Francesco, ed in seguito per il solito corso delle
Carrozze fino a S. Eufemia. Dovranno due giorni prima della
Corsa presentarsi alli Nob. Sig. Presidenti suddetti i Fantini,
che vorranno correre col lor Cavallo, onde farsi annotare; con
condizione, che ciascuno di essi debba essere scortato del nome
di qualche Nobile Bresciano, che lo presenti come suo proprio;
altrimenti non farà arrolato, e non gli verrà permesso di
correre. Non dovranno i Fantini oltrepassare il numero di dodici
per poterli dividere in tre squadre eguali di numero, quattro
per cadauna: avvertendo che nel prescritto numero saranno
ammessi tanto Cavalli, che Cavalle. Nel giorno che si
presenteranno ai Nob. Sig. Presidenti, saranno da Essi
imbussolati i nomi di tutti, e si estraranno a sorte i primi
quattro, ed in seguito similmente la seconda, e terza
Quadriglia. Saranno queste vestite con uniforme, che verrà loro
somministrato: la prima Bianco, la seconda Celeste, e la terza
Rosa. Correranno prima i Bianchi dalla mossa a S. Eufemia, ed il
primo, che arriverà, sarà colà trattenuto. Indi si farà lo
stesso coi quattro Celesti, di poi coi Rosa; e dato tempo, onde
risposi il primo, che giugnerà di questi, si faranno correre di
nuovo i tre Vincitori assieme all’opposto, cioè da Santa Eufemia
alle prime mosse. Il primo, che arriverà, avrà in premio Num.
30. Scudi di Milano; Il secondo simili Num. 10; Il terzo pure N.
6. L’Impresario fa sapere, che per crescere il divertimento
Spettacoloso del giorno della Corsa darà la sera dopo l’Opera
una festa di ballo per la quale sarà permesso l’uso della
Maschera, ed il Teatro sarà illuminato a cera tanto per l’Opera,
che per il Ballo. Anco l’illuminazione del Scenario in quella
sera sarà dupplicata di Cristalli, eguale affatto a quella del
Teatro della Scala di Milano. Spera l’Impresario di poter
servire questo Rispettabilissimo Pubblico di qualche altro
Spettacoloso divertimento, del quale però ne darà un preventivo
avviso. Ebene 3
Brief/Leserbrief
Brescia 27. Aprile
1788.
Spettacoli
Spettacoli
Metatextualität
Questa seconda traduzione
ci è giunta jeri da Verona, e la pubblichiamo perché al
vicino confronto si giudichi della preferenza.
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Il Corvo, e l’Ape Favola
Traduzione dal
Francese.
Fabel
Gonfio per la lusinga Di viver
fino al suo centesim’anno Un Corbacchion maligno Una
Pecchia burlava Ed effimero insetto la chiamava. Ma de’lunghi tuoi giorni Dì, che facesti
mai? E di que’che verran cosa farai? Rispose a lui
quell’utile operaja: Vedi i favi del mele Da me con
tanta industria lavorato; È breve la mia vita, Ma non
avrò cessato Giammai dall’opra mia Quando finita sia.
Che importa ch’uno presto, o tardi muora? Cent’anni
d’ozio vile Non vaglion di buon opra una sol’ora.
Metatextualität
Una Lettera a noi scritta da
Crema ratificò la trista notizia riferita in questo Foglio
al Num. 33. Antonio Galimberti è l’ingrato uccisore del
Signor Conte Niccolò Vimercati Sanseverini.
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Exemplum
Era questi suo pieggio per
l’affitto della bottega, non della casa, e si trovava in
difetto l’orefice di varie rate, per non amare il lavoro
ma il giuoco ed il vino. Vane furono le ammonizioni del
benefico Cavaliere all’empio dirette, onde risolse di
notificare al padrone della bottega, che ritiravasi
dalla malleveria; e questi licenziò sul fatto il vizioso
artigiano, che andò a lagnarsi col Cavaliere d’essere
rovinato per sua cagione colla di lui Famiglia. Il suo
benefattore gli dichiarò assolutamente di non voler
essere esposto per lui ad ulteriori discapiti,
facendogli un dono di quanto aveva per esso pagato. Si
osservò, che nell’allontanarsi dal Cavaliere il
Galimberti fece un atto di minaccia. La sera stessa, che
fu delli 19. cor. alle ore 24 circa lo scellerato
l’attese giù del Ponte del Serio, e l’uccise con
un’archibugiata, che non gli lasciò nemmeno profferire
una parola. Le Dame, ch’erano in carrozza seco lui
oppresse rimasero dal dolore, e dallo spavento. Furono
recate a braccia d’uomini nella carrozza d’altra Dama,
ch’era dietro alla loro, uscita anch’essa a prendere il
fresco, e condotte alla loro abitazione. Il Cavaliere
interfetto era ammogliato da pochi anni, e lasciò un
solo figlioletto. La di lui Vedova Madre è
inconsolabile, la Città tutta freme. Sino alle ore 4
della notte non si aveva notizia alcuna dell’arresto del
reo.
Metatextualität
Tanto abbiamo dalla suddetta
Lettera in aggiunta, e schiarimento della data relazione,
del Foglio Mercordì p.
Ebene 3
Exemplum
Il Galimberti allo spuntare
del giorno successo alla notte del suo delitto, si
ritrovò in un sito solo cinque miglia lontano da Crema.
La tortuosa sua fuga per sentieri non battuti deluse le
perquisizioni de’Soldati, e de’birri, che spediti furono
per arrestarlo. Entrato nella rustica Casa d’un Villico
lo pregò di voler cangiare il di lui vestito col suo. O
fosse a sue cognizione il barbaro fatto seguito di cui
rapidamente si sparse intorno la nuova, o conoscesse
dalla ricerca e dai segni che il fuggitivo doveva esser
reo di qualche gran colpa atroce, è certo che il
Contadino finse di secondare la sua volontà, lo fece
entrare in una stanza, lo chiuse in essa, e corse poi a
far suonare campana a martello. Radunatasi in armi la
gente di quel Comune fu egli preso, legato, e condotto a
Crema nelle forze della Giustizia. Dicesi, che l’idea
dell’estremo supplizio fosse in esso disacerbata
dall’empia esultanza di morir vendicato, e che
proferisse queste parole allorché fu arrestato: Almeno
il Sanseverino mi ha pagata la polvere. Se ciò è non
v’hà dubbio, che quell’ottimo Cavaliere
gli donasse uno Scudo nell’intimargli la sua
risoluzione, com’è riferito in alcune Lettere.
Metatextualität
Un anonimo, che secondo il solito
sottoscriversi Vostro Assocciato, in una Lettera in data
de’15 cor. non sappiamo da qual Paese venuta ci rimprovera
civilmente della ommissione d’alcune cose scritte per questa
Gazzetta, e non comparse alla luce. Trova egli ingiuste le
nostre lamentazioni per esser privi d’aneddoti interessanti,
quando non vogliamo far uso di que’che ci vengono. Dice, che
bisogn’accettar il poco sulla speranza del molto, e non
disgustar nessuno. Senza sospettare dell’oggetto de’suoi
rimproveri, o della sincerità delle sue espressioni,
dichiariamo d’essergliene obbligati, ma non possiamo
apologeticamente rispondergli come faremmo in una Lettera
particolare. Il cominciare a dir una ragione ci condurrebbe
a produrle tutte in discolpa; verrebbe un lungo articolo su
questo soggetto, e che ne risulterebbe poi? Dispiaceri da
una parte, e dall’altra, doglianze, rimproveri, e sforzi per
dimostrare, che abbiamo dato luogo a delle cose meno degne
delle rifiutate; e confronti che sembrano validi a chi è
riscaldato dall’amor proprio, ma fanno pietà al buon senso.
Adottata la massima di valerci del buono, o del passabile,
condanniamo ciò che non è tale all’obblio, quando però vero
sia, che ci giunga alle mani. A questo scarto si unisca
quello, ch’esigono certi pezzi per la loro licenziosità; e
poi quanto poco ci resta! Strana è la ricerca fatta dallo
stesso Incognito per sapere non in Lettera ma in istampa
quanti siano gli Assocciati a questo Foglio, e se sia
maggior il numero in questo secondo Semestre, che stà per
finire, di quello ch’era nel primo. Ci fa egli giustizia ed
onore riputandoci amanti del vero; e poiché trattasi d’una
scommessa, che il nostro silenzio gli farebbe perdere (se
quanto asserisce non è pura invenzione) condiscendiamo ad
assicurarlo, che spirati i primi sei mesi della nostra
impresa tredici Assocciati hanno detto non voglio altro, e
il XIV. l’abbiamo perduto, perch’era passato al Zante un
mese prima. Dalli primi Decembre dell’anno scorso sino al
giorno presente la loro perdita è stata compensata da un
centinajo di nuovi concorrenti, de’quali faremo vedere il
nome, cognome, e Patria, a guisa della lista de’Predicatori,
a chi ne dubitasse. Se non è qui chi ha scommesso in
contrario mandi una Proccura in atti di Notajo, che alla
persona destinata in esso a rappresentarlo si mostrerà
tutto. Oh si vorrebbe sapere quanti erano in prima, quanti
sono adesso. Questo non si vuol dire, perché non è
necessario a decidere la questione.
Primi Ballerini Serj
Sig. Franc. Clerico, Sig. Rosa Clerico Panzieri, Sig. Gaet. Clerico.Primi Grotteschi.
Sig. Pietro Pinucci. Sig. Luigia Bragaglia.Terzi Ballerini
Sig. Pietro Palladini Sig. N. N.Primi Ballerini fuori de’Concerti
Sig. Margh. Rossi Torelli, Sig. Lor. Panzieri, Sig. Luig. Banchetti con 24 Agenti del Concerto. Il Sec. Ballo ha per titolo il Divorzio Fortunato. Le Scene sono del celebre Sig. Cav. Franc. Fontanesi, il Vest. del Sig. Gius. Bacchetta. Il Dramma del Nob. Teatro di S. Samuele è intitolato Creso. La musica del Sig. Pietro Terziani M. di Cap. Romano. Gli Attori posti coll’ordine del Libretto sono il Sig. Ang. Franchi, la Sig. Cat. Lusini, il Sig. Carlo Marinelli, il Sig. Mich. Cavana, la Sig. Felicita Zolla, il Sig. Giov. Danielli. Inv. e dir. de’Balli il Sig. Onorato ViganòPrimi Ballerini Serj li Signori
On. Viganò, Vicenza Viganò, Salv. ViganòPrimi Grot. a perfetta vicenda
Sig. Colomba Torselli, Sig. Vic. Montignani, Sig. Ortensia Agostini, Sig. Pietro Marchisi.Terzi Ballerini
Sig. Giulio Viganò, Sig. Gasp. Stellato. con 18 del Corpo di BalloPrimi Bal. di mezzo carat. fuori de’concerti
Sig. Carlo Bencini, Sig. Aur. Benaglia. Il Primo Ballo Trag. Pant. Orizia e Borea, il Secondo La Donna incostante ossia il Festino de’Teatri di Roma. Le Scene del Sig. Ant. Mauro, il Vestiario del Sig. Giov. Monti. Lunedì 5 Maggio venturo si aprirà questo Nob. Teatro in S. Luca ove il Sig. Cav. Pinetti comincierà a soddisfare la pubblica curiosità anche in questa Capitale colle fisiche sue celebrate esperienze. Trattenimenti Accademici. Domenica nella Sala delli Signori Accad. Rinnovati fu recitata la Trag. il Tancredi, seguita dalla Farsa il Pigmalione in Francese, Parte mirabilmente sostenuta da S. e. il Sig. Conte Ales. Pepoli. Si trovò nelle decoraz. e nel vest. di questa Rappresentazione una magnificenza, una dignità da Corte, che allettò e sorprese la foltissima colta Udienza concorsa a goderla. Vi furono due bellissime Scene del tutto nuove fatte a spese d’uno de’Socj, del Sig. Lor. Sacchetti Padovano, autore di quelle ancora, che furono meritamente applaudite nella Keleffa, e nell’Amleto. Lunedì la Nobile Società Accad. delli Riuniti a San Gregorio rappresentò due Farse. Jeri nel Teatrino particolare dell’Eccellentissimo Pepoli a S. Fantino si replicò la Trag. il Venceslao.Ebene 3
Disperazione corretta da un
riflessivo coraggio.
Exemplum
In un
Boschetto poco lontano dalla Città di . . . . . .
trovavasi al declinare del Sole un poveruomo abitatore
della vicina campagna, ove s’era recato a far legna per
la misera sua Famiglia, e stanco dal faticoso lavoro
riposava sul fascio raccolto, e legato, prima
d’alzarselo in collo, e portarselo a casa. Era in tale
positura allorché scoprì alla lontana un Signore bene in
arnese, colla spada al fianco, colla nappa sul cappello,
passeggiando in aria trista e pensosa. Egli credè che
fosse quello qualche Uffiziale colà giunto per battersi
in duello, e che aspettasse il nemico. La curiosità lo
spinse ad avvicinarsegli per un obbliquo viottolo
coperto da una fila di piante ramose. Quando gli fu
quasi di rimpetto lo vide trarsi di tasca una carta,
leggerla con agitata commozione, poi lacerarla, indi
impugnare una pistola, e con una chiave batter la
pietra. Ciò fatto se la rivolse alla fronte, gettò a
terra il cappello, prese foco la polvere, ma non uscì il
colpo. Un trasporto d’umanità fece volare il buon
Contadino sopra quel disperato, e strappargli la pistola
di mano; ma egli snudò la spada, e la rivolse contro del
suo liberatore, che a piè fermo attendendolo
tranquillamente gli disse: Ferite: io temo poco la morte
al paro di voi, ma ho un coraggio maggiore del vostro.
Da vent’anni e più vivo trà gli affanni dell’indigenza,
ed ho lasciata a Dio la cura di metter fine a’miei mali.
Colpito il Cavaliere (era tale) dalla fermezza di queste
parole, restò qualche momento muto ed immobile poi
sparse un torrente di lagrime, e traendosi di saccoccia
la borsa la donò a quell’onest’uomo, volendo saper il
suo nome, e il sito della sua abitazione, ed
obbligandolo a giurare che non avrebbe mai narrato quel
caso ad alcuno.
Metatextualität
Chi ce lo ha scritto non dice
come l’abbia saputo, ma protesta, ch’è vero, e recente; che
Amore fu cagione d’un tanto pericolo, e che il narrarlo nel
nostro Foglio potrà servire d’utile esempio agli uomini per
istare in guardia contro le seduzioni dell’amabile
potentissimo sesso, che fa perdere il cervello agli Orlandi.