Gazzetta urbana veneta: Num. 10

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Num. 10. sabbato 2. febbrajo 1788.

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Il parlar bene all’improvviso, è sempre un pregio, che in Società accorda molti vantaggi, ed era necessario una volta per farsi nome sulle Comiche Scene. Dicesi, che lo possedessero al più alto grado Giuseppe Campioni, Silvio della Diana, Vitalba, il Padoanello detto Vulcani, la famosa Diana, le due Bastone, Marta Davia, Eularia Mitti, Elisabetta Passalacqua, la Gandina, la Romanina, la Diamantina, la Fragoletta. Piloto chiamavasi per antonomasia il grazioso, Garreli l’eloquente, Tiziani il critico, Pasetti il filosofo. Lelio Riccoboni, che morì in Francia, fu attor ed autore, ed ebbero lo stesso vanto Elena Riccoboni, e la Felice Bonomi. Noi non cerchiamo d’offuscare questa gloria dell’antico Teatro, ma osiamo bensì di chiamarla effimera, e vana perché risultante da soggetti di niuna pubblica utilità, i quali bensì potevan recare un passeggiero diletto, ma non instruire. Lo vediamo in quelle vecchie Commedie dell’Arte, che qualche volta son riprodotte. Potevano dunque dire i Comici trapassati, e dir ponno que’pochi del loro partito, che ancora esistono, che il Goldoni fu per essi una disgustosa cagione d’imparare le parti, il che riuscì duro, e penoso a chi non istudiava mai; ne dir mai però, ch’esso fu la rovina del Teatro Comico. Bastava, che sull’orme sue sorgesse qualche genio felice, o che delle nuove gare svegliar lo sapessero, perché dalla sua mancanza fino al presente non fosse rimasto quel vacuo cui ad empire manca ogni apparenza, ogni lusinga. Si poté con delle Fiabe maneggiate destramente, e rappresentate da valorosi Attori, eccitare un fanatismo, e tirar la gente al Teatro, ma le Fiabe son sempre Fiabe, ed in fronte non portano il Describo mores Hominum. Il far veder per puntiglio, che si può piacere anche con delle belle corbellerie, è un abusare della docilità della moltitudine, é un avvilire i talenti capaci d’ammaestrarla, e giocarle, impiegandoli al contrario in trattenimenti illusorj, e sol atti a nutrire i pregiudizj volgari. Non ebbero di queste Favole fortunate men felice destino, per qualche tempo, certi Drammi patetici, che Tragedie non son nè Commedie, ma d’un genere detto in Francia Larmojant. Poteron essi destar tra noi una smaniosa curiosità, che loro porse concorso, e diventar li fece di moda. Chi conosceva le situazioni da cui erano tratti, chi trovava in tutti le cose medesime, i caratteri sforzati, lo stile non comico, le virtù inverosimili, gli avvenimenti romanzeschi, la morale scialacquata dal primo all’ultimo de’personaggi, non osava dirlo per timor di farsi lapidare dal Popolo eruditamente ingannato. Il tempo gli fece conoscer l’errore, ed ora neppur più si parla di ciò che tanto piaceva. Successero a queste mille altre Composizioni1che avvolsero in un caos di confusione le Comiche Scene. Commedie, Tragedie, Tragicommedie, Drammi Tragici, Rappresentazioni, &c. &c. &c. ornate di pomposi titoli ed in essenza poetiche mostruosità. Nacquero gli Autori come i funghi dopo la pioggia, e le mani ancora segnate dallo staffile scolastico impugnarono la penna per il Teatro. Chi per gloria, chi per mercede, tutti si misero a scrivere Misericordia, che flagello è questo fu detto allora col Pindaro di Savona. Versi, e prose, eroi, e buffoni, un sublime troppo innoltrato, un famigliare troppo pedestre, imitazioni servili, rubacchiamenti spaccati, mai l’uomo in iscena, mai la natura dipinta, non unità nelle azioni, non coerenza ne’caratteri, non maneggio d’affetti, nè alcuna di quelle parti che compongo il vero, il bello Comico, che non abbaglia, ma guida l’intelletto, e domina il cuore. Siamo tuttora in questo misero stato in proposito di Comica Poesia, meno sventurati nella Tragica in cui qualche ingegno felice si distinse, e distinguesi. Debitori alla Francia o meglio, che veduto abbiamo a’nostri giorni, se qualche bella Traduzione non soccorre in buon senso nulla resta per esso di originale. Ma il male da chi deriva? Dalla mancanza di Mecenati in Italia per cui i talenti periscono, e da’ sistemi presenti del nostro Teatro. Sappiamo, Signori Commedianti, quanto poco siate contenti di noi, in generale, per aver detto delle verità, che non vi accomodano. Non ci mosse nè contraggenio, nè livore, nè spirito di vendetta, ma un dovere d’uffizio, che imparzialmente a ciascuno rese ciò che gli si doveva. Il tentar qualche correzione nell’abuso dell’arte vostra, è sempre uno scopo lodevole. Essa non avvilisce se non chi male la esercita. Roscio l’Amico di Cicerone, era un Commediante. Ma che Commediante! Giunse a tal’eccellenza, che proverbialmente chiamavasi un Roscio chi nella professione ch’esercitava diveniva famoso. Egli non salì a tant’altezza colla presunzione del proprio sapere, ma colla docilità d’intervenire in compagnia di Esopo Autor Tragico alla Scuola dell’Oratore Ortensio per imparar a gestire. Ditelo, in coscienza vostra, chi è di voi, che si creda in necessità di prender lezioni? Lo direte bene, ma non lo sentite, e questo è il gran male. Se mentre vi gonfiate di certi applausi popolari, che alimentano i vostri difetti, poteste udire cosa si dice in alcune loggie de’vostri tuoni sforzati, del canto de’versi, del misurar la scena a passi di danza, dell’urlar trivialmente ne’sdegni se anche fate da Re, del singhiozzare snor di proposito, dello scomporvi in atteggiamenti da spiritati, credetemi che la mortificazione non vi lascierebbe trovar sì dolce ed armonico il suono delle mai plaudenti. Per la via che calcate non giunsero in Inghilterra nè il Berry, nè la Oldfiedel2a ricevere in vita, e in morte degli onori, che li serbano alla memoria de’posteri; nè la Francese Le Convreur a meritare l’immortalità negli Scritti di Voltaire. La difficoltà di giungere alla perfezione non ha da scemare il coraggio d’avvicinavisi quanto più sia possibile. Il confronto delle Compagnie Francesi, che vennero in Italia, particolarmente quella di Vienna, che contava un Aufrène, doveva farvi conoscere la dignità del vostro esercizio, ed eccitarvi a una nobile emulazione. Mi direte, che non son questi i Paesi, nè son questi i tempi nè quali la Comica virtù esecutrice resti premiata. Che il mentovato Esopo lasciò un’eredità di cinque milioni delle nostre lire, raccolte dalle sue recite, al di lui Figlio consumatore di cui parlano Plinio ed Orazio. Che il lodato Roscio ne aveva di stipendio cento e cinquanta mila, oltre molti altri guadagni. Che Giulio Cesare ne diede più di sessanta mila al Poeta Laberio per impegnarlo a recitare in una sua Opera. Potreste soggiungere, che l’Inghilterra, e la Francia paga generosamente gli Attori suoi, e che i più bravi trà voi guadagnano appena da mantenersi decentemente. Tutte buone ragioni da persuadere, che fate delle spese eccessive nelle scene, nelle decorazioni, negli abiti, nelle trasformazioni, nelle quali esser dovreste più economi sinché l’entrata ne’vostri Teatri non costerà che dieci soldi soltanto. Ma nulla vagliono per assolvervi dalla colpa di recitar male, d’accettar tutto quello che vi si dà, di non distinguere le lucciole per lanterne. Se i Capi delle vostre Compagnie fossero tutti uomini intelligenti, e d’un retto cuore, ch’escludessero dalle medesime l’ignoranza ed il vizio, e in mira avessero il nobile oggetto di sollevar il loro mestiero alla gloria di pubblica utilità, il Comico Teatro diverrebbe il trattenimento più degno della Società umana. Non mancherebbero allora de’Poeti che fiorir lo facessero con delle ottime produzioni. La stima, e la gratitudine del Pubblico sarebbero conseguenze de’vostri meriti. Ma sinché durerà il costume d’accettare ne’vostri Corpi degl’individui che li guastano; sinché i vostri direttori saranno, in generale, privi di senno, di dottrina, di discernimento, sinché stimarete buon tutto quello, che donato vi viene; sinché i giudizj delle vostre private Assemblee saranno così discordi da quelli dell’Uditorio; sinché fondarete le vostre speranze sulla facilità d’ingannarlo; sinché il vantaggio d’una piena vi farà chiuder gli orecchi alle sue maledizioni; sinché farete battere il tamburro della parzialità per chiamare le repliche, sinché rimarrete invaghiti del plaudente susurro di coloro, che non pagano, e non temerete la placida disapprovazione degl’intendenti; sinché finalmente non concepirete qualche stima di voi medesimi per farvi stimare dagli altri, credetelo, l’arte vostra declinerà sempre più al suo precipizio, e per sostenere le vostre imprese avrete d’uopo di rinforzarle ora co’ Balli, ora cogli Equilibrj, ora co’Salti, e convertirete i Teatri in Casotti. Fateci ragione, o voi che pensate bene in mezzo a’disordini conosciuti dell’arte vostra. Vi regge la coscienza ad unirvi colla turba clamorosa de’malcontenti per dire roba da fuoco contro chi ha il nobile coraggio di parlarvi sì schiettamente a solo fine di far conoscere gli abusi del vostro esercizio, il torto che fate con essi a voi medesimi, e la possibilità di rendervi uomini benemeriti al Mondo Sociale? Non si può crederlo. Strascinati dalla corrente del disordine la secondate perché vi manca forza da opporvi: ma, almeno in secreto, confesserete le verità che vi toccano. Paghi del vostro voto non si curiamo del disprezzo di chi sente al contrario: e se tante parole saranno inutilmente impiegate per la produzione di qualche bene, a noi rimarrà sempre il conforto d’averlo procurato, quanto meglio permiselo il nostro sapere scarsissimo. Ecco, Signor Anonimo carissimo, sin dove ci ha condotto la vostra acerrima indignazione contro i Teatri. Resta ancora un gran campo aperto all’eloquenza di chi ben li conosce, per declamare su molti punti, che forse un giorno impiegheranno la nostra penna, se non ci verrà dall’altrui mano qualche cosa di meglio di quello che far si possa da noi. Ma sempre saldi su questo principio: che voi appropriaste le vostre invettive a’mali, che più non esistono, e che i presenti, in proposito di Teatro, esigono un diverso linguaggio.

Proclama
Degl’ Illustr., ed Eccellentissimi Signori
Proveditori sopra li Beni Inculti,
E deputati all’Agricoltura.

Vegliante con indefesso impegno il Magistrato Eccellentissimo a promovere la buona Agricoltura ne’Sudditi Territorj in consonanza all’incarico demandatogli dalla Sovrana Autorità dell’Eccellentissimo Senato, eccitando la Nazionale industria ad imitare le migliori pratiche riconosciute per esperienza utili alla più fruttuosa coltivazione de’Terreni, viene ora con grave rincrescimento a scoprire defraudarsi il salutare oggetto da alcuni male avveduti, che per un tenue presentaneo lucro vendono al Forestiere i Concimi, Letamazioni, ed altri Generi d’Ingrassi, ed in tal guisa privano li propri Fondi del vitale alimento, che però non essendo tollerabile un abuso pregiudicialissimo per molti rapporti all’intiera Nazione; quindi è che l’Eccellenze Loro sono divenute alla estesa del presente Proclama a dovuta disciplina della materia per l’avvenire. Resta però generalmente proibito a qualunque sorte di Persona di che grado, o condizione esser si voglia, tanto Suddita, che Forestiera di vendere, permutare, commerciare, asportare, o permettere, che venga asportato, condurre, o far condurre fuori dello Stato Veneto sotto alcun colore o pretesto ogni immaginabile sorte di Concimi atti alla coltivazione de’Terreni conosciuti sotto li nomi di Grasse, Sterniture, Letami, Colombina, Pollina, Peli di Majale, e di altri Animali: Ritagli di ogni forte, Fuligine, e Ceneri, come pure di Spazzature, Immondizie, Frantumi, e Raschiature d’Unghie, e Corna d’Animali, ed altro, in pena di Ducati venticinque da Lire sei, e Soldi quattro per cadaun Trasgressore oltre la perdita de’Concimi predetti, che fossero colti in contraffazione, e delle Barche, Carri, Animali, ed Attrezzi con li quali venissero trasportati, riservando l’Eccellenze Loro al proprio arbitrio quelle maggiori pene ancor afflittive, che meritassero le peculiari circostanze dalle quali venisse aggravata la delinquenza. Sotto le stesse comminatorie, e castighi anderanno soggette le Vendite, e gli asporti fuori di Stato della Penna in forte, e particolarmente delle Grosse de’Volatili, le quali servono ad un perfetto ingrasso della Canapa, la di cui coltura, e dilatazione importa moltissimo ai Pubblici, e Privati riguardi, risolutamente perciò si proibisce a tutti li Pollaroli, Bottegaj, e Venditori di Pollame, e ad ogni altra Persona di farne in avvenire Vendita, o Spedizione in Estero Stato, come abusivamente fin’ora si è praticato in pena, come si è detto, della perdita del Genere, e delle Barche, Carri, Animali, e di ogni altra cosa inserviente al vietato asporto, come pure di Ducati venticinque da L. 6: 4. per ogni piccola o grande quantità riconosciuta rea, ed altre afflittive secondo li casi ad arbitrio di Sue Eccellenze. E per la esecuzione delle ordinazioni presenti viene incaricata la obbedienza de’ministri, ed Offiziali da Barca della Dominante, e ne saranno ricercati tutti li Pubblici Rappresentanti di commettere ai rispettivi dipendenti Ministri, ed Uffizj d’invigilare, ed al caso praticare, e far seguire li relativi fermi, rassegnandone la notizia al Magistrato di Loro Eccellenze. La metà della Pena delli Ducati venticinque sudetti verrà percepita da quei Offizj, e Ministri, che averanno praticato l’asporto, e l’altra metà dovrà passar nella Cassa Agraria del loro Eccellentissimo Magistrato, per quelle disposizioni che saranno credute opportune ad incoraggimento, e profitto della Nazionale Agricoltura: sarà pure rilasciato a benefizio di chi avrà praticato l’asporto anche il Genere effettivo di Contrabbando. Ed il presente approvato che sia dall’Eccellentissimo Senato, sarà stampato, e pubblicato in questa Città, e Dogado, e trasmesso alli Pubblici Rappresentanti per la inviolabile esecuzione. Data dal Magistrato de’Beni Inculti, e Deputazione sopra l’Agricoltura li 17.Decembre 1787. Addì 12 Gennaro 1787.

Approvato con Decreto dell’Eccellentissimo Senato.
Pubblicato li 26. Detto.

Metatextuality

Da un Paese lontano uno de’nostri Assocciati c’ inviò il seguente Quesito affine di vederlo pubblicato su questo Foglio dove brama, che apparisca la decisione ricercata.

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Letter/Letter to the editor

Il giocatore Bianco ha sfidato il giocator Nero ad una partita di Scacchi, facendogli il patto, ch’egli vincerebbe il gioco dando Scacco al Re Nero con una sua Pedina bianca marcata, e ch egli perdendo quella Pedina marcata, o ricevendo lo Scacco matto al suo Re bianco avrebbe perduta la partita. Ecco il caso seguito su cui nasce la questione, che si rimette alla sapienza delli rispettabili Giocatori di Scacchi. La Pedina bianca marcata era dal suo Cavallo bianco difesa dalla offesa della Regina nera, quando il giocator bianco levò il detto Cavallo dando Scacco al Re, e Regina neri. Il giocator Nero colla sua Regina prese la Pedina marcata, resa esposta dalla mossa del giocator Bianco. Qui nacque la Questione. Il giocator Bianco pretende, che il giocator Nero non possa difendere il suo Re prendendo la Pedina marcata, ma debba moverlo, o coprirlo, e non lasciarlo esposto all’offesa del Cavallo. Il Nero dice, che miglior difesa non può fare al suo Re, che uccidendo l’Avversario; poiché presa la Pedina marcata, è per patto vinto il gioco. Questa è in breve la Questione sottomessa al giudizio delli Signori giocatori.
Giacché questo nobil gioco, ch’esige tanto raccoglimento di mente e maturità di riflessione, si fece argomento a delle penne d’Opere voluminose, speriamo che vi sia chi non isdegni di somministrarci i giudizj risponsivi, che desideriamo per appagar chi ansiosamente li brama, e autenticati li vorrebbe dalli nomi di quelli che decideranno sul caso proposto. Noi però non ci lusinghiamo di tanto conoscendo per pratica il ritegno insuperabile, ch’anche nelle cose più semplici ed innocenti, ha in questo Paese la maggior parte degli uomini per non vedersi alla luce delle stampe. Esposizione per carta.

Domenica, Lunedì, e Martedì 3, 4, e 5 corrente

Alli Teatrini Il Primo giorno predica il M. R. P. Tricogna Messinese, nelli due seguenti il M. R. P. Tommasoni. Bastimenti Arrivati.

25 Gennajo.

Checchia Capit. Gerasimo Slavo da Patrasso, e Ceffalonia Al Signor Zuanne Lazzaro 27 Balle e 14 Ballotti di Seta. 1 Sacco Gomma Graganti. Al Signor Giorgio Condaxì 6 Balle e 7 Ballotti Seta. Al Signor Nic. Conigzogolo 6 Balle Seta. Al Sig. Zuanne Pasco 1 Balla Sta. Al Sig. Spiridion Conomo 5 Balle Seta. Al Sig. Anastasio di Niccolò 5 balle e un Ballotto Seta. Al Sig. Gierasimo Galemi 28 Fagotti Uva passa. A chi presenterà, di transito per Trieste, caricato a Misologni 700 Stara Formenton, e 150 Formento. Portata Capit. e Marinari 17 Sacchi o fagottini Uva passa. 8 Bar. Oglio in più arnasetti.

Tramessi

4 St. Semenza di Lino. 1 Barilotto Oglio. 1 Fagottino Berrette di Bombace. 1 di Gotton, e altri Tramessi.

28 Detto

Piel. Pat. Domenico Rossi da Sebenico, con 3 Barile Oglio. 2 Casse Cand. di sevo. 2 Barili Budelli salati. 3 Barili Sevo colato. 1 Baril Carne salata. 17 Arnasi di Vino. 21 Baril. Olive salate. 1 Fagotto Rame vecchio. 6 Balle Rasse e Bedene in più cavezzi, per ringere, a rifuso, e Tramessi diversi.

Addi Detto

Piel. Pat. Cristoffolo Millicovich da Spalatro, e Traù. Dalla Citta di Spalatro 25 Barili Sevo. 1200 Pelli Becchine. 1 Bar. Carne salata. 1 Sacchetto Curiandoli. 100 lib. Formaggio Morlacco. 1 Cassetta robe dolci di Tramesso.

Da Traù

30 Barili di Sevo.

Ad. Detto

Piel. Patr. Vicenzo Vitajch dalla Brazza con 3 Cai Vino. 4 Cai Oglio di Mercanti. 4 Detti di Portata Par. e Marin. 8 Barile Oglio di Tramesso. 130 Bariletti Fighi fortiti. 9 Barili Olive salate. 1 Rot. Rassa, e Bedena in più cavezzi. 2 Barili Fighi. 2 Casse Cand. sevo. 5 Bar. Sard. salate. Impiego offerto. Un Mercante di questa Città accetterebbe al suo Servizio un uomo di mezza età, non maritato, e di sufficiente abilità negli affari di Negoziazione, accordandogli alloggio, e tavola in Casa sua. E siccome questo incarico esibito porta seco il maneggio di soldo, e di cose preziose, così necessaria si rende una pieggieria, o altra sicurezza per chi lo assume; condizione più necessaria dell’abilità, che basterebbe anche mediocre. Chi è in grado di prevalersi di questa buona occasione parli col Librajo Colombani, che avrà le necessarie instruzioni. Correzione. Nell’Articolo della Fraterna de’Poveri di S. M. Formosa inserito nel Foglio di Mercordì, leggasi Chirurgo in vece di Chierico, errore a cui avrà già supplito l’intelligente Lettore. Commedie.

Giovedì.

A San Luca Replica. A San Gio: Grisostomo Replica. A Sant’ Angiolo. Arlecchino, e Brighella spaventati dalla Grotta incantata. Capi dell’Eccelso Cons. di X.

Per il Mese corrente.

E. Zorzi Emo. E. Agostin Garzoni E. Zan Francesco Correr.

Copia di Biglietto per questo Foglio.

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Letter/Letter to the editor

Signor Gazzettiere.
„Se la prudenza insegna a tacere i nomi degli Autori cattivi, vuole la giustizia, che si palesino quelli de’buoni. Siete pregato di pubblicare, che la Commedia intitolata Il Burchiello del Dolo la quale si replica con molto concorso ed applauso nel teatro di San Luca, è del Signor Belloni marito dell’abilissima Prima Donna Signora Luigia, e che questa prima produzione del suo ingegno ci fà sperare in avvenire dalla sua penna delle cose migliori.”

Cambj

Primo Febbrajo 1788.

Lione/Parigi cinquantotto e mezzo Roma sessantatre e un terzo Napoli cento e diciotto e mezzo Firenze ottanta e un ottavo Livorno cento e due. Milano cento e cinquantatre Genova novantadue e un ottavo Amsterdam novantauno e tre quarti Amburgo ottantasette Londra quarantanove e mezzo Augusta cento e due Vienna cento e novantatre e mezzo
Dalla Stamperia Zerletti Venezia.

1 L’Autore di questo Foglio mette spontaneamente in questo numero anche le sue.

2Egli fu amato e riverito per le sue morali virtù, e per il suo sapere, come la esprime il semplice Epitaffio che gli fu fatto. Essa poi, senza dir nulla degli onori tributati al suo merito in vita, fu seppellita con una pompa principesca nell’ Abbazia di Westminster; quattro Pari della gran Bretagna sostenevan la bara ov’ era posto il suo cadavere sotto un maestoso manto funereo.