Gazzetta urbana veneta: Num. 8
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Num. 8. Sabbato 26. Gennajo 1788. Dalla
Stamperia Zerletti Venezia.
Livello 2
Trà i genj originali, che a’nostri
giorni produsse l’Italia, annoverar si deve il Goldoni
Riformator benemerito del Teatro Comico. Questo Pittor
felicissimo della Natura, regolare ne’Piani suoi, unito negli
Episodj, verisimile ne’caratteri, conoscitor perfettissimo del
Teatro, e del Mondo, è si chiaro ed universale nella sua fama,
che il lodarlo è un recar vasi a Samo, o nottole ad Atene; tanto
più che gli elogj suoi si leggono nel Maffei, nel Metastasio,
nel Voltaire, e formati sono dalla gran quantità d’edizioni
delle sue Opere, molte delle quali tradotte furono nelle Lingue
Straniere, perché intendendole non v’há Nazione, che non le
gusti. Questo Molier dell’Italia, che tant’onorò la sua Patria
con una vastissima fantasia; che ad essa fu sempre sì legato
d’affetto, come vediamo apertamente in molte delle sue Commedie;
che trasse il Teatro Comico dal turpe squallore in cui era
caduto, e v’introdusse poco a poco il buon gusto, la oralità la
decenza; che alle Compagnie de’Commedianti recò utilità
infinite; che scrisse tante e tante migliaja di Composizioni
Poetiche, tutte belle e saporite, per Nozze, per Monache, e
cent’altri Soggetti; che fece a centinaja e centinaja le Dediche
delle cose sue a’più gran Signori Italiani, come condurrebbe la
sua vecchiezza, se passato in Francia non fosse? Il Zeno, e il
Metastasio ebbero a Vienna un giusto compenso de’loro sedori
poetici; il Goldoni lo ritrova a Parigi nel suo maggior uopo, e
trà gli onori, che riceve dagli uomini più illustri di quella
colta e fiorita Metropoli, gode degli agii della vita, e d’una
grandezza, che in pratica non conobbe dapprima. Rimontando
dunque al nostro principio sarà sempre vero, che all’Italia non
mancano gl’ingegni ma i Mecenati; che i premj tra noi non sono
per chi li merita, che se la natura prodiga de’suoi doni in
queste felici Contrade sviluppa de’talenti meravigliosi, ad onta
della privazione di que’mezzi, e di que’ soccorsi, che sogliono
farli sorgere e crescere, o periscono dove son nati, o trovano
soltanto mercede dove non parlasi la loro lingua. L’estro
fatidico del Signor Abbate Vicini di Modena ha presagito al nostro Goldoni il suo felice Destino allorch’ era
disposto a partir per la Francia, col seguente Sonetto, che
E veramente, ad onta delle false predizioni di chi per
ignoranza, o per malignità sosteneva, che in quell’Oceano il suo
ingegno si sarebbe sommerso, anzi parve che l’arte sua avesse
d’uopo d’un campo sì vasto per raffinarsi, ed esser atta a più
belle imprese. Il suo Bourru Bienfaisant conoscer fece alla
Francia, che uno Straniero giunger poteva ad iscrivere nella sua
Lingua con tutta la delicatezza della qual’è suscettibile, ed
adattare i suoi talenti alla squisitezza del di Lei gusto. Egli
ha continuato, e tuttora continua a dar nuovi saggj
dell’instancabile sua fantasia regolata da’più severi precetti,
e le Accademie, le Sessioni Letterarie di quella vastissima
Capitale, l’onorano di spontanea accoglienza, e nuovi raggi
accrescono alla sua gloria. Dal seno della comun nostra Patria,
noi salutiamo l’immortalità del vostro Nome, o Ristauratore
rinnovar vogliamo alla memoria del Pubblico, giacché da
molt’anni nella nostra rimase impresso del Comico Italiano
Teatro, e se non possiamo fare che un debol eco al suono
de’vostri applausi, possiamo almeno vendicare, in qualche modo,
i torti da voi ricevuti trá noi, e far conoscere, bensì alla
sfuggita, qual disordine, quale avvilimento success ro [sic.]
alla vostra mancanza sulle Italiane Comiche Scene. Sia detto ad
onor del vero, che il Signor Abbate Chiari ha molto contribuito
a destare, particolarmente in questa Città, un certo buon senso
per il Teatro, che acceso dallo spirito di partito convertiva in
Cattedre di Comica Poesia sino i Caffè, e le numerose Adunanze,
e parlar faceva le donne, gli artigiani, i fanciulli medesimi.
Senza ritoccare una questione già decisa, nè far un confronto
trà merito e merito, si può ricordare, che la division
de’pareri, l’impegno di sostenerli, l’uso di decidere, di censurar, d’encomiare, aveva cominciato a dirozzar
il Popolo, a fargli conoscere gli errori, e le bellezze, ad
ammaestrarlo piacevolmente, e a fargli detestare quelle insulte
buffonerie, ch’erano in voga prima della Goldoniana Riforma, e
che pur troppo vanno riprendendo il loro antico dominio. Non si
nega, che anche allora vi fosse molte volte ne’giudizj quell’
acciecamento, che nasce dalla parzialità, e dal partito: ma gli
stessi errori, che seducevano il Popolo, erano errori brillanti,
e che dilettandolo lo istruivano. L’elegante facilità con cui
maneggiava il Chiari il Verso martelliano, metro tanto in que’
tempi di moda, che fece dire al Goldoni
conciliava alle sue Commedie quell’attenzione,
che non esigeva la prosa, e scolpiva, per così dire, nella
memoria degli Uditori volgari di quelle cognizioni, che dalle
Scene si rendevano ad essi dilettevoli, e chiare. Per esempio,
condannavano i Critici nella Pastorella Fedele la fisica
descrizione dell’Eco in bocca della pecoraja Cefisa: ma il
Popolo imparava a conoscere gli effetti della ripercussione
della voce, e col paragone del cerchio, che fa nella superfizie
dell’acqua il sasso scagliato in un lago, evidente rendevasi una
teoria, che non era al caso d’intendere per precetti scolastici.
Si criticava da’ dotti nel suo Plauto l’incoerente carattere di
questo Protagonista, che censurando l’avarizia del suo Padrone,
e moralizzando sopra li suoi costumi, ordiva degl’ inganni
contro di lui; ma il Popolo gustava le bellezze di dettaglio, e
s’instruiva dello stato, del merito, delle vicende d’un antico
famoso Comico, di cui non avrebbe saputo il nome nemmeno, se
veduto non l’avesse in iscena. Biasimavasi gli anacronismi,
ch’egli introdusse nel Diogene, ma intanto la bassa gente
conosceva il carattere, il genio, i sistemi, l’indole d’ un
Filosofo, la cui botte udiva nominare senza sapere qual uso ne
facesse, ne’ quali massime uscissero da quell’errante suo
domicilio. La dottrina di Platone opposta alla sua, in quella
Commedia, servì d’una instruzione piacevole a que’ tanti, che
dalle Scuole, o dai Libri, non l’avevano intesa. Il Colombo in
America, Le Sorelle Chinesi, i due Koulikan, l’Eneide divisa in
quattro Rappresentazioni sofferivano o le giuste censure
degl’intendenti, o i biasimi irragionevoli de’ partigiani
contrarj; ma quella gran parte d’ Uditorio innocente, che
strascinato non era al Teatro dalla smania di dirne male, e non
aveva certa coltura, illuminavasi fu de’ punti di Storia, di
Favola, fu de’riti, che non erano a sua cognizione, e di cui
rimasta sarebbe all’oscuro se il divertimento non glieli avesse
schiariti, e se la facilità, e la fluidezza delli versi non
glieli avessero impressi nella memoria. Se non fosse per altro,
questo solo pregio rendeva il Chiari un Autor benemerito; e con
tutti i difetti suoi non gli si può contrastar il vanto d’aver
dirozzato una quantità di persone d’ambidue i sessi, d’aver
inspirato un qualche genio per le Lettere al Popolo, e una certa
smania di scrivere, d’imitar, di verseggiare, che sennon altro
trasse alcuni dal lezzo dell’ignoranza in cui sarebbero rimasti
sepolti, e addestrò degli altri quasi insensibilmente, a divenir
autori. Se quegl’indiscreti Critici, che l’hanno villanamente sprezzato, non avessero chiusi gli occhi sugli
effetti prodotti dalle sue Composizioni sulla popolare
moltitudine, sarebbero stati meno severi nel biasimare i
Romanzi, le Commedie e le tant’altre Operette in prosa ed in
verso ch’uscirono della sua penna con un esito felicissimo, e
che stampate furono, e ristampate in tante Città d’Italia, e
recarono un utile considerabile agl’ Impresarj, alli Stampatori,
a’Libraj.
Maschere. La brevità del
Carnovale, e la bellezza de’giorni correnti, mettono in
movimento le Compagnie sollazzevoli, che somministrano a questa
nostra gran Piazza uno spettacolo continuo, e variato, con molte
mascherate eleganti, e bizzarre. La delicatezza del bel Sesso
sembra in queste occasioni insensibile al rigore della stagi ne
per far pompa de’doni della Natura. I Caffè di Stefano, di Mori,
delle Rive hanno il solito folto concorso, e ripartitamente
forano una sostituzione del soppresso Ridotto Pubblico. Non
mancano mai a questi luoghi moltissime persone, che passano le
intere notti in mezzo alla calca affannosa, parlando sempre con
voce alterata, senza ch’esca mai nulla di spiritoso, o molto di
rado, e stemprandosi in sudore sotto la maschera. Chi trova da
sedere si reputa fortunato, particolarmente le Signore, che sono
ben messe, ed hanno la non occulta forza magnetica di rivogliere
ad esse le altrui cupide occhiate. Quello, che sarebbe un
patimento insoffribile per tanti e tanti, non lo è per questi
tali, che bramano il Carnovale per il divertimento di simili
Riduzioni, e lo vorrebbero eterno colla persuasione di non
istancarsi mai delle delizie che in esse ritrovano. Trà le più
belle Mascherate, che allegrano colla loro comparsa, anche
quest’anno distinguesi quella de’Calabresi, numerosa, ben
vestita in carattere, e spirante giocondità col suono
de’musicali Instrumenti. La sera della scorsa Domenica scorsero
alcune vie con degli eleganti lucidi fanaletti sul capo la cui
illuminazione accrebbe il bello della brillante lor Compagnia.
Non manca mai una quantità di persone, che si mascherano da
Assassini. Ogni Comico si vergogna di fare una parte odiosa;
tutti vorrebbero esser Eroi; e che ha l’arbitrio di scegliere
de’caratteri onorevoli, amabili, o almeno
indifferenti, si veste d’un abito d’ignominia, e si finge un
uomo che batta le vie conducenti alla galera, o alla forca. Se
il Popolo avesse punita l’invenzione di chi diede agli altri un
esempio sì poco degno d’imitazione con quelle fischiate, che
indegnamente si vibrano contro que’Commedianti, che per dovere e
loro malgrado sostengono le parti odiose, non si vedrebbe più
alcuno in maschera d’Assassino. Teatri. La nuova Opera
intitolata Calto, posta in iscena Mercordì prossimo passato nel
Nobilissimo Teatro di S. Benedetto ebbe un esito sventurato. Vi
sono de’buoni pezzi nell’Atto Primo, ch’ottennero l’attenzione,
e l’applauso del colto Uditorio, ma nel Secondo, e nel Terzo si
calò in vece di crescere, e a forza di calare si andò in
precipizio. È voce universale, che l’abbian accelerato i pessimi
Balli, così chiamati concordemente da tutti, e in particolare il
Primo in cui l’azione d’un certo Satiro da qualche cosa, che
accostasi al Mimico antico. Si lodano molto le Scene del celebre
pennello del Signor Cavalier Fontanesi. Egli è un peccato, che i
denari profusi da questa Nobilissima Impresa per dare al
Pubblico de’ Spettacoli belli, e magnifici, siano stati in gran
parte gettati. Il Teatro è un mar burrascoso ove sovente
periscono i navigatori più pratici. Dicesi, che trà poco si
sostituirà all’Atto Secondo di questo Dramma, quello del Giulio
Sabino, ritenendo il Primo, che piace. Non sarà nuovo l’esempio.
Anche a Verona, benché di mala voglia, il Signor Cavalier
Guadagni, che allora non era tale, acconsentì che l’Ezio, e
l’Arianna s’abbracciassero insieme, formando con un atto
dell’uno, e uno dell’altro di questi due Drammi, un’ Opera che
cominciava colle sventure d’Ezio, e finiva col combattimento del
Minotauro. Quando la Poesia è la cameriera della Musica si può
far ciò che si vuole, tutto và bene. Questa sera vi sarà un
nuovo Ballo nel Teatro Nobilissimo di San Samuele. Lunedì o
Martedì ritornerà su quelle Scene Il Pizzarro con qualche
cangiamento fatto dal Signor Maestro Bianchi. Altra Causa. Nella
Scuola Levantina degli Ebrei, pretendeva la Famiglia Malta
d’aver accesso a titolo di Confraternità, e di godere de’ suoi
Privilegj. Vi si oppose la Scuola medesima, accordando però alli
Malta di poter intervenirvi a pregare, ma non come Confratelli,
ed a tal effetto presentò un Memoriale all’Eccellentissimo
Collegio, per la rivocazione del qual atto li Malta hanno citato
intromettendo. Mercordì si trattò il punto del Taglio, o Laudo
dell’atto accettante, e la Scuola vinse col seguente Giudizio.
Al Taglio 9 al Laudo 17 + non sincere o. Abbiamo letto in un’
altra Lettera, scritta da Brescia, che la Prima Donna replicò
nell’ Opera tutti i suoi pezzi cantabili, trà i quali fece
maggior piacere quello che comincia „Dimmi, Amor dov’è il mio
Sposo” E stimiamo dovere di pubblicarlo per render a tutti la
dovuta giustizia, giacché dobbiamo credere, che il fatto sia
vero: che se fosse falso ridonderebbe non in vantaggio, ma in
discapito della suddetta, perché questo Foglio si
legge anche a Brescia. Bastimenti Arrivati.
Livello 3
Citazione/Motto
Vedrai, Goldon, la rigogliosa
Senna Scorrer coll’ onde sue placide, e chiare Così, che
altera in suo viaggio accenna Chieder tributo, e non
recarlo al mare. Pure, mereè di tuta maestra penna, Per
cui Natura effigiata appare, Benché la Fama sua grand’
ali impenna, Cederà d’Adria e le sals’ onde amare. Già
risuonar di ben dovuta lode Sento al tuo nome la Real
Parigi, Parigi avara al forastier di lode. Vanne, e
Talia per Te più bei vestigi Fra i Galli imprima: Italia
mia pur gode, Che la Francia t’ ammiri, e il gran Luigi.
Citazione/Motto
Livello 3
Citazione/Motto
E quanto prima sentiremo i
cani
Bajar anch’ essi in Versi martelliani
Bajar anch’ essi in Versi martelliani
Livello 3
Lettera/Lettera al direttore
Signor
Gazzettiere.
Brescia.
20. Gennajo 1788. Non posso a meno farle noto, che jeri sera quì andò in scena il nuovo Dramma Giocoso intitolato il Pittor Parigino. Il concorso fu sufficiente, e veramente per la prima sera il complesso dello Spettacolo ha fatto ridere tutti gli Spettatori. La Seconda Donna, che sempre ha stonato perfettamente, fece la replica della sua Aria favorita, e prese per elogj le risate, sicché ne ringraziò l’Udienza con un diluvio di riverenze. Il Dramma in pieno è migliore dell’altro, se non per altra ragione, che perché in questo vi sono diversi travestimenti di Personaggi, che formano de’colpi di scena ridicoli. La musica è del celebre Signor Cimarosa. Per l’esecuzione mi rimetto a quanto ella ha detto per la musica del Sarti in uno de’ passati Fogli. Questa sera vi sarà Cavalchina, e suppongo che avrà più buon effetto della prima di otto giorni fa, la quale neppure si cominciò. Oggi vi deve essere gran corsa di carrozze ove brilleranno le novelle Spose con ricchi ed eleganti abbigliamenti, trà il fasto d’aurati Legni, e le sfarzose livree. Forse questo sarà il primo giorno che si accorgeremo d’ esser in Carnovale.
Brescia.
20. Gennajo 1788. Non posso a meno farle noto, che jeri sera quì andò in scena il nuovo Dramma Giocoso intitolato il Pittor Parigino. Il concorso fu sufficiente, e veramente per la prima sera il complesso dello Spettacolo ha fatto ridere tutti gli Spettatori. La Seconda Donna, che sempre ha stonato perfettamente, fece la replica della sua Aria favorita, e prese per elogj le risate, sicché ne ringraziò l’Udienza con un diluvio di riverenze. Il Dramma in pieno è migliore dell’altro, se non per altra ragione, che perché in questo vi sono diversi travestimenti di Personaggi, che formano de’colpi di scena ridicoli. La musica è del celebre Signor Cimarosa. Per l’esecuzione mi rimetto a quanto ella ha detto per la musica del Sarti in uno de’ passati Fogli. Questa sera vi sarà Cavalchina, e suppongo che avrà più buon effetto della prima di otto giorni fa, la quale neppure si cominciò. Oggi vi deve essere gran corsa di carrozze ove brilleranno le novelle Spose con ricchi ed eleganti abbigliamenti, trà il fasto d’aurati Legni, e le sfarzose livree. Forse questo sarà il primo giorno che si accorgeremo d’ esser in Carnovale.
Metatestualità
Quantunque tuttte (sic.) le
notizie, ch’ebbimo finora da chi ci scrisse questa Lettera,
siano state dettate dalla più ingenua imparzialità,
nondimeno abbiamo tardato a pubblicarla per avere in prima
qualche ratificazione della sua veracità, la quale oggi ci
venne da un’altra mano. Questa sicurezza di non ingannare
che legge, ci determinò ad istamparla: tanto più che non è
nominato in essa niuno di quelli, che certamente non la
vedranno di buon occhio.
Cause.
Certo Antonio Melchiori nell’anno 1528 formò un Fidecommesso de’proprj suoi Beni a favore delli suoi Discendenti. Intaccato il medesimo da una Dote passarono questi beni nella Signora Catterina Fedrici Melchiori. Volendo li Fratelli Melchiori qu: Tiffon redimere il Fidecommesso impetirono la detta Signora Catterina, ed insorta questione si decise Martedì prossimo passato al Serenissimo Consiglio della Quarantina Civil Nova Mane a favore delli Signori Fratelli Melchiori qu: Triffon con uno Spazzo di Laudo, che oltre li Beni loro dà azione su’ frutti per più di vent’otto anni.Avvocati al Taglio
Per la Signora Catterina Federici Melchiori Eccellente Sig. Gio: Bat. Cromer Eccellente Sig. Stefano StefaniInterruttore
Signor Antonio SolaInterveniente
Signor Gio. Antonio Peretti. Al Laudo per i Signori Fratelli Melchiori qu: Triffon Signor Conte Giuseppe Alcaini Eccellente Sig. Antonio OrlandiInterveniente
Signor Paolo Malfatti.Giudizio
Al Taglio voti num. 11 Al Laudo Voti num 22 + Non Sinceri numero 1.Metatestualità
La seguente Lettera ci è pervenuta
alcuni giorni sono, e prima d’ora non abbiamo potuto
appagare chi ce la scrisse. La diamo in fedelissima copia.
Livello 3
Lettera/Lettera al direttore
Signor Gazzettiere.
Ritrovandomi jersera in una Conversazione di Persone
amabili della Società, frà varj discorsi di cose
letterarie, fu proposto il Quesito qual sarebbe il più
facile modo di far un Bilancio. Frà le molte cose, che
furono dette, sopra questa Disputa,vi fu uno che disse,
che il metodo più facile di far Bilancio sarebbe di
farlo a Castelletto, senza per altro addurne il modo
dell’esecuzione. Ricorro dunque a Lei, giacché intendo,
che Lei ha piacere d’impiegarsi a schiarimento di cose
Letterarie, per sapere cosa significhi questo termine, e
come vadi eseguito mentre riverendola &. Un suo
Assocciato. Da Padova.
Metatestualità
Se qualche Professore
d’Aritmetica vorrà soddisfare la ricerca di questo, che
dicesi nostro Assocciato, noi non mancheremo di dare in luce
la risposta, ch’ei brama.