Citation: Giovanni Ferri di S. Costante (Ed.): "L*avarizia", in: Lo Spettatore italiano, Vol.2\60 (1822), pp. 317-321, edited in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Ed.): The "Spectators" in the international context. Digital Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.1065 [last accessed: ].


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L’avarizia

Citation/Motto► Cum bulga coenat, dormit, lavit; omnis in una
Spes hominis bulga, hac devincta est caetera vita.

Ca. Lucil. ex Fragm.

Va con la borsa al bagno, a letto, a cena;
Guarda la borsa, e ‘n ciò sua vita mena. ◀Citation/Motto

Level 2► È l’avarizia una malattia dell’animo, nata dal timor dell’impoverire, e dalla cupidità di godere in un tempo avvenire, di cui l’infermo va sempre allontanando il termine.

Non è miseria che a quella dell’avaro possa paragonarsi: perciocchè il poverello usa pur quel poco che possiede; e di quello ch’ei può, sovviene altrui: ma l’avaro così manca di quello che non ha, come di quello che ha.

Giusto sarebbe che si potesse uguagliar l’introito degli avari all’esito loro.

Ogni avaro è un Tantalo; poichè in grembo a tutti i tesori sente tutto quello che la miseria ha di dolore e di sollecitudine.

Tutte le passioni, tranne l’avarizia, muoiono, per così dire, nella fruizione della desiderata cosa. Il male dell’avarizia cresce e rinforza là dove dovrebbe estinguersi; e quanto più l’uomo acquista e quanto più accumula, tanto più brama.

L’avaro tien conto delle sue ricchezze, come se fossero per lui solo; e non ne fa maggior uso che se fossero di un altro.

L’avaro vuol piuttosto lasciar suo avere, [318] morendo egli, ai suoi nemici, che sovvenirne gli amici suoi mentre vive.

Non si dura tanta fatica a trarre il metallo prezioso dalla sua vena, quanta a trarlo dall’arca dell’avaro: la chiave n’è in man della morte.

Non si trova avaro il quale non si proponga di voler fare un giorno alcuna magnifica spesa: ma sempre prevenuto è dalla morte, la quale all’erede manda l’esecuzion del proposito.

Qual è degli uomini miglior dell’avaro? ei raccoglie oro per chi gli prega morte.

Level 3► Exemplum► Voglio vivere in istento, fare tesori senza stima, nè usarne punto per me: Questo, o Canidio, parmi essere il vostro voto; il quale se solenne non è, pubblico n’è l’adempimento. Voi faticate, voi arricchite, voi vivete povero. E se mala voce di non giovar mai ad alcuno vi danna, o Canidio, vi danna a torto: perocchè voi non giovate a voi stesso; e quello che non fate a voi, chi vi può stringere di fare altrui? ◀Exemplum ◀Level 3

Level 3► Exemplum► Trifone trema non le genti il reputin ricco, o quella stima ne faccian ch’egli certo non fa di sè. Oh! quanto s’inganna, egli dice, chi crede che io abbia: le prestanze di niente mi rispondono; le derrate si vendono a vile; la miseria è grande, e proprio corre un’età di ferro. Misero Trifone! tegniamoli un poco dietro alla camera sua; volli dire, al tempio dell’idol suo. Quivi egli ogni dì il viene ad adorare, cioè a numerarlo; ed appena n’ha egli fitta la ragione, piangendo dice: Ecco io non ho che cento mila scudi: e quando potrò io mettermi da parte un piccolo peculio? ◀Exemplum ◀Level 3

[319] Level 3► Exemplum► Il vecchio Parteno fa ingiuria con l’avarizia alla sua condizione ed al suo parentado; e pur questo vecchio sa, e val molto. Egli se ne vive in campagna tanto, quanto il suo fruttifero officio gli consente. In città non ha desco, se non quel degli amici e de’famigliari suoi; ed in sua casa par più fredda la cucina che la grotta dell’orto. Non è nota a lui la mala usanza dello spiedo: vive di erbe e di lenti: e, Così prima di me, dice egli, hanno fatto i filosofi ed i Santi. — Parteno, da sè, quantunque infralito dall’età, il suo giardino coltiva: e, Questa, ei dice, è opera molto alla salute seconda; e qui allega similmente de’Santi e de’filosofi gli esempli. Vera cosa è che il suo voler tollerare soverchie fatiche, ed alle sue forze maggiori, viene dal non voler sostenere il salario di un garzone. La costui porta è serrata, così al ricco come al povero; perocchè convitar il primo, sarebbe un gittar via la roba; soccorrere il secondo, sarebbe un contrastare alle leggi della Provvidenza, togliendo di povertà colui ch’ella vuol povero. Parteno non sa che il ricco deve essere la provvidenza del povero. L’avaro è colui che sopra tutti fa contro Dio, la cui volontà è che si dia altrui e non che si riceva. ◀Exemplum ◀Level 3

Level 3► Exemplum► Anche Arpicella è lo specchio dell’avarizia: considerate la sua persona da capo a piedi; ella non porta altro che stracci mal ricuciti e rattoppati da lei stessa. Entrate nelle sue stanze: tutto fa consonanza coll’arnese che porta addosso: il letto, le sedie, il parato sono d’una vetustà così remota che sembrano ricordi delle più vecchie usanze. La pulitezza, sì confacente [320] al suo sesso, vien a fastidio ad Arpicella, come cosa costosa e da lasciarsi alle sprecatrici. Seguitiamola coll’occhio: si mette a una tavola tutta forata e rôsa da’tarli, a cui fa piede un legno mal fermo, ed imbandita di un sol servito che consiste in un pezzuol di cacio con un oriscello di pan secco e cruscoso, ed una guastadetta d’acqua. Dietro questo pasto frugale esce Arpicella di casa e si avvia verso la chiesa. E chi non direbbe, lei andarvi per divozione? Ma costei co’panni de’poverelli sollecita la pubblica carità, e spesso torna con quello che alla misera gente toccherebbe. Può esser fatta più scellerata ruberia che questa? e non istarebber bene a costei tutti i più rigidi supplicii? ◀Exemplum ◀Level 3

Molte fiate altri è avaro per non saper fare suoi conti. Che se l’uomo che eccede nella parsimonia, da tutta la somma levasse la ragion di quello che per le bagattelle può risparmiare, e se similmente ripensasse che per ben poco si procaccia l’onta d’avaro, egli si vergognerebbe sicuramente di queste obbrobriose economie.

Ancora ci ha di quelli che aggiungono insieme avarizia e vanità. Level 3► Exemplum► È Arcosto un fastoso avaro, tanto che nulla gli fa paura, se non se l’essere trovato avaro alla gente: e antepone a questa umiliazione la pena di dovere, quando sospetta non altri nel noti, esser largo. Quando imbandisce magnifica tavola, trema che non gli sia rotto un piatto o un bicchiere. Sollecita tuttavia i convitati a mangiar di ciò ch’è loro posto dinanzi, e medesimamente guarda con quale industria possa far levare anzi che tocca [321] sia alcuna principale vivanda. Arcosto col suo sordido risparmiare si risarcisce del suo fasto e si punisce della sua vanità. ◀Exemplum ◀Level 3

Non di rado fa avaro altrui l’ambizione di essere tenuto per ricco. Level 3► Exemplum► Era Arnoldo senza modo ricco sopra quanti in C . . . erano, allora che Doravio vi si venne a stanziare: onde Arnoldo, geloso di conservare il suo grado, prese con fermo proposito ad assottigliare agramente le spese, tanto che rinunziò a carrozze e cavalli, e si tenne un solo servitore, e ridusse la sua mensa al semplice necessario. Egli porta tutti i difetti della miseria, fidandosi che sarà ancora estimato per lo più dovizioso di tutti i suoi cittadini. ◀Exemplum ◀Level 3 ◀Level 2 ◀Level 1