Lo Spettatore italiano: La pazienza
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Level 1
La pazienza
Citation/Motto
Qui se ultro
morti offerantur, facilius reperiuntur,
quam qui dolorem patienter ferantSi trovano facilmente di quelli che offrono volontarii
quam qui dolorem patienter ferant
Jul. Caes.~k.
Si trovano facilmente di quelli che offrono volontarii
il petto alla morte, ma
pochi ci ha che sostener
sappiano pazientemente il dolore.
Level 2
È l’umana natura soggetta ad inestimabile quantità di mali che indarno
ci faticheremmo di fuggire; perocchè ce ne può ben la ragione infievolire, ma non ischermire i
colpi. Se usbergo o scudo da contrapporre ci ha, egli è pur la pazienza, la quale il crescer delle
pene impedisce, e l’amarezza ne mitiga, ed a ritenere la tranquillità dello spirito ne soccorre.
Nulla cosa allo sventurato si disdice più che l’impazienza e l’iracondia; conciossiachè gl’impeti
loro spesse volte empii siano, e altro non facciano che rendere i nostri mali più gravi. Se la
miseria che ne preme, si è per opera nostra acquistata, debito uffizio nostro è la pazienza;
perciocchè a niuno è lecito di ciò che per sua colpa il percuote, rammaricarsi. Se noi siamo sicuri
di non aver fabbricato a noi stessi le nostre sciagure, se contra merito nostro battuti siamo,
allora è agevole usar pazienza, poichè nè la considerazione nè i rimorsi ce ne crescono l’amarezza.
Fra tutti i mali possibili a medicare, bisogna guardarsi dall’impazienza, perocchè si
perde, nello affliggersi, quel tempo e quell’opera che se fossero bene occupati, ne potrebbono la
cagione rimuovere. Sia qual vi vogliate il male che la Provvidenza ne distribuisce, siccome la
bruttezza o la perdita di qualche sentimento e la vecchiezza sarebbe; ricordici che l’impazienza non
può altro operare, se non torne quella consolazione della quale il nostro stato è capace, e
allontanar da noi quelle persone la cui conversazione o i cui consigli ne potrebbero porgere
refrigerio e soccorso. L’uomo impaziente è molte volte malcontento e infelice in mezzo alla società
che gli porge continuamente cagioni di turbamento e di tristezza, poichè la pace sua dipende da
qualunque il voglia travagliare. E però un vecchio filosofo affermò, essere un mal grande il non
poter sostenere male alcuno, e convenirsi patire per patir meno. La pazienza è figlia del coraggio e
della ragione. La ragione sopporta le avversità, il coraggio le combatte, la pazienza le supera. La
pazienza è una di quelle virtù che portano seco sempre il guiderdone, perciocchè nell’atto stesso di
usarle se ne sperimentano i benefizi. Nemica della disperazione è la pazienza; ond’è che i cristiani
per una grazia celestiale, i filosofi per l’estremo sforzo di alto e fermo animo la conoscono. Ma
che cosa è la pazienza de’filosofi, al dir d’un sano oratore, se si paragona a quella de’cristiani?
Ella è la sofferenza degli schiavi che in pace portano la loro catena; un sentimento che facendo
conoscere l’inutilità della ribellione, pone un duro freno ai moti dell’animo, e in
luogo di confortarlo, altro non gli lascia che una trista e fiera afflizione. La pazienza dei
cristiani è più soave cosa. È il braccio paterno che batte, ed essi ne sostengono i colpi; non
altrimenti che un figlio il quale conosca la bontà di colui che lo riduce a soffrire, ma non a modo
degli schiavi, alle più bizzarre e più tiranniche rigidezze sottoposti. E non l’inutilità della
ribellione, ma l’ingiustizia gli affrena; e cosiffatta pazienza altro non è che una rassegnazion di
cuore piena di conforto e di dolcezza.
Egli è più peravventura agevole trovar delle femmine che con maravigliosa laude s’ornano di
cosiffatta virtù in grado eroico; perchè nella continua soggezione in che si trovano ristrette, ad
esse più che agli uomini ne bisogna, ed a loro è più materia data di usarla. Pare che di esse un
Padre di santa Chiesa abbia inteso di favellare, quando disse: “Voi potete avere il martirio senza
la flagellazione, se pazienti sarete.”
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Era Forzio nella pazienza virtuoso; e fanciullo ancora ebbe tanta
affezione a’suoi genitori, che diventava partecipe d’ogni loro infortunio. Ben per tempo incominciò
ad essere sensibile; e sapendo che fosse afflizione, come che nuovo alle disavventure, prima che
provasse il male, si assuefece a sofferirlo. S’indirizzò Forzio per le lettere; e i buoni
avvenimenti degli studi suoi gli dettero speranza di altri migliori in un più grande teatro, e si
avvisò da principio potersi far molto onore. Egli pubblicò un’opera assai buona; ma perchè non aveva
le presenti opinioni adulate, nè avea pregati dei loro suffragi coloro che fan traffico di lodi,
ella gli è rimasa nel dispregio e quasi nell’oblivione. Questa fu la prima avversità di Forzio nella
sua vita; avversità pungente in vero, ma nulla bastevole a farlo una volta trovare a lamentarsi o
del torto dei letterati, o della sconoscenza del pubblico. Forse che in avvenire, diceva egli, sarà la mia opera conosciuta; e forse un’altra volta avrò fortuna. Forzio ha patito
tante sciagure nel privato vivere, che non gli hanno dato mai pace. Gli hanno congiurato contro e la
morte d’una amorosa moglie, ed una ostinata malattia che io ha dipartito dagli studi, ed i
fallimenti continui delle sue speranze: ma che lo ha mai scosso? Filosofia e religione lo hanno
armato di tanta costanza, che quante fiate ho io avuto a vederlo, tante gli ho trovato l’aspetto
sereno e ridente. Sente egli le punture delle sue pene, ma non se ne perturba, nè rammarica; e lo
giudicherebbe senza sentimento chi vivissimamente sensibile e delicato nol conoscesse; sì forte ed
animoso hallo renduto la pazienza.
Level 3
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Costanza, bella e virtuosa donna sopra qualunque altra, ebbe suo mal
grado per marito un uomo fiero, stizzoso e tristo, che non la meritava. Costui la costringe ad
essere delle sue turpitudini testimone, la tratta come una schiava, e così di ogni conforto come di
ogni onesto sollazzo la tiene privata. Costanza sì indegnamente malmenata, pur dura a tutto e si
ritiene santamente entro i termini del dover suo: sempre mansueta e sottomessa alle
bizzarrie d’un mostro crudele, tollera una incessante battaglia contro i suoi sentimenti, senza
esser nè veduta nè compianta. È vero che a guadagnarsi la corona del martirio basta uno sforzo solo
di virtù; ma la rassegnazion di Costanza è un sopportar mille tormenti, più amari che la stessa
morte.