Référence bibliographique: Giovanni Ferri di S. Costante (Éd.): "La timidezza", dans: Lo Spettatore italiano, Vol.2\38 (1822), pp. 225-229, édité dans: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Éd.): Les "Spectators" dans le contexte international. Édition numérique, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.1033 [consulté le: ].


Niveau 1►

La timidezza

Citation/Devise► Illum ego periisse dico, cui quidem periit pudor

Curtius.

Uomo che in somma perdè la vergogna, tengo io per perduto. ◀Citation/Devise

Niveau 2► Egli ci ha più sorti di timidezze; ma la vera sembra esser quella che derivasi da poco amor proprio, il quale fa all’uomo tenere altrui da troppo, e sè da niente: e anzi che un difetto, è ella una debolezza da essere scusata. Vi è una falsa timidezza che da soverchio amor proprio trae sua fonte, la quale generata da orgoglio, fa l’uom ritroso ed avverso ad appresentarsi a chi egli ugual di sangue, di cuore e di mente, di avvenentezza e di condizion non s’estima: e può questa esser rassegnata nel conto de’vizi; perchè chi l’ha, è timido e non modesto: e veramente il modesto teme d’umiliar l’altrui amor proprio; e il timido per orgoglio teme non sia umiliato il suo.

L’origine più comunale della vera timidezza è l’educazione, la quale, se aspra è di soverchio, deprime troppo i fanciulli, e non gli aitando a fidarsi ben di se stessi, li dee senza fallo far timidi. E se a questo difetto non si fa guerra per tempissimo, cresce co’nostri anni, e non di rado ne tribola tutta la vita.

La timidezza cambia, intorbida ed affanna l’uomo; lo trasfigura nell’aspetto, sconciagli il [226] contegno, e gli toglie la grazia e la leggiadria. Essa gl’impedisce la lingua, offuscagli lo spirito e gli abbatte lo ingegno. Niveau 3► Exemplum► Meriandro non è più in pubblico l’uomo che si è veduto in privato; e quantunque abbia avuto dalla natura bel sembiante, avvenevole persona e nobile portamento, quand’egli entra nella conversazione, si vede impallidire in volto e scontraffarsi tutto, ed ogni piacevolezza andar via. Fassi innanzi tutto goffo e disparuto, non ha più i naturali suoi modi, e reca incomodo alla brigata in vece di farne l’ornamento. La timidezza gli toglie la vista, l’udito, la favella. Egli non conosce cortesia che gli sia fatta, e per la sua confusione non rende i più costumati officii; e a chi gli fa motto, non risponde; e se tentato è, sbigottisce, pensando senza poter riscuotersi. Or Meriandro, il quale con uno o più amici di confidenza è il più sollazzevol uomo del mondo, si fa reputare un malcreato, un selvatico ed uno increscevole; e per la sua timidezza gli convien contro suo grado astenersi da ogni diletto di compagnia e dal commercio del mondo. ◀Exemplum ◀Niveau 3

Niveau 3► Exemplum► Pavesio è timido per pura vanità; perchè volendo egli piacer troppo alla gente, troppo gli rincrescerebbe il sinistro giudizio che di lui si facesse. Trema egli quando parla, perchè non sa come sien ricevute le sue parole, e se potranno fargli onore. È similmente Fimanteun timido prosuntuoso; e meravigliasi di esser tale, perchè egli, a dir suo, sente che è ben fornito di spirito, e sa egli così, come un altro, le vie di piacere. Lungi dall’occasione la conoscenza del valor suo gli ministra ardimento; [227] ed egli si avvisa di sicuramente offerirsi dinanzi alla brigata e di liberamente ragionare; ma appena vi è giunto, che sbigottisce e si confonde. ◀Exemplum ◀Niveau 3

Niveau 3► Exemplum► Peritone, avuto da tutti per un grande scienziato, pecca fuor di modo in timidezza, la quale gli annebbia la mente, confondegli il parlare, ed ogni potenza gli frange. Del quale smarrimento egli pate meno in presenza degl’intenditori che degli sciocchi, perchè pensa che quelli il conosceranno addentro, il che gli porge ardire assai. E così dà più spirito la fiducia, che non dà fiducia lo spirito. ◀Exemplum ◀Niveau 3

Ha suo male e suo bene anche la timidezza, e massimamente confassi ai giovani ed alle donne. Guai al giovinetto che della timidezza alla sua età pertenente è privato; perchè una anzi tempo presta sicurtà chiaramente annunzia corruzion di cuore. Può tanto meritare un giovane, quanto un attempato: ma se vero è il suo merito, sempre è modesto. Delle donne debbe la timidezza essere il primo vanto; la quale è guardiana della virtù loro. Timidezza e modestia sono sorelle, e sì del tutto l’una all’altra somigliante, che spesso l’una è cólta in iscambio dell’altra.

È la timidezza un natural sentimento in tutti gli uomini, a’quali porta sempre di molti beneficii che essi non riconoscono: la natura ha voluto dentro lor porre una misura infra il giudizio e l’ardimento; perciò diede loro la timidezza per un raffrenamento della precipitazione e dell’inesperienza, finchè non siasi apparato a dire e a fare entro i termini della convenevolezza. Chi può gli anni di sua giovinezza [228] riandare, a cui non ricordi d’infiniti assalti datigli, e da lui sostenuti e respinti più per sua timidezza che per virtù sua? A quante imprese, a quanti arringhi, da riuscirne o spregiato o abborrito, si sarebb’egli messo, se con duro e stretto morso non ne lo avesse questo sentimento arretrato? La baldanza ci cresce le più volte co’nostri avanzamenti. Il timor di non vincere che nelle prime operazioni ci fa incerti e ritrosi; va scemando secondo che, divenendo noi sufficienti, ci approssimiamo alla certezza della vittoria. Ond’è che la timidezza, la qual da’pericolamenti ne ritrae, e cuopre dal danno di non passeggere riprensioni, non è da annoverare fra i mali nostri.

Avvegnachè ne possa per poco d’ora turbare e confondere la timidezza, di rado ella fanne un mal che duri assai tempo: e ben può di subitano foco farne arrossar la faccia, e palpitare il cuore, e balbettar la lingua; ma questi sono disagi che subito, senza di sè lasciar vestigio, dispaiono. Può bene ella torne a quando a quando dai trastulli della compagnia, ma rade volte ci lascia in preda de’pentimenti e de’rimorsi. Prerogativa infelice degli arditi, i quali fa prepotenti ed arroganti il sentirsi forti, è il procacciarsi nimistà e concitarsi addosso malivoglienza. Ma nessuno intende a dar noia e guerra a chi, arrossando innanzi agli altri, si confessa altrui inferiore. Sperino sicuramente general lode ed onore quegl’ingegni che paurosi e lenti procedon fuori alla vista. Potrà soverchia diffidenza farne andar troppo a rilento in pregiudicio di ciò che operiamo; ma con [229] troppo maggiori utilità ne contraccambia ella quegl’impedimenti e que’travagli; perciocchè ella ne raumilia i superbi, ne raddolcisce i rigidi, assicura dalla infestazion dell’invidia il merito nostro, e salva dai danni della censura i nostri successi. ◀Niveau 2 ◀Niveau 1