Citazione bibliografica: Giovanni Ferri di S. Costante (Ed.): "L’urbanità", in: Lo Spettatore italiano, Vol.2\38 (1822), pp. 192-200, edito in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Ed.): Gli "Spectators" nel contesto internazionale. Edizione digitale, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.1028 [consultato il: ].


Livello 1►

L’Urbanità

Citazione/Motto► Quantunque niuna pena abbiano ordinata le leggi alla
spiacevolezza e alla rozzezza de’costumi, noi veg-
giamo nondimeno che la natura istessa ce ne gastiga
con aspra disciplina, privandoci per questa ragione
del consorzio e della benivolenza degli uomini

Casa Galat.. ◀Citazione/Motto

Livello 2► La vera urbanità e cortesia nella civiltà è riposta, nella compiacenza e nei riguardi. Ella appalesa le sociali virtù, congiunge gli uomini insieme, inspirando loro uno scambievole amore, e fra loro conserva una certa uguaglianza, prezioso avanzo del loro antico naturale diritto.

All’incontro la falsa urbanità ammaestra a non adoperare nessuna di quelle virtù le quali s’ingegna d’imitare. Ridicola e spregievol cosa ella è, posciachè si limita ad alcuni modi artificiati, a certe vane ostentazioni, ed a cotali espressioni esagerate, così di sentimento vuote, come di senno. Dal cuore dee muovere la verace urbanità, conciossiachè egli ne sia principal cagione e radice. Per la qual cosa saviamente disse un moralista, che quando una liberale educazione ne infonda l’amore pei nostri simili e la beneficenza, allora noi possederemo l’urbanità, ed anzi uopo non avremo d’appararla.

È mestieri distinguere l’urbanità dalla civiltà. La prima procede dallo spirito e dal carattere, [193] ed è frutto di una buona educazione e del frequente usare colle ben costumate persone. Ella sta nel dire e nel fare tutto quello che può altrui piacere, e con tai modi e con tali espressioni che tengano del nobile, del facile, del delicato e dell’ingegnoso. La civiltà all’incontro è nel contegno riposta, nello appalesare certe convenevolezze e certi riguardi che agli altri si debbono. Intendimento suo principale è di non mancare ai doveri della società, nè alcuno disgustare, nè dispiacergli. Schietta e nimica d’artifizio e di studio è la verace urbanità, come quella che muove dall’interna persuasione della naturale uguaglianza. Ella è virtù propria d’un cuor ingenuo e ben fatto; laddove la civiltà è un cotal genere di cerimoniale, che ha sì bene le sue regole, ma regole di convenienza; conciossiachè le sue maniere sieno vuote di affezione, come di stima i suoi riguardi. L’urbanità suppone la civiltà; ma vi aggiunge molto di più: perciocchè l’uomo urbano è di necessità civile, dove l’uomo solamente civile non può dirsi ancora urbano. Un uom del vulgo e un uomo eziandio del contado possono esser civili; ma solo un uom di mondo può essere urbano. In fine assai comune è la civiltà, e la urbanità è cosa ben rara.

Sendo molte le qualità che essenzialmente bisognano a dover acquistare l’urbanità, non è da ammirare, se ella così di rado si trova. Avvi chi per sistema è inurbano e scortese. Livello 3► Exemplum► A Rudenio è avviso che i secoli più colti e urbani stati sieno men virtuosi; talchè egli tien per assioma essere tanto minore la virtù, quanto [194] è maggiore l’urbanità. Ma non è troppo malagevole a penetrare negli occulti pensieri di cotesti uomini per sistema inurbani; conciossiachè la costoro inurbanità altro non sia che una tacita confessione dell’amor proprio non appagato. Ed è questa appunto la ragione per cui Rudenio, di pretensioni pieno e d’orgoglio, e bramoso di maggioreggiare nel mondo, temendo di non poter essere aggradevole quanto ei vorrebbe, pensa essere il meglio rendersi disaggradevole per sistema.

Una gran parte della verace urbanità è riposta nel sapere i rincrescevoli e zotici comportare, e alla costoro spiacevolezza contrappone gentili modi e cortesi. Gli uomini permalosi son di rado urbani; della qual tempra è Mefìsio. Pare che egli stia sempre, come siamo usati di dire, sovra le spine: così tutto interpreta sinistramente, avvisando che ogni volger d’occhio, ogni sorriso sia misterioso, e che asconda in sè qualche acuto strale diretto a ferirlo. Pensa che sempre di lui, e che biasimevolmente sempre se ne parli: e non è atteggiamento, nè gesto di cui la sospettosa sua immaginazione non s’adombri: il perchè pieno la mente di tale frenesia pospone ogni riguardo, e senza aver di che, per nonnulla si crucia e imbizzarrisce; nè si avvede lo stolto, che mentre teme sì fortemente la censura, viene a confessare di meritarlasi. ◀Exemplum ◀Livello 3

L’esser cerimonioso non porta con sè cortesia, ma importunità. Livello 3► Exemplum► Mentre che Arlindo finge, in usando colle genti, di adempire tutti i convenevoli officii, egli cerca di travolgerli. Cede la [195] destra per ottenerla; profonde osservanze ed inchini perchè altri glieli renda con larghezza. Tutto in esso è finzione, tranne quella ferventissima smania di essere da quelli onorato, ai quali co’suoi reverenti modi e artificiati fastidioso si rende e importuno. ◀Exemplum ◀Livello 3

Non pochi servano una maniera di urbanità generale ed uniforme, la quale non solo gli animi non adesca, ma s’uguaglia ancora con la discortesia. Vuolsi essere urbano con tutti, ma in vario modo, distinguendo, cioè, i varii gradi di rispetto, di stima, di affezione, che non tutti a tutti convengono. Livello 3► Exemplum► Blandione accoglie indistintamente ciascuno con apparente amorevolezza, mostrando aver l’animo sommamente inchinato verso chiunque gli favella. Nulla riprova di quanto se gli propone, e fa in certo modo sue proprie le altrui ragioni, le bisogne e i pensieri; ma usa con tutti il linguaggio medesimo; e così mentre con questa indistinta cortesia aspira alla pubblica stima, cade meritamente nell’universale disprezzo. ◀Exemplum ◀Livello 3

Cagione d’inurbanità suol essere, il più, il difetto di buona educazione. Livello 3► Exemplum► Iudoro, nato di oscura origine, è stato in guisa carezzato dalla fortuna, che oggidì tra i più doviziosi uomini si annovera. Allevato e cresciuto come le persone del suo ordine, e sfornito di quella naturale urbanità che solo nelle ben nate anime alberga, si fa, per quel ch’egli era, discernere colle sue maniere scortesi. Miratelo difatto entrare laddove molte persone per eminenti ufficii e per singolar merito chiare si raccolgono in cerchio: vedretelo nè dare nè rendere salute a veruno; farsi [196] innanzi familiarmente eziandio a coloro che non conosce; lacerare, in passando, la veste di una gentildonna, o calpestare col suo il piè di quello che favella con lei, senza poi darsi impaccio di scusarsi appo loro; infine non assidersi già, ma precipitarsi sopra un sofà, e sdraiarvisi e rivoltolarsi, come se stesse in suo letto. Sorge indi a poco da quella sconcia positura, e non sapendo che dire, trae fuori sua scatola, a tutti offre tabacco, e ne prende in modo da impolverare i vicini. Sbadiglia, e in cotal atto una e ragghia come asino; tosse, e spruzza nel viso ai circostanti; e starnutendo, o soffiandosi il naso, fa sì forte lo strepito, che assorda altrui, e fa tremare le invetriate. Se di due persone s’avvegga che sole nel vano d’una finestra ragionino, si fa loro dappresso, e indiscretamente ascolta, e dimanda di che favellino. Se un nuovo libro si legga, ovver si canti e si suoni, in luogo di ascoltare, ciarla, sbadiglia o s’addormenta. Se un valletto viene ad annunziare che il desinare è in pronto, egli non invitato fa a se medesimo invito, si asside nel primo posto, si avventa alle migliori vivande, e si lagna se alcuna gli par trovarne che al suo palato non soddisfaccia. ◀Exemplum ◀Livello 3

Nessuna specie di inurbanità è più di quella spiacevole la quale dalla fatuità proceda e da una cotale aria d’importanza. Livello 3► Exemplum► Damisio entra bruscamente colà dove alcuna onesta brigata segga o ragioni, e tantosto con un volger d’occhio fiero ed ardito quante ivi sono persone ha trascorse. Immantinente la conversazione interrompe, e quasi signor ne diviene. Fa ripetere più volte le cose delle quali innanzi alla sua [197] venuta si favellava, pregando che se gliene taccia prestamente un epilogo, e dicendo di non poter perdere il suo tempo in ascoltarne le particolarità. Se egli talvolta propone a’suoi compagni di gire in qualche luogo a diporto, dopo aver promesso di recarsi per primo al luogo destinato, per ultimo vi si conduce; e insuperbisce dell’impazienza che il suo ritardare cagiona, e vuol dare a credere altrui ch’ei non è arbitro nè del suo tempo nè di se stesso. Ostentando famigliarità coi superiori, importanza cogli eguali, insolenza cogli inferiori, si affratella, protegge, disprezza. Non guarda chi lo saluta, non ascolta chi gli favella, non rende a chi gli scrive risposta. In somma egli è un cotale sciocco arrogante, che estimandosi pieno di meriti, giudica per questo non dover usar cortesia. ◀Exemplum ◀Livello 3

Le piacevoli e cortesi maniere non ci forniscono di merito, ma il rendon più aggradevole e amabile; e l’uom senza quelle, ricoverto di salvatica scorza, e ignudo d’ogni gentilezza, addiviene quasi insopportabile, e biasimo e non lode si accatta. Quando alcuno benefica altrui scortesemente, perde in gran parte il frutto del suo meritare; perciocchè gli sconvenevoli e zotici modi guastano tutto, ed operano sì, che la giustizia e la ragione medesima più non paiano desse.

Che giova, dice Bacone, che tu apra la porta della tua magione, se le tue maniere ti chiudono l’ingresso dei cuori?

Vuolsi di buon grado e tosto alla legge obbedir dell’usanza, la quale i gentili ed urbani [198] modi prescrive; nè lice discostarsene, se non ne astringe la necessità, la quale di tutte altre leggi ci esenta. Le donne son meno che gli uomini soggette alla scortesia. Bisognerebbe che fossero troppo ruvide per comparir tali, e forse anche volendo non potrebbono. Sulle lor labbra le medesime parole non significano le cose medesime che da uomo proferite significherebbero; e ridono intorno ad esse le grazie, anche allorquando s’ingegnano d’allontanarle. Livello 3► Exemplum► La cortesia di Crasia non consiste già in certe formole, nè alla moda e all’usanza si piega; ma procede da un vero disío di piacere non miga a chiunque, ma solo ai valentuomini. Privilegiata dalla natura dei più rari pregi, ella si vede corteggiata da molti: nè però porge l’orecchio alle loro lusinghe, reputandole un’offesa del suo sesso; e così loro impone silenzio non affettando uno sdegno apparente, ma prendendo una cotal aria indifferente e contegnosa, o rispondendo per ironico modo che ti sgomenta. Massime alle persone di suo sesso ella pone tutta sua cura di aggradire; ed anzichè mostrarsi gelosa di loro beltà, ne fornisce a dovizia a quelle eziandio a cui fu avara natura: nè delle donne parla che in bene, e senza far eco alla maldicenza prende con calore la difesa di quelle che son da altrui morse. A ben chiarirsi quanta cortesia in lei si ritrovi, basta il vederla accoglier gente in sua casa, e intrattenersi con quella. Nè stento nè arte traspare dalle sue maniere. A tutto pon mente, ed eziandio negli occhi e nei gesti legge ogni convenevolezza; parla con ciascuno di ciò che può piacergli, e il fa assidersi [199] colà ove egli desía. L’infimo della brigata attragge le sue cure non meno che il primo, senza che però l’ordine punto si perturbi; e per tal guisa nell’uscire dalla magione di Crasia avvisa ognuno non avere ella atteso che a lui. ◀Exemplum ◀Livello 3

Livello 3► Exemplum► Saria cortese ancor Cleora, se fosse meno civetta e men capricciosa. Ella s’è posto in cuore che l’universo sia fatto per compiacere a lei, e crede dover esser in ogni suo desiderio soddisfatta. Tanto ella presume, che diviene scortese, e scortese reputa chi ai voleri e ai capricci suoi non si acconcia. Se le getti qualche motto galante, dice che sei troppo libero: se le testimonii la tua stima, tu non la curi. Ovechè di rado la visiti, agramente te ne ripiglia; ed ovechè il faccia con assiduità, se ne mostra stanca e noiata. Fugge ella ed abborre la femminil conversazione, e ciò in vero per solo timore di non veder divisi gli omaggi degli uomini. Quando poi di necessità dee con donne ritrovarsi, con mezze occhiate, con sorrisi e con secreti parlari appalesa sua noia e suo rincrescimento. Intende ognora a discoprire i difetti di quelle eziandio che chiama sue amiche, e malignamente tace le loro buone qualità. Una seria e continuata conversazione, sia interessante quanto si voglia, non può sostenerla; ma tutto reca a se stessa, o ad una inezia a cui posto abbia l’animo. Tronca il più importante ragionamento per favellare d’una moda, e per dire, ad esempio, che i cappelli di nuova foggia sono a vedere spaventevoli, e di tal gusto che la nazion disonesta. Spesse fiate si rivolge al suo cagnuolino facendogli vezzi e carezze infinite, [200] intanto che più non le sovviene di alcuno della brigata. Pensa Cleora d’esser tenuta sol per fraschetta, e non le va per lo capo ch’ella sovente è nomata per una scortese, se non vogliam dire ancora impertinente. ◀Exemplum ◀Livello 3 L’urbanità che è posta nei costumi, è stata ognor contemporanea al buon gusto nelle belle arti. Così i secoli di Pericle, d’Augusto, di Leon X e di Luigi XIV furono i più bei tempi in cui fiorì il greco atticismo, l’urbanità romana, l’italiana cortesia e la politesse francese.

La urbanità è un pregio che appartiene principalmente alle monarchie, dove per riuscire, fa mestieri piacere. In esse l’urbanità agevola l’obbedienza dei popoli, ne addolcisce la vita, e meglio la felicità di tutti assicura. Lasciamo l’inurbanità alle repubbliche, ove il reggimento dei più arma le passioni di tutti, e dove l’uomo non procaccia di piacere ad alcuno, ma solo alla moltitudine. ◀Livello 2 ◀Livello 1