Lo Spettatore italiano: La sensibilità
Permalink: https://gams.uni-graz.at/o:mws-117-895
Level 1
La sensibilità
Level 2
Level 3
General account
In una bella sera d’estate, dopo aver vagato qua e là per gli
andirivieni di un boschetto di lauri, finchè non incominciò la luna a diffondere il suo placido
lume, mi assisi sulle sponde di un fiumicello che lento per la prateria serpeggiava. Un salcio
piangente curvava sopra il mio capo i suoi penduli rami che giù scendendo lambivano la superficie
dell’acque. Un’antica torre, rovinoso avanzo del tempo, rivestita di ellera e cinta di tassi e
cipressi, era il solo edificio in cui, volgendosi all’intorno gli occhi miei, scontrarci potessero.
Io avea consumato quel giorno in leggendo un melanconico racconto, che viva e profonda impressione
lasciato m’aveva nel cuore. Assorto nella meditazione, soffermossi il mio spirito a ripensare in
quello strano piacere che qualche fiata proviamo nel leggere i più tragici avvenimenti. Qual esser
può di un tal piacer la cagione? chiesi io a me stesso: l’uomo forse farebbe le sue delizie delle
fraterne disgrazie? Ah! no: natura non privilegiò l’uomo della sensibilità perchè godesse di un così
selvaggio piacere. Le mie pupille immobili non dipartivansi dalla corrente del fiume, nelle cui
placid’onde parean trastullarsi i raggi della luna. Un indistinto e sordo mormorío appena
intendeasi, e sembrava che con dolce richiamo tutta la natura al riposo invitasse.
Lieve lieve sulle mie palpebre il sonno discese e si fe’ signor de’miei sensi.
Appena aveva io pronunciate queste parole, che il sonare della campana del villaggio ruppe il
sonno in cui immerso giacevami. L’amabile Dea, dalla mia imaginazione creata, svanì; ma io ebbi di
che racconsolarmi, trovando la sensibilità nel mio cuore.
Level 4
Dream
In quello parvemi che
Quindi, Non meravigliarti, incominciò a dirmi con una voce più lusinghiera dell’alito dei
zefiretti; non meravigliarti se i melanconici sentimenti tanto ti aggradano. Io sono la Sensibilità;
nè da te mai fino dalla fanciullesca età tua mi scompagnai. Impara a conoscermi meglio. Ebbi per
genitore il Genio dell’umanità. La Simpatia, figliuola della Tenerezza, fu mia genitrice. La mia
culla fu alle falde del Parnaso in una grotta su cui spandeano la lor ombra le mortelle e gli
aranci. L’educazion mia fu commessa a Melpomene, che m’allattò col mele dell’Ibla, e cullandomi, con
flebil aria cantavami lamentevoli canzonette. Un rivolo, che derivavasi dall’Elicona, con piangenti
acque presso la grotta scorrea, e sopra i circostanti alberi le tortorelle e gli usignuoli
nidificavano. La sola mia cura sta nell’accrescere la felicità di alcuni mortali amati
dal cielo, i quali pur si fanno schermo dal mio influsso, e si suggetterebbono di buon grado
all’impero dell’Apatia. Ah! quanto pazzamente consigliansi! Se la rosa non è priva di spine, non ha
forse anco un bel vermiglio ed un dilettoso odore? Se l’abbondante rugiada fa nel mattino curvar
sullo stelo i gigli, i giacinti, le viole, non esalano questi poi, ravvivati dai raggi del sole, la
più balsamica fragranza? Non altrimenti un’anima, tocca dallo spettacolo dell’altrui disavventura
prova nell’istante medesimo un soavissimo affetto. Che se qualche volta questo sentimento è
accompagnato da lagrime, chi potrebbe intitolar quel pianto il figlio della debolezza? Ti priveresti
di buon grado di questo testimonio di tenerezza, rinunziando intanto alla sensibilità? Ah! no, mia
cara ninfa, ripresi io subitamente: piacciati starmi sempre a’fianchi, e mentr’io docile discepolo
mi ti presterò, insegnami a piangere con gli sventurati e ad esultar co’felici. Or sì mi vien fatto
di comprendere che la voluttà ch’esperimentiamo nell’ascoltare il racconto dell’altrui calamità,
nasce dal persuaderci che i cuor nostri resister non sanno alle più dolci affezioni, e che anzi
sappiam dividere co’nostri simili i piaceri e le pene.
Level 5
Heteroportrait
un essere non mortale e d’incognite forme a me si facesse dappresso e
si assidesse vicino. Un manto di pallido zaffiro gli scendeva giù dagli omeri al piede; una bionda
inanellata chioma gli ondeggiava sul collo d’alabastro; un bianco velo quasi trasparente ne
ombreggiava il volto, e una ghirlanda di amaranti e di gelsomini l’incoronava. Sollevò alquanto il
velo sospirando, e così stette alcun tempo senza favella. Io non vidi mai fattezze così belle, e da
cui mi sentissi tocco siffattamente; e quantunque su quelle labbra di corallo scherzasse un dolce
riso, nullameno i suoi begli occhi azzurri eran umidi di lagrime, e simigliavano violette imperlate
di brina.