Il Socrate Veneto: N. XXIV

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Livello 1

N. XXIV.

De’superbi palagi, e de’giardini deliziosi.

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Se io non vedessi che i Superbi Palagi, che voi avete fatto inalzare, non vi gonfiassero di vanità, non avrei mai creduto che si potesse ritrar gloria dalla calce, dalla sabbia, da’legni, e dalle pietre; avvegnacchè al contrario io pensava ch’essa dovesse riportarsi dalle belle azioni, e dalle virtù eroiche. Voi fondate la vostra fama sopra soggetti tanto più fragili, quanto li giudicate più sodi. Tutte l’Opere che furono fatte dalla mano dell’uomo, sono parimenti distrutte dalla mano dell’uomo, o insensibilmente da se medesime vanno in rovina. In fatti l’estensione del tempo ha le mani assai lunghe, e possenti; e di tutte l’Opere nostre niuna può resistere alla vecchiaja. Per ciò i fondamenti della gloria vostra immaginaria essendo rovesciati, conviene che necessariamente essa cada. Se la ragione non vi convince, prestate credito all’esperienza. Considerate l’Opere più magnifiche dell’Antichità, che vi faran già note, e che non si possono più vedere. Dove è il superbo Ilio, e le Torri, e le Mura di Babilonia? quegli Edifizj magnifici fatti per gli uomini, di presente servono di asilo alle bestie, e a’ferpenti. Ove sono i sette miracoli della Grecia? Questo è un maggior miracolo, che non si veggono di essi se non i miseri avanzi. Ma per accostarci più d’appresso a’Secoli degli antichi Romani, dov’è la Casa d’oro di Nerone, la cui struttura diede tanto travaglio agli Architetti, quanto ora reca stupore all’immaginazione de’Lettori, che vogliono rappresentarsi la sua magnificenza. Basti il dire che quell’Edifizio ridusse quel Principe alla povertà, e lo costrinse a commettere rapine pubbliche per terminarlo. Quell’aurea abitazione di presente si cerca, e non si trova. Dove sono le Terme di Diocleziano, il Bagno di Antonino, i Trofei di Mario, il Mercato di Augusto, il Tempio di Marte Vendicatore, quelli di Giove Fulminante, e di tante altre Divinità? Dov’è il Portico del medesimo Imperadore, e la sua Biblioteca Greca, e Latina? Dove sono i Palagi, e le superbe Galerie di Cajo, e di Lucio Nipote, di Livia, di Ottavia, e di tanti altri Personaggi illustri, i quali pareva che avessero racchiuse tutte le maraviglie del Mondo nel recinto d’una sola Città. Io quivi non parlerò del Teatro di Marcello, di quello di Cornelio Balbo, dell’Antiteatro di Statilio Tauro, nè dell’Opere innumerabili di Marco Agrippa, che in una vita privata quasi superò la magnifica possanza degli Imperadori. In una parola, io domando ove sieno i Palagi di tanti Principi? Cercate ne’Libri, nè troverete i nomi; ricercate per la Città, non ne troverete che alcuni piccioli vestigj. Sarete altresì costretto di cercare Roma in Roma stessa. Or se quelle grand’Opere, che sembrava dovessero far guerra al tempo, sono già perite; credete forse che le vostre tanto più picciole possano essere eterne? Per certo se Augusto, che devesi chiamare il più grande di tutti i Romani, non avesse lasciato se non alcune Fabbriche fatte mentre egli viveva, la gloria sua già da gran tempo sarebbe estinta. Dopo tutto ciò, non crederete che la gloria per esser durevole abbia bisogno di più sodi fondamenti di quel che sieno le pietre poste l’une sopra l’altre con una laboriosa industria? Giacchè adunque non potreste trovarla ove essa non è, cercatela ove essa soggiorna, La vera gloria non annida tra le mura: esse sono assai rozze, ed ella è troppo delicata. Io so che coloro, i quali giudicano comunemente delle cose, dicono che uno può rendersi famoso in tre maniere; o col far qualche cosa di grande, per cui gli Autori ne lasciassero memoria; o col comporre qualch’Opera, che fosse letta e ammirata da tutti i posteri; o col inalzare qualche straordinario Edifizio. Quando così forte, sempre quest’ultimo mezzo sarebbe il meno infallibile, come in fatti è il minimo. Non vi lusingate per il rispetto che i vostri nipoti porteranno alla memoria vostra, veggendo tanti eccellenti lavori ne’vostri sontuosi Edifizj.

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Esempio

Augusto morendo si vantò, che avendo trovato una Città di mattoni, la lasciava tutta di marmo. Ma se questa vanità ch’egli si appropriava non fosse stata coperta dalla gloria legittima di tant’altre luminose azioni, e se la sua vita non avesse fatto parlare più di lui, che de’suoi Edifizj, secolui sarebbe morto il suo nome.
Pensate dunque a morire con pensieri più sublimi, e stringete più sicure speranze. Questi motivi, sopra i quali stabilite la vostra confidenza, e che non hanno prezzo alcuno legittimo, faranno con voi sepolti; e siccome vengono dalla terra, in terra pure ritorneranno. Ma forse il vostro Palagio non tanto vi piace per la sua architettura, quanto per i suoi boschetti, e Giardini. In un sol Palagio voi avete mille vaghi ritiri. Vi confesso che questo è alle volte il soggetto d’un piacere innocente; ma bene spesso è altresì l’occasione d’una soddisfazion viziosa. Le persone voluttuose non amano meno il ritiro degli uomini seguaci della virtù. Un luogo aggradevole porta alcuni alla contemplazione, ed altri al libertinaggio, ed alla lascivia.

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Esempio

Quando mi parlate delle vostre belle solitudini, credete che niuno si ricordi del famoso ritiro di Tiberio nell’Isola di Capri? Egli credeva di essere là sconosciuto; ma le sue segrete infamie divennero pur troppo pubbliche. Mi arrosisco di produr quivi le vergognose azioni di quel vecchio in quella tana pomposa, e perchè ogn’un le fa, e perchè ciascuno deve arrossirsi di ciò, di cui egli non avea alcun rossore. Scipion l’Affricano era ben più glorioso nell’austerità del suo esilio, che questo Imperadore tra tutti i suoi piaceri.
Lo replico ancora: la vostra felicità, o mortali, non consiste ne’luoghi, nè in alcun altro oggetto, ma nella vostra anima. Perciò coloro, che hanno lodato la vita solitaria, e il ritiro dal gran Mondo, non l’hanno fatto se non presuponendo che l’anima sapesse farne buon uso. Conviene adunque esaminare qual frutto abbiate raccolto da’vostri belli Giardini, prima di pronunziare giudizio alcuno in favor vostro. Avvegnacchè se voi vi gloriate perchè possedete de’luoghi che poco prima non erano vostri, e che forse dimani non lo faranno, voi vi gloriate del bene altrui. Qual fondamento vi ritrova la vostra gloria? Che importa che l’Alpi abbiano delle nevi nel maggior bollor della State, che l’Olimpo fra più alto delle nubi, che l’Apennino sia ombroso, il Tesino lucido, e l’Adige delizioso? Se queste sono lodi, appartengono esse a’luoghi, e non agli uomini. Conviene che abbiate in voi medesimo il soggetto delle vostre lodi. Quando passeggiate ne’vostri Giardini, è d’uopo di considerare mai pensieri frattanto girino nel vostro spirito, e quai desiderj passino per il vostro cuore. Imperciocchè a che serve di tener racchiusi in una cassetta d’avorio de’profumi che rendono cattivo odore, e un’anima laida tra deliziosi sentieri? Aggiungete che i luoghi di delizie non solamente sono stati dannosi all’anime, ma bene spesso ancora a’corpi, e alla vita degli uomini. L’aere salubre fece morire alcuni, che ivi credevano di poter godere d’una perfetta salute.

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Esempio

Chi non ha letto presso lo Storico Alessandrino di que’giardini de’Medi piantati dai Re, e sostenuti dal genio voluttuoso de’Sarrapi? Eppur là fu che Parmenione, quell’illustre vecchio, e a mio credere, il più eccellente Capitano della Macedonia, fu ucciso per comanda d’un giovane Principe, che il vino avea reso furioso. Chi non ammira la bella riviera di Gaeta, la quale pare che il Cielo abbia formata per tutte le delizie della terra. Eppure Cicerone ivi fu assassinato per ordine del crudele Antonio, che volle col fargli tagliar la testa, troncare per così dire l’eloquenza medesima, che declamava contro i suoi vizj.
Bench’io vi vegga assai lieto, e libero da inquietudini, sappiate che la gioja e l’obblio de fastidj è sempre nemico della cautela. In fatti se vorrete rammemorarvi i proprj pericoli, e lo stato comune della condizione umana, appena ritroverete alcuno assai contento, e che in una o in altra maniera non viva inquieto. Nè la beltà de’luoghi, nè la speranza delle ricchezze potrebbero farci dimenticare il timore de’mali, che da per tutto ci minacciano. Per fine se state volentieri tra i boschi, gli Orsi e i Cinghiali vi trovano altrettanta soddisfazione. Or non importa che siate in questo, o in quel luogo, ma ciò che ivi facciate. Il luogo non vi può render nobile, bensì voi potete nobilitare il luogo: e ciò non può avvenire, se non facendo voi qualche cosa di grande, e di segnalato. Di nuovo mi direte che l’alloggio vostro è simile a un Reale albergo; come se il luogo potesse impedire i travagli e le malattie, e che la morte avesse bisogno di scale per giungere alla sommità delle torri.

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Esempio

Tulio Ostilio, e Tarquinio Prisco abitavano pure in un Palagio Reale, quando l’uno fu colpito da un fulmine, e l’altro dal ferro? Anche Tarquinio il Superbo alloggiava in una Casa Reale quando fu scacciato dal Regno.
Non v’è luogo, che sia inaccessibile a’pericoli, nè v’è porta che sia chiusa alla morte.