Citation: Francesco Anselmi (Ed.): "N. XXI", in: Il Socrate Veneto, Vol.21\ (1773), pp. 80-84, edited in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Ed.): The "Spectators" in the international context. Digital Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.980 [last accessed: ].


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N. XXI.

Della vita campestre

Level 2► Quando voi fissate l’occhio alla fertilità delle vostre campagne, dovete considerare il sommo potere di lui che le rende feconde; e servirvi in tal modo de’doni celesti, che non offendiate mai la mano liberalissima di chi ve le diede. Voi così farete, se regnerà la modestia e la sobrietà tra l’abbonza, e se farete parte delle ricchezze vostre a’poveri, ed agli amici. In mezzo a’vostri piaceri però non siete senza travagli, poichè siete condannato a coltivar la campagna che vi nudrisce. La terra dovea servire all’uomo, e non mai l’uomo alla terra; ma il peccato fece ch’essa più non corrispondesse alla speranza de’suoi successori se non colle lor fatiche.

La neccessità costrinse i mortali a fendere la terra col ferro, e a raddolcirla con mille carezze per obbligarla ad esser fertile; poichè non essendo coltivata, non avrebbe prodotto che bronchi, e spine. Da ciò ebbe principio una vita in altri tempi assai innocente e pura, e presentemente assai comune, ma per altro soggetta alla vecchia fatica, ed a’vizj moderni. In fatti, perchè all’insidia, e all’avarizia nulla v’è d’inaccessibile, i vizj delle Città penetrarono fin ne’villaggi.

Ma ritornando alla professione dell’Agricoltura, che fu lodata da sommi ingegni, ed esercitata da uomini celebri, Level 3► Exemplum► Catone il Censore tiene il primo luogo, come in molte altre cose, così pure in questa: laonde con verità di lui fu detto, ch’era [82] un buonissimo Senatore, un valentissimo Generale, ed un Orator facondissimo; e per colmar le sue lodi fu ancor detto ch’egli ora migliore agricoltore del suo tempo. Chi dunque si vergognerà di coltivar la terra con Catone, e stimerà un disonore quel ch’egli tenne più gloria, egli che oltre l’altre qualità del suo corpo e del suo spirito, ch’erano tutte incomparabili, avea trionfato delle Spagne, dopo aver condotte a un fortunato fine tant’altre imprese gloriose? Chi si vergognerà di condurre i buoi, e di animarli colla popria voce, quando Catone stesso li conducea, e li animava con quella voce medesima, che avea sì spesso stimolato a combattere numerosissimi eserciti, e guadagnate con la sua eloquenza tante cause, che si tenevano per perdute? Chi si ritirerà dal porre la mano all’aratro, poichè quella mano trionfante e filosofica non ricusò di farlo dopo aver riportate molte insigni vittorie, e scritti tanti Libri eccellenti in ogni genere di argomenti, sopra la Filosofia, sopra la Storia, sopra la vita Civile, e sopra la Campestre, di cui parliamo? Con verità può dirsi ch’egli abbia ridotta in arte la maniera di coltivar la terra, che abbia pubblicati i segreti, e servito di esempio a molti altri, che hanno inalzato con versi eccellenti la bassezza d’un sì vile impiego. ◀Exemplum ◀Level 3

Or la memoria di questi grandi Autori, e la considerazione della necessità degli uomini non mi permettono di spregiare, e di non approvare l’Agricoltura; ma nè l’autorità degli Scrittori, nè il timore della necessità mi ridurrà giammai a preferirla, e neppure ad eguagliarla all’Arti liberali, che sono sempre più oneste. Avvegnachè quantunque la prima età della Repubblica Romana abbia dati degl’illustri Capitani, ch’erano altresì insigni agricoltori; l’intervallo del tempo ha cambiato assai la costituzion delle cose; e i nostri spiriti non essendo sufficienti a tanti impieghi differenti, perchè la natura presentemente è più debole; perciò non posso tollerare che gli uomini grandi del nostro Secolo si dieno per occupazione all’agricoltura, e non per divertimento, o per dar qualche tregua ai loro gravosi pensieri; e siccome io loro permetterei di piantare qualche volta degli alberi, di sradicarli, di recidere loro il superfluo per renderli più utili, di far cambiare il corso ai ruscelli per adacquare i prati sterili e secchi; così di volgere e di lavorare assiduamente la terra senza alcuna necessità io la reputo cosa indegna d’un uomo abile, e valente.

[83] La natura, ch’è una buona madre, dando diversi impieghi a’suoi figli, ha dato ad essi pure diversi genj, affinchè ciascuno si applichi a quell’arte, che gli è più propria. Si veggono alcuni, che con mediocre talento coltivano le terre, o solcano i mari con tanta industria, che non v’è sottigliezza alcuna Filosofica, nè abilità naturale, che possa uguagliarla. Così voi fareste benissimo a coltivare la terra, allorchè non sapeste fare altra cosa di meglio. E se in quest’anno essa vi ha prodotto moltissimo, state bene attento a quello che verrà dopo. Spesse volte la fertilità presente è una caparra della futura sterilità. Assai di raro succede che la prosperità non abbia qualche intervallo. Io voglio concedervi che abbiate impiegate tutte le attenzioni immaginabili per coltivare la vostra vigna, ma intanto che state attendendo il successo della vendemmia, avete voi fatto alcun patto con le brine, e con la gragnuola? Se le vostre campagne sono seminate con novello artificio, voi nudrirete più uccelli all’aperto, e più topi ne’vostri granai; o per parlar meglio, la semente farà la vostra inquietudine, e la fatica la vostra messe, che raccoglierete in grande abbondanza.

Mi direte ancora che le vostre possessioni sono assai ben coltivate; ma io vi dirò una cosa, che vi farà stupire. Quegli stessi valenti uomini, che, come vi dissi, furono eccellenti agricoltori, furono di parere che convenisse coltivare i campi, ma non troppo bene. Questo vi sembrerà un paradosso; ma l’esperienza lo giustifica. In fatti la fertilità, per quanto grande ella sia, appena uguaglia la spesa, e tra gli Antichi trovasi una comparazione assai più plausibile dell’uomo a un campo; poichè se l’uno e l’altro molto costano, quantunque apportino del profitto, o nulla resta, o vi resta assai poco. Per concludere, io vorrei piuttosto che in vece di coltivar la terra con tanta cura voi coltivaste voi stesso. Ma perchè siete un animal terrestre, amate la terra; e fra poco impinguerete quelle, che di presente voi coltivate. Lavoratela pure, e piantate quanti alberi vi piacerà, alla fine non occuparete che poco spazio di terreno; e di tanti alberi che piantate, il solo cipresso o l’abete vi seguirà al sepolcro.

Ma forse non vi rallegrate voi tanto perchè avete buone terre e belle boscaglie, quanto perchè siete ricco di numerosi armenti e di molto bestiame. Ma ancora in questo la soddisfazion vostra è brutale. In ogni sorta di affetto la rassomiglianza tra il [84] soggetto che ama, e quello ch’è amato, è sempre sospetta. Gli uomini amano ogni cosa fuor di sè stessi, in luogo di amar la virtù, o di amarsi scambievolmente. Trascurano quel che dovrebbero più amare, ed amano quel che dovrebbero trascurare. Tutto questo male viene dall’avarizia, che li persuade a preferire non solamente uno schiavo a un uomo libero, ma ancora un animale a un uomo ragionevole.

È vero che gli animali sono una ricchezza stimabile, ma assai incerta, e soggetta a una gran quantità di accidenti, alla pestilenza, ch’è tanto ordinaria, e alle volte si violenta, che porta via seco tutta una mandra. Leggesi in Lucrezio e in Virgilio la descrizione de’suoi effetti contagiosi. Oltre a ciò gli animali sono ricchezze vaganti, ed a tutti aperte, poichè non possono racchiudersi non dirò già in uno scrigno, come l’oro e le pietre preziose, ma neppure in una casa di grande estensione. Laonde non siete sicuro nè dalle mani de’vostri domestici, nè da’ladri stranieri, e molto meno dalle scorrerie de’più crudeli animali. Sembra che tutti abbiano diritto sopra il vostro bene.

Se dunque di presente voi ne prendete piacere, sappiate che per un contento avrete molte afflizioni, nè passerà giorno alcuno, in cui non abbiate qualche trista novella. Ora verranno i Sabei, e ruberanno tutto il vostro bestiame, battendo altresì i vostri servi. Ora un cavallo si sarà spezzato una gamba, ora il lupo avrà sorpreso un agnello, oppur la morte colla sua falce avrà mietuto l’intero ovile già infetto. Non vi sembra di essere assai miserabile per i vostri proprj mali, e per la mortalità vostra, senza che vi sia d’uopo di piangere anche la perdita, o la morte delle bestie? ◀Level 2 ◀Level 1