N. XIV Francesco Anselmi Moralische Wochenschriften Klaus-Dieter Ertler Herausgeber Alexandra Fuchs Herausgeber Alexandra Kolb Mitarbeiter Lisa Pirkebner Mitarbeiter Sarah Lang Gerlinde Schneider Martina Scholger Johannes Stigler Gunter Vasold Datenmodellierung Applikationsentwicklung Institut für Romanistik, Universität Graz Zentrum für Informationsmodellierung, Universität Graz Graz 04.07.2019 o:mws-117-1187 Anonym: Il Socrate veneto, opera dedicata al nobile signor Marchese Giovanni de Serpos. Venezia: Modesto Fenzo 1773, 53-56 Il Socrate Veneto 14 1773 Italien Ebene 1 Ebene 2 Ebene 3 Ebene 4 Ebene 5 Ebene 6 Allgemeine Erzählung Selbstportrait Fremdportrait Dialog Allegorisches Erzählen Traumerzählung Fabelerzählung Satirisches Erzählen Exemplarisches Erzählen Utopische Erzählung Metatextualität Zitat/Motto Leserbrief Graz, Austria Italian Adelskritik Critica della Nobilità Critics on Nobility Crítica de la Nobleza Critique de la noblesse Crítica da nobreza Italy 12.83333,42.83333 Lebanon Tyre Tyre 35.19389,33.27333 Asia 89.29688,29.84064 Japan 139.75309,35.68536 Italy Rome Rome 12.51133,41.89193

N. XIV. Dello stato ignobile

Ve la prendete contro i vostri Genitori come se avessero fatto un peccato a generarvi senza esser nobili, e a farvi nascere altrove che sopra la porpora. Ma a parlar sanamente, cosa hanno i figliuoli de’Nobili nella lor nascita più di voi? Siete entrato nel Mondo medesimo per esserne a parte com’essi; non hanno già un’altra Terra, o un altro Sole; e perchè sono formati come voi della materia medesima, la loro condizione è la stessa. Io trovo ancora che il nascere ignobile e più tosto una felicità, cha (sic.) una disgrazia. In fatti qualunque genere di vita seguir si voglia, i vantaggj sono assai notabili. Se volete abbandonarvi a’piaceri, e adottare i costumi e i sentimenti del popolo, che d’ordinario è tanto vizioso, quanto è ignorante, sarete più scusabile di allontanarvi dal buon cammino, non avendo in Casa vostra alcuno, che vi possa servir di guida. Non sarete rimproverato come tanti altri di tralignare dalle qualità de’vostri Antenati. Al contrario, non trovando voi in Casa vostra splendore alcuno, non potrete oscurarla: e sebbene foste malvagio, si dirà bensì che voi fate male, ma non mai che i Genitori vostri sieno stati migliori di voi, non avendo mai avuto perfezioni eroiche.

Se poi per una elezione quanto generosa, altrettanto ragionevole voi vi dichiarate per la Virtù, benchè niuno de’vostri antecessori l’abbia abbracciata, la probità vostra fra tanto più rimarcabile, quanto si scorgerà senza esempio. Diverrete più illu-stre producendovi alla luce a traverso di tante oscurità; lo splendore sarà tutto di voi, non avendo alcuno parte alla vostra grandezza. La metà della gloria vostra non sarà frutto dell’imitazione, nè riconoscerete questo bene da coloro che vi fecero loro erede. I vostri antecessori, e i Padroni vostri ingiustamente ve ne chiederebbero conto; voi solo raccoglierete il frutto di tutte le belle imprese che farete; la fatica e la lode sarà tutta vostra; passerete per il primo e più degno della vostra prosapia ancorchè foste l’ultimo; e quello che non accaderebbe mai se foste stato nobile fin dalla nascita, sarete chiamato Autore, e Padre della nobiltà vostra. Da ciò potete giudicare, che la vostra condizione, la qual sulle prime pareva che vi destinasse ad una vita occulta, v’offre una bella occasione di farvi conoscere; e vi dà il modo di farvi nobile da voi stesso, senza il concorso e la cooperazione degli altri. Potete dispensar titoli di nobiltà in luogo di riceverli; i vostri parenti vi saranno obbligati dopo la lor morte, che la Casa loro viva tra gli onori; e i vostri posteri goderanno d’un privilegio che voi lor deste di nascer nobili senza riconoscerlo da loro antenati.

Mi risponderete che la stirpe vostra essendo stata sempre ignobile, non può far di meno di non restare imbrattata da questa macchia; ma io ripiglierò, che se tale fu il principio, dovete voi fare in modo che il fine sia diverso. Non v’è nobile alcuno, che ne’suoi antenati non sia stato un tempo ignobile; e niun villano, il di cui figlio non possa divenir Gentiluomo, se per le sue belle azioni meriti di avere il privilegio della nobiltà. Oltre di che tutta la fatica sta ne’principj, e il frutto si coglie sul fine: avvegnachè il prenderlo senza esser maturo, è veramente un perderlo. Non pensate adunque che la vostra condizione vi abbia come troncata la radice della gloria; essa non l’ha toccata, ma solo la profondò più in terra, affinchè germogli con più forza: benchè un poco tardi. Il gambo benchè sembri terrestre, è con tutto ciò la madre de’fiori e de’frutti; non si ricerca tanto l’origine delle cose, quanto il lor valore e qualità. Per altro io vi nominerò non solamente alcune persone già conosciute, ma altre ancora affatto incognite, che per la loro virtù ed industria divennero assai celebri. E per vero dire, se la virtù costituisce la vera Nobiltà, non veggo qual cosa possa impedire ad un uomo d’esser nobile, quando efficacemente lo voglia, nè posso immaginarmi che sia più facile di nobilitare gli altri, che se medesimo. Ma poichè le ragioni non sono capaci di convincervi, voglio farlo con esempj incontrastabili. Dico adunque per consolarvi, ed insieme per confondervi, che moltissimi gran Personaggi sono stati d’una estrazione più bassa ancor della vostra.

Stimate voi Socrate, che gli Oracoli medesimi hanno chiamato il più saggio di tutti gli uomini? Suo Padre era scarpellino. Euripide occupa uno de’più luminosi seggj tra i Poeti Greci, e sua madre era levatrice. Demostene per la sua eloquenza sorpassò tutti gli Oratori di Atene, eppur giammai si seppe il nome de’suoi Genitori. Virgilio nacque in un villaggio del Mantovano, e fu il Principe de’Latini Poeti. Orazio non si vergognò di confessare d’essere nipote d’uno schiavo, quantunque scrivesse alla Corte, e fosse favorito d’Augusto. Questi due ultimi uomini, quantunque fossero di bassi natali, si acquistarono nulladimeno un sì alto credito in Roma, e presso l’Imperadore, che un tanto Principe, a cui tutti i Re ubbidivano, da cui si aspettava la distribuzione de’maggior benefizj, che teneva tra le sue mani la fortuna, e la speranza di tutti gli uomini, la di cui amicizia in una parola ricercavano i Soggetti più riguardevoli, un tanto Principe, dissi, aggradiva la conversazione di questi due villani. Dimandava ad essi questa grazia nelle sue lettere con quel medesimo stile, con cui dispensava favori a tutto il Mondo. Stimava l’Opere loro assai più delle sue qualità; nè giudicavasi grande se non per le lodi che riceveva dalla lor penna.

Questi esempj vi sembrano forse di poca considerazione? Ne rapporterei di maggiori, se la carta non mi mancasse più presto della materia. Cicerone, per quanto dicesi, era quando nacque dell’ordine de’Cavalieri, una d’una povera famiglia; poco dopo fu fatto Console per la sua industria; e Roma ha sempre confessato, che mai uomo alcuno più di lui avea meglio esercitata una tal carica. Mario, che fu altresì Console fino a sette volte, era stato per lungo tempo agricoltore, e raccolse dipoi molte bellissime palme con quelle stesse mani, con cui avea lavorato la terra. Catone parimenti da un picciol castello passò ad essere cittadino e Censore della maggior Città del Mondo.

Non parlerò presentemente dei Re dell’altre Nazioni, i quali spesse fiate passarono da un’officina di qualche Artefice, o da una capanna al Trono. Alessandro fece un suo Giardiniere Re d’una Provincia dell’Asia. Taicone fu fatto Imperador del Giapone per essere salito sopra un albero con molta destrezza. Per lo contrario io potrei nominare moltissimi, che di Sovrani ch’erano, divennero servi de’loro schiavi. L’impero della fortuna è quello che governa il Mondo tutto, prendendosi trastullo della condizione umana. Tuttavia la virtù ha un gran potere, e seguendola si può salire senza pericolo al più alto seggio della grandezza. Che se i Re l’abbandonano per seguire un altro cammino, siamo certi che non solo stanno in pericolo di discendere, ma di cadere ancora in un precipizio. Per tutto ciò io conchiudo che la vostra nascita non è molto bassa, poichè non vi priva della speranza di regnare; mentre voi sapete già che altri, i quali non erano più nobili di voi, sono in fatti divenuti Monarchi.

Finalmente voi dite che i vostri principj essendo sì piccioli e vili, il progresso, e l’esito sarà lo stesso. Ma dovete pensare al contrario che il principio è passato; che sarebbe una follia il più pensarvi; e che avete ad estendere le viste vostre su l’avvenire, che da voi ancor dipende. La Provvidenza non esclude assolutamente persona alcuna dall’aspirare e pretendere alla Virtù, e alla Gloria. Tutti sono capaci di felicità, benchè molti sembrino esser nati miserabili. E per terminar con la ragione questo mio discorso, ditemi, che altro a voi manca, se non le cose superflue? Vorreste forse che le vostre Gallerie fossero ripiene di ritratti, che il fumo avesse più ombreggiati de’colori medesimi, e che si trovassero in tutti gli angoli pezzi di Statue, e titoli presso che logorati da vermini nel fondo de vostri Archivj? A che servirebbe tutto ciò se non a pascere gli occhi d’una moltitudine ignorante, e a trarre una pazza vanità da’marmi, e dalle immagini? Siate adunque del sentimento di coloro, ch’ebbero per un grandissimo onore e fortuna, non solo di nascere, ma di vivere ancora in uno stato ignobile.

N. XIV. Dello stato ignobile Ve la prendete contro i vostri Genitori come se avessero fatto un peccato a generarvi senza esser nobili, e a farvi nascere altrove che sopra la porpora. Ma a parlar sanamente, cosa hanno i figliuoli de’Nobili nella lor nascita più di voi? Siete entrato nel Mondo medesimo per esserne a parte com’essi; non hanno già un’altra Terra, o un altro Sole; e perchè sono formati come voi della materia medesima, la loro condizione è la stessa. Io trovo ancora che il nascere ignobile e più tosto una felicità, cha (sic.) una disgrazia. In fatti qualunque genere di vita seguir si voglia, i vantaggj sono assai notabili. Se volete abbandonarvi a’piaceri, e adottare i costumi e i sentimenti del popolo, che d’ordinario è tanto vizioso, quanto è ignorante, sarete più scusabile di allontanarvi dal buon cammino, non avendo in Casa vostra alcuno, che vi possa servir di guida. Non sarete rimproverato come tanti altri di tralignare dalle qualità de’vostri Antenati. Al contrario, non trovando voi in Casa vostra splendore alcuno, non potrete oscurarla: e sebbene foste malvagio, si dirà bensì che voi fate male, ma non mai che i Genitori vostri sieno stati migliori di voi, non avendo mai avuto perfezioni eroiche. Se poi per una elezione quanto generosa, altrettanto ragionevole voi vi dichiarate per la Virtù, benchè niuno de’vostri antecessori l’abbia abbracciata, la probità vostra fra tanto più rimarcabile, quanto si scorgerà senza esempio. Diverrete più illu-stre producendovi alla luce a traverso di tante oscurità; lo splendore sarà tutto di voi, non avendo alcuno parte alla vostra grandezza. La metà della gloria vostra non sarà frutto dell’imitazione, nè riconoscerete questo bene da coloro che vi fecero loro erede. I vostri antecessori, e i Padroni vostri ingiustamente ve ne chiederebbero conto; voi solo raccoglierete il frutto di tutte le belle imprese che farete; la fatica e la lode sarà tutta vostra; passerete per il primo e più degno della vostra prosapia ancorchè foste l’ultimo; e quello che non accaderebbe mai se foste stato nobile fin dalla nascita, sarete chiamato Autore, e Padre della nobiltà vostra. Da ciò potete giudicare, che la vostra condizione, la qual sulle prime pareva che vi destinasse ad una vita occulta, v’offre una bella occasione di farvi conoscere; e vi dà il modo di farvi nobile da voi stesso, senza il concorso e la cooperazione degli altri. Potete dispensar titoli di nobiltà in luogo di riceverli; i vostri parenti vi saranno obbligati dopo la lor morte, che la Casa loro viva tra gli onori; e i vostri posteri goderanno d’un privilegio che voi lor deste di nascer nobili senza riconoscerlo da loro antenati. Mi risponderete che la stirpe vostra essendo stata sempre ignobile, non può far di meno di non restare imbrattata da questa macchia; ma io ripiglierò, che se tale fu il principio, dovete voi fare in modo che il fine sia diverso. Non v’è nobile alcuno, che ne’suoi antenati non sia stato un tempo ignobile; e niun villano, il di cui figlio non possa divenir Gentiluomo, se per le sue belle azioni meriti di avere il privilegio della nobiltà. Oltre di che tutta la fatica sta ne’principj, e il frutto si coglie sul fine: avvegnachè il prenderlo senza esser maturo, è veramente un perderlo. Non pensate adunque che la vostra condizione vi abbia come troncata la radice della gloria; essa non l’ha toccata, ma solo la profondò più in terra, affinchè germogli con più forza: benchè un poco tardi. Il gambo benchè sembri terrestre, è con tutto ciò la madre de’fiori e de’frutti; non si ricerca tanto l’origine delle cose, quanto il lor valore e qualità. Per altro io vi nominerò non solamente alcune persone già conosciute, ma altre ancora affatto incognite, che per la loro virtù ed industria divennero assai celebri. E per vero dire, se la virtù costituisce la vera Nobiltà, non veggo qual cosa possa impedire ad un uomo d’esser nobile, quando efficacemente lo voglia, nè posso immaginarmi che sia più facile di nobilitare gli altri, che se medesimo. Ma poichè le ragioni non sono capaci di convincervi, voglio farlo con esempj incontrastabili. Dico adunque per consolarvi, ed insieme per confondervi, che moltissimi gran Personaggi sono stati d’una estrazione più bassa ancor della vostra. Stimate voi Socrate, che gli Oracoli medesimi hanno chiamato il più saggio di tutti gli uomini? Suo Padre era scarpellino. Euripide occupa uno de’più luminosi seggj tra i Poeti Greci, e sua madre era levatrice. Demostene per la sua eloquenza sorpassò tutti gli Oratori di Atene, eppur giammai si seppe il nome de’suoi Genitori. Virgilio nacque in un villaggio del Mantovano, e fu il Principe de’Latini Poeti. Orazio non si vergognò di confessare d’essere nipote d’uno schiavo, quantunque scrivesse alla Corte, e fosse favorito d’Augusto. Questi due ultimi uomini, quantunque fossero di bassi natali, si acquistarono nulladimeno un sì alto credito in Roma, e presso l’Imperadore, che un tanto Principe, a cui tutti i Re ubbidivano, da cui si aspettava la distribuzione de’maggior benefizj, che teneva tra le sue mani la fortuna, e la speranza di tutti gli uomini, la di cui amicizia in una parola ricercavano i Soggetti più riguardevoli, un tanto Principe, dissi, aggradiva la conversazione di questi due villani. Dimandava ad essi questa grazia nelle sue lettere con quel medesimo stile, con cui dispensava favori a tutto il Mondo. Stimava l’Opere loro assai più delle sue qualità; nè giudicavasi grande se non per le lodi che riceveva dalla lor penna. Questi esempj vi sembrano forse di poca considerazione? Ne rapporterei di maggiori, se la carta non mi mancasse più presto della materia. Cicerone, per quanto dicesi, era quando nacque dell’ordine de’Cavalieri, una d’una povera famiglia; poco dopo fu fatto Console per la sua industria; e Roma ha sempre confessato, che mai uomo alcuno più di lui avea meglio esercitata una tal carica. Mario, che fu altresì Console fino a sette volte, era stato per lungo tempo agricoltore, e raccolse dipoi molte bellissime palme con quelle stesse mani, con cui avea lavorato la terra. Catone parimenti da un picciol castello passò ad essere cittadino e Censore della maggior Città del Mondo. Non parlerò presentemente dei Re dell’altre Nazioni, i quali spesse fiate passarono da un’officina di qualche Artefice, o da una capanna al Trono. Alessandro fece un suo Giardiniere Re d’una Provincia dell’Asia. Taicone fu fatto Imperador del Giapone per essere salito sopra un albero con molta destrezza. Per lo contrario io potrei nominare moltissimi, che di Sovrani ch’erano, divennero servi de’loro schiavi. L’impero della fortuna è quello che governa il Mondo tutto, prendendosi trastullo della condizione umana. Tuttavia la virtù ha un gran potere, e seguendola si può salire senza pericolo al più alto seggio della grandezza. Che se i Re l’abbandonano per seguire un altro cammino, siamo certi che non solo stanno in pericolo di discendere, ma di cadere ancora in un precipizio. Per tutto ciò io conchiudo che la vostra nascita non è molto bassa, poichè non vi priva della speranza di regnare; mentre voi sapete già che altri, i quali non erano più nobili di voi, sono in fatti divenuti Monarchi. Finalmente voi dite che i vostri principj essendo sì piccioli e vili, il progresso, e l’esito sarà lo stesso. Ma dovete pensare al contrario che il principio è passato; che sarebbe una follia il più pensarvi; e che avete ad estendere le viste vostre su l’avvenire, che da voi ancor dipende. La Provvidenza non esclude assolutamente persona alcuna dall’aspirare e pretendere alla Virtù, e alla Gloria. Tutti sono capaci di felicità, benchè molti sembrino esser nati miserabili. E per terminar con la ragione questo mio discorso, ditemi, che altro a voi manca, se non le cose superflue? Vorreste forse che le vostre Gallerie fossero ripiene di ritratti, che il fumo avesse più ombreggiati de’colori medesimi, e che si trovassero in tutti gli angoli pezzi di Statue, e titoli presso che logorati da vermini nel fondo de vostri Archivj? A che servirebbe tutto ciò se non a pascere gli occhi d’una moltitudine ignorante, e a trarre una pazza vanità da’marmi, e dalle immagini? Siate adunque del sentimento di coloro, ch’ebbero per un grandissimo onore e fortuna, non solo di nascere, ma di vivere ancora in uno stato ignobile.