Il Socrate Veneto: N. X

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Nivel 1

N. X.

Sopra il ballo

Nivel 2

Non è la sola Musica che vi rapisce, ma vi trasporta ancora l’amor del Ballo. V’è poca differenza tra il Ballo, e gli stromenti che l’accompagnano. Una vanità segue l’altra. Ma questa, di cui or vi parlo, e assai più indecente a un uomo saggio. In fatti si può trar qualche soddisfazione dal canto; e sovente la pietà co’suoni esterni ci comunica internamente qualche dolcezza. Ma che mai può riportarsi dal ballo, se non rossore? Non è questo forse uno spettacolo disonesto, ed inutile? Per certo un uomo onesto non si compiacerà mai di ritrovarsi in seno all’intemperanza. Quel movimento di mani, e di piedi, quell’impudente svagamento degli occhi, in una parola, tutti quegli altri gesti biasimevoli mostrano che si sia qualche cosa nell’interno, che corrisponda al disordine dell’apparenza esteriore. Laonde conviene che coloro, i quali fanno qualche stima della modestia, fuggano tutte le occasioni di dissolutezza; e che nelle loro parole ed azioni nulla comparisca d’effeminato. Gli essetti più occulti facilmente si manifestano, e i più riposti segreti del cuore si scoprono da certi piccioli segni, ch’esso tramanda al di fuori. Il moto, il ridere, il camminare, il portamento, e il linguaggio sono i fedeli testimonj della coscienza d’un uomo. Egli parla soltanto con la lingua; ma il genio suo parla con qualsivoglia parte del corpo. Ma di grazia ditemi, qual piacer trovate voi in un divertitimento, che stanca e non solleva, e ch’è altrettanto ridicolo, quanto vergognoso? Per guarirvi da quella malattia, immaginatevi che in Casa vostra si tenga una Festa di Ballo, e che voi vi troviate presente senza poter udire l’armonia degli stromenti. Non sarebbe a voi una cosa ridicola e sciocca il vedere alcune Donne pazze, e alcuni uomini ancora più effeminati delle stesse Donne a moversi senza proferir parola alcuna, e a girare in tutte le parti, senza aver nulla a fare in luogo alcuno? Veramente se la stravaganza non fosse divenuta quasi un’altra natura ne’nostri costumi, noi chiameressimo pazzia quel che dicesi politezza. Per ciò voi chiaramente scorgete che v’è una gran ragione di chiamare i Suonatori in simili Feste, affinchè l’anima essendo per gli orecchi occupata, non si offendano gli occhi da tanti movimenti irregolari. E questo vuol dire, che una sciocchezza ne copre un’altra.

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Ma perchè le ragioni comuni non possono guarire una straordinaria pazzia, non mi contenterò di svelarvi nuda la verità; ma voglio ancor mostrarvela con tutta la sua forza. Per tanto volete voi sapere qual cosa renda i balli sì graditi, per quanto sieno penosi?
Non è già perchè si trovi la voluttà presente; ma bensì perchè si gusta il presaggio d’un piacere, che si aspetta con molta impazienza. Le Giovani vanno al ballo per acquistarsi nome; ma in effetto ben spesso non riportano altro che infamia. Questa è la solita astuzia degli amanti di sedurle sotto il pretesto di lusingarle; ed impiegano tutta la lor cortesia, per far ad esse maggior nocumento. Stringono loro le mani per condurle a una libertà viziosa. Le raggirano da diverse parti, per girarle in fine come ad essi piacerà. Apparentemente le adorano, per metterle in obbrobrio dinanzi al Mondo. E in simili incontri gli occhi e le mani sono egualmente libere; e le parole equivoche distintamente s’intendono. Il bisbiglio, e la confusione della compagnia lascia dir molte cose, che l’onesta non permetterebbe mai in altri luoghi. La moltitudine finalmente favorisce la sfrontatezza de’più arditi; e la notte, che d’ordinario si sceglie per il ballo, come nemica del pudore e confidente dei delitti dà coraggio a’più timidi per eseguire arditamente i loro più malvaggi disegni. Così il timore è bandito, e nell’umano conforzio s’introduce una libertà viziosa. Così accendesi sempre più il fuoco della concupiscenza, in vece di pensare ad estinguerlo. E così in fine trovasi il modo di dare una nuova carriera ai libertinaggio. Eccovi come convenga parlare di quel piacere, a cui voi date un bel nome per velare molte cose disoneste, e per fare che passi un delitto per un divertimento. Non fareste mai elogio alcuno al ballo, se foste meco nella stessa opinione che di esso non se ne possa fare l’Apologia. Ed in vero, benchè vi possano essere molti balli innocenti; d’ ordinario però sono quasi tutti colpevoli. Quelli che fannosi tra persone d’un medesimo sesso sono veramente i meno viziosi; ma non vanno molto a genio degli uomini. Allor soltanto provasi un intero piacere quando e uomini e donne stanno in un medesimo circolo. Levate dunque la maschera a questa coperta impudicizia; seppure fate stima della vera onestà. Michol schernì David veggendolo a ballare dinanzi l’Arca del Signore; ma a nostri giorni stimansi quegli uomini che fanno dinanzi alle femmine ballar leggiadramente. Esse si danno a credere che all’agilità del corpo corrisponda quella del loro spirito. E parimenti vi sono alcuni uomini, i quali non credono le loro Mogli belle, se non perchè le scorgono impudenti. Vogliono piuttosto ch’esse sappiano ben ballare, che ben vivere; nè pensano al loro disonore, purchè preso il Mondo sieno in gran concetto. Se voi mi dite ancora che il Ballo è aggradevole, benchè sembri pericoloso, vi replicherò che in se stesso non è dilettevole, ma in riguardo ad altro oggetto, poichè per sua natura è una cosa spiacevole, e recar può più tedio, che diletto. In fatti cosa e il ballare, se non un girarsi intorno, o un moversi con agitazioni contrarie senza mai fermarsi. Quasi nel tempo medesimo si va innanzi, indietro, a destra, a sinistra, in su, e in giù, con un corso e giro continuato e ineguale. E nella stessa maniera che la saggia Provvidenza fa sempre girare il Cielo e gli Astri con un moto istancabile; il furore degli uomini vuole imitar su la Terra quel concerto eterno. E così ancora scorgesi che tutte le azioni e disegni degli uomini non hanno stabilita alcuna, che nell’incostanza medesima.

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Or dopo aver procurato di coprirvi di rossore, voglio inoltre che l’onor vostro si specchi in tutto quello che soggiungerò. Sappiate adunque che quel Ballo, che voi stimavate un giuoco e uno scherzo, è stato talvolta una sorgente d’infamia a molte persone.
Assai spesso successe che quella Donna ch’era comparsa innocente al Ballo, sia ritornata a Casa sua colpevole, perdendo pubblicamente una corona, che nel suo ritiro avea sempre conservata. Alcune Giovani parimenti hanno imparato al Ballo, quel che doveano ignorare per loro bene ed onore; e taluna che in Casa sua avea fatto resistenza, tra le Danze si arrese. Trovò l’infelice la maggior sua disgrazia, ovea credea di avere incontrato il colmo della sua gioja. Ad onta di tutte queste ragioni vi piace ancora questo esercizio, perchè lo giudicate onesto. Io vorrei che ne sceglieste un altro, e più glorioso, e più, utile, avvegnacchè questo, di cui parliamo, nè ho il coraggio di proibirvelo, nè di permettervelo facilmente. Per osservare adunque qualche temperamento sopra di questo particolare, e per avvisarvi senza offendervi, non vi proporrò qualche estremo odioso, ma vi pregherò solamente di osservare qualche moderazione in questo esercizio. Giacchè dunque avete un gran trasporto per il Ballo, e giacchè il vizioso costume pare che sia quasi passato in natura, servitevi con riserva d’una cosa, il di cui uso credete a voi necessario. L’indifferenza degli oggetti non è già biasimevole, ma l’eccesso che vi commette impiegandoli. Persuadetevi pure che non dovete servirvi che assai di rado di ciò che non reca profitto alcuno che per miracolo. Avvertite di non mostrare effeminatezza o debolezza alcuna nelle vostre azioni anche meno ferie. La gravità per esser perfetta devesi altresì sostenere in quelle occasoni, che non la esigono. E per fine il Ballo, a cui intervenite, sia piuttosto preso per un alleviamento che concedete al vostro spirito col moderato esercizio del corpo, che per un giuoco che ammollisca il cuor vostro. In somma dovete diportarvi in modo nelle vostre ricreazioni, come pure nelle occupazioni le più importanti, che nulla mai facciate, da cui i nemici vostri abbiano a prendere argomento e motivo di dispregiarvi. È assai meglio che coloro che v’odiano ammirino in voi una gravità straordinaria, di quello che gli Amici vostri sieno in travaglio per non poter iscusare la vostra leggerezza.