Citazione bibliografica: Giovanni Ferri di S. Costante (Ed.): "Il lutto d’una vedova", in: Lo Spettatore italiano, Vol.4\61 (1822), pp. 356-358, edito in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Ed.): Gli "Spectators" nel contesto internazionale. Edizione digitale, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.925 [consultato il: ].


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Il lutto d’una vedova

Citazione/Motto► Se chiedi poi per quanto tempo ancora
Durerà l’amor mio, dir lo saprei
Se l’uom del suo morir sapesse l’ora.

Pariati. ◀Citazione/Motto

Livello 2► Livello 3► Racconto generale► Era io conoscente della bella Lauretta, prima della sua disavventura: nè vid’io alcuna donna mai, la quale, così com’ella, l’alto pregio di piacere e d’innamorare altrui possedesse. Natura e fortuna di ogni lor bene provveduta e adorna l’aveano, ed ella solamente a fare amar la virtù e renderla beata tutte sue cose spendeva. Deh! qual mutamento ha ella patito da che il dolce suo sposo, giustamente compagno della sua condizione, l’è stato tolto. Le ha quasi la gran doglia oscurato il lume dell’intelletto, in guisa che fa venir di sè compassione. — Terminata è la procella che il suo amore sommerse: son pacificati gli aquiloni che lo scossero: il sole, che al buio della tempesta disparve, incontanente è tornato a ravvivare il mondo col suo aspetto, di nuova luce sfavillante. Ma qual forza tanto varrà che alla sciaurata Lauretta renda la pace? Da qual parte risplenderà un raggio sufficiente a ricrearla da’suoi mali? Dal cielo: sola la Provvidenza può sì alto dolor raffrenare, il quale ogni cosa le ha spogliato dall’animo, fuor che la cagion della sua afflizione, per cui chiama la morte.

[357] M’avvenni in Lauretta su per quel fresco giardino che la sua casa circuisce, un giorno ch’ella avea in mano una rosa di fresco colta. Questa rosa, mi diss’ella, è così colorata e vivace per solamente schernirmi della mia trapassata bellezza. Nè io, sin ch’ella renderà similitudine a quello ch’io fui, l’avrò cara; e però aspetto l’ora di sera, quando fia divenuta l’immagine di ciò ch’io sono. Solamente al mio cuore, d’amaritudine pieno e di sospiri, aggrada quest’antica rovere che vedove ha le sue frasche, nè dalla terra per lo midollo più alimento riceve. E fu pur quest’albero lunga stagione l’adornamento di questa pianura. Tutta un’età ha durato a maturarla, e per innanzi chi sa quant’anni saran testimoni del suo iscadimento; laddove io non sono ancora al mezzo del fiorir mio, e già mi sento alle spalle la morte, e poco altro avrò ad andare ad esserne giunta.

Ma perchè mi rammarico io, se la mia vita dirittamente è corsa? Se io mi muoio d’amore, colui che sì affettuosa mi fece, che della virtù formò l’essere di chi m’ha innamorata, non me ne potrà incolpare. In quello io amava il cielo, e vommene con esso lui quella gioia a godervi che fia senza termine. “Il suo mortale è in luogo oscuro e basso.” Ma che monta? Le anime nostre si sono per ancora consorti, e non fia guari che la mia e la sua saranno una cenere: e quel cipresso che fa ombra alla sua sepoltura, in brieve ombrerà la mia ancora. Che se quell’anima immortale, potendo il suo stellato albergo abbandonare, visiterà [358] questi suoi luoghi, battendomi intorno le ale, mi vedrà finire vittima degli affanni miei, e glie ne fia accetto il sagrifizio.

O pietosi autori del viver mio, savi guardiani della mia puerizia, leali amici della mia giovinezza, non vogliate compiangere me, se tra poco non ci sarò più, che sarò ita alla mia beatitudine. ◀Racconto generale ◀Livello 3 ◀Livello 2 ◀Livello 1