Sugestão de citação: Giovanni Ferri di S. Costante (Ed.): "La religione", em: Lo Spettatore italiano, Vol.4\51 (1822), S. 312-317, etidado em: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Ed.): Os "Spectators" no contexto internacional. Edição Digital, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.915 [consultado em: ].


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La religione

Nível 2► Nível 3► Narração geral► Posciachè il saggio Palemone ebbe al giovinetto Leonzio ad evidenza dimostro l’esistenza di Dio e la immortalità dell’anima, intese a dileguarne dalla mente le dubitazioni che una torta filosofia s’ingegnerebbe di muovere sulla divinità della religione. Nível 4► “I vostri maestri, egli disse, vi hanno insegnato non essere la religione altro che un’umana instituzione, una civil legge, che può recar prode alla società, ma che con tutto questo è una tela d’errori e d’inganni. Presuppongono essi che a voler confortare l’uman genere delle inevitabili miserie della vita, un qualche elevato spirito abbia voluto indurlo a sperare una compiuta felicità nell’altro mondo. Ma voi chiamate a consiglio la ragione e la coscienza, e troverete che tutto smentisce cotesta assurda dottrina; avvegnachè, posto che vi è un Dio, seguita di necessità che vi è una divina religione.

E chi puote negare che i religiosi sentimenti non sieno all’uomo naturali, e che da tutti gli altri esseri nol distinguano? Tutta la natura vuol glorificare Dio e adorare il suo Facitore, per quanto n’è sufficiente. È il vero che la creatura da ragione e da sentimento privata non ha cuore per amarlo, nè intendimento per comprenderlo. Ma con tutto che nol possa conoscere, secondo che dice un dottor della [313] Chiesa, ella ne si rappresenta da sè per farci conoscere il suo divino autore; ed è perciò che ella con tanta magnificenza agli occhi nostri dispiega il suo ordine, le sue operazioni ed i suoi infiniti ornamenti. Così cotesto Dio che ella non intende, non cel consente d’ignorarlo; e così ella imperfettamente e in suo linguaggio dà laude al Creatore. Ma l’uomo animato dal divin soffio, guernito di ragione e d’intelletto, e sufficiente a conoscere Dio per sè e per le creature tutte, è stato posto nel mezzo del mondo, acciocchè contemplando l’universo, egli a Dio solamente rivolga se stesso e tutte le sue cose. Egli non è il contemplatore della visibil natura se non se per essere l’adoratore della invisibile, la quale colla sua onnipotenza ha tutto fatto dal nulla. Da tutte le parti è l’uomo impinto a porgere omaggio a questo primo Essere, il quale coll’ordine della sua bontà e sapienza di continuo a sè il richiama. Abbenchè ei sia distratto e inconsiderato, una spirazione, di cui non trova l’origine, gl’insegna a gridar mercè a Dio in tutte le necessità della vita. Un secreto istinto ne solleva gli occhi al cielo, come se egli in se medesimo sentisse che colà risiede l’Arbitro delle umane cose; e questo sentimento si osserva in tutti i popoli del mondo i quali hanno conservato qualche traccia di umanità. Nível 5► Citação/Divisa► “Questo è, dice Bossuet, il cristianesimo della natura.” ◀Citação/Divisa ◀Nível 5

Nei primi secoli, il mondo sendo ancor nuovo, e conservando, per così dire, ancor l’impronta delle mani del Creatore, all’uomo così [314] vicino alla sua origine non faceva mestieri per conoscere l’unità di Dio, le sue grandezze e il coltivamento a lui dovuto, se non se la tradizione de’suoi maggiori. Perciocchè i cieli e la terra erano un immenso volume, in cui con indelebili lettere scritti erano i doveri di tutti gli uomini inverso l’Essere supremo. Ma, secondo che si fu discostato dal cominciamento del mondo, gli uomini confusero le idee che dai loro maggiori avevano ricevute. Debole la ragione e guasta, e dall’impero dei sensi soggiogata, cadde, e traviò nell’idolatria: il quale stupido errore tra la più parte degli uomini si propagò; e per tal guisa un empio culto si fabbricò divinità di tronchi e di pietre; i più vili obbietti, le bestie, e per insino i rettili furono adorati, Nível 5► Citação/Divisa► “e tutto era Dio; fuorchè Dio.”1 ◀Citação/Divisa ◀Nível 5

Alterato dall’impura mescolanza di ogni generazione di favole il sacro deposito della verità, lo stesso Dio rivelò i fondamentali principii della religione e della società. Apprese allora la terra a pensare più altamente della Divinità; si stabilì allora un culto col quale a Dio solo si rende quel che a lui solo è dovuto, ed insieme una religione che regola i doveri dell’uomo verso il sovrano Essere, e il pone sopra dei sensi, e a Dio per l’amore il congiunge.

Se lecito è cercare i caratteri della verità della religione fuori de’suoi stessi principii, qual testimonianza non danno della verità del [315] cristianesimo così l’antichità, come la non interotta sua continuazione? Nulla v’è di più antico fra gli uomini: l’istoria della sua nascita è quella del mondo. Conciossiachè la santa Scrittura, cioè il più antico libro del mondo, ci riconduca con una serie di sicuri fatti al loro verace principio, a Dio facitore di tutto, e distintamente ci venga additando la creazione dell’universo, e massime quella dell’uomo, la corruzione del mondo e il diluvio, l’origine delle arti, la distribuzione delle terre, e ultimamente la propagazione dell’uman genere; laddove le altre religioni che si dan vanto di una lontana antichità, non ce l’autenticano che per favolosi racconti, i quali cadono di per sè. Gli autori di sì grossolane finzioni hanno scritto più secoli dopo avvenuti quei fatti; e basta dire che cotesta teologia procedette dalla poesia, e che l’invenzione di quest’arte si è il più solido fondamento di lor religione. Nível 5► Citação/Divisa► “Se vi ha religion verace sulla terra, dice un valente sacro oratore, ella esser deve il primo e il principal debito dell’uomo inverso Dio, che esser vuole onorato; uopo è che questo debito sia antico quanto l’uomo; e perchè egli è infisso alla sua natura, deve, per così dire, esser nato con lui: ed ecco l’impronta che la cristiana religione distingue dalle superstizioni e dalle sette.”2 ◀Citação/Divisa ◀Nível 5

Che se l’antichità della religione le aggiunge tanto di autorità, la sua serie senza interrompimento continuata e senza alterazione pel corso [316] di tanti secoli, e non ostanti i moltissimi ostacoli sopraggiunti, dà chiaramente a vedere che la mano di Dio la sorregge. Or che v’ha egli di più meraviglioso, quanto il mirarla sin dal cominciamento del mondo durare sulle fondamenta medesime, senza chè nè l’idolatria nè l’empietà, che da tutte parti le erano dintorno, nè i tiranni che l’han perseguitata, nè gli eretici e gl’infedeli che adoperati si sono per corromperla, nè gl’indegni suoi seguaci che l’hanno colle loro criminali azioni disonestata, nè finalmente la lunghezza del tempo che solo basta a tutte le umane cose rovesciare, abbiano potuto mai, non dirò già estinguerla, ma neppure alterarla? Teniam dietro all’istoria delle superstizioni di ogni popolo e di ogni paese: vedremo non essere durate che un certo tempo, precipitando alfine colla possanza dei loro settarii. Rechiamoci a niente l’istoria dei primi conquistatori: vinsero essi gli Dii dei popoli vincendo i popoli stessi, e dierono alla terra il culto di quelli, abbattendo la signoria di questi. La sola religione dei nostri padri dal suo cominciare pur dura, sopravvivendo a tutte le sette; e malgrado le diverse fortune di quelli che l’hanno professata, è sempre di padre passata in figliuolo; e ad onta degli sforzi che in ogni secolo si fanno per distruggerla, non può mai dalle menti degli uomini esser diradicata.3

Questa religione, di cui noi riveriamo l’antichità e la seguíta continuazione, se per noi [317] si pon mente qual idea ci risvegli dell’obbietto suo, cioè del primo nostro Facitore; se si pon mente alla morale per lei insegnata, fia giuoco forza confessare che ella soprasta a tutti gli umani pensieri, e degna è che si risguardi siccome venuta da Dio. Perciocchè il Dio cui sempre servirono gli Ebrei e i Cristiani, non ha niente a comune colle divinità d’imperfezioni piene e di vizi alle quali il resto del mondo porgeva adorazioni. Il nostro si è uno, infinito, perfetto, il solo degno di vendicare i delitti e di rimeritar la virtù, conciossiachè egli solo si è la medesima santità. Le più illuminate e sagge nazioni, come sarebbono gli Egiziani, i Greci e i Romani, si erano le più ignoranti e le più cieche in fatto di religione. Or chi oserebbe di recitare le cerimonie di quegli Iddii immortali e i loro sozzi misteri? Argomento delle lor feste, degl’inni che a loro si cantavano, e delle dipinture che ne’lor tempii si consacravano, si erano gli amori, le crudeltà, le gelosie e gli altri loro abbominevoli eccessi. Per tal guisa adoravasi il delitto, e riconoscevasi necessario pel coltivamento degli Iddii.4 ◀Nível 4 ◀Narração geral ◀Nível 3 ◀Nível 2 ◀Nível 1

1Bossuet, Disc. sur l’Hist. Univers.

2V. Massillon, Serm. de la relig.

3V. Massillon, Serm. de la relig.

4V. Bossuet, Disc. sur l’Hist. univers.