Zitiervorschlag: Giovanni Ferri di S. Costante (Hrsg.): "Le religiose e le beghine", in: Lo Spettatore italiano, Vol.4\45 (1822), S. 280-283, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.909 [aufgerufen am: ].


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Le religiose e le beghine

Zitat/Motto► Je ne conviendrai pas avec un pieux moraliste qu’il
soit plus difficile de se supporter soi-même que de
supporter les autres: il n’avait pas été enfermê dans
une communauté

(Mad. de Maintenon.).

Io non converrei con un pio moralista che sia più arduo
il sopportare se stesso che gli altri . . . Egli non era
stato mai racchiuso in una comunità. ◀Zitat/Motto

Ebene 2► Ebene 3► Allgemeine Erzählung► Andai io un dì a vedere la badessa della Visitazione di D٭٭, savia e valente donna ch’io aveva per addietro nel secolo conosciuta. Mi commendava molto costei i beni della vita monastica, ed io combattei la sua opinione, non già per farle increscere del suo stato, ma per renderla più discreta e più cauta, nella disposizione vera delle disavvedute fanciulle, le quali se le proferivano di abbracciare il suo istituto. Son certo, le dissi io, che qui dimorate contenta, che godete di una quiete inalterabile, confortata dalla speranza di una eterna felicità. Ma voi, nell’età vostra, potuto avete senza imprudenza rinunciare al mondo: dopo l’esperienza de’fallaci beni e de’veraci mali del viver mondano, e peravventura dopo alcuna crudel percossa della fortuna si può nel ritiro viver felice; perciocchè dolce cosa è il godere la sicurezza del porto a chi fu molto tempo il bersaglio della tempesta. E queste, rispose la badessa, [281] furono le cagioni che qui mi ridussero. La morte, spesso anzi tempo, m’avea tolti tutti coloro ai quali i vincoli del sangue o quelli dall’amicizia mi stringevano: durezza e ingratitudine solamente m’era usata da quei parenti ed amici che rimasi m’erano. Sola e derelitta, oimè! chi poteva io più amare? a chi confidarmi? Il dolore e il lutto mi posero in pensiero di me. È ormai tempo, dissi a me stessa, di lasciare un mondo che mi lascia. Più non hanno i piaceri attrattive per me, e in questa vita più non veggio io che afflizioni. Il meglio adunque sia con Dio ritornare e con me stessa, e godere in fine la pace.

Certamente, dissi io, è saggio il ricoverare nella solitudine, quando ci porge quel conforto e quel riposo che il mondo ci niega. Ma queste giovanette dal secolo si vogliono dipartire, prima che o buono o rio l’abbiano in nessuna parte conosciuto. Vittime della loro credulità, o di un cieco entusiasmo, prevengono l’esperienza dei mali, gemono e piangono prima di esserne state percosse. Or chi può accertarle che questo mondo, dal quale vanno via senza ritorno, non sia un dì l’oggetto delle penose loro brame? Chi può accertarle che in processo di tempo la fantasia nol ritragga loro pieno di dolcezze e di delizie, e quindi l’ora non maledicano e il fatal momento che a perpetuo carcere si condannarono?

Confessò la rispettabile badessa di aver sempre temuto i miseri effetti che da irrevocabili voti possono nascere. Onde ella savia e discreta a quelle che volessero velarsi non consentiva, [282] mentre che ad età di conoscimento non giungevano. Alcun governo, nel quale dura tuttavia questo istituto, saggiamente fece divieto che i giovani si spoglino la lor libertà prima di quell’età in cui possono disporre de proprii beni. ◀Allgemeine Erzählung ◀Ebene 3

Ebene 3► Exemplum► Avvi un’altra instituzione, pure consacrata al sesso femminile, che merita ben gli elogi degli amici dell’umanità e della virtù. Sempre onorata sia la tua memoria, o virtuosa Begua, che a quella colonia che ha nome Beguinaggio desti fondamento. Fingan a tua gloria la superstizione e l’ignoranza più di quello che creder non è mestieri. Le storiche leggende possono a noi accrescere stupore, ma non a te onore e pregio. Se mercè le tue cure e il tuo esempio migliaia di persone del tuo sesso sono state sottratte alla miseria ed al vizio; se raccogliendosi nella soave tua regola hanno schivato i mali del secolo, senza rompere i dolci vincoli della natura; se un breve celibato assicura loro coniugale felicità: qual gloria v’è mai più pura della tua? quale riconoscenza non ti devono i virtuosi cuori, gli amici de’loro simili, l’intera società?

Par che l’institutrice di tali colonie abbia preso per principio della sua regola che la fatica è la più efficace orazione. Mentre le Beghine si van formando per la virtù, ognuna di esse, con moderato lavoro, esercita a suo pro i talenti e l’industria. Tutti i lavori dell’ago e dell’arcolaio sono per opera loro a maggior perfezione venuti, ed hanno ai progressi del commercio contribuito nei paesi ove [283] trovansi questi utili stabilimenti. Uno dei vantaggi di tale instituzione che la gloria accresce della provvida fondatrice, si è che i suoi benefizi non sono per quelli soli che la fede cattolica tengono, poichè anche i seguaci d’altre religioni solleciti furono ad adottarla e raccoglierne i frutti. Dovunque l’indigenza e la virtù rinvengono siffatti asili, non si vede su per le piazze andar trionfando lo svergognato vizio, facendo chinar le ciglia al pudore e piangere l’umanità. Nè le case di forza e le prigioni si riempiono d’infinita moltitudine di sciagurata gente che per usanza del vizio divenne rea, e che sotto rigidi climi è relegata a terminar nell’esilio ed a perpetuare una degradata progenie. ◀Exemplum ◀Ebene 3 ◀Ebene 2 ◀Ebene 1