Zitiervorschlag: Giovanni Ferri di S. Costante (Hrsg.): "I precetti e l’esempio", in: Lo Spettatore italiano, Vol.4\37 (1822), S. 236-239, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.901 [aufgerufen am: ].


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I precetti e l’esempio

Zitat/Motto► Dir bene e viver male non è altro che dannar se me-
desimo colla voce sua

(Passavanti). ◀Zitat/Motto

Ebene 2► Ebene 3► Allgemeine Erzählung► Fu il mio padre, raccontava Lorione, per inaspettate disgrazie cagionate dalla guerra e dalla mala fede di quelli co’quali trattava negozi, di necessità condotto al fallimento. Tanto più gli fu grave questa percossa, quanto più egli leale e diritto era creduto; e sì grande fu il suo dolore, che in breve spazio si morì, lasciandomi privo di stato, d’amici e di soccorso. In tanta stremità non sapendo io appo cui ripararmi, me ne andava per istrada senza pure avvedermi del camminare. Vinto poscia dalla fatica, diedimi a cercare d’alcun luogo da riposarmi, quando Ebene 4► Exemplum► mi trovai d’incontro ad una chiesa la quale era piena di gente. Vi entrai, ed accostatomi a certi, seppi che si avea da predicare; e tosto vidi salire in pergamo il predicatore. Mi parve di riconoscerlo, e non errai: era egli l’abate Dolchio, stato mio compagno in collegio. Aveva io voluto andar via; ma veggendo lui alla predella d’un altare (ahimè! io non aveva denaio per una sedia) m’assisi per udirlo sermonare.

In collegio, diss’io fra me, Dolchio era amorevole e liberale; e imperciò non dee poter essere che egli al presente non predichi una moralità di giovamento a’suoi simili. Di questo [237] che io meco estimava, furono aperta prova le prime parole della predica, con le quali annunziò di voler della cristiana carità ragionare. Li principii di questa virtù furono tutti per lo suo parlare sì ben toccati ed espressi, che cuor non vi ebbe il quale non li sentisse. Nè di lui orator più facondo, nè più movente ricordami d’aver udito, parendomi che al sagro e grave ragionare egli giungesse bene una locuzione atta ad intenerire altrui.

Adunque, soggiunsi meco medesimo, mio caro Dolchio, io non sono errato; voi non vi cambiaste: anzi siete divenuto l’oratore della beneficenza. Incontanente alcuna favilla di speranza mi si suscitò nell’anima, immaginandomi che in quel tempio fossi stato scorto dalla Provvidenza, ed ella avesse Dolchio a mio liberatore preordinato. Tosto ch’egli di pergamo scese, io corsi alla sagrestia per appresentar megli e contargli le mie disavventure, con la fiducia che la sua amistà e il suo credito me ne aiuterebbero. Ma quanto, oh Dio! mi trovai della mia estimazione ingannato! Dolchio appena mostrò di ravvisarmi; nè io riconobbi in lui l’amico del collegio che co’compagni ogni sua cosa accomunava, nè quel compassionevole predicatore che l’uso della carità cristiana avea insegnato. Colui che sì ferventemente destato avea il fuoco della pietà, stavami con tutto il gelo della insensibilità ad udire, avendo nel luogo dell’aria d’umanità apostolica per lui tenuta in su ‘l pergamo, posto lo schivo contegno del protettore che ricusa.

[238] Mi era io fatto da capo a pregarlo strettamente di darmi col suo credito alcun soccorso, quando sopravvenne un paggio, e dissegli che era atteso dalla signora duchessa: egli leggiero in su i piè come un damigello s’involò dalla sagrestia, e insieme con la duchessa andò via per mezzo una gran moltitudine di poveri che chiedevano con le mani sporte, e non impetravano eziandio uno sguardo. O orribile mutamento, mi diss’io! Avea la natura creato costui buono e caritatevole, e il mondo hallo ammaestrato d’intendere a sè solo sì disumanamente, che torce il viso dall’aspetto degli infelici! ◀Exemplum ◀Ebene 4

Ebene 4► Exemplum► Ridussemi Dolchio alla memoria un altro compagno di collegio che avea nome Essilo, uomo di gran fama per sue opere tutte ripiene di umanità e di compassione. Deh! perchè non vo io, dissi, ad Eissilo ad aprirgli la mia miseria? È egli padre, e non de’ricchi; sicchè avrà di certo scritto siccome il cuore gli avrà dettato. Se così è, dee ben egli esser disposto ad aver compassione a’miei mali, se non per sollevamento, almeno per alcun conforto donarmi. Di speranza pieno e di fiducia ne venni a casa Essilo; lo quale io a fatica potei raffigurare, conciofossechè avendo io creduto di rinvenire persona di soavi e benigni e cortesi maniere, ne trovassi una in lui tutta accigliata, con rigido viso e selvaggio, nelli cui atti un misantropo anzi che un maestro di filantropia appareva.

Con assai freddo modo chiesemi che volessi: [239] ed io, poichè ebbi rammentata l’antica dimestichezza nostra del collegio, gli recitai gli avversi miei casi. E di tutto questo, diss’egli, a me che tocca? Son venuto, risposi io, a mettermi nelle vostre braccia per la fidanza che mi hanno data le vostre opere, nelle quali, di foglio in foglio, ho io letto a voi nulla umana cosa giungere strana. Può dunque a voi strano parer uno che fuvvi dalla fanciullezza amico? Voi dunque, soggiunse Essilo, avete lette le opere mie? E chi, diss’io, non le ha lette oggimai? (Qui egli fece alquanto lieto viso) E piacemi sommamente in esse quel favellare del cuore, e quel nobile disdegno concetto contro a’dispietati che ad occhi asciutti ponno i pianti degli infelici vedere; e quelli affettuosi principii che le ricchezze in tanto son da aver care, in quanto elle ne concedono agio a fare altri contenti; e che indegno è uomo di vivere, il quale per sè solo vive. Queste lodi, perciocchè dimostrarono ad Essilo che egli da se medesimo già era obbligato di sovvenirmi, tutto nuovamente lo conturbarono: e fatto un’altra volta il ceffo, cominciò a darmi, non aita, ma consigli ed ammaestramenti. Se non che io me ne andai, già fatto accorto ch’egli ne’suoi libri soltanto era umano e pietoso. ◀Exemplum ◀Ebene 4 ◀Allgemeine Erzählung ◀Ebene 3 ◀Ebene 2 ◀Ebene 1