Référence bibliographique: Giovanni Ferri di S. Costante (Éd.): "Il moralista", dans: Lo Spettatore italiano, Vol.4\36 (1822), pp. 230-235, édité dans: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Éd.): Les "Spectators" dans le contexte international. Édition numérique, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.900 [consulté le: ].


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Il moralista

Citation/Devise► Discenda virtus est; ars est bonum fieri. Erras si
existimas vitia nobiscum nasci; supervenerunt, in-
gesta sunt

(Senec.).

Virtù deve appararsi; ed è un’arte il diventar buono.
T’inganni se credi nascere i vizi con noi; eglino ci
sopravvengono e ci si comunicano. ◀Citation/Devise

Niveau 2► Niveau 3► Dialogue► Entrai un giorno nella bottega di un libraio per comperare una recente opera, nella quale, oltre a ottimi principii di morale, era dei costumi presenti una viva e verace dipintura. Ritrovai molte persone che facevano la censura di questo nuovo libro, nel quale l’autore aveva taciuto il suo nome. Correggere i costumi ed emendare gli uomini! disse con voce alta uno che a’suoi abiti fregiati e al portamento parvemi un finanziere. E chi ha fatto costui maestro del genere umano? si fosse almeno nominato, che allora lo avremmo dalla sua vita diffinito, a vedere se a lui il darne ammaestramento appartiene. Che è ciò, signor, che voi dite? rispose con voce rimessa e modesta un altro che assai schietto era nel vestire. Se ai perfetti soli convenisse il mostrarne la via di ben vivere, noi non avremmo ammaestramenti già spesso. Voi dovete attendere se sien diritte regole date, non qual ne’sia il datore; perciocchè ancora in fragil vaso e grossolano possono stare medicine da sanar uomo. Avrà dunque potuto dir costui cosa che da noi non [231] fosse saputa? disse in modo dogmatico e geloso un giovinetto ecclesiastico: o avrà egli forse fatta qualche nuova scoperta nella scienza dei costumi? Or non si ha a tener conto d’altro che delle cose nuove? seguitò il sostenitore dello scrittor morale: è vietato forse il ridire verità di molto momento, rivestendole d’altra forma? Io non niego, le virtù e i vizi essere sempre i medesimi; ma tanto dico che l’aspetto e il procedimento loro si muta e varia col tempo; e però se gl’insegnamenti che i moralisti ne porgono, non hanno faccia di novità, non è loro colpa. Se gli uomini diventeranno virtuosi, il moralista vi ammonirà con nuovi ammaestramenti.

Poteva astenersi di salire in pergamo, disse tale che mi pareva un misantropo al fastidio del favellare: il mondo è ripieno d’inganni, di rapine e di corruzione; l’interesse è la sola guida degli uomini. I libri non fanno mai forza, nè le regole dei moralisti hanno corretto mai alcun secolo. Gli uomini, soggiunse l’avvocato dei morali scrittori, sono generalmente corrotti; non però sono tutti ad un segno, nel modo che quasi tutti sono ignoranti, ma hanno più uno che un altro raggio di conoscimento. E se le savie istituzioni ed i buoni ordini non si fossero mai seguitati, come potrebbe egli essere che le dottrine più in uno che in altro luogo si sieno avanzate e sostenute? Voi difendete che i libri morali, quantunque tutto dì si compongano de’nuovi, non si vede che abbiano potenza, nè facciano profitto su gli animi; ma guardate la terra che tutto l’anno è [232] arata, e nondimeno quanti sono che non hanno del pane? Nè per questo così gli agricoltori, come i moralisti faticano indarno. Che se un attimo o questi o quelli il loro lavorío intermettessero, con nostro danno conosceremmo il bisogno di loro.

Io non so l’influenza dei libri morali, disse il finanziere; so bene che certi principii i quali in su la esperienza del secolo hanno fondamento, giovano molto più che tutti gli avvisi dei filosofi morali. Confesso, ricominciò il difensore, molti precetti assai buoni all’ambizione ed all’interesse esser dettati da ciò che ha nome pratica del mondo: ma che senno è questo che voi presumete, se dai morali principii discorda? Indegno e vile il dobbiamo noi giudicare, come quello che ci dispone a bassezze, e non fa ella nostra vita che una perpetua vicenda di tradimenti e di ingiurie, e che sommette l’onestà e la libertà nostra all’interesse ed all’ambizione. I soli morali insegnamenti sublimano i nostri pensieri ed ampliano la nostra conoscenza. Essi a certe qualità dilettevoli e vane, dietro alle quali tutto il mondo corre, ci fanno unire disposizioni più convenienti e di maggior vaglia, come sono lealtà, dirittura e costanza: essi formano la dignità e la nobiltà tutta dell’uomo. E se persona entrasse nel mondo, nè volesse per morali consigli governarsi, avvegnachè possibile gli fosse riuscire a’suoi desiderii, non gli verrà mai fatto di rendersi degno del bene conseguito, nè di goderlo lietamente. Ma chi ha l’animo suo già formato dalla disciplina di questa sapienza, sempre troverà in se stesso, [233] quantunque molte ingrate e false persone nol curino, una fonte perenne di beatitudine, la quale non gli potrebbero porgere tutti gli splendori e tutti gli agi del mondo.

Farebbero meglio alla gente, continuò il finanziere, gli ammaestramenti dei morali scrittori, se possibili cose insegnassero, e non proponessero una chimerica perfezione, alla quale gli uomini non possono aggiungere. Essi si ostentano conoscitori del cuor umano, e ci vanno mattina e sera componendo esseri che non ci furon mai. È vero, rispose l’apologista, che essi non solo appresentano quale è l’uomo; ma figuranlo quale ei dee, e quale può essere. Vogliono aiutare l’umana natura a surgere; e non ostante che il mondo sia tutto viziato, coloro i quali, per essere stati cresciuti alla scuola dei moralisti, non sono perdutamente corrotti, gli ascoltano e fan senno. E se nel secolo dimora virtù che punto senta di perfezione, bisogna, per ritrovarla, che sia ricercata per mezzo a coloro che hanno l’animo da’morali insegnamenti nudrito.

Quello che distrugge l’utilità dei libri morali, nè lascia operar ciò che valgono, è questo, che la più parte di coloro che li leggono, d’altro non cercano in quelli che di passare il tempo e la noia; e perchè sanno niun altro trastullo costar meno, nè durar più che quello della lettura, si rivolgono ai libri. Ma lo scrittor di morale il quale procaccia innocente diletto a cotali uomini leggeri e disoccupati, non può dirsi ch’ei fatichi per nulla. Nella presente condizione degli uomini vedesi ch’eglino inclinano [234] più al male che al bene; e colui che c’insegna a fuggire il male solamente, non fa egli, se così vogliam dire, officio di benefattore degli uomini? Ma non avviene così leggiermente che la lettura altro non sia se non se un passamento di tempo. Conciossiachè i libri per vie segrete operino su l’intelletto e sul cuore; e non è in poter nostro radere dalla mente ciò ch’essi v’imprimono. Coloro i quali leggono trattati scientifici, ancora che proponimento non abbiano d’imparare, si trovano pure d’aver nuove cose apprese: e similmente chi di leggere i libri morali si diletta, senza ch’egli s’avvegga, diventa migliore. Le idee che spesso s’appresentano all’animo, trovano finalmente il punto buono in cui sia egli disposto a riceverle.

L’utilità dei libri morali non ha mestieri di dimostrazione. E se il numero dei migliorati per lei non s’agguaglia al desiderio dei morali, non sia chi di noi con rigidezza e con dubbi si attenti a distornerli. Lascinsi stare nella coscienza che hanno di soddisfare a un santo dovere, e di acquistar grazie presso gli uomini. E se i loro volumi rinchiudono cose già note e comunali, nè diventano degni della gloria che suol essere guiderdon dell’ingegno, prendete almeno in grado la lor diritta intenzione. Più che la nostra natura conosciamo andare in peggio, e più ne dee essere caro che non lascino i moralisti di predicar la virtù.

Al fine di queste parole il campion dei morali libri andò via; ed un che aveva ragionato: Conoscete voi, dimandò al libraio, chi egli sia?

[235] Io scommetterei, disse il giovane ecclesiastico, costui essere l’autore dell’opera che a spada tratta ha testè sostenuto. Non so chi sia, rispose il libraio; ma sia qual vuolsi, voi dovete, a mio giudizio, approvar le sue massime. ◀Dialogue ◀Niveau 3 ◀Niveau 2 ◀Niveau 1