Cita bibliográfica: Giovanni Ferri di S. Costante (Ed.): "La speranza", en: Lo Spettatore italiano, Vol.4\29 (1822), pp. 192-197, editado en: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Ed.): Los "Spectators" en el contexto internacional. Edición digital, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.893 [consultado el: ].


Nivel 1►

La speranza

Cita/Lema► Nous arrivons enfin au tombeau trainant sans cesse
après nous la longue chatne de nos espérances trom-
pées

(Bossuet).

Noi alla fine arriviamo alla tomba ognor traendoci
dietro la lunga catena delle nostre deluse speranze. ◀Cita/Lema

Nivel 2► Niun sentimento il nostro cuore tanto si compiace di nudrire, quanto quello della speranza. L’amore e l’ambizione, che sono passioni così universali negli uomini, giammai non si accendono prima della seconda età della vita, e ultimamente quasi sempre si estinguono pel gelo della vecchiezza. Ma non sì tosto i primi raggi della ragione a rischiarirci incominciano, che nasce in noi la speranza, nè cessa mai di confortarci anche negli ultimi istanti del viver nostro.

La speranza in ogni età ci sostiene, e tutte stagioni fiorisce, qual rosa d’ogni mese: onde non a torto alcuna volta si dice, che sol per essa viviamo. E nel vero sì piccola parte di ben presente n’è data, che in molti incontri si potria appena comportare la vita, se la dolce speranza non alleviasse i nostri affanni coi piaceri tolti in prestito dall’avvenire, e se ella non ci sollevasse dall’abbattimento, nè c’incuorasse a nuovi sforzi, col mostrarci da lunge la felicità.

Qual prezioso dono ci compartì l’Autore della [193] natura, dandoci la speranza! Ella diffonde la sua luce consolatrice per mezzo alle tenebre delle carceri, sorride al letto dall’infermo e veglia dì e notte alla soglia del povero. Nè solamente sono per lei menomati i patimenti della prigionia, della infermità, della indigenza: ma i più amati ancora dalla natura e dalla fortuna hanno uopo sovente del suo soccorso; conciossiachè in grembo alle dovizie ed ai piaceri è pur necessaria l’espettazione di qualche nuovo godimento che ne disseti una volta tutti gli incessanti disii.

Si è notato che un sentimento è tanto meno durevole, quanto è più violento; onde non vi è cosa più passeggera dello stupore, della collera, dello spavento. Il perchè la natura, volendo che la speranza ci accompagnasse per tutto il corso del viver nostro, ne ha fatto un sentimento più mite. La più parte delle passioni può compararsi agli ardenti raggi del sole in meriggio; ma le illusioni della speranza sono simili al placido lume della luna che soavemente risplende fra l’orror della notte. La speranza fa sull’anima nostra la stessa impressione che il color verde, il quale n’è simbolo, fa sulle nostre pupille.

Ma ciò che dà principalmente alla speranza un dolce allettamento, è la tenera melanconia, che non va quasi mai da essa disgiunta. Gli sventurati sono quelli che più sperano, nei quali il paragone del presente coll’avvenire, e la veduta di un bene di cui sono privi, ma che si lusingano di possedere in appresso, producono un misto di tristezza e di gioia che [194] tutta l’anima ne riempie, e dolcemente la commove. Nivel 3► Cita/Lema► Ti sei tu mai, leggendo Werther, arrestato a quel passo in cui questo giovine amante dà all’amata un eterno addio, ed esclama, parlando di un altro mondo: “Carlotta, noi ci rivedremo!” Questi accenti penetrano sino al fondo del cuore; ed ogni volta che io vi penso, parmi di essere sotto quegli alti pioppi, sulla riva di quel ruscelletto tranquillo, in una bella notte d’estate, e udir mi sembra una voce che gridi fra le ombre: “Noi ci rivedremo . . . . sì . . . . ci rivedremo!” E qual cosa trovar sapresti più movente, che questa speranza di Werther? Io ti compiango, se in rileggendo questo tenero tratto la pagina non ne sarà alla seconda lettura aspersa delle tue lagrime. ◀Cita/Lema ◀Nivel 3

La speranza, questa vena perenne di piaceri, spesse fiate addivien madre d’inquietudini e d’affanni, quando si propone un obbietto fallace. Ella si lascia il più guidare dalla immaginazione, che sempre abbella i suoi ritratti, e così tradisce gli originali. Ella s’inganna sovente, poichè le manca l’esperienza, la quale non si acquista che colla cognizione del passato, laddove la speranza non contempla che l’avvenire. Essa anima il saggio, ma delude l’imprudente, il quale sfuggir si lascia ciò che possiede, per aspettar ciò che desidera. Avvalora le facoltà del nostro spirito, e conferisce ai nostri felici successi; ma inspirandoci una troppo cieca fiducia e troppo incauti consigli, spesso è cagione della nostra rovina. In simil guisa il sole, che a tutto il regno vegetabile [195] largisce vita e bellezza, fa pur perire le piante soverchiamente sottoposte all’ardore de’raggi suoi.

Ogni età, ogni condizione si abbandona alla lusinga di qualche fallace speranza, ed ogni uomo si compiace nel formare disegni ch’egli sa essere chimerici, e che segue tuttavia senza osare di torli ad esaminare. Noi ci crediamo di conseguire un giorno tutto ciò che ardentemente bramiamo; ond’è che quegli il qual per la sua intemperanza egro languisce in aprile, spera che il calor della state sia per rendergli il perduto vigore; e quegli che guata con invid’occhio il lusso ed i piaceri, de’quali la sua scarsa fortuna gli vieta il godimento, si va consolando colla speranza che guari non tarderà la sorte ad arridergli. Il cortigiano vede ad ogni ora approssimarsi l’istante del suo potere, e l’uomo oscuro quello di venire a stato e ricchezza. Così passiamo la vita in una serie non interrotta di sogni, quasi sempre vuoti e mendaci, come quelli della notte.

Se questo quadro per avventura ti sembrasse esagerato, ritorna un momento col pensiero sovra i passati tuoi giorni, e ripensa quali sieno stati dieci anni fa i tuoi disegni, le tue speranze; e quanto sia, secondo gli avvisi tuoi, cresciuta in questo intervallo la tua felicità. I dieci anni son già trascorsi; ma ti hanno essi mantenuto le promesse che in quelli avevi locate? Hanno essi moltiplicate le tue ricchezze, perfezionate le tue cognizioni, emendata la tua condotta, quanto avevi tu allora immaginato? Ah! certamente se quelle tue speranze rimembri, [196] confesserai che son rimase vuote, e sarai persuaso che que’tuoi giorni senza alcun pro sono scorsi, e che la felice meta de’tuoi desiderii è ancor da te ugualmente lontana.

Ma coloro a’quali in tal guisa è mancato il principal loro intento, qual consolazione hanno essi incontro alla memoria tormentosa de’loro infausti successi, e quali compensi per mitigare il rammarico d’aver perduto così una gran parte della vita? Non altro essi hanno che darsi in braccio alle stesse illusioni, formar nuovi aerei progetti, e prefiggersi un altro termine di felicità. Possono ancor fidarsi a nuove promesse, sebben sicuri del loro inadempimento; perciocchè di rado la speranza ci fallisce senza promettere di ristorarci dalla lunga aspettazione con maggiori benefizi.

Ciascun tempo ci offre esempi di fortune non isperate, nè meritate, buoni a ravvisar le speranze di coloro che sono ognor pronti a credere tutto ciò che le loro inclinazioni seconda; ma la loro confidenza non posa che sovra certe considerazioni atte solo a prevenire la disperazione. Il giacer nella inerzia, perchè alcuni son divenuti ricchi senza fatica, egli è assurdo egualmente che il gettarsi in un precipizio, perchè altri illesi ne sono usciti. Paragonate il numero di quelli che furono amati dalla fortuna con quello di coloro le cui speranze fallirono, e ben conoscerete allora con qual fondamento possiate annoverarvi tra i fortunati.

Non si apra dunque il nostro cuore che a quelle speranze le quali sono dalla ragione [197] approrate. Pensiamo che chi speta incessantemente, vive e muore fra le chimere; nè dimentichiamo giammai, che se una buona speranza più vale che un cattivo possedimento; una speranza fallace è sempre una follía e spesso una vera disgrazia. ◀Nivel 2 ◀Nivel 1