Zitiervorschlag: Giovanni Ferri di S. Costante (Hrsg.): "L’emulazione", in: Lo Spettatore italiano, Vol.4\07 (1822), S. 60-69, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.871 [aufgerufen am: ].


Ebene 1►

L’emulazione

Zitat/Motto► Non divitiis cum divite, neque factione cum factioso,
sed cum strenuo virtute, cum modesto pudore, cum
innocente abstinentia certabat

(Sal. Bel. Cat. c. 57).

Non egli di ricco fra i ricchi, non tra’faziosi di fa-
zioso al vanto aspirava; ma di coraggioso tra i forti,
di verecondo tra i modesti, d’incorruttibile tra gl’in-
corrotti

(Trad. d’Alfieri). ◀Zitat/Motto

Ebene 2► L’emulazione, quel desiderio d’agguagliare, di avanzar gli altri, d’imitar tutto ciò che è grande e bello, e ciò che a noi sembra far nascere l’estimazione e la meraviglia, si è un affetto postoci in cuore dalla natura, e, come gli altri ch’essa ne infonde, sommamente benefico, quando le sociali instituzioni noi traggano a corruzione. Tanto egli à da natura, che i più salvatichi uomini e gli animali stessi ne sono capaci. Chi adunque si presume di reputarlo un affetto fittizio, ponga mente ai trastulli de’fanciulletti, e vedrà in essi cotesto affetto manifestarsi in tutto il suo essere, e dar moto a tutte le loro operazioni. Bramano elli sin d’ora di signoreggiare, si vanagloriano di quello che hanno, ambiscono di conseguire distinzioni e preminenze, come col tempo ambiranno onori e ventura.

Ebene 3► Exemplum► L’autor dell’Emilio, che è il maggior nemico dell’emulazione, confessa esser questo affetto naturale nell’uomo, e in lui mostrarsi fin dall’infanzia. Zitat/Motto► “Il primo sguardo, dice egli, che [61] il mio Emilio volge sopra i suoi simili, lo reca a compararsi a quelli; e il primo affetto in lui per questa comparazione destato, si è il desiderio del primo posto.” ◀Zitat/Motto Con tutto ciò con una manifesta contraddizione, nel qual difetto inciampa assai spesso questo eloquente scrittore, si studia di spegnere il germe dell’emulazione, e si avvisa di riescirvi coll’impedire al suo Emilio di stare in compagnia de’suoi simili, coll’educarlo a guisa di un essere insensato, benchè tutto mostri la fallacia di questo sistema; ◀Exemplum ◀Ebene 3 chiaro essendo che quanti obbietti circondano la fanciullezza, hanno sopra di lei un incontrastabile e necessario impero.

Rousseau e i seguaci suoi riputando l’emulazione per un dannoso incentivo, vorrebbono che si usassero in luogo di quello tutt’i mezzi che la stessa educazione fornisce. Qual altro movente più efficace ci ha, dicono elli, che l’affezione del giovinetto alunno inverso di quello che spende per lui le sue cure? Qual altro che la sensibilità sua ai rimproveri? La natural curiosità sempre tenuta in movimento, nè mai acquetata? Se non che l’esperienza ne ha mostro essere tai mezzi insufficienti: e tanto è vero aver lo stesso Rousseau conosciuto, essere l’emulazione nell’educazion necessaria, ch’ei pure l’impiega pei fanciulli della più tenera età. E ditatto volendo al suo Emilio insegnar a camminare ed a correre, raccoglie più fanciulli e gl’indirizza verso la meta medesima, mostrando da lunge una inzuccherata focaccia per premio del corso. E che altro è [62] questo, se non che risvegliare l’emulazione? Quegli che si sforza di correr più tosto per conseguire quel premio, si sforzerà pure un dì di pervenire prima degli altri agli onori, al potere ed alla ventura. Lo scopo e i modi per giungervi saranno diversi, ma l’affetto il medesimo. Il discepolo di Rousseau, l’autore degli Studi della natura, comechè aperto nemico similmente dell’emulazione, vorrebbe che al nome del fanciullo si unisse un soprannome di qualche famiglia per la virtù, per l’ingegno e, pei pubblici beneficii celebrata. Non poteva egli immaginare un più efficace mezzo per far germogliare e per nutricare l’emulazione: perciocchè chi portasse un soprannome glorioso, non potria sentirlo pronunziare senza risovvenirsi del debito impostogli d’imitare l’esempio di colui che illustrollo, e di sempre emularlo. Che se con una colpevole ignavia egli non si pigliasse di ciò verun pensiero, tutti gli griderebbero: Cangia il tuo nome, o mostrati degno di averlo.

Posto che l’emulazione sia un necessario affetto a cui nessun altro può supplire, il grande obbietto dell’educazione debb’essere questo, d’indirizzarla ad un utile scopo, e con lodevoli mezzi eccitarla. Perchè mai tanta cura si pone sopra tutto a risvegliare l’emulazion degl’ingegni, e non quella delle virtù più assai necessarie alla pubblica e alla privata felicità? Forsechè la cagione procede dall’esser più difficile il promover questa che quella? Esaminate quali affetti prova la più parte degli uomini, [63] quando loro si narrano felici successi che sol dall’ingegno dipendono. Ascoltano elli tranquillamente e quasi con freddo animo il racconto di ciò che ha di più glorioso nelle fatiche e nei trovati dei genii più grandi; perciocchè questa specie di gloria poco li punge, veggendo essere a pochi dalla natura privilegiati concesso di levarsi a cotanta altezza. Ma narrate loro laudevoli fatti e sublimi virtù; rappresentate un uomo che ha per la patria sacrificato la vita, un figliuolo che per salvare il suo padre ha affrontata la morte, ovvero un amico che col rischio della sua liberta ha voluto conservare quella dell’amico: allora la forte commozione del cucire si vedrà dipinta ne’loro visi, le lagrime gronderanno copiose, l’agitazione degli animi sarà manifesta, e tutto mostrerà il verace desiderio d’imitar le virtù che si ammirano. Per tal guisa l’emulazione deve impiegarsi a far crescere così le facoltà del cuore, come quelle dell’intelletto, e a formare non pur dotti letterati ed artisti, ma uomini e cittadini principalmente.

Per risvegliare l’emulazione il solo lodevole mezzo si è la speranza delle ricompense; perocchè il timor de’castighi, primo passo inverso la corruzione che agli altri tutti presto ne conduce, non altro forma che malvagi e stupidi schiavi. Ma perchè un tal mezzo abbia tutto il suo potere, duopo è che con giudicio si eleggano le ricompense, e con giustizia compartansi: è mestieri che, per quanto si può, le dichiarazioni di stima, le onorevoli distinzioni, [64] i singolari elogi sian premio del merito. Altrimenti l’emulazioue eccitata dal solo allettamento dell’interesse invilisce gli animi per la qualità stessa delle ricompense loro proposte. Deggiono queste esser semplici per se medesime, e sopra tutto aver gran pregio nella pubblica opinione. Finchè tra i Romani una corona di quercia, di alloro, e di alcun’erba più vile ancora bastava per infiammare a virtù, fu Roma felice e trionfante; ma non sì tosto si suscitò l’emulazione dall’amore delle ricchezze e della potenza, che Roma diventò la sentina di vizi bruttissimi. Diventò ella un oggetto degno di grande commiserazione, quando gli onori a vane arti largironsi, quando l’esilio d’un vile istrione si reputò una pubblica calamità, e la sua tornata un trionfo.

La giusta ed economica distribuzione delle ricompense le rende più che altra cosa apprezzate. Gli onori destinati alle virtù ed all’ingegno diventan vili se vengon concessi a chi non si adoperò gran fatto per meritarli; ma spregevoli si rendono anche a coloro che li consieguono, ed ogni maniera di emulazione si spegne se all’intrico ed al favore si accordano. La preminenza onde i Greci divennero il modello di tutti i popoli del mondo, è dovuta alla saggia distribuzione delle ricompense; e quando elle furono senza modo e misura accordate; quando i popoli non paghi di decretar corone ai lor cittadini, gli uni agli altri se le decretavano; quando si videro in Atene trecento statue in un solo anno ad un sol uomo [65] innalzate, quella fu l’epoca della decadenza dei Greci.

L’emulazione verso un utile scopo indiritta, e con laudevoli mezzi eccitata, in cambio d’ingenerare viziose passioni, ne preserva e guarisce da quelle. E nel vero, come potria ella esser la fonte dell’orgoglio, dell’invidia, dell’odio e dell’ambizione? L’orgoglio, odioso vizio che altro non spira, se non se esclusione e preminenza, che tutto pretende e niente accorda, non ammette verun obbietto di comparazione; laddove l’emulazione, che è quasi un bisogno ognor nutricato dalla stima, è circondata da concorrenti. Vede ella sempre innanzi a sè ingegni e virtù da lei non eguagliate. L’orgoglio gonfio del suo merito non vede altro che quel solo, si piace delle sue gloriose venture, e non conosce chi gli va innanzi. L’emulazione aspira a vincere, ma sa che può essere vinta. L’abitudine contratta di partire cogli emuli la corona, insegna a trionfar con modestia; e la tema di mal successo impedisce di esagerare i lodevoli fatti. Per tal guisa non è generatrice d’orgoglio, ma sì bene compagna della modestia.

L’invidia sarebbe ella più che l’orgoglio l’effetto necessario dell’emulazione? Ponete mente alla natura di questo vizio, il quale è per se stesso sì vergognoso, che non vi è esempio che altri l’abbia mai confessato. L’invidia è uno involontario omaggio che un inferiore tributa al merito: ella è il compenso e il conforto degli sciocchi che si confidano di conseguire le [66] dignità cui rifiutano agli altri; è un vizio incorreggibile e stupido, acconcio ad innalzare e a proclamare il merito cui vorrebbe nascondere e annullare. Nessuno di questi caratteri essenziali dell’invidia può coll’emulazione accordarsi. Chi sente in se medesimo il germe di qualche talento o virtù, ha la nobile fidanza di poterlo quando che sia farlo germogliare, e dopo di avere emulato gli uomini per lui ammirati, di poterli eguagliare. L’artista che può dire come il Correggio: Son pittore anch’io, in cambio di oscurare gli eccellenti lavori dei grandi maestri, si sforza d’imitarli e sorpassarli. Però l’uomo diventa invidioso, non potendo esser emulo; e l’emulazione sola spegne l’invidia.

Ma in quanto all’odio, com’esser potrebbe dalla emulazion generato, la quale altro non è che una innocente gara tra eguali per conseguir guiderdoni ed onori coll’industria e colla fatica, ove con questi soli mezzi quelle si ottengono? L’emulazione suppone la stima, e la stima si è il fondamento dell’amistà. Ecco leali e forti legami che dalla prima puerizia si stringono, le amicizie di collegio! Non si annodano elle che tra gli alunni che hanno per avventura la medesima forza d’ingegno, che sono avvezzi a contrastarsi la palma, e a vicendevolmente conseguirla. Da questa vicenda di vittoria e sconfitta sorge una reciproca estimazione la quale si trae seco più intime attinenze, opportunissime a consolidar di poi le amicizie. Se bisognassero esempi a mostrare non essere all’amicizia contraria l’emulazione, io produrrei quello di un personaggio che forse fu tra gli antichi [67] il più cupido di gloria. M. Tullio, dopo di avere lungo tempo disputata ad Ortensio la palma dell’eloquenza, significò nel Bruto per la morte di quel celebrato oratore il più vivo cordoglio. Ebene 3► Zitat/Motto► “Se negli studi delle arti men gravi, dice egli, sappiamo che nobili poeti si sono della morte de’coetanei poeti doluti, con che cuore doveva io pur comportare la perdita di quello col quale era più glorioso il gareggiare, che al tutto non averlo avversario; massimamente che in cambio d’infrapporre o io alla sua, o esso alla mia carriera impedimento, anzi l’un sempre l’altro aiutò, e col comunicare, e coll’ammonire, e col favoreggiare?” ◀Zitat/Motto ◀Ebene 3 Questi sentimenti medesimi palesò egli nella lontananza di M. Marcello, illustre ancor esso per la lode dell’eloquenza. Perciocchè dopo le guerre civili non volendosi Marcello sottomettere al vincitore, Tullio similmente non reputando dicevole a sè il favellar nella curia, lasciò scritte queste memorabili parole: Ebene 3► Zitat/Motto► “Io mi doleva, e fortemente mi rattristava in veggendo che un tal personaggio stato nel medesimo partito che io, non fosse nella fortuna medesima; nè persuader mi poteva, nè lecito riputava di ripigliare l’antica mia consuetudine, sendo quell’emulo e invitatore degli studi e delle fatiche mie, quasi compagno e seguace, da me disgiunto.” ◀Zitat/Motto ◀Ebene 3

In fine accusasi l’emulazione di fomentar l’ambizione: per la quale se s’intende l’amor della gloria, il desio di avanzare gli eguali, di acquistar rinomanza ben meritando della patria, questo affetto nasce senza dubbio dalla [68] emulazione, o piuttosto e l’emulazione medesima. Ma se per quella s’intende il desiderio d’innalzarsi senza ingegno e virtù, di pervenire agli onori e al potere con mezzi alla giustizia e al comun vantaggio contrari; questo malnato vizio da tutt’altro procede; nasce cioè, come gli altri vizi che alla emulazione attribuir si vorrebbono, da ingiuste leggi, da difettuose instituzioni, e da opinioni assurde che corrompono il viver civile. Chi meglio dell’eloquente scrittore dell’emulazione nemico ha conosciuto i vizi della società? Chi gli ha saputi ritrarre con più vivaci e forti colori? Ei la considera non come una grande famiglia, dove tutti aiutano la felicità di ciascuno, ma come un’arena ove solo contro tutti lotta ciascuno, ove il male che ciascuno gli fa, porge a lui l’odioso diritto di farne ad ognuno. Spaventato dai vizi della civiltà, le pone innanzi la vita selvaggia, e in tal guisa apertamente confessa che quei vizi sono di necessità originati dalle instituzioni sociali. Per quale stravagante ragionare ne dà egli carico all’emulazione, a quell’effetto posto da essa natura così nel cuor dell’uom più selvaggio, come dell’uomo il più culto?

No, l’emulazione non è già un mezzo corruttore atto a suscitare le male passioni: anzi è la fonte di tutte le civili virtù e insieme di tutti gl’ingegni; e i legislatori non meno che i moralisti le accordano un grande impero in sulle civili e le politiche instituzioni. L’emulazione è la principal cagione per la quale tanto i popoli che i semplici cittadini sugli altri [69] s’innalzano. Per lei vantano i Greci la gloria d’aver generato i più grandi uomini, dei quali la storia dee conservar la memoria, e di essere per sempre il modello dei popoli fatti civili. Ma tra i molti popoli che hanno la Grecia illustrato, uno solo, insensibile alle attrattive della gloria, diè bando all’emulazione, sendo scritto in una sua legge: “Se alcuno vuole tra noi segnalarsi, vada a segnalarsi altrove.” Che seguitò da questa legge assurda, cui li detrattori dell’emulazione mostrano di voler riprodurre? I Metinnesi non per altro nell’istoria son noti, che per questo ridicolo eccesso di sciocchezza e d’invidia; e il nome di costoro campato dall’obblio, perchè ne fosse al mondo eterna l’infamia. ◀Ebene 2 ◀Ebene 1