Zitiervorschlag: Giovanni Ferri di S. Costante (Hrsg.): "I falsi filosofi", in: Lo Spettatore italiano, Vol.4\06 (1822), S. 52-59, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.870 [aufgerufen am: ].


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I falsi filosofi

Zitat/Motto► Quotusquisque philosophorum invenitur qui disciplinam
non ostentationem scientiae, sed legem vitae putet,
quique obtemperet ipse sibi, ac decretis suis pareat?
Videre licet alios tanta levitate ac jactatione, iis
ut fuerit non didicisse melius: alios pecuniae avi-
dos, nonnullos gloriae, multos libidinum servos, ut
cum eorum vita mirabiliter pugnet oratio; quod
quidem est turpissimum

(Cicer.).

E quanti filosofi ci ha egli che la facoltà loro non
mostra di scienza, ma reputino legge di vita, e che
obbediscano a se stessi, e facciano a modo de’loro
decreti? Puoi altri vederne tanto leggeri e millanta-
tori, che sia per loro il meglio non avere apparato;
quali di pecunia ingordi, quali di gloria, molti di
libidine schiavi, in tanto che il lor dire fa una strana
zuffa col vivere. Oh daddovero eterno vituperio! ◀Zitat/Motto

Ebene 2► L’orgoglio de’misantropi, l’ostentazion della filantropia, la vaghezza dei paradossi e dei sistemi, il dispregio della religione, l’odio dell’autorità, sono i segni che manifestano la falsità dei filosofi.

Ebene 3► Exemplum► Si chiama filosofo Fimone, perchè egli spregia il mondo in vendetta che il mondo spregiasse lui. Il suo lacero manto ricuopre un cuor più superbo che non suol battere sotto le più ricche vestimenta. Costui, di sconosciuto nascimento, povero d’ingegno e di fortuna, senza alcuna qualità da farsi amare, si è dato ad abborrir tutto. S’insuperbisce della miseria che non sa schivare, e la sua bocca vitupera sempre quei beni ai quali aspira continuamente il [53] suo cuore. E non è da pensare ch’egli sia stato sempre in questi puri e nobili pensieri; perchè entrato nel mondo, non trasse ad’altro che a grandezze e divizie. Quelli che al presente egli biasima, allora senza modo lodava, e parlava loro la favella degli Dei. Ma gittato dall’alto delle sue speranze, si rimosse dalla gente, rompendo in querele; e si rinchiuse in camera, per isvergognare il mondo. Quivi gli si fece pur sentire il bisogno; ma egli si diede a credere di sentire anche il pregio suo; e ravvoltosi ne’suoi meriti, prese ad avere a schifo tutto quello che sino allora aveva avuto in reverenza. E con tutto che alla prima gli dessero assalto i sentimenti del cuore, egli però tanto fece e tanto disse, che finalmente venne a persuadersi ch’egli non per altro schifava beni e splendori, se non per altezza d’animo. ◀Exemplum ◀Ebene 3

Ebene 3► Exemplum► Filometo, che vuol essere chiamato il filosofo sensibile, va in estasi alla sola idea del genere umano, e gli scaturiscono lagrime dagli occhi. Una parola generale, un’astrazione fantastica è bastante a commuoverlo tutto, senza che poi un poverello il quale vicino a morir di fame e di dolore gli attraversi la via e carità gli chieda, lo possa muovere a compassione. Con l’animo occupato nell’infelicità e nell’afflizion di tutta la spezie, non si può volger alla miseria d’un uomo solo. Aveva egli un padre, uomo di reverenza degno, la cui beneficenza, qnantunque al suo figliuol filosofo sembrasse ristretta e misera, porgea le braccia sopra quanti n’avea dattorno. Presso ai settanta anni soprappreso da apoplesia, si saria pur tornato a vita se [54] opportuno aiuto gli si fosse prestato; ma fu malavventura che quel giorno dovea Filometo in un’accademia di filantropi proporre un consiglio di beneficenza; e n’era trascorsa già l’ora, sicchè dovette andare e lasciare il padre. Quando ritornò, lo trovò morto; e non solo non gliene dolse, ma mostrò questo filosofo ch’egli avea liberalmente offerta la vita del padre in sagrificio al bene dell’umanità. ◀Exemplum ◀Ebene 3

Ebene 3► Exemplum► Misanto non si pone a scrivere, se non contro tutte le opinioni e contro tutte le costumanze; e purchè egli contraddica un principio, basta che sia ricevuto. Nè si contenta di battagliare con un avversario solo, ma si mette contro tutto il mondo, ch’egli vorrebbe ricondurre allo stato della natura. Si direbbe che la ragione non abbia altrove ricetto che nel suo cervello. Misanto dichiara d’aver dedicati i suoi giorni alla verità, ch’è il solo punto de’suoi contemplativi studi; e non gli rimembra che l’esser veritiero e di buona fede con se stesso è la principal regola dell’investigazion della verità. ◀Exemplum ◀Ebene 3

Ebene 3► Exemplum► Se Erralide s’inganna, egli è di buona fede ma sedotto dal suo amor proprio, e trasportato dalla sua immaginazione, egli à entrato in frenesia di sistemi, va cercando la cagione di cose che mai non furono, e crede, lo stolto, di averla trovata. Non cade nell’animo ad Erralide che questa sua prontezza a crear sistemi da altro non procede che da ignoranza. Dice il savio Fontenelle, ch’egli non e tanto della nostra ignoranza persuaso per le cose che esistono e non ne sappiamo render la ragione, [55] quanto per quelle che non esistono e la rendiamo. ◀Exemplum ◀Ebene 3

Ebene 3► Exemplum► Nicandro segue la immensa setta di que’millantatori filosofi li quali altro non professano che il dispregio della religione. Egli è divenuto incredulo per via di credulità: si è lasciato vincere all’autorità di coloro che con asseveranza affermano la religione essere una chimera, ed uno spauracchio delle femminette e dei fanciulli. Per meglio stabilirsi nella sua miscredenza, va continuamente alla cerca di tutte le opericciuole che si chiaman filosofiche, per raunarne il sugo, e non di rado per cavarne sofistiche contraddizioni e sfacciati sarcasmi, e far loro eco. E conciossiachè in questo genere quanto uomo è meno radicato nel suo principio, tanto più vorria farlo a tutti abbracciare, Nicandro cerca di provarsi con tutti i credenti per acquistar seguaci alla sua setta. L’incredulo, come il devoto, parla sempre di religione: ma l’uno parla di quel che teme, l’altro di quel che ama. ◀Exemplum ◀Ebene 3

Ebene 3► Exemplum► Liberione ha pigliato il titolo di filosofo indipendente, e si tiene sciolto d’ogni legge, e maggior dell’opinione, comechè regina sia ella del mondo. L’idea dei sovrani, perchè gli presenta un essere a lui soprastante, lo noia; la disuguaglianza sociale, perchè lo sottopone all’osservanza, gli grava; ed abborre qualunque dignità, perchè nessuna trascende la sua presunzione. In somma la filosofia di Liberione siede tutta nello agramente villaneggiare i re, i ministri, i nobili. “I re, dice egli, non sono uomini; sono lupi pastori. Sta molto bene che Omero li sopranominasse i divoratori dei popoli. [56] La Corte non è che una masnada di pezzenti esaltati e vestiti meglio che gli altri, ed è un paese dove si veggono più larve che facce. Il più alto merito di alcuni cortigiani è una umile alterigia, una piacevole mentecattaggine; e non sanno che quelle cose che saria bello ignorare. Nella mia prima gioventù questi grandi mi facevano stare in timore; ma quando giunsi a ben conoscerli, di subito non mi rimase altro che disprezzo. Avviene di essi quello che delle prospettive, le quali riguardate vicinamente non ingannano più. Il volgo ignorante trae ammirazione della lor nobiltà, ed è invidioso de’beni loro: ma io non altro estimo la nobiltà ottenuta per reditaggio, che come un morbo penetrato nelle vene”. Liberione spesso riconferma, l’opinion pubblica essere la più erronea di tutte le altre; ma chi non vede che egli ne affetta il dispregio, perchè sa di essere per quella condannato? ◀Exemplum ◀Ebene 3

Ebene 3► Exemplum► Sofronia si procacciò parecchi libri de’moderni scettici; ed altro non vi imparò, se non che dallo scetticismo scende un raggio della sopraumana ragione, annunziatore di esser noi esenti dai pregiudizi ai quali s’impiglia il volgo. Da quel tempo costei prese a scherno i doveri di sposa e di madre, e si diede agli studi ch’ella chiamava di filosofia. Scelse per maestri alcuni filosofi famosi per la stravaganza de’paradossi e la sfrenatezza de’principii; e sua ambizione era solamente d’aver lo spirito filosofico, per cui le veniva compassione del suo sesso, quando lo vedeva sotto l’ingiurioso giogo della superstizione. Sofronia è divenuta [57] selvatica a tutta la sua casa, perchè ella non ama che la compagnia de’disingannati pensatori, dai quali si crede esser ricerca; laddove più per beffarla e deriderla, che per altro, usan con lei. Non è uomo di senno il quale non dica male di Sofronia, come di colei che ha abbracciati certi studi i quali adombrano l’intelletto e guastano il cuore, e tanto più da vituperar nelle donne, quanto esse sono nate a raddolcir e rallegrar la vita coi piaceri e con le amorevolezze, e non ad inasprirla con la mala dottrina dello scetticismo. ◀Exemplum ◀Ebene 3

Ebene 3► Allgemeine Erzählung► Aglaura, non meno di costumi che di bellezza ornata, era l’esempio delle spose e delle madri, per maniera che il suo marito, a cui nota era tutta quanta la purità della sua vita, così seguitava ad essere di lei innamorato, come il primo dì che veduta l’avea. Era ella pia, ma d’una pietà dolce e non eccessiva: le piaceva il leggere e lo studiare, ma per solamente imparare a fornir meglio i suoi doveri, non a procacciarsi fama di letterata. Ad un eccellente merito aveva aggiunto il più alto pregio; ciò era una somma modestia. Così Aglaura era tenuta da molto, e onorata dalle laudevoli persone, come dalle meno degne di stima. Ahimè! a che riuscirono sì pellegrine virtù? Uno svergognato, in sembianza di filosofo, l’ha tutta guasta per modo, che come prima era l’onor del suo sesso, così n’è ora il vituperio. Per corrompere Aglaura, Eranio l’assalì dalla parte dell’ingegno; e prese partito dall’amor ch’ella aveva agli studi con adularla del suo intendimento, con venirla di sè assicurando, con [58] ragionarle che il suo animo era fatto per superar la condizione del suo sesso. Quando gli parve d’averla ben disposta, le cominciò ad istillar principii i quali da traverso impugnavano la religione; e così poco a poco la indusse a credere che le massime religiose sono una tela di evidentissimi errori, sicchè Aglaura perdè ultimamente ogni spirito di pietà.

Eranio, poscia che ebbe sgombro ogni affetto di religione da quel cuore che aveva tolto a guastare, voltosi a combattere i principii morali, le andava mostrando essere veri inganni quelli appunto che fanno scudo alla virtù delle donne. E qui non ebbe a sudare troppo; perchè Aglaura, già trascorsa insino a desiderar nome di filosofante, gli diede una compiuta palma. Saria rimasa virtuosa costei, se non avesse mai abbandonati i sentimenti del cuore; ma volle lasciarsi governare allo spirito, e cadde in follía.

Come Aglaura non ebbe più virtù, non ebbe più bene. Quel seduttore mise breve indugio a tradirla, ed ella per consolarsi di quello, n’aveva già scelto un altro; ma il marito accortosi de’suoi andamenti, per non più sostenere la metà della sua turpitudine, si divise da lei. Venuta allora in dispregio a quei medesimi che le sue massime secondarono, fonte di tutto il suo disonore, lasciala da tutti gli amici, rimossa da’suoi figliuoli, conobbe quanto era orribile la sua disavventura. Non senza gran dolore si ricordava del tempo felice, quando era la tenerezza ed il diletto del miglior de’mariti, quando poteva insuperbir de’suoi figli nel suo [59] seno cresciuti, e dire come Cornelia: Ecco il mio ornamento e le mie gioie. Misera, diceva essa, sapevi la vera filosofia allora che le praticate virtù ti rendevano benavventurosa, ed or ti sei lasciata corrompere ad una sapienza fallace che ti fa naufragar in un mar di guai! O sconsigliate giovinette, che consentendovi ad un modo di ragionare sfrenato e temerario, credete di levarvi di sopra al vostro sesso, badate di non ruinare di sotto a quello, come è a me accaduto. Apprendete dal mio durissimo esempio a non investigare verità speculative, ed a tener dietro alla virtù, dalla quale solamente vi può seguitare onore e felicità. ◀Allgemeine Erzählung ◀Ebene 3 ◀Ebene 2 ◀Ebene 1