Zitiervorschlag: Giovanni Ferri di S. Costante (Hrsg.): "L’istoria", in: Lo Spettatore italiano, Vol.3\88 (1822), S. 391-400, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.860 [aufgerufen am: ].


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L’istoria

Zitat/Motto► Praecipuum munus Annalium reor, ne virtutes silean-
tur, utque pravis dictis factisque ex posteritate et
infamia metus sit

(Tacit. lib. III. c. 65.).

Stimo ufficio principale d’Annalista non tacere ie vir-
tù, e da rei fatti e detti per l’infamia perpetua ri-
tirar gli uomini. ◀Zitat/Motto

Ebene 2► Ebene 3► Dialog► Io avviso con Fontenelle, diceva Ermondo, la storia essere una favola di convenzione; ed avvegnachè io poco addentro senta in queste cose, non mi dolgo della mia ignoranza, pensando che in avvenire sarà materia di storia ciò che noi veggiamo oggi accadere. Concederete però, rispose Cliofilo, che necessaria è la conoscenza dell’istoria, senza la quale uno parrebbe come straniero e di diverso mondo venuto, e per la quale sembra che l’uomo sia d ogni paese e d’ogni secolo.

Ermondo

Necessaria è, non niego, tal conoscenza, rilevando assai il sapere quello che quaggiù è accaduto. Ma mi darete licenza voi di dire quel ch’io ne sento? In questo studio bisogna stare ai più importanti e men dubbii tempi della universale istoria, la quale se nelle minute narrazioni sarà letta, ha in sè tante sconvenevolezze, che non se ne ritrae quel frutto che se ne aspetta.

[392] Cliofilo

La vostra sentenza è da doversene altri meravigliar molto: però vi conviene dimostrare onde avvenga che l’istoria non sia la scuola dell’uomo, nè ci porti l’esperienza de’secoli: come ciò vi potrà venir fatto?

Ermondo

Non è altro l’istoria se non se i fasti della ingiustizia e della debolezza, il codice della violenza e della perfidia ridotto ad operazione dai malvagi, e da loro fedelmente consultato. Gli occulti, i pericolosi occulti della umana debolezza sono in quella rivelati più che bisogno non sarebbe, dove ricorrono, per aver l’apologia delle loro scelleratezze e delle loro fellonie, gli ambiziosi e i tiranni. Voi siete di coloro che declamano contro le triste dottrine del Machiavelli: or che insegna costui nel libro del Principe, che non sia nell’istoria?

Cliofilo

Ma per questo medesimo io trovo grande utilità nella storia, dalla quale apprende l’uomo e il cittadino di che cosa debba temere s’ei si lascia occupare il potere assoluto, e quanto gli convenga vegghiare a guardia de’suoi diritti.

Ermondo

Sarebbe utile, come voi dite, l’istoria, se la potesse leggere il popolo, e s’ella intendesse a farlo accorto de’suoi diritti; ma va sempre ella mostrando, la gran parte degli uomini portare in sul collo il giogo di un solo; e lo sconfortato schiavo quando rianda il tempo andato, vi rinviene motivi da consolarsi, ciò ch’è il segno dell’estrema miseria e del dispregio ove giace.

[393] Tali sono, conforme a che io giudico, le sconvenevolezze dell’istoria, che dai filosofi soli si vorrebbe studiare, essendo per tutti gli altri, una fonte di errori. Fallo grande è dell’istoria il dipinger gli uomini più dal rio che dal buon lato. Trascurati e taciuti sono i tempi di pace e di serenità, se nullo n’è; e non pare che l’istoria abbia a favellare che di turbamenti e di tempeste: per la qual cosa noi abbiamo l’istoria dei popoli che si distruggono, ma non di quelli che ingrandiscono. Noi ne sappiamo solamente il male, perchè del bene non si tien conto; e celebrati sono i tristi soli, essendo i giusti messi in oblivione, o in ischerno. E che altro contiene l’istoria, descritta eziandio senza alcuna passione e con tutta filosofia, se non che una serie di misfatti, di follie e di sciagure? Vi si vede certe fiate alcuna magnanimità, o meravigliosa virtù, come ritrovasi ne’deserti alcuna capannuccia, o campicel seminato. Ma per un Alfredo, per un Alfonso o per un Enrico IV, vi si vedono mille Sovrani che furono il vituperio e la tribolazione del genere umano.

Conviene aggiungere, che queste cose di sì poco momento contateci dall’istoria non sono fedel descrizione delle vere, come sono accadute: perchè rade volte lo scrittore può di quel che scrive essere stato testimone; e per conseguente, a qual patto può egli locare il lettore rimpetto alla scena, per recitargli fedelmente le cose? Oltre a ciò, i fatti nel capo dello storico, così come egli sente o ragiona, vengono cangiando aspetto, e tra per la sua [394] ignoranza e per la parzialità sua tutte son travolte le cose e alterate. Ma presupposto pure che l’istoria tali quali si furono ci ritragga gli avvenimenti (lo che non può essere, perchè ad alterarli basta una trasandata o trasfigurata circostanza) essi medesimi a che servono, se non se ne sa lo imperchè? Qual ben si raccoglie dal leggere accidenti di cui la cagione sia ignota? e chi sa quante secrete cagioni sieno per anche nascose?

Ma oltre questi difetti che dal fondo della cosa nascono principalmente, parecchi ancor ne sono che dagli storici, poco del loro officio informati, o poco curanti, derivano. Ponete mente a quell’intendimento ch’ebber gli antichi scrivendo storie; dico gli antichi, come quelli che sono da noi per maestri tenuti. Fu tra essi l’istoria un’arte ordinata a dilettare, e non una disciplina fabbricata ad ammaestrare; ed era, a dir di Quintiliano, un genere che sentiva del poetico, in tanto che le regole poste a scrivere storie consonavano a quelle dello epicamente poetare. Torre un argomento grave e importante; raunare e distinguere artificiosamente le sue diverse parti; ornarlo di gagliarde e vive dipinture; a quello con dicerie convenienti dar vita ed atto: queste erano per gli antichi le essenziali qualità della storia. Eglino condussero questo genere, per quanto il sofferse, alla sua perfezione. Ma il loro intendimento non arrivava allo scopo che si propone la storia. Contavano essi i notabili accidenti senza studio di trovarne le cagioni, nè fare a quelli animadversione; il perchè si potrebbe [395] affermare, che essi come faccenda straniera della storia giudicassero il dichiarare ed aprir lo stato del governo, delle leggi, dei costumi, delle scienze e delle arti.

I moderni, tanto degli antichi nell’arte di dipingere minori, hanno pretermesso, quasi quanto i loro modelli, quello che potrebbe la storia fare utile e buona. È il vero che hanno trattata la storia per nuovo modo, investigando le generali cagioni degli avvenimenti, ed i veri principii dei progressi, della prosperità e dei dicadimenti ch’ebbero gl’imperi. Ma quanti sono mai gli storiografi che sì alto oggetto abbiano saputo accoppiare all’esposizione delle politiche e militari cose? Quanti sono quelli che abbiano potuto liberamente comporre la storia del loro paese e del tempo loro, sì ch’ella fosse profittevole alla patria ed al genere umano?

Cliofilo

Non si può negare nella storia essere i difetti che voi dite; ma nè sì gravi, nè sì generali, come voi gli avvisate, essi sono; e servando certe regole si potrebbe evitarli. Le regole sono necessarie, quanto più rare sono le buone storie. Le antiche, tutto che men direttamente che le moderne a noi giovevoli sieno, nondimeno si debbono del tutto studiare ed intendere; e gli scrittori moderni, ricogliendo con diligenza ed accorgimento e giudizio tutto ciò che delle leggi, de’costumi, delle scienze e dell’arti detto è per gli antichi, hanno molto le storie dell’antichità illustrate. Ma avvegnachè più le loro che le opere degli antichi addottrinino, non si dee in alcuna maniera lo studio [396] di questi intralasciare; poichè, non guardando al merito della loro letteratura, l’effigie degli antichi nelle opere loro soltanto si raffigura delineata e vivamente espressa.

Assai di questi rinomati storici hanno trattato di cose o da lor vedute, o poco ad essi lontane. Ebene 4► Exemplum► Non ha generalmente Erodoto rapportato altro che quello che ha veduto egli, o da testimoni di vista gli fu racconto. Tucidide e Senofonte narrano cose del tempo loro, nelle quali ebber gran parte anche essi. Salustio visse con Catilina: Cesare scrisse le sue gesta: Tacito si tiene quasi alla storia del suo secolo. Che se poca cura ebber gli antichi di ritrarre i generali costumi, eccellenti furono almeno nel descriverci coloro, i cui fatti essi ci riferirono; e nelle opere loro stanno quelle vere e individuali particolarità che sono state sbandite dall’ingannato giudizio de’nostri. Descrivono quegli i grandi uomini eziandio ne’piccoli affari, e in quei momenti dove, non essendo sul pubblico teatro, si lasciano in balía delle loro inclinazioni.

L’avere gli antichi dentro a piccoli termini circoscritta la storia, non è da reputare difetto d’ingegno, ma di circostanze; conciofossechè l’uomo in quei secoli non avea gran campo d’osservazioni, nè lunga esperienza de’rivolgimenti umani. Poche e difettive erano le cronache de’primi casi, e quelle cotante erano poco più che scure e dubbiose tradizioni, e dalle favole guaste e sformate. Non si trovava appresso gli antichi abbondevole raccolta di fatti, sufficiente da se sola ad altrui scorgere [397] agli effetti generali, ed a far immaginare una filosofica storia. Mancava ad essi altresì la comunicazione de’popoli, la qual più che altra sublima ed ingrandisce la mente dello storico. Dei popoli quello addiviene che suole delle persone alle quali il senno casalingo e la scienza delle cose familiari non può porgere i lumi e il discernimento, che dal conversare con altre genti e dal trattare con tutto il mondo ricevesi. Essendo l’umana generazione al tempo delle greche repubbliche distinta in Greci e in Barbari, era più acconcio alle investigazioni filosofiche il ripartimento de’Greci in piccoli Stati, che la grande repubblica, la quale così le arti e le scienze, come i diritti e la dignità dell’uomo, tutto ristrinse al nome romano. ◀Exemplum ◀Ebene 4 A’dì nostri, per la condizione e per la conoscenza quasi uguale de’differenti popoli d’Europa, più agevolmente che negli antichi conceduto non era, si possono i fatti ragguagliare tra loro, e si può un ordine per la storia degli uomini costituire. Il commercio letterario che tra loro hanno i popoli, dà a questi studi l’utile della concordia e della emulazione.

I moderni sono da commendare assai d’essere stati i primi a servirsi dell’esperienza che tanti mutamenti nel mondo hanno dimostra. Considerando il nascere, il crescere e il morire degli imperi, hanno conosciuto che da generali cagioni, le quali in ogni luogo sono le medesime, tutti gli avvenimenti sono prodotti e governati; e si sono accorti che ne’diversi cambiamenti le immediate cagioni che nascono dalle azioni e dalla natura delle persone, malgrado [398] tutto il senno e il prevedimento dell’uomo, non vi hanno che piccolissima parte in paragone delle circostanze generali ed inevitabili. Quelli che hanno per primi considerato la storia in un lume tutto nuovo, e che l’hanno resa utile assai, furono gli storici italiani, ed innanzi a tutti il Machiavelli; ma dell’unione della filosofia colla storia noi ne siamo tenuti spezialmente al secolo passato. Ebene 4► Exemplum► Da Montesquieu fu mostrato come l’istoria dell’uomo possa per le cagioni generali spiegarsi. Voltaire non pure è eccellente nelle vive e spiranti dipinture ch’egli fa, ma nel porre eziandio nuove ragioni e grandi argomenti sopra i progressi generali dell’umana società. Appresso a costoro vennero altri famosi scrittori, e massimamente Hume, il quale molto saviamente ha trattato nella sua Storia d’Inghilterra delle leggi, de’costumi, delle scienze e delle arti, e del modo come elle avanzarono. ◀Exemplum ◀Ebene 4

Ermondio

Leggiermente ognuno avvedesi che al genere storico i moderni hanno dato compimento, in quanto alla istruzione: ma ciò non basta, per essere questo campo stato coltivato da poco in qua; e se vero fosse, secondo che lo stesso Hume avvisa, che a porre generali assiomi in cose politiche è il mondo ancor troppo giovine, ne conviene temere che per lunghissimo tempo avvenire non potrà esser la filosofica storia a perfezione condotta. Ma benchè ella una volta diventasse perfetta, sempre incerto sarebbe se utile fosse, e se direttamente sul ben essere dell’umana specie la sua virtù adoperasse. Perchè giovi la storia, non può mai troppo per tempo [399] esser venuta. Mestier sarebbe che costoro i quali alcuna parte sostengono nella scena del mondo, fossero certi di udire il grido della verità, di subire la storica giustizia, di ricevere la lode e il biasimo che loro si conviene, e finalmente di vedersi tali quai sono nello speglio della storia. Il che non succede, se non se ne’popoli liberi, nei quali, essendo pienissima libertà di stampa, può ben la storia esercitar suoi vantaggi; laddove l’è in altri luoghi imposto silenzio; o aprendo la bocca per adulazione soltanto, fassi complice di tirannia e d’ogni avventuroso misfatto. La verità o per paura è sepolta, o per adulazione è corrotta. Il credito la perseguita; l’autorità la punisce. Sicchè dall’età delle cose alla libertà di scriverle un secolo bisogna infrapporre.

Certo a lungo andare riscuotendosi ella di suggezione, ammenda gli errori e dà più giuste sentenze: salvo che la paura di dover dopo il passo della vita esser citato dinanzi alla di lei corte, poco fa forza, e rade volte rivolge altrui dal malfare, quando per il delitto non v’è altra pena a temere che questa. Un Boiardo russo minacciato da Piero il Grande di esser gittato alla Neva, dissegli: Ben puoi tu affogarmi, ma la storia il dirà: il quale ammonimento, tutto che allora lo rattemperasse, non valse poi a frenarlo dalla uccisione del figliuolo, e da tante altre opere crudeli. Dánnosi ad intendere i potenti che si possano celare le loro fellonie con ispegner la voce delle querele e della verità; e sperano che ricoprendo i ricordi, i segni e le testimonianze delle malvagità [400] loro, possano prevalere le false novelle degli assetali e comperi storiografi.

Cliofilio

Non ha sicuramente tutta la sua virtù che dovrebbe avere la storia. Ma error sarebbe il credere, che eziandio vivendo gli usurpatori e tiranni, gli offenditori de’popoli possano sottrarsi al diritto giudizio della storia. Regna ancora la libertà di parlare e di scrivere in alcun luogo. Senza che le gelosie e gli scandali che tengono divisi gli Stati, ne porgono agio a rivelare e sospingere in chiara luce le scelleratezze de’prossimi governi. Preme a tutti chiamare innanzi al magistrato della storia i rubelli, e traditori di nazioni, e gli occupatori dei diritti dell’uomo. Sono questi, dice uno storico, i cadaveri de’colpevoli messi sotto gli occhi dei loro empii seguaci. ◀Dialog ◀Ebene 3 ◀Ebene 2 ◀Ebene 1