A peine me pouvois je persuader, avant que je l’eusse vu, qu’il se fut trouvé des ames si farouches, que pour le seul plaisir du meurtre elles le voulussent commettre
(
Prima che non avessero ciò veduto gli occhi miei,
m’era forte a dover credere come sì feroci animi
v’avesse che per semplice diletto commettano uccisioni.
iù volte ho io veduta la semplicetta e timida lepre, dai fieri cani acceffata, tingere del suo sangue il prato, che la cortese natura pare averle ad abitare conceduto. Più volte veduti mi vennero uccelletti di bellissime piume vestiti, che dal micidial piombo caddero trafitti, gloriandosi il cacciatore della sua spietata destrezza. O insensato! Ove è dunque l’umanità, e quella compassione che sopra tutti gli animali ti fa eccellente? Forse la sovrana legge che su questi animali forza ed imperio ti ha attribuito, ti ha ogni spirito di pietà negato? Se pruno o tribolo in alcuna parte del corpo tanto o quanto ti stringe, come ti duoli tu? Non ti senti morire se l’uno delle membra t’è mozzo? Immagina dunque il dolore che tu fai a’miseri animali, di sì tenere fibre, di sì delicati nervi materiati, e non voler efferatamente del loro strazio e della lor morte prender più gioco.
Queste, o delle cosiffatte erano le invettive per le quali il mio amico
Per la qual cosa non è da negare all’uomo il diritto di poter gli animali al suo bisogno svenare; ma egli ne uccide più alla sua intemperanza che al suo bisogno. Perciocchè, non altrimenti che se ad esterminar dal mondo gli esseri a sè sottoposti fosse generato, sgombrerebbe al tutto la natura, se essa non fosse inconsumabile, e se, per una fecondità uguale allo scempio che egli ne fa, non si sapesse ella rinnovellar da se stessa e ristorare. La caccia per questo furore di distruzione è divenuta un semplice trastullo. Ma in questo aspetto guardata è ella legittima? Può nel giudizio de’moralisti esser giustificata? Non so: il determinar questa questione sia cura altrui. Ben è vero che
Certo nelle contrade dove abbondano e fanno danno le bestie feroci, si può convertire in diletto il disfacimento di quelle, ed indurvi per affrettarlo immaginazioni di ardire e di coraggio. Ma nelle nostre parti non ha il suo pregio la caccia; perchè badando a perseguitare solamente non oflfendevoli e paurosi animali, ella in crudeltà bassa e vile traligna. Le più dannose bestie che abbiano le nostre regioni, sono, dopo il lupo, i cinghiali e le volpi, de’quali a ragione si può andare a caccia. Ma il proponimento de’cacciatori si sa che non è di estinguere queste male razze: conciossiachè quando elle son poche e non bastano a sollazzarli, essi si travaglino di aumentarle; nè de’mali che elle commettono per li campi, si rammaricano.
Un dì ch’io lunghesso il mare col mio archibugio passeggiava in una parte ove molto le rondini marine si riparavano, le quali ivi non pure bellissimo sollazzo, ma sane e dilettevoli vivande porgono a’cacciatori, mi venne questo pensier fatto: sicuramente l’uomo ha diritto di ucciderle, e cibarsene; nè la legge della natura, perchè elle per crudeltà non sian morte, si offende. Pareva intanto che le rondini mi si accostassero al colpo; e molte di qua e di là ne aveva io fatte cadere, quando un fanciullo ebbi veduto che in su la riva frugava tra i sassi ivi per forza di tempesta sopravvenuti; onde io il dimandai, che cercasse per indi. Risposemi: Le nidiate delle rondini. Oh le nidiate delle rondini! Tanta pietà mi vinse, che io dissi dentro da me: “Poveri uccelletti, voi adunque intorno a me v’aggiravate alla difensione della vostra famigliuola! e non prezzando il piombo micidiale, martiri del materno affetto siete divenute.” Confuso e dolente mi tornai indietro, nè per innanzi ho al mio archibugio posta più mano.