Zitiervorschlag: Giovanni Ferri di S. Costante (Hrsg.): "La passeggiata d’inverno", in: Lo Spettatore italiano, Vol.3\63 (1822), S. 281-284, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.835 [aufgerufen am: ].


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La passeggiata d’inverno1

Ebene 2► Ebene 3► Allgemeine Erzählung► Desioso di contemplar lo spettacolo della natura, ognor vivente anche fra i rigori del verno, andava io vagando per la foresta di S. * * * Una spessa nebbia velava l’orizzonte, ed i brutti alberi non presentavano che oscuri tronchi solcati dalle pioggie e dalle gelide brine. Osservando le grigie loro cortecce fra il biancheggiar della neve, detto avresti che una fiamma divoratrice vi fosse sopra trascorsa.

Il cielo frattanto di dense nubi si ricoperse, e gl’impetuosi venti mugghiavano forte per la selva. Or la feroce procella fremea sulla vetta delle alte piante, mentre che la calma era a lor piedi; ed ora immobili ne restavan le cime, mentre che i turbini, radendo il suolo, spazzavano le nevi accumulate, e le disperdevano in aria. Un silenzio profondo succedea sovente alla tempesta; ed allora io distingueva in lontananza i replicati colpi della scure che percuotea mortalmente i vecchi figli della terra, rispettati dal tempo, e tenuti già in riverenza dai primi uomini. Fiocchi di neve aggruppati e pendenti ne formavano tutto l’ornamento. Oh come dal semplice e commovente spettacolo della natura si [282] anima il sentimento, e com’egli si sviluppa per la mia segreta influenza onnipotente!

Dalla mia meditazione mi distolse lo strepito fatto da un giumento, che a ragghiar si mise non molto lungi di là dov’io m’era assiso. Sentii poco dopo due voci fanciullesche che parlavan fra loro, e in pie levandomi tesi a quella volta l’orecchio.

O Giacomo, diceva l’una, Giacomo, dove sei? che non vieni ad aiutarmi! — Eccomi, Luisa, eccomi, gridava l’altra più da lungi nella foresta. — Io mossi ancor qualche passo, e per mezzo la boscaglia una fanciulletta scopersi che qua e là ragunava i secchi rami dal vento rotti e sparsi a terra, e la quale non aggiugneva forse agli otto anni. Un giubberello di rozzo panno ed una gonnellina di rosso e azzurro vergata, che appena le copriva il ginocchio, erano tutto il suo vestimento. Un cappellino di paglia ne ombrava la fronte, ed i suoi biondi capelli cadean negletti sul collo e sulle seminude sue spalle. Gli scalzi e tenerelli suoi piedi erano immersi nella neve; ma essa all’opra sua tutta intesa, neppur sembrava por mente al freddo. Due passi lungi di là se ne stava colle orecchie immobili e distese il suo giumento, al suol fissi tenendo pazientemente gli sguardi. Luisa, fatto un mucchio delle adunate legna, s’innoltrò verso il sentiero per cui Giacomo venir dovea, e si mise nuovamente a chiamarlo. Quegli arrivò tutto ansante e trafelato, un tronconcello portando in sulle spalle, e gridando: Prendi, sorella, ed osserva che grosso ramo. Io l’ho trovato nel fondo d’un burrone, ove l’acqua lo trascinava. [283] — Ti se’ tu fatto male? diss’ella. Sì, molto male, il garzoncello rispose; poichè guari non mancò ch’egli seco non mi traesse. — Vien qua, vieni, ch’io ti asciughi la fronte grondante di sudore, e le mani tutte lorde di fango. Così dicendo Luisa col lembo del suo guarnelletto tergea la fronte e le mani di Giacomo, ch’era presso a poco della sua statura. — Non è tutto ancora, ella soggiunse; è d’uopo affastellare le nostre legne, e caricare la nostra bestia. Eccoli quindi all’impresa. Quanto più il cumulo s’accresceva, tanto più raddoppiavasi l’ardor loro. — Ancor questo ramo, dicea l’uno. — Ancor quello là, diceva l’altro; talchè finalmente la soma divenne così pesante, ch’essi non poterono più recarla sovra il giumento. Ella è pur questa una gran disgrazia, ripetean essi ad ogni sforzo che facevano per sollevare quel peso. — Che farem noi, Giacomo? — Che faremo, Luisa? — Io son molto stanco; — ed io non ho più forza. — Se noi abbandoniam qui le nostre legne, la minestra oggi non si cuocerà. — Il nostro buon padre malato non avrà fuoco per riscaldarsi . . . . Ascolta, Giacomo . . . . . io sento rumore: le frasche di que’selvaggi nocciuoli sono agitati; sarà forse alcuno del nostro villaggio: noi lo chiameremo, ed egli ci aiuterà: Ve’ ve’; la cerva da noi veduta sta mane, che or ora di là è passata. — Dopo un momento di silenzio Giacomo riprese: È mezzo dì, ed io nulla ho mangiato in tutt’oggi, ho fame. Ho fame, ripetè Luisa; ed ambedue si posero a piangere.

Io allora mi feci innanzi, e dissi loro: Consolatevi, e poveri fanciulli, consolatevi, poichè [284] ho veduto il vostro impaccio, e son venuto a soccorrervi. Porterete con voi le vostre legne, che arderanno nel vostro focolare per cuocere la vostra minestra, e riscaldar vostro padre malato. Di presente io tolsi il fastello, e lo legai fortemente sul basto; quindi presa Luisa fra le mie braccia, la collocai di sopra, e dissi a Giacomo, che si era già impadronito della cavezza, di andare innanzi, e di condur bene sua sorella. Confusi della mia improvvisa apparizione, essi, senza parlarmi nè riguardarmi, partirono. Ma quando si furono alquanto dilungati, entrambi volsero indietro vêr me la testa, ed un raggio di pura gioia uscendo furtivo degli occhi loro ancor bagnati di lacrime, mi recò il tributo della loro ingenua riconoscenza.

Addio, poveri fanciulli, che appena entrati nel mondo piegate già il collo sotto il giogo della dura necessità. La Provvidenza ognor vi protegga! I venti hanno per voi fatto cadere dalla sommità degli alberi i secchi ramuscelli che avete qua e là raccolti nel bosco. Qual barbara destra oserebbe contrastarvi sì lieve porzione dei beni della terra? A voi l’ha donata la stessa mano che per li piccioli augelli ha sparso di coccole le irte siepi che si distendono lungo la via. ◀Allgemeine Erzählung ◀Ebene 3 ◀Ebene 2 ◀Ebene 1

1V. La Revue littéraire, etc. An. VII.