Citazione bibliografica: Giovanni Ferri di S. Costante (Ed.): "I giardini", in: Lo Spettatore italiano, Vol.3\62 (1822), pp. 271-280, edito in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Ed.): Gli "Spectators" nel contesto internazionale. Edizione digitale, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.834 [consultato il: ].


Livello 1►

I giardini

Citazione/Motto► E quel che ’l bello e ’l caro accresce all’opre,
L’arte che tutto fa, nulla si scopre.

Tasso. ◀Citazione/Motto

Livello 2► Livello 3► Racconto generale► Passeggiando un dì Ortippo co’suoi amici Nostriano e Gardenio per lo vasto e magnifico giardino di Sel * *, e amando tutti e tre similmente, sebbene con genio diverso, i giardini, i loro ragionamenti tantosto alla diletta lor passione trascorsero.

Livello 4► Dialogo► Ortippo

Di tutti i piaceri che dall’arte procedono, niuno è così universale, come quello dei giardini; perciocchè egli soavemente tutti i nostri sensi ricerca, e tutti riunisce i più semplici sollazzi.

Nostriano
Ma circa i mezzi che ingenerano cosiffatti sollazzi, tanto generalmente gustati, è da ammirare che non tutti concordino. Altri vorria che l’arte a solo imitar la natura si ristringesse, ed altri avvisa all’incontro che la natura esser possa abbellita dalle invenzioni dell’arte.

Gardenio

Parmi che nello eleggere una di coteste opinioni non si possa rimanere intra due. E nel vero se la maniera dei moderni si paragoni con quella degli antichi per rispetto alle bellezze che l’una e l’altra possono produrre, si vedrà che [272] l’ingenue grazie della natura offrono ovunque uno isvariato e piacevole ragguardamento; laddove la regolarità dell’arte mira sempre ad una noiosa uniformità. Il perchè quanto è di nuovo in regolare giardino, ben presto si scorge; quandochè nei naturali paesaggi uno amplissimo tesoro si ritrova di forme novelle. A questo aggiungete, che le forme della natura d’assai sorpassano in bellezza quelle dell’arte; ed io trovo che l’apparenza dell’arte m’è ognor disaggradevole.

Ortippo

Non so donde muova cotesta vostra avversione. Argomento dell’invenzione, dell’industria e dell’ordine sono le tracce dell’arte, e sono quelle stesse dell’uomo. In molte opere elle non si possono ascondere; e dove eziandio altri s’ingegni di farlo, allora è che più le appalesa. Quando per le sue nuove composizioni intende alcuno ad ingannare lo spettatore, recandolo a credere che i ragguardamenti per lui contemplati siano veracemente opera di natura, certa cosa è che il suo intendimento rimansi deluso.

Gardenio

Io consento che uso si faccia dell’arte, ma solo per imitare il vario disordine della natura, e in un giardino le vedute racchiudere che in vasta campagna si trovan disperse.

Nostriano

Ma chi può agguagliar la natura? I vostri giardini irregolarmente divisati sempre saranno al di sotto dei campestri paesaggi, i quali senza opera delle vostre dottrine per ogni dove si [273] ammirano. E che mai giova il rappresentare in un angusto spazio alcuni oggetti confusi e senza proporzione fra loro, quando io nel girmene a diporto, e volgendo attorno lo sguardo, posso ammirarli in tutta la loro naturale grandezza? Non ho io così una varietà di ragguardamenti che tutti gl’irregolari giardini non possono offrirmi giammai? Qual necessità degli sforzi dell’arte per accogliere miseramente in un sol luogo quel che con poco dispendio e con tanta magnificenza natura largamente spande per tutto?

Gardenio

Cotesto sforzo vieppiù si scorge nelle composizioni di Le Nótre e de’suoi pedissequi imitatori. Nè già i regolari giardini somministrar possono lunghi piaceri; conciossiachè la maniera con cui sono ordinati, fa che ad un punto stesso l’occhio li comprenda, e per conseguente la lor uniformità non tarda guari a stancarlo.

Nostriano

Concedo che lo sforzo dell’arte meglio si scuopra nelle costoro opere; ma essi non si vogliono perciò ripigliare, avvegnachè loro intendimento non era di formare i giardini della natura, ma sì bene nelle magioni della opulenza tutte raccorre le meraviglie dell’arte. So bene che vai più dell’arte natura, ma quale ella si è nella sua varietà e misura. Dopo lei hanno il loro pregio anche i solitarii soggiorni dei ricchi e dai grandi, e più sono da estimare che la goffa imitazione di quel gran modello che vien contraffatto. Quello che voi dite del divisare un giardino, si potria dire similmente [274] d’una dipintura, d’un poema, di un monumento d’architettura. Quanto più tali opere belle saranno nel lor genere, tanto più agevolmente se ne deve conoscere l’ordine: perciocchè nelle opere umane nulla può veramente dirsi ammirabile, se non v’è nel tutto e nelle sue parti misura.

Ortippo

A me è avviso che la perfezione del giardinaggio sia nella riunione delle due maniere riposta. Un giardino si è sempre tenuto per cosa secondaria di una magione. Il suo compartimento adunque e i suoi ornamenti sono una ragione di architettura, e natural cosa è che dalle sue regole dipenda. Perchè altri compiutamente goder possa del piacere d’un giardino, egli è mestieri che sia di costa alla casa, che la fragranza de’suoi fiori si spanda eziandio per gli appartamenti, e che i viali, i pergolati e i boschetti invitino anche l’indolente signore a mostrarsi al sole e a riposarsene al rezzo. Un terrazzo, un porticato porgono all’ingegnoso architetto il destro per discendere dall’altezza del suo principale edifizio e per congiungere la verzura coi marmi. Ogni osservatore che non ha pregiudizi, concorda che le opere dell’arte, vale a dire la regolarità, sono necessarie nelle parti d’un giardino che la magione circondano; il che meglio si comprende nel riguardare quei campagnuoli edifizi che isolati s’innalzano nel mezzo di un’erbosa pianura o d’un parco. Ma se necessaria e piacevole è in queste parti la regolarità, ella dispiace nella campagna, essendo che ogni [275] esclusivo sistema a false e bizzarre idee ne conduce.

Nostriano

Gli ornamenti che li giardini debbono alle belle arti, parmi che sien tolti dalla natura, e per l’arte imitati. Così la madreselva dall’un albero all’altro aggavignandosi, e la loro vetta coprendo, viene a formare quasi un baldacchino fiorito, piacevole riparo la pioggia e dal sole; il che come fu osservato dall’arte, si costrussero pergolati e spalliere. E similmente i tappeti delle verzure dei prati, a guardar piacevoli e morbidi al piede, cangiati furono in rade e minute erbette. Il dolce sollevarsi d’un collicello diè norma a fabbricare terrazzi; gli ombrosi passeggi che la natura ne porge sotto gli alberi di una foresta, perfezionati furono dai diritti e luminosi stradoni, e le accidentali volte dagli intrecciati rami formate ne insegnarono i viali coperti.

Gardenio

Sono in vero da commendare cotesti ornamenti di cui la stessa natura ci è stata maestra; ma quanti ne furono immaginati che la sfigurano? Gli alberi e le piante hanno avuto forme bizzarre, e si è voluto fare colla verzura ciò che l’architettura fa colle pietre.

Nostriano

Il buon gusto ha ognor condannato cosiffatti mostruosi ornamenti, cui partorisce l’eccessivo amore della novità. Ma se altri ha talora con fantastici fregi la regolar maniera deformata, credete che la novella meritar non possa lo stesso rimprovero? Sapete pure che gli uomini [276] di buon discernimento punto non approvano tutti quegli edilizi coi quali si presume di abbellire le scene campestri, la vista dei quali più meraviglia che diletto arreca. Ov’è la convenienza nel mostrarci passo passo qua un magnifico palagio, là una capauna; ed ove un tempio cinese, ove una cascina; qui un greco altare, ed ivi un rustico abituro? Cotesti giardini colla lor malinconica pompa e devota affettazione spesso dispiacciono, trovandovisi sparsi tanti conventi, romitaggi e cappelle, quasi che erette vi siano o per voti d’infermi, o per fondazioni di monisteri.

Ortippo

Il maggior difetto in cui la novella maniera cade più spesso, è quello di unire troppi oggetti in piccolo spazio, per imitare i grandi effetti della natura; conciossiachè vi si scorgano i deboli sforzi dell’arte che procaccia di gareggiare con quella. Le artefatte riviere non hanno mai quei piacevoli accidenti onde la bellezza procede della campagna; e le finte montagne son quasi sempre così misere cose, che sembrano dovere partorire un topo. Gli stessi giardini i quali di questo difetto ripigliar non si possono, han l’altro della sconnessione delle parti; ove l’un gruppo non si corrisponde coll’altro; tutto è isolato, nè vi si scorge quella legge di continuità tanto cara alla natura, che da quella tragge le grazie, le quali cotanto dall’arte la distinguono. Nulla è men somigliante ai paesaggi, come i giardini i quali non presentano alcuna principale dipintura, ma ogni prospettiva è indipendente dall’altra, nè generano [277] effetto alcuno nel tutto, come che belle ne siano le parti.

Gardenio

Questi difetti nel vero non si sono sempre schifati nella novella maniera, ma son difetti dell’artista, non di quella.

Ortippo

Sono anche difetti di quella, posto che sia vero non poter l’uomo crear un paesaggio che contenda colla natura.

Gardenio

L’uomo può almeno abbellirla; e questo fa l’arte, massime nei luoghi poco amati dalla natura. Così sommo pregio degli inglesi giardini è di avere arricchito il solo Europeo dei vegetabili dell’Asia, dell’Africa e del Nuovo Mondo.

Ortippo

Così fatti pregi son veri; ma non mi fia disdetto di poter, senza tema di passare qual detrattore della nuova maniera, osservare che a lei manca una cosa necessaria a tutti i giardini, senza la quale neppure aver ne possono il nome; voglio dire il verziere, delizia dei giardini della mediocrità; e questo trovar si dovrebbe anche in quelli dell’opulenza, piuttosto che le rocche, i templi e le ruine. Cotali alberi fanno utili e veramente dilettevoli i giardini, comechè sien cose comuni. Ma i più soavi godimenti sono per certo quelli che natura ad ogni uomo somministra.

Nostriano

Se a questi alberi si è dato bando dai [278] giardini, n’è stato cagione il voler servilmente imitare gl’Inglesi.

Gardenio

Hanno essi avvisato doversi dai giardini di piacere rimuovere quegli alberi che lusingar potrebbero il sentimento del gusto, perchè si procacci maggior sollazzo agli altri sentimenti.

Nostriano

È forse vero che i fruttiferi alberi nell’Inghilterra non lusinghino la vista meglio che il gusto; ma per questa ragione medesima se ne dovrà seguire l’esempio nei paesi più amati dalla natura?

Ortippo

Io inferirei da questa disputa, essere assai malagevole, o quasi impossibile il creare paesaggi; che i giardini di nuova maniera vogliono un grandissimo spazzo, e che in molte parti ammettono la regolarità. Per rispetto poi ai giardini d’antica maniera, ovechè se ne bandiscano i fantastici ornamenti sempre dal buon gusto rifiutati, dico che saranno sempre di moda, come quelli che solo usar si possono in più circostanze, così dentro come nelle vicinanze delle città, e i soli che si confacciano alla mediocrità, con procurarci eziandio tutti quei sollazzi che dalla coltura dei giardini possiamo aspettarci. Non bisognano giardini di lusso per pigliare da quelli diletto. Il maggiore che ne porgono, è contemplare la vegetazione; il qual diletto medesimo sentir può chi possiede un piccolo orticello ove coltivi gli erbaggi. Gli alberi fruttiferi, come sono i meli, i mandorli, [279] i peschi, non sono belli meno degli alberi estrani. Eziandio la coltura dei fiori, li quali colla infinita varietà dei colori e di forme tutte stagioni ne presentano obbietti novelli, con quanto piacere non c’intertiene!

A fare che alcuno in dilettevole occupazione trapassi sua vita, basta l’avere un giardino da coltivare. Perciocchè nulla è più acconcio ad appagare l’amore della novità, rinovellandosi ognora il vario aspetto della natura, la quale ne’suoi frutti è infinita; e può l’uomo giungere al suo termine anzichè abbia scorto la metà delle dipinture ch’ella dispiega. Se non che, massime tra i possessori dei grandi giardini, quanti ne ha egli che goder sappiano i piaceri che quelli lor porgono? Noi trapassiamo per questi parterre, e con diletto godiamo delle ombre di questi alberi eccelsi; ma ov’è frattanto il signore di questo incantato soggiorno? Mentre che noi andiamo ripetendo: Felice il possessore di questo luogo beato, ov’egli ognora gustar può quei piaceri che noi ora prendiamo; quegli, d’altre cose brigandosi, trascorre le fragorose strade d’una metropoli, e a tutti quei falsi piaceri tien dietro, l’uno dei quali all’altro succede per ingannare la noia. Egli volge le spalle alla natura; e quando pure degni una volta di sua presenza questo ritiro, seco si adduce i suoi cittadineschi sollazzi; e mentrechè ad un tavoliere da giuoco, o ad un magnifico banchetto si asside, lascia che solitarii olezzino i fiori, e si disperda per l’aere la loro fragranza. Così, come la sua galleria di dipinture, è per lui cosa di lusso il giardino, e il [280] fa come quella vedere colla indifferenza medesima. Perciocchè le bellezze della natura non gli toccano l’anima più che le immagini di quella per li capi lavori dell’arte appresentati. ◀Dialogo ◀Livello 4 ◀Racconto generale ◀Livello 3 ◀Livello 2 ◀Livello 1