Citazione bibliografica: Giovanni Ferri di S. Costante (Ed.): "Il supplizio della vergogna", in: Lo Spettatore italiano, Vol.3\49 (1822), pp. 217-220, edito in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Ed.): Gli "Spectators" nel contesto internazionale. Edizione digitale, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.821 [consultato il: ].


Livello 1►

Il supplizio della vergogna

Citazione/Motto► Sine verecundia, nihil honestum esse potest, nihil re-
ctum. Saepe videmus fractos pudore qui nulla ra-
tione vincuntur

(Cicer.).

Senza vergogna, nè onestà nè rettitudine può darsi:
spesso veggiamo dal rossor vinti coloro cui nessuna
ragion potè vincere. ◀Citazione/Motto

Livello 2► Livello 3► Racconto generale► Mentre una mattina, siccome m’interviene non rade volte, i passi io movea lungo le strade e attraverso le piazze della città di Parigi, tali qua e là volgendo gli sguardi, che tanto più distratti esser parevano quanto più erano attenti, m’accadde che, senza sapere nè dove m’andassi nè dove fossi, dinanzi l’antico palazzo del Comune mi ritrovai. Da lungi sorger vidi nel mezzo della capace piazza un elevato palco all’uso della gogna destinato, sul quale alcuni infelici ai pubblici sguardi esposti sedere di lacci avvinti si rimiravano. A tale vista un non so qual naturale istinto che in simiglianti circostanze mi signoreggia sempre e mi sforza, spinsemi all’istante ad abbassar le palpebre, e a volger lungi da quel funesto luogo veloci le piante. Ma in quello istante medesimo questo movimento spontaneo fu a me dalla mia ragione rimproverato, la quale con interna voce in sì fatta guisa mi favellò. Come? tu dunque che [218] orgoglioso al titolo di filosofo aspiri; tu che a sanare i mali della società di concorrer pretendi; tu pusillanime, nè forza hai nè coraggio di gittare su questi mali medesimi un solo intrepido sguardo? Tali parole, che sebben mute mi rimbombavan sul cuore, così i miei passi arrestarono, come se altri afferrato per le braccia mi avesse improvvisamente; e divenuto insensibile per umanità, ricalcai le mie orme, ed alto il capo e spalancati gli occhi ruppi la calca che a quello spettacolo numerosa assisteva, e con volto impavido mi feci innanzi.

Ma qual fu mai la mia sorpresa, allorchè, credendomi di esser colpito dall’aspetto di esseri sventurati, sotto il peso della vergogna e del dolore miseramente languenti, vidi sovra un palco elevato dieci o dodici uomini, carchi di funi le braccia e di catene le mani, starsi insieme piacevoleggiando con libera sfrontatezza e con festivi motteggiamenti? Un solo infra di essi avea la testa sopra il petto inclinata; il che diedemi a credere che, por quanto da lui era, tentasse sottrarsi all’ignominia che ponderosa il premeva; ma tutto ad un punto egli puranche sollevò la testa, sbadigliò, e rise in quella stessa guisa che i suoi compagni facevano, destato essendosi in quel momento da un placido sonno che esso tranquillamente dormito aveva sull’infamante palco della berlina. Un altro ancora ne vidi salutare colla testa e cogli occhi coloro che fra la folla degli spettatori riconosceva, e gesteggiando intrattenersi seco loro in muto colloquio da espressivi atteggiamenti animato: cosicchè fra dieci o dodici, quanti essi [219] erano, neppure un solo mi fu dato vederne che un contegno tenesse da quello che gli altri tenevano dissomigliante; neppure un solo il quale, nella situazione in cui era, di che rider piuttosto che di che piangere non ritrovasse. ◀Racconto generale ◀Livello 3

Questo aspetto che tanto orrore in me risvegliò quanto al certo risvegliato non ne avrebbe la coloro vergogna dall’estremo del dolore e della disperazione accompagnata; questo aspetto, io dissi, stammi ad ognora dinanzi agli occhi, e staravvi, se diuturnità di tempo non lo dilegua. Oh quali e quante riflessioni esso fa nascere! Fu al certo nella giurisprudenza criminale lodevole ed utile pensamento lo sostituire il supplizio della vergogna che, come pena morale, la sola anima affligge, agli altri supplizii che, come fisiche pene, l’umano corpo addolorano: ma perchè non chimerica, ma reale sia la pena della vergogna, d’uopo è il sentimento trovarne nel cuore dei delinquenti; e ad oggetto di trovarnelo, d’uopo è che il legislatore in tutte le anime lo intrometta e lo instilli. Imperocchè quantunque sembri che la natura infonda in ciascun’anima il germe di un commendevol rossore, sembra per altro necessaria puranche una generosa educazione, a fine che questo germe nell’intiera sua forza si disviluppi, quandochè rimane esso soffocato del tutto nelle anime di coloro che una vita vivono grossolana, dalle disavventure amareggiata, e dall’altrui disprezzo avvilita. Delicato, e (se riguardo si abbia al pudore che per educazione instillavasi nella più viva parte dell’anima delle greche fanciulle) terribile al tempo stesso fu il mezzo da que’saggi [220] legislatori adoperato, i quali scarsi tutti i rimedi veggendo onde arrestare la smania in quei giovani animi invalsa di darsi da per se stesse la morte, quello alla fine rinvennero di arrestarne il progresso, condannando le fanciulle contro se stesse crudeli ad essere dopo la loro morte ai pubblici sguardi esposte, le virginee membra di tutte le vesti che le cuoprivano, denudate. Nello stato attuale della società taluni vi sono a cui la vergogna neppur le gote di lieve fuoco dipinge, e taluni altri se ne ritrovano a cui fra le più spaventevoli agonie dischiuderebbe il sepolcro. Per lo che innanzi di infliggere una siffatta pena indistintamente, sarebbe d’uopo che le civili istituzioni alla meta giugnessero di equilibrar tutte le anime in guisa, che presso a poco ugualmente la forza ne comprendessero e la gravezza. Ma quali istituzioni potrebbero un tale effetto produrre su di una intiera nazione da molti milioni di abitanti formata? Non altre se non quelle, che ideare e porre in uso qualche gran genio saprebbe, che l’ingegno e la profonda scienza possedesse dei Montesquieu, dei Locke, dei Beccaria. ◀Livello 2 ◀Livello 1